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Torah, Porzione Settimanale – 17.02.2011

Il Libro dello Zohar, Porzione Settimanale “Ki – Tisa”, Brani selezionati
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La Kabbalah da Abramo fino ad oggi

Uno dei libri scritti all’ epoca dell’ antica Babilonia descrive che Abramo stabilì la sua tenda con degli accordi e cominciò ad invitare tutti quelli che erano interessati. È così che spiegò il suo insegnamento agli altri poiché a quei tempi, la gente non aveva i moderni mezzi di comunicazione.

Molte persone restarono per continuare i suoi studi ed egli formò un gruppo di persone. RAMBAM (un grande kabbalista del 12° secolo) scrisse che Abramo, quando uscì dall’ antica Babilonia, prese con sé poche migliaia di persone.

Alla fine, insieme a loro, rivelò la Kabbalah. Lui fu il primo ad abbozzare la Kabbalah e a darcene la comprensione nella sua opera “Il Libro della Creazione”. Raggiunse grandi altezze, ma non le raggiunse nel dettaglio.

Tutto il problema nella realizzazione del mondo è che i primi kabbalisti realizzarono il mondo superiore in generale, in un livello elevato, mentre noi lo realizziamo nel dettaglio. A quei tempi l’ egoismo era sottosviluppato, ma oggi si è sviluppato a tal punto da permetterci di entrare ed investigare persino la sua parte più sottile e attraverso di me, tutto lo spazio spirituale. Questa è la differenza tra le realizzazioni delle diverse generazioni, la realizzazione alla quale arrivarono era generale, mentre noi realizziamo nei dettagli. Tuttavia, la Luce della nostra realizzazione passa attraverso le loro anime e si rivela in loro attraverso una Luce più grande.

In questo modo loro hanno rivelato la Kabbalah basandosi sempre sullo stesso unico principio: attrarre la Luce al desiderio comune attraverso il gruppo. Fu così all’ epoca di Adamo e per le 20 generazioni di kabbalisti, da Adamo fino ad Abramo, delle quali abbiamo sentito parlare e sappiamo; ed è andato avanti sempre nella stessa maniera.

Non c’ è stato un solo kabbalista che avesse raggiunto la spiritualità da solo, realizzandola repentinamente e che dopo, come Archimede, fosse saltato fuori dalla sua vasca da bagno correndo e gridando per la sua realizzazione. Questo è impossibile! Può succedere solo nella scienza esterna, ma non nella Kabbalah.
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(Dalla 3° lezione del Congresso di Berlino del 28 Gennaio 2011)

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Il richiamo della Luce del futuro

Domanda: Attraverso le nostre vite, spesso sperimentiamo la sofferenza. Come possiamo lavorare con essa? Perché esiste la sofferenza e come dobbiamo affrontarla?

Risposta: è impossibile avanzare senza la sofferenza. Fino a che non arriveremo alla nostra meta finale, continueremo ad avanzare per mezzo di questa.

La sofferenza si presenta quando sento che mi manca qualcosa. La vera sofferenza non è necessaria; posso ricavare piacere da essa. Quando so che mi aspetta un pasto succulento e sono su punto di mangiarlo, quando sono sul punto di incontrare qualcuno che amo e che sta per succedere qualcosa di buono, allora non si tratta più di sofferenza. La sensazione della fame, del vuoto, risveglia in me il gusto anticipato dell’ allegria e del riempimento futuro.

Di conseguenza, tutto il nostro problema non radica nello sperimentare una carenza al momento presente, ma nel determinare se in futuro la carenza avrà un riempimento. Se lo avrà, allora per me sarà dolce come la sensazione della fame prima di una abbuffata. Posso prevedere che la soddisfazione sta per arrivare. Supponiamo che questa notte hai un appuntamento con la persona amata e stai aspettando l’ incontro, è possibile che ti senta infelice?

In altre parole, il problema non risiede nella mia condizione, ma se in essa esiste un piacere che mi chiami da lontano oppure no. Il problema è che le persone non possono percepire davanti a loro un futuro promettente e di conseguenza soffrono. Se sapessimo che tutti i problemi che abbiamo oggi si risolveranno in modo soddisfacente domani, non sperimenteremmo le pene che abbiamo, ma sarebbe un’ apertura, una preparazione necessaria che precede il riempimento.

Di conseguenza, tutto il problema risiede nel rivelare il futuro nel nostro stato attuale, quel futuro nel quale tutto andrà bene. Deve “brillare” per noi come un incantevole appuntamento.

Questa sarà la risposta alle nostre afflizioni. Saremo d’ accordo ad attraversare tutti gli stati sgradevoli, le ascese e le discese, la confusione dei nostri sentimenti e della nostra mente, come necessarie per la correzione spirituale.

Comunque, se per mezzo dell’ ambiente, abbiamo la certezza che ci attende un futuro brillante, tutti i nostri stati presenti non ci appariranno come sofferenza. Li percepiremo come sensazioni necessarie, una fame completa prima della soddisfazione meravigliosa del banchetto.
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(Dalla 1° lezione del Congresso di Berlino del 28 Gennaio 2011)

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L’ unione di venti miliardi di persone

Domanda: Vediamo che l’ uomo è un predatore. Tutto il significato della sua esistenza sta nel divorare che gli è vicino per conquistare il suo obbiettivo. Se raggiungeremo il sostegno reciproco e la popolazione della terra aumenterà fino a 20 o 25 miliardi di uomini, come si potrà realizzare di fatto tutto questo?

Risposta: Qual è il problema di essere in venti miliardi di persone? Immaginiamo che siano tutti nostri parenti e di sentirci una cosa sola con loro. Non ci darebbe affatto fastidio di stare con loro. Al contrario, cambieremmo il nostro atteggiamento verso gli altri: ci sentiremmo meglio ad averli tutti quanti il più vicino possibile.

Seguito della domanda: Ma cosa succederà se non ci saranno dei limiti?

Risposta: Ogni persona si pone dei limiti. Immaginiamo una madre con venti miliardi di figli. Questo numero potrebbe preoccuparla se lei avesse tutto quello che a loro servisse? Ella esiste nel mondo dell’ Infinito, cioè nel mondo della Luce, della soddisfazione, dell’appagamento e dell’abbondanza senza limiti.

Naturalmente, è difficile immaginare il modo in cui una persona può cambiare. Ma se ci troviamo vicino alla persona che amiamo veramente senza alcun tornaconto, allora vogliamo stare sempre con questa persona. Vogliamo averla sempre e il più possibile vicino.

Quindi, quale sarebbe il problema di avere venti miliardi di persone che amiamo? Non ci accorgeremmo di averne venti miliardi. Le sentiremmo tutte insieme a noi. Questo è il massimo stato desiderabile e quello più vantaggioso.

Nella realtà non divideremmo le persone in venti miliardi di individui, ma ci sarebbe un unico noi. Questa è ciò che si chiama inclusione.

Il nostro ostacolo è un problema psicologico. Non riusciamo ad immaginare il modo in cui questo potrebbe avvenire. Noi immaginiamo di esistere nei nostri corpi, ma quando raggiungeremo il reciproco sostegno allora, invece dei corpi, percepiremo il potenziale interiore di ogni uomo.

(Dalla seconda lezione del Congresso di Berlino del 28.01.2011)

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Lezione quotidiana di Kabbalah – 17.02.2011

Scritti di Rabash, Articolo 14
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Il Libro dello Zohar: Punto 219, Art. “Il Sesto Comandamento”, Lezione 1
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Talmud Eser Sefirot, Parte 8, Punto 80, Lez. 47
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Introduzione al Libro Panim Meirot uMasbirot, Lezione 3
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Prova di lealtà

L’ articolo del Rabash, Shlavey HaSulam (I gradini della scala) “la preghiera di molti”: E’ scritto nel sacro Zohar (Beshalach (Quando il Faraone lascia) e nel commentario di Sulam, paragrafo 11), “E lei disse ‘Io abito in mezzo alla mia gente.’ Egli domanda, ‘Cosa significa?’ Egli replica, ‘Quando Din è presente nel mondo, l’ uomo non dovrebbe separarsi dalla collettività e restare solo perché quando Din è presente nel mondo, coloro che sono riconosciuti essere soli vengono presi per primi, anche se sono dei giusti.

Noi entriamo in contatto con la forza superiore attraverso lo Zohar. Ci è stato detto come metterci in sintonia con noi stessi per comprendere questa forza, che ci porta alla sua percezione, alla sua rivelazione. “Din” è una delle sue manifestazioni sotto forma di giustizia. La trasgressione di un uomo o di tutti gli uomini richiama una corrispondente azione reciproca. In nessun caso l’ uomo dovrebbe separarsi dalla società che ha intorno.

Come avviene tutto questo? Delle sensazioni e delle azioni diverse vengono evocate in noi. Questo mi dà l’opportunità di restare nella società, comunque e nonostante queste difficoltà e sensazioni, anche se, separandomi da questa società, mi sentirei immediatamente bene ed eviterei di avere dei problemi. Tutti vengono puniti, ma io posso farmi da parte. Mi dicono anche: “Puoi farti da parte, questo non ti riguarda.”

E ancora, anche se i giusti non hanno peccato insieme agli altri, essi sono giudicati per primi quando si separano dagli altri. In altre parole, l’ uomo viene testato in questo modo per vedere se vuole entrare nell’egoismo di questo mondo e restare nel suo comodo stato “borghese”, o se invece è disposto a restare insieme agli altri in un unico gruppo, anche se questo non lo fa stare bene, per il bene di conseguire il mondo superiore.

Dunque, l’ uomo non dovrebbe mai allontanarsi dagli altri uomini perché la misericordia del Creatore si trova sempre tra tutti gli uomini insieme. Questa è la ragione per cui è detto, ‘Io abito in mezzo alla mia gente, e non desidero dividermi da loro.’

L’ atteggiamento della forza superiore si manifesta sempre verso gli uomini insieme e mai verso gli individui singolarmente. “In mezzo alla mia gente” significa in mezzo a coloro che vogliono stare insieme.

Dobbiamo prendere in considerazione questo concetto. Quando ci troviamo nel gruppo, ed incominciamo a sentire delle frizioni diverse, delle azioni egoistiche, abbiamo bisogno di comprendere che “si sta giocando con noi” per una ragione. Se, nonostante questi “giochi” (ogni volta ed in ogni momento), fossimo comunque in grado di unirci insieme, ci innalzeremmo verso l’ alto.

Ma se lasciassimo perdere e ci allontanassimo dai problemi, rifiutandoci di risolverli invece di innalzarci al di sopra di essi attraverso l’ unione, in modo naturale ci ritroveremmo ancora una volta sommersi dalla nostra vita quotidiana e smetteremmo di comprendere ciò che la Kabbalah ci dice.
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(Dalla seconda Lezione di Mosca del 6.01.2011, “la preghiera dei molti”)

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