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L’universo è indifferente alla nostra sofferenza?

Non è che l’universo sia indifferente. Esiste una legge di interconnessione e interdipendenza nell’universo e, se non ne realizziamo l’uso positivo, ci distruggeremo a vicenda e l’universo non avrà nulla da rimpiangere.

Non c’è alcuna misericordia da parte dell’universo.  Se osserviamo i livelli inanimato, vegetativo e animato della natura, non vediamo alcuna particolare misericordia all’opera. Come esseri umani, la nostra caratteristica peggiore è quella di inventare l’esistenza intorno a noi e il nostro futuro in un modo che desideriamo per noi stessi. In questo modo, chiediamo violentemente all’universo: “Dammelo!”.

Se dovessimo ragionare in modo sobrio sull’universo, non gli chiederemmo nulla. Preferiremmo pretendere da noi stessi di sviluppare un atteggiamento premuroso, rispettoso e di sostegno reciproco, verso la natura e l’universo. Potremmo quindi essere in grado di comprendere come funzionano le leggi dell’universo e come possiamo elevarci al di sopra di noi stessi per adeguarci a tali leggi.

Pertanto non dovremmo chiedere all’universo: “Sii misericordioso con me”, ma chiedere a noi stessi: “Sii misericordioso con gli altri”. Faremmo bene ad esercitare un atteggiamento buono e gentile verso gli altri, come vorremmo augurarci per noi stessi, senza immaginare nel frattempo tutti i tipi di ricompense per noi. Se iniziamo a muoverci in questo modo, saremo sulla buona strada per raggiungere l’equilibrio con l’universo. Una vita di armonia e pace sostituirà allora l’attuale tendenza che è diretta ad aumentare la sofferenza e la distruzione.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Conoscenza e Saggezza: Svelare i Segreti del Libro della Vita

Un saggio una volta disse: “Una persona deve acquisire sia conoscenza che saggezza”. Quando gli fu chiesto la differenza, rispose: “La conoscenza la si ottiene leggendo libri e la saggezza si ottiene leggendo il libro che tu stesso sei”.

Che tipo di libro siamo? Siamo il libro della vita, con tutte le esperienze che abbiamo nella vita.

Leggere questo libro della vita richiede di ricordare e di comprendere come viviamo. La nostra vita scrive questo libro ma solo noi possiamo esserne imbevuti  e comprenderlo se lo sfogliamo. Scrivere, in questo caso, significa che noi scriviamo questo libro. In ogni momento della nostra vita risolviamo i vari problemi che ci vengono posti e li trasformiamo  in azioni. Dobbiamo quindi capire come si svolge il tutto.

Scriviamo il libro della vita con dubbi e sangue, vale a dire: soffrendo. Viviamo in questo modo da migliaia di anni e tutto ciò che è accaduto è scritto in questo libro. Non c’è un altro modo e non c’è nulla di cui dobbiamo pentirci. Piuttosto, tutta la sofferenza che abbiamo patito è stata necessaria per scrivere questo libro della vita.

Le ultime righe del libro della vita, alle quali ci conduce, sono quelle che ci incoraggiano ad aprire maggiormente gli occhi e ad osservare il mondo con chiarezza. Potremmo allora vedere che solo noi dipingiamo l’immagine di questo mondo e di noi stessi al suo interno e che non esiste altra realtà oltre a quella che noi determiniamo.

Noi determiniamo l’esistenza di questo mondo e lo rendiamo esattamente così com’è. In realtà, non esiste un mondo. Siamo noi che lo definiamo. Ad esempio, esistiamo? È quello che definiamo noi.  In altre parole, noi stabiliamo che viviamo in questo o quel mondo e stabiliamo che siamo noi all’interno di questo mondo. Non esiste nient’altro che la nostra impressione di cosa e di come scriviamo. Se raggiungiamo un certo livello di consapevolezza, allora possiamo dire che è lì che il libro ci ha portato. In altre parole, le ultime righe del libro della vita ci dicono che siamo arrivati a conoscere il mondo dentro al quale ci troviamo. In questo modo siamo guidati da vari colpi di sofferenza per acquisire la conoscenza del mondo in cui viviamo.

Il risultato della lettura del libro della vita è che accettiamo e siamo d’accordo con tutto ciò che ci accade e che ci è successo. Le persone generalmente hanno paura e sperano di ricevere qualcosa di buono alla fine della loro dura vita. Il bene che possiamo ricevere è accettare tutto. Questo è il risultato della nostra vita e di questo libro della vita. Questo è il risultato della nostra vita e di questo libro della vita. In altre parole, il risultato della nostra vita è comprendere la vera natura in cui esiste una legge chiara, quella del “ciascuno secondo il proprio lavoro su se stesso”. Accettiamo e condividiamo questa legge nella misura in cui la realizziamo.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

 

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L’universo è indifferente alla nostra sofferenza?

Non è che l’universo sia indifferente. Esiste una legge di interconnessione e interdipendenza nell’universo e, se non comprendiamo il suo uso positivo, ci distruggeremo a vicenda e l’universo non avrà nulla di cui pentirsi.

Qui non c’è pietà da parte dell’universo. Se osserviamo i livelli inanimato, vegetativo e animato della natura, non vediamo alcuna particolare misericordia all’opera. Come esseri umani, la nostra caratteristica peggiore è che inventiamo l’esistenza intorno a noi e il nostro futuro nel modo che desideriamo per noi stessi. In questo modo chiediamo violentemente: “Dammelo!” all’universo.

Se dovessimo ragionare in modo sobrio sull’universo, non gli chiederemmo nulla. Preferiremmo pretendere da noi stessi di sviluppare un atteggiamento premuroso, rispettoso e di sostegno reciproco, verso la natura e l’universo. Potremmo quindi essere in grado di comprendere come funzionano le leggi dell’universo e come possiamo elevarci al di sopra di noi stessi per adeguarci a tali leggi.

Pertanto non dovremmo chiedere all’universo: “Sii misericordioso con me”, ma chiedere a noi stessi: “Sii misericordioso con gli altri”. Faremmo bene ad esercitare un atteggiamento buono e gentile verso gli altri, come vorremmo augurarci per noi stessi, senza immaginare nel frattempo tutti i tipi di ricompense per noi stessi. Se iniziamo a muoverci in questo modo, saremo sulla buona strada per raggiungere l’equilibrio con l’universo. Una vita di armonia e pace sostituirà allora l’attuale tendenza che è diretta ad aumentare la sofferenza e la distruzione.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Cosa posso fare se smetto di essere sensibile alla sofferenza degli altri?

Dai agli altri e in questo troverai un significato.

Che significa “dare agli altri?” Significa aiutare, supportare e incoraggiarli, verificando ciò di cui hanno bisogno. Così facendo, giustifichiamo la nostra esistenza e ci avviciniamo alla rivelazione della qualità della dazione e dell’amore, chiamato “ll Bore”, nella nostra vita.

In breve, dovremmo pensare meno a noi stessi, approfondendo i nostri sentimenti nei confronti di ogni tipo di persona e circostanza, e pensare invece all’esterno, a beneficio degli altri.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.   

 

Perché C’è Così Tanto Male nel Mondo?

Nella saggezza della Kabbalah apprendiamo che esiste un’unica forza, eterna e perfetta, che ha creato e sostiene la realtà, e che questa forza agisce su di noi per amore e misericordia, al fine di farci progredire al suo livello. Ci ha creati in una qualità opposta alla sua – la sua è dare, la nostra è ricevere – in cui ognuno di noi desidera servire solo se stesso, e in tale qualità siamo in innato disaccordo con l’esistenza di un’unica forza, poiché percepiamo diverse forze diverse e opposte in una lotta costante.

Vediamo un mondo pieno di forze, conflittuali, opposte e di resistenza. Non vediamo il mondo reale perché la nostra percezione si basa sul nostro disaccordo fondamentale con l’idea che ci sia una sola forza che agisce esclusivamente a nostro vantaggio. Nel linguaggio della Kabbalah, un tale disaccordo è chiamato “la qualità del giudizio”. Se percepissimo il vero mondo, vedremmo che nella realtà abita un’unica forza di amore e di dazione, che la Kabbalah chiama “qualità della misericordia”, e vedremmo questa forza agire con misericordia verso tutti.

La ragione per cui vediamo il mondo comportarsi secondo la qualità del giudizio, ossia sentiamo regolarmente parlare di eventi terribili e maligni, è dovuta a ciò che la Kabbalah chiama la nostra “mancanza di correzione”. Questo significa che vediamo la realtà attraverso una lente frantumata dalla nostra opposizione alla qualità di amore e dazione. Inoltre, sebbene di natura siamo l’opposto  della qualità dell’amore e della dazione, dobbiamo attraversare un processo di sviluppo per cambiare la nostra percezione: dalla transitorietà, dalla separazione e dall’incompletezza alla visione di una forza che agisce in modo eterno, perfetto e integro. Poi, quando completeremo questo processo di correzione, vedremo che solo una forza, la qualità di amore e dazione, risiede nel mondo e che questa forza è buona e fa solo il bene.

Quale dovrebbe essere la nostra risposta al sentir parlare di fenomeni negativi, cioè di tutte le guerre, le sofferenze e le crisi a livello personale, sociale e globale? Dovrebbe essere, come è scritto, che “hanno occhi e non vedono; hanno orecchie e non sentono”. Quando assistiamo ai disastri, dovremmo riconoscere che non riusciamo a percepire la forza positiva dell’amore, del dono e della connessione che sta dietro a tutto questo, e anche che vorremmo percepirla e vedere che agisce in ultima analisi a nostro vantaggio.

Dobbiamo ricordare che esiste una fonte buona che agisce sul mondo, che ha creato tutto ciò che è opposto alla sua qualità di bontà, affinché noi ci sviluppiamo per raggiungere la percezione della sua unicità, eternità e perfezione al di sopra della nostra opposizione a tale qualità.

Pertanto, i conflitti, il male e l’odio che vediamo nel mondo sono parte integrante di un grande spettacolo teatrale che si svolge davanti a noi. Attraverso questo teatro, possiamo raggiungere la capacità di accettare la provvidenza dietro questo spettacolo come assolutamente buona e benevola nei nostri confronti. È un gioco che ci è stato dato di giocare. Questo è il significato di “giocare con la balena”, che è ciò che facciamo quando ci eleviamo al di sopra delle opposizioni nella nostra percezione per rivelare l’unica forza benevola che guida la realtà.

Tuttavia, da un lato, dobbiamo stare attenti a non trattare la questione con leggerezza, cioè a considerare la nostra vita come falsa e “solo un gioco”. Dall’altro lato, dobbiamo anche stare attenti a non cadere in stati di intensa tristezza e/o rabbia per quello che vediamo accadere nel mondo. Dobbiamo invece navigare costantemente tra questi due poli, in quella che la Kabbalah chiama “la linea di mezzo”.

Pertanto, dovremmo riconoscere che il ruolo del male nel mondo è quello di mostrarci che tutto è buono. Non saremmo in grado di percepire la bontà, l’amore, il dono, l’armonia, la pace, la felicità e la fiducia senza le loro controparti negative. Inoltre, dobbiamo capire come ci sviluppiamo per raggiungere una destinazione finale nella nostra vita in cui percepiremo un’unica forza buona e benevola.

Se vediamo il male nel mondo, dobbiamo esercitare le qualità positive opposte dell’amore e della dazione collegandoci positivamente gli uni agli altri. Così facendo, si arriva gradualmente a neutralizzare ogni apparenza di male nel mondo, scoprendo sempre più l’unica forza positiva dell’amore e della dazione che risiede nella realtà.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman. 

Cosa pensi in merito alla evoluzione dell’umanità e a quanto lontano può arrivare l’umanità?

Il processo di evoluzione  a cui siamo sottoposti è  relazionato alla nostra capacità di adattarci ai mondi superiori, ovvero, per  dirigerci a uno stato di connessione armoniosa “come un solo uomo con un unico cuore”, un’unica umanità che funziona come un unico sistema.

Noi esistiamo in un sistema integrale con una interconnessione e interdipendenza tra le sue parti.

Nel processo, noi abbiamo bisogno di sperimentare che siamo schiavi della nostra natura umana  egoistica, che ci fa desiderare di essere felici a spese degli altri e della natura, fino a raggiungere uno stato di libertà da questa schiavitù nei confronti dell’egoismo.

Qual è  quel luogo di libertà?

È un luogo in cui si scopre l’integralità, una connessione profonda da un capo all’altro della natura, che emerge dal desiderio della forza superiore di amare e di donare.

La forza superiore dell’amore e del dono ci guida e si relaziona con noi come un’unica entità e ci conduce a uno stadio in cui ci concederà una connessione reciproca, in cui ognuno di noi considererà principalmente il beneficio degli altri e dell’intero sistema in cui esistiamo. 

In altre parole, dal vivere  al servizio dei nostri desideri egoistici, in cui   siamo attualmente bloccati, ci sviluppiamo attraverso varie crisi su scala personale, sociale e globale, attraverso le quali otteniamo gradualmente la possibilità di uscire dalla rete egoistica che ci controlla e di entrare in una nuova rete altruistica di connessioni.

Perché abbiamo bisogno di sopportare varie crisi per uscire dal nostro ego?

Perché l’ego umano è molto crudele e noi non siamo in grado di elevarci al di sopra di esso con le nostre forze. Ossia, ci manca la capacità di convincerci che vale la pena essere positivi, gentili e amorevoli con gli altri in tutto il pianeta. Ciò è semplicemente impossibile, posto che la  nostra natura egoistica ci spinge costantemente nella direzione opposta: quella di trarre vantaggio da noi stessi a spese degli altri e della natura.

Perciò, per mostrarci come i nostri atteggiamenti egoistici ci fanno soffrire, la natura ci invia varie crisi che ci obbligano ad affrontare la nostra connessione e la necessità di realizzarla positivamente. Di conseguenza, ci rendiamo conto che non abbiamo altra scelta se non quella di correggere i nostri atteggiamenti reciproci, da egoistici ad altruistici.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

Abbiamo un gene killer dentro di noi?

Ogni persona ha l’inclinazione a uccidere, perché ognuno possiede l’intera gamma dei desideri, dal migliore al peggiore.

Quando uccidiamo gli altri, sia in guerra che in altre situazioni, distruggiamo in realtà una parte di noi, perché noi esistiamo in un desiderio collettivo, un sistema comune.

Ogni cosa che esiste in natura in tutti i suoi livelli, cioè minerale, vegetativo, animale e umano, è dentro di noi . Così, quando uccidiamo qualcosa o qualcuno, uccidiamo la sua parte che si trova in noi.

Ci troviamo così a doverci giustificare per l’uso che facciamo per noi stessi di ogni cosa di questo mondo, iniziando da una boccata d’aria, allargandoci agli alberi che abbattiamo, agli animali che ammazziamo per nutrirci, fino a prenderci la vita degli altri. Questo è un principio che si estende a qualunque cosa che prendiamo per noi stessi. Tutto richiede una certa forma di correzione.

Per qualunque cosa che riceviamo a nostro vantaggio, uccidiamo quella parte di cosmo e dobbiamo assumerci in qualche modo la responsabilità. Ecco perché esistono varie benedizioni che le persone recitano quando compiono tali azioni.

Alcuni sentono inconsciamente una responsabilità verso ogni cosa che prendono dalla natura. Ci sono persone che prima di bere qualcosa, ne mettono po’ in un bicchiere o tagliano un pezzo di cibo e lo mettono a lato. Esistono molte di queste e altre abitudini nel mondo. Ciò indica che queste persone capiscono di prendere dalla natura qualcosa che non renderanno mai. Così facendo, stiamo uccidendo l’universo e allora desideriamo in qualche modo restituire quello che prendiamo.

Altra questione è quando prendiamo dalla natura quello che ci serve per la nostra esistenza, per sostenere la nostra vita. Ma dobbiamo capire che noi siamo quelli che ricevono dalla natura e questo è il motivo per cui abbiamo questa sensazione inconscia di prenderci la responsabilità per quello che riceviamo.

Tra l’altro non importa che non siamo noi i colpevoli per essere stati creati così, non abbiamo avuto scelta. La nostra vita è stata creata così proprio perché dobbiamo capire che viviamo in un mondo dove, se prendiamo qualcosa per noi stessi, dobbiamo pagarlo, per ricambiare. Dobbiamo senza dubbio riconoscere questa responsabilità e sentire che dobbiamo restituire in base a quello che prendiamo.

Su questo principio di assumersi le responsabilità per quello che prendiamo Rabbi Akiva disse che il libro è aperto, la mano scrive e l’individuo prende in prestito, ma poi restituirà tutto. Secondo questo, vediamo che più evolviamo, più prendiamo per noi stessi in modo sproporzionato e questo avrà un effetto boomerang negativo a livello mondiale;  per la nostra ingordigia veniamo colpiti da sofferenze di ogni genere.

È un tema complesso perché la natura è sistema integrale chiuso. Al fine di vivere la nostra vita in modo ottimale in un sistema così, dobbiamo essere molto attenti a quello che prendiamo da esso e che ogni cosa venga usata per riconsegnarla al sistema.

Allora come possiamo raggiungere equilibrio e armonia con la natura?

Possiamo farlo ottenendo la sensazione di unione con la natura, acquisendo una nuova natura che ci renda capaci di dare tanto quanto prendiamo. Allora potremmo regolare quello che prendiamo con quello che diamo.

Siamo in un continuo sviluppo dalla condizione di inconsapevolezza alla condizione di reciproca connessione con la natura, dal prendere qualunque cosa dalla natura senza pensarci, che ci porta ogni tipo di forme estreme di sofferenza, compresi furti e omicidi, a uno stato di totale consapevolezza della nostra reciprocità con la natura, senza il bisogno di restituire in proporzione a quello che abbiamo ricevuto.

Tale stato ci sosterrà in una condizione in cui non prenderemo più dell’essenziale per la nostra vita e, ancor più, ci salverà da molte sofferenze, tra cui il furto e l’omicidio.

 

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman. 

Che cosa deve succedere o cambiare perché l’umanità possa evolversi?

La natura dell’uomo è il desiderio di provare piacere a proprio beneficio. È il nostro punto d’inizio, ma siamo in un processo evolutivo che ci porterà ad uno stato in cui finiremo per invertire la nostra natura e cioè quello di agire a beneficio di altri e della natura stessa.

La Natura in senso generico è all’opposto di quella dell’uomo. Essa opera con la legge dell’altruismo, dell’interconnessione e dell’interdipendenza. Di conseguenza, la Natura evolve le sue parti inanimate, vegetative e animate in modo che queste non operino contro di essa. 

In tutta la natura solo noi umani abbiamo il desiderio di sfruttarla e distruggerla allo scopo di provare sensazioni di potere e rispetto. Ci è stato dato questo ulteriore desiderio egoistico per poterci evolvere attraverso la connessione tra noi, per esempio imparare a implementare relazioni favorevoli e benefiche, invece di usare la tendenza a sfruttarci l’un l’altro e sfruttare la natura solo per gonfiare il nostro ego.

Con questa inversione della nostra intenzione, dal beneficiare solo noi stessi al beneficiare gli altri e la natura, scopriremo un nuovo mondo, con una nuova natura, cioè un mondo eterno e perfetto.

Allora vivremo liberi dall’ansia e dal dolore. Le nostre sensazioni di una vita corta, transitoria e miserabile saranno rimpiazzate dalla sensazione di un’esistenza libera dalla sofferenza. 

La sofferenza deriva dal nostro desiderio egoistico di sfruttare gli altri e la natura per il nostro guadagno personale. Perciò, sostituendo la nostra tendenza egoistica con una natura altruistica che desidera beneficiare gli altri e la natura stessa, ci scopriremo a vivere su un piano di esistenza paradisiaco.

Il paradiso è uno stato dove la comune forza dell’amore emerge tra le persone e forma la connessione di “ama il tuo vicino come te stesso”. La Natura prima o poi ci condurrà a questo stato paradisiaco e noi non avremo altra scelta che quella d’invertire la nostra attitudine l’uno verso l’altro, dall’egoismo all’altruismo, e facendo questo vivremo in una connessione di armonia ed equilibrio. 

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Come porre fine alla guerra

Nel 1914, durante la Prima Guerra Mondiale, accadde un evento sorprendente. Mentre mezzo milioni uomini venivano uccisi nei pressi della città belga di Ypres, il 24 dicembre, prima di Natale, improvvisamente i soldati iniziarono a decorare le trincee tedesche con ghirlande e luci varie. In seguito, si spostarono in territorio neutrale. Anche Francesi e i Britannici uscirono dalle trincee nemiche per raggiungere il territorio neutrale, radunando circa centomila uomini. Fino a quel momento si erano uccisi a vicenda, ma quel giorno si sono riuniti e connessi: si sono scambiati pensierini, hanno cantato canzoni, hanno barattato bottoni, tabacco, vino e dolci e hanno giocato a calcio con le lattine. Nel 2014 è stato costruito un monumento al calcio per commemorare l’evento.

Fu uno spettacolo incredibile. Coloro che avevano combattuto fino alla morte e si odiavano l’un l’altro iniziarono improvvisamente a legare. Naturalmente i generali si allarmarono immediatamente. Sotto la minaccia di morte, i soldati furono costretti a tornare nelle trincee e la guerra continuò. Durò quattro anni e venti milioni di uomini furono uccisi.

Una domanda chiave che emerge da questo esempio è: è possibile fermare la guerra dal livello dei soldati stessi? Vediamo che i soldati potrebbero porre fine alla guerra se lo volessero, ma dal momento che seguono gli ordini dei loro generali, allora sarebbe necessario che anche i generali volessero fermare la guerra, cosa che a sua volta richiede ogni successivo livello superiore, il che lo rende impossibile.

Tuttavia, l’esempio è impresso nella storia: persone che si uccidevano a sangue freddo, con le baionette, combattendo corpo a corpo, spargendo tanto sangue e non solo sparando a distanza con pistole e missili. Queste persone hanno letteralmente affrontato i loro nemici, hanno provato odio per loro e, in un solo momento, tutto si è trasformato in uno stato di unione.

Questo mostra che anche l’odio più forte può essere invertito in un attimo. Una lotta può continuare a lungo, e poi all’improvviso, puff: l’odio si dissipa. Il motivo alla base dell’odio scompare improvvisamente.

Non è un miracolo. È semplicemente il modo in cui si svolge il programma che gestisce i nostri desideri. Non ha senso il nostro odio, né il nostro amore. Possiamo vedere esempi simili di persone che un tempo erano apparentemente innamorate e che, all’improvviso, smettono di amarsi. L’amore che li teneva uniti scompare all’istante. È comune sentire i divorziati dire dei loro partner: “Che cosa ho mai amato in lui/lei?”.

Il fatto che le nostre emozioni possano cambiare improvvisamente da un momento all’altro ci dimostra che qualsiasi unità che stabiliamo non dovrebbe basarsi sui nostri sentimenti, ma su un’idea. Cioè, se facessimo circolare l’idea della necessità di unirci per raggiungere una fusione completa tra di noi come lo stato più desiderabile che possiamo raggiungere, allora avremmo una forte base per unirci.

Il fondamento di questa idea risiede in una radice superiore, ovvero che l’umanità è stata originariamente creata come un’unica coscienza unificata che ha subito un processo di frammentazione e di dispersione fino a ritrovarsi in una realtà in cui ci percepiamo separati gli uni dagli altri. Mentre siamo in questo stato di separazione, subiamo una certa evoluzione fino a raggiungere un punto in cui iniziamo a risvegliarci di nuovo al nostro stato unificato. Cioè, a un certo punto, cominciamo a sentire che siamo all’opposto del nostro stato più desiderabile, che abbiamo sofferto abbastanza nella nostra divisività, e sviluppiamo un nuovo desiderio di subire un cambiamento importante per tornare alla completa unificazione.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Quando la popolazione umana supererà la capacità del Pianeta Terra?

Oggi è molto diffusa l’idea che la sovrappopolazione umana sia un problema: che aumenti il riscaldamento globale,  i cambiamenti climatici e le malattie, per citarne alcuni.  

Tuttavia, in realtà, maggiore è la popolazione umana, minore è la sofferenza che ognuno di noi sopporta individualmente.

Inoltre, non percepiremmo la sovrappopolazione come un problema se migliorassimo i nostri atteggiamenti reciproci,  collegandoci positivamente gli uni agli altri, al di sopra delle nostre pulsioni egocentriche e individualistiche.

In primo luogo, in relazione all’affermazione: “più popolazione c’è sul pianeta, meno sofferenza assorbiamo”… Dobbiamo innanzitutto capire che nel mondo non esiste il concetto di persone in eccesso.

Non solo il nostro pianeta può far fronte a  molte più persone, inoltre una popolazione umana più elevata non equivale a una maggiore sofferenza. Invece, se vista dalla  prospettiva dello sviluppo dell’umanità verso il suo stato futuro unito, la formula appare così:

La quantità di popolazione divisa per la quantità di sofferenza, eguaglia la nostra capacità di esercitare la libera scelta, per connetterci al di sopra dell’ego.

In altre parole, se ci sono più persone, allora il totale della sofferenza si suddivide tra loro, e come risultato, tutti soffrono meno. Per esempio, diciamo che l’umanità ha bisogno di sopportare un milione di tonnellate di sofferenza ad un certo livello del suo sviluppo. Allora che cosa preferireste: essere parte di un’umanità di otto miliardi di persone che deve affrontare quel milione di tonnellate di sofferenza, o far parte di un’umanità di due miliardi di persone che si assume questo fardello?  È chiaro che sceglieremo l’opzione della minore sofferenza. 

Come funziona questo? Per comprenderlo, abbiamo bisogno di una visione a volo di uccello sullo sviluppo dell’umanità.

Attualmente ci troviamo in un processo che ci porta  ad un futuro dove l’umanità sarà connessa come un unico organismo, in cui ci sentiremo più vicini gli uni agli altri di quanto lo siano le nostre famiglie.  

Oggi siamo ad un bivio: possiamo continuare a seguire la strada della nostra crescente natura egoistica, nella quale cerchiamo di realizzarci in un contesto di problemi personali, sociali e globali, che si intensificano progressivamente; o possiamo esercitare la nostra libera scelta ed impegnarci in questo processo in modo positivo, connettendoci al di sopra della nostra natura egoistica e superando i problemi. 

Se ci rendiamo conto della nostra libera scelta in questo processo, e iniziamo a connetterci sopra l’ego, allora  nessuna singola persona sul pianeta sarà in eccesso. 

Al contrario, ogni persona sarà considerata come una creazione molto preziosa, inseparabile dalla società, che porta una parte significativa del carico dell’umanità. Ogni persona sarebbe importante come le cellule e gli organi del nostro corpo, ognuno dei quali  lavora per il bene dell’intero organismo, prendendosi cura l’uno dell’altro nel processo. 

Non ci sono quindi persone superflue. Ciò che è superfluo è tutto il pensiero volto a limitare la crescita della popolazione. Invece di pensare a limitare la popolazione, dovremmo pensare a come possiamo guidare la nostra popolazione in rapida crescita verso una società connessa positivamente.  

Così facendo, ci renderemo conto della nostra capacità di esercitare la nostra libera scelta e di scoprire una nuova immagine della realtà superando ciò che percepiamo abitualmente nell’ego.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.