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Congresso mondiale di Kabbalah, gennaio 2024

Si è appena concluso il nostro  Congresso Mondiale di Kabbalah con studenti di Kabbalah provenienti da tutto il mondo. Tutto ciò che abbiamo fatto: lo studio, i pasti, le discussioni sociali e le canzoni, era mirato a una connessione cuore-a-cuore per raggiungere una preghiera completa.

È stato veramente il primo congresso del suo genere nella sua profonda interiorità. È stato qualcosa di veramente speciale e ora serve da esempio per il futuro.

In tutto il mondo gli studenti si sono connessi virtualmente da dozzine di paesi e, in alcuni casi, hanno percorso lunghe distanze per riunirsi fisicamente in congressi specchio a New York, Los Angeles, Chicago, Salt Lake City, San Francisco, Florida, Toronto, Guadalajara, Sao Paulo, Santiago, Togo, Barcellona, Dordrecht, Vilnius, Minsk, Tbilisi, Kiev, Mosca, San Pietroburgo, Ekaterinburg, Krasnoyarsk, Novosibirsk, Crimea, Vladivostok, Baku, Budišov, Astana e Almaty.

In Israele più di milleseicento studenti si sono riuniti nel nostro centro da tutto il Paese, compresi molti sfollati dal nord e dal sud,  tanti con figli e figlie che servono nell’esercito. In considerazione delle difficili condizioni che stiamo vivendo in Israele e in tutto il mondo, il legame di cuore che abbiamo stabilito in questo congresso ha portato sicuramente grande piacere e gioia al Bore. Spero che continueremo a rivolgerci al Bore e che proseguiremo a sostenerci e incoraggiarci a vicenda per connetterci positivamente e portare al Bore contentezza.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

Ritorno alle nostre radici

Il ritorno alle nostre radici evoca un sentimento intenso, che risuona profondamente, suscitando un desiderio inspiegabile dentro di noi.

La saggezza della Kabbalah possiede un principio noto come “legge della radice e del ramo”. Essa afferma che ogni radice spirituale ha una controparte fisica nel nostro mondo. Per esempio, Gerusalemme (in ebraico “Yerushalaym“) deriva da una forza spirituale radicata nella completa soggezione/paura (in ebraico “Ira’a Shlema“), che è la paura di non compiere la volontà divina. È un invito ad abbracciare l’amore fraterno, la completezza, la pace e la perfezione della nostra nazione, irradiando unità a tutti i popoli.

La connessione nascosta tra questa radice e i suoi rami attira le persone sintonizzate con l’ideale superiore di Gerusalemme verso la città montuosa stessa. Una volta raggiunte le sue antiche mura, un fervore distinto li avvolge, influenzato non solo dall’idea ma anche dal terreno stesso su cui si trovano.

Questa unione tra radice e ramo era un tempo palpabile durante i giorni del Tempio, quando Israele perseguiva diligentemente l’unità, attirando il mondo a imparare dalla saggezza della connessione che il popolo di Israele sosteneva. L’unità, tuttavia, è venuta meno quando le lotte interne li hanno consumati, recidendo l’armonia tra l’essenza di Gerusalemme e i suoi abitanti, portando alla loro espulsione da questa terra sacra.

Anche oggi, nonostante il nostro ritorno in Israele, il legame tra la radice di Israele, la sua capitale Gerusalemme e la sua manifestazione fisica, è fragile e sbiadito. L’incapacità di dare priorità all’unità nel nostro ritorno dall’esilio ha portato a un’escalation di divisione e animosità, mettendo a rischio la nostra esistenza in questa terra.

Dovremmo infatti venerare la Terra d’Israele come estensione di una radice santificata, trattandola con il massimo rispetto, e farlo coltivando l’amore e il legame reciproco. Il nostro attaccamento alla radice di Israele e al cuore di Gerusalemme determina la nostra appartenenza a questa terra. Se non ci allineiamo di conseguenza, probabilmente andremo incontro a un altro esilio, come ha scritto il kabbalista Baruch Shalom HaLevi Ashlag (il Rabash),

“L’esilio arriva solo quando non si conserva con cautela il valore della terra, e la terra non viene apprezzata come dovrebbe. Di conseguenza, la terra getta via quella persona, come è scritto: “E la terra vomiterà”. […] Possa il Bore concederci di comprendere il grande merito della terra d’Israele e di saperla apprezzare in modo che non ci vomiti fuori”.  Rabash, “Lettera 57”.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

L’emergere della Terra spirituale di Israele nel cuore

Negli ultimi mesi, Israele è stata una terra piena di espressioni sia di amore fraterno che di lotte egoistiche, ospitando un costante conflitto tra buona volontà e animosità.

Secondo la saggezza della Kabbalah, “terra” (ebr. “Eretz”) significa “desiderio” (ebr. “Ratzon”), che è anche indicato come il cuore dell’uomo. In questo desiderio, cuore, risiedono il popolo d’Israele e le nazioni del mondo. Questi desideri, però, come i vicini di casa, faticano a coesistere pacificamente: o le nazioni dominano o il popolo d’Israele prevale nel cuore.

Inizialmente, il cuore era come un deserto, controllato esclusivamente da desideri egoistici, che consumavano tutto ciò che era alla loro portata. La Kabbalah definisce i desideri egoistici come “le nazioni del mondo”.

Con l’evoluzione dell’umanità, emerse un piccolo desiderio chiamato “Israele”, che deriva dalle parole “dritto a Dio” (ebr. “Yashar El”). La Kabbalah si riferisce solitamente a Dio come “il Creatore” e lo definisce come la qualità dell’amore e della donazione che crea e sostiene l’universo, compresi noi esseri umani. In altre parole, inizialmente ci sviluppiamo come nazioni del mondo, cioè con desideri egoistici che ci fanno privilegiare il beneficio personale rispetto al beneficio degli altri e della natura, mentre il desiderio chiamato “Israele”, che significa desiderio di beneficiare gli altri e la natura, emerge in noi in una fase evolutiva successiva.

Il conflitto è scoppiato quando il desiderio chiamato “Israele” è emerso tra i desideri chiamati “le nazioni del mondo”. Abbiamo iniziato a lottare con noi stessi per vincere il cuore, per abbandonare il controllo della volontà egoistica e lasciare che il potere superiore dell’amore e della dazione ci guidasse e rimodellasse il nostro cuore.

Questa battaglia interiore persiste fino a quando gli sforzi per sopraffare l’egoismo non fanno pendere la bilancia verso la vittoria della volontà divina superiore, lasciando che l’amore e la donazione regnino sul cuore. Con questo trionfo, il cuore diventa “la Terra d’Israele”, poiché acquisisce l’intenzione di puntare “Yashar El ” (“dritto a Dio”).

Il mezzo per raggiungere questa devozione alla volontà divina è nelle persone che condividono il desiderio iniziale di raggiungere uno stato di amore reciproco e di donazione tra tutti gli uomini, e che sono disposte a sostenersi e incoraggiarsi a vicenda per combattere la loro natura egoistica. Grazie all’amplificazione di tale influenza, queste persone raggiungono lo stato di “ama il tuo prossimo come te stesso”, lasciando che la qualità dell’amore e della dazione guidi i loro cuori in ogni momento. Quando raggiungeranno questo stato di massima armonia, l’intera Terra d’Israele emergerà nella sua purezza e santità, completamente dedicata alla forza superiore dell’amore e della dazione: Dio.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

Rabbi Shimon bar Yochai esce dalla grotta, dando inizio alla nostra era

Oggi viviamo in tempi in cui più progrediamo senza coltivare relazioni unificanti tra di noi e più un disgustoso fetore di divisione e di odio oscura le nostre vite. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di nutrire un amore genuino al di sopra delle nostre pulsioni divisive, il tipo di amore che la Torah raffigura e che Rabbi Shimon bar Yochai ha descritto nella grotta con i suoi nove amici. 

Per tredici anni, Rabbi Shimon e suo figlio Rabbi Elazar vissero in una grotta a Peki’in. Successivamente altri otto discepoli saggi si unirono a loro e insieme, scrissero Il Libro dello Zohar, un commentario che comprende la Torah, i Profeti e le Scritture.

Dopo aver approfondito le intricate interpretazioni dello Zohar da parte di quei dieci saggi, possiamo riconoscere l’alto livello di codificazione della Torah. La semplicistica narrazione storica  con numerose trame e personaggi umani, sia buoni che cattivi, non è affatto l’unico modo per comprenderla.

Nell’introduzione de Il libro dello Zohar, scritto mentre Rabbi Shimon e Rabbi Elazar erano isolati nella caverna, c’é un articolo distinto chiamato “L’uscita di Rabbi Shimon dalla grotta”. Questo pezzo illustra magnificamente come la storia fisica si intrecci con gli insegnamenti spirituali.

Storicamente ambientata circa duemila anni fa durante il dominio romano in Israele, la storia narra che Rabbi Shimon e suo figlio Elazar sfuggono ai Romani, cercando rifugio in una grotta della Galilea. Nonostante il crollo della grotta a causa di un antico terremoto, la storia rimane intatta nel tempo: 

“Rabbi Pinhas stava regolarmente davanti a Rabbi Rehumai, presso la riva del Mar di Galilea. Rabbi Rehumai era un grande uomo, anziano e i suoi occhi erano deboli. Egli disse a Rabbi Pinhas: “Ho sentito che Yochai, il nostro amico, ha una gemma, una pietra preziosa, un figlio. Ho guardato nella luce di quella gemma ed é come l’illuminazione del sole, dal suo fodero, che illumina  il mondo intero.”   Zohar per tutti, “L’uscita di Rabbi Shimon dalla caverna”. 

Questa storia particolare ritrae il  saggio cabalista Rabbi Shimon, figlio di bar Yochai, un giovane ragazzo che si rivela essere una meraviglia luminosa e un vero discepolo della Torah. A un livello più profondo mostra che la rivelazione dell’essenza interiore del Libro dello Zohar richiede una connessione tra generazioni, tra “padri” e “figli”.

Più avanti, l’articolo descrive il tentativo di Rabbi Pinhas di contattare Rabbi Shimon, scomparso, ricorrendo a elementi della natura per la comunicazione. Lo raggiunge non tramite il cinguettio degli uccelli ma tramite mezzi spirituali, connettendosi con Rabbi Shimon attraverso un grado noto come “Chai” (ebraico “animato”), prevedendo la sua uscita dalla grotta e la sistemazione de Il Libro dello Zohar che annuncia l’era del Messia.

Quando i dieci amici finirono di comporre il Libro dello Zohar e uscirono dalla grotta, rabbi Shimon ne ordinò la  sepoltura fino al sorgere della generazione in grado di porre fine all’oscurità spirituale, alla distruzione e all’esilio, iniziati e continuati fin dai suoi giorni. In questa generazione attesa, le persone sarebbero state in grado di sviluppare la consapevolezza del male della natura umana egoistica, che divide le persone l’una dall’altra e dalla forza originaria della natura che i saggi dello Zohar avevano rivelato. Queste persone sarebbero andate avanti a cercare una forma superiore di unità tra di loro e con le forze della natura: l’amore, la dazione e la connessione, come lo Zohar aveva anticipato.

Ora che Lo Zohar è stato rivelato su larga scala, il cabalista Yehuda Ashlag (Baal HaSulam) ha creato un commentario chiamato “Sulam” (“Scala”). Questo commentario Sulam dello Zohar è cruciale per ascendere al nobile tesoro che rivela. La sua scoperta e composizione indicano l’era del Messia, cioè l’era in cui la forza superiore dell’amore e della dazione emerge per “tirare” (“Messia” dalla parola ebraica per “tirare” [“Moshech”]) noi fuori dalle nostre relazioni egoistiche e divisive in un’ascesa rigogliosa verso l’amore assoluto, come è descritto nella Torah e nello Zohar:

“C’è amore, fratellanza e verità nella Torah. Abramo amava Isacco; Isacco amava Abramo; e si  abbracciavano. Erano entrambi stretti a Giacobbe da amore e fratellanza e donavano il loro spirito l’uno nell’altro. Gli amici dovrebbero essere come loro e non macchiarli, perché se manca l’amore in loro, macchieranno il loro valore superiore, cioè Abramo, Isacco e Giacobbe.”  Zohar per tutti, Ki Tissa [quando prendete], articolo 54.

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Cosa rende difficile risolvere le questioni globali?

Lo scopo dell’evoluzione umana è nascosto. Non importa quanto i filosofi si dilettino con la domanda sul nostro scopo, non possiamo definirlo chiaramente e qualsiasi cosa definiamo si scontra con il nostro dissenso interiore. È quindi troppo presto per porci domande su come risolvere l’intreccio di questioni globali. L’umanità ha bisogno di evolversi forse ancora per centinaia di anni.

Tuttavia, mentre ci evolviamo naturalmente, saremo sempre più in grado di risolvere le questioni globali, in modo graduale. La domanda è: qual è la soglia per poter arrivare a padroneggiare soluzioni alle domande sullo scopo della vita? Non è ancora all’orizzonte. Non sappiamo qual è il significato dell’esistenza umana. 

Il fatto che oggigiorno vediamo un mondo che è diretto sempre più verso uno stato di distruzione è una parte importante della nostra evoluzione. Cioè, è impossibile andare avanti senza cadere, guardare indietro e provare delusione. È tutto interconnesso e tutto esiste su un’unica rotta, ma siamo ancora alle prime fasi di sviluppo.                   

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

                   

L’ allegoria delle quattro candele: pace, fede, amore e speranza

Quattro candele tremolano dolcemente in una stanza. La prima sussurra: “Io porto la pace, la gente non sa come proteggermi” e si spegne. La seconda dichiara: “Io sono la fede, la gente non ha bisogno di me” e si spegne. La terza lamenta: “Io incarno l’amore, la gente non mi apprezza” prima di scomparire.

All’improvviso entra un bambino, spaventato dall’oscurità crescente, e inizia a piangere. La quarta candela parla: “Non piangere. Io sono la speranza. Finché risplenderò, potrai riaccendere le altre candele attraverso di me”.

Finché la speranza persiste, la vita dura. Essa guida il nostro cammino verso la crescita. La speranza spinge le persone ad attraversare vasti oceani, a cercare nuove terre e a fare nuove scoperte. Incarna l’essenza dei sogni e alimenta lo spirito.

Ma come si fa a sostenere la speranza in assenza di pace, fede e amore? Quando tutto sembra perduto, ci arrendiamo alla vita, alla natura o a un potere superiore, riponendovi completa fiducia. Ogni candela si spegne per consentire un momento cruciale, appena prima del buio completo, per afferrare il filo che ci lega alla nostra fonte, cioè quello che ci collega alla sorgente della nostra vita, la forza dell’amore, del dono e della connessione. Possiamo quindi continuare il nostro viaggio insieme a quella forza.

La speranza funge da legame tra l’umanità nel regno fisico e il mondo spirituale superiore. Rimane eternamente accesa, simboleggiando la connessione eterna. Quindi, se la speranza si affievolisce momentaneamente, è un segno che dobbiamo riallinearci: riconoscere l’armonia, la felicità e la pace che ci attendono quando ci colleghiamo alla fonte d’amore e di dazione della nostra vita, e questo dovrebbe darci la forza di andare avanti.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

Esistono problemi che non possono essere risolti a nessun livello?

Nelle scienze esatte si parla di problema irrisolvibile quando gli scienziati dimostrano che qualcosa non può essere risolto. Per esempio, in astronomia esiste “il problema dei tre corpi” che non può essere risolto in generale, ma solo in casi specifici, oppure esiste il concetto di fermare un problema quando si dimostra che non può essere risolto algoritmicamente. 

Tuttavia, direi che si tratta di compiti che ci prefiggiamo sulla base dei limiti della nostra conoscenza e delle nostre conclusioni. Pertanto, non possiamo dire che la natura sia, in linea di principio, inconoscibile. Possiamo solo dire che noi ancora non la conosciamo.

Non dobbiamo dire però che tale conoscenza sia completamente inaccessibile. In passato si pensava che esistessero determinati confini della conoscenza, poi sono state fatte delle scoperte che hanno allargato questi confini. Abbiamo a disposizione pochi dati per affermare che c’è un chiaro limite alla nostra conoscenza.

Penso che ci impegneremo sempre per la conoscenza e che ci saranno alti, bassi e periodi di sviluppo di ogni tipo, come dimostra la storia dell’umanità ma, in generale, il processo di conoscenza è un processo di arricchimento di noi stessi, ed è senza limiti.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

Cosa potrei chiedere al mio Creatore se mi rispondesse?

Una volta una donna sognò di avvicinarsi al Creatore dietro il bancone di un negozio. Avvicinandosi a Lui, chiese: “Cosa posso comprare da Te?”. Il Creatore rispose: “Da me puoi comprare tutto”. Lei chiese prontamente: “Allora concedimi salute, felicità, amore, successo e ricchezza!”. Il Creatore andò nella stanza sul retro, tornò con una piccola busta di carta e gliela porse. “È tutto?” chiese la donna. “Sì”, rispose il Creatore, “non sapevi che il mio negozio vende solo semi?

A ciascuno di noi sono stati dati semi simili, capaci di far crescere qualsiasi cosa buona o desiderabile. La questione è cosa scegliamo di fare con loro e con quanta diligenza li nutriamo e li coltiviamo. Questo è essenzialmente il senso della vita: capire cosa il Creatore ci chiede di fare con ciò che abbiamo ricevuto e come agire di conseguenza in ogni momento.

Dobbiamo credere che il potenziale di ogni cosa è dentro di noi. Il nostro compito è quello di piantare noi stessi in un ambiente favorevole, proprio come i semi in un terreno fertile. Così facendo, tutto ciò che è necessario fiorirà dentro di noi. Questo implica circondarsi di libri e di persone che, come noi, cercano il senso della vita, sforzandosi di capire cosa il Creatore desidera che facciamo con i doni che ci sono stati elargiti.

Inoltre, dobbiamo innaffiare questi semi, impegnandoci a nutrirli. La ricerca della comprensione del nostro scopo e le esperienze che raccogliamo lungo il cammino: queste azioni servono come l’acqua che nutre questi semi.

Se doveste entrare nel negozio del Creatore, cosa chiedereste? Io chiederei la saggezza per allinearmi completamente con la Sua volontà. Di abbandonarmi completamente davanti a Lui, permettendo solo ai Suoi pensieri e sentimenti di manifestarsi in me.

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L’ Allegoria del Saggio e del Re

Un’allegoria narra di un uomo che fece un sogno in cui vide un re in cielo e un saggio all’inferno. Egli chiese a Dio: “Qual è la ragione di questo? Pensavo che sarebbe stato il contrario, che il re sarebbe stato all’inferno e il saggio in cielo”. E ricevette la risposta: “Questo re è stato accettato in cielo per il suo attaccamento ai saggi. E il saggio è stato mandato all’inferno per la sua vicinanza ai re”.

Ciò solleva la questione: quali qualità dovrebbe possedere un governante per avvicinare a sé i saggi e non i soliti politici e simili?

Un governante dovrebbe avere grande rispetto per i saggi. I governanti dovrebbero innanzitutto comprendere la necessità di essere circondati da saggi.

Per saggio intendo una persona che si sforza di comprendere il significato della vita. Pertanto, un sovrano che deve occuparsi del popolo, della sicurezza del regno, dell’economia e così via, deve essere circondato da persone che pensano e discutono sul significato della vita. Allora tutto andrà per il meglio.

Nella storia ci sono stati alcuni esempi monumentali di “re-saggi”, come ad esempio il re Davide e il re Salomone. Entrambi incarnavano la saggezza e si circondavano di saggi. È ridicolo pensare che i governanti di oggi possano arrivare a tali livelli, ma in ultima analisi, tali governanti sarebbero l’ideale.

Nell’allegoria, il saggio è stato mandato all’inferno a causa della sua vicinanza ai governanti. Qui c’è apparentemente una contraddizione: Come può un saggio non piegarsi al potere dei governanti?

I saggi devono essere completamente indipendenti. I governanti ascolteranno allora i saggi. In altre parole, l’indipendenza dei saggi attirerà i governanti. Pertanto, nell’allegoria, il saggio che viene mandato all’inferno è un segno che in realtà non era saggio, poiché aveva assorbito troppo l’influenza del sovrano.

Possiamo concludere che un vero saggio è colui che preferisce la saggezza a qualsiasi altra qualità, ponendo la saggezza al di sopra di ogni altra cosa. Un vero governante è quindi colui che si inchina alla saggezza dei saggi e dà priorità all’importanza dei saggi rispetto a tutte le altre persone. Naturalmente, questa visione è in contraddizione con il modo in cui funziona il mondo attuale, in cui i professionisti dell’economia, della sicurezza e della politica occupano la maggior parte delle posizioni di potere. Queste persone portano l’umanità in una direzione sbagliata.

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Come umanità, sembriamo adulti che giocano in una sabbiera con giocattoli e bambole

Nel corso dello sviluppo umano, la natura ha sempre dato mentre noi ci siamo evoluti egoisticamente, prendendo per noi stessi. Questo è normale, poiché secondo il piano della natura, la nostra evoluzione doveva essere egocentrica per un certo periodo di tempo.

È simile ai bambini che crescono prendendo ciò che danno i loro genitori. Ne sono contenti. Man mano che i figli maturano, l’atteggiamento dei genitori nei loro confronti cambia: “Ecco, ora sei solo. Lavora, prendi in mano la tua vita e affronta le conseguenze di ogni errore che commetti”.

Siamo cresciuti come bambini nel corso dei millenni, ma il mondo di oggi ha subito un cambiamento significativo rispetto a noi. Il mondo di oggi è diventato globalmente interconnesso e interdipendente e richiede da parte nostra un comportamento da adulti, vale a dire che i nostri atteggiamenti reciproci si adattino armoniosamente all’interconnessione e all’interdipendenza globali. Proprio come una persona di età compresa tra i 20 e i 25 anni inizia a lavorare, a costruirsi una vita e a impegnarsi con il mondo a un nuovo livello, l’umanità è ora entrata nell’età adulta.

Sebbene la nostra natura sia egoistica, dando priorità al beneficio personale rispetto al beneficio degli altri e della natura, abbiamo raggiunto uno stadio in cui dobbiamo diventare indipendenti da questa natura, per scegliere di elevarci al di sopra di essa e costruire una nuova società costruita su connessioni positive che stabiliamo sopra. le nostre egoistiche innate.

Ci siamo evoluti egoisticamente nel corso di migliaia di anni e oggi abbiamo bisogno di connetterci su nuove basi, esercitando sostegno reciproco, responsabilità e considerazione nelle nostre relazioni. Se rimaniamo riluttanti ad adattare i nostri atteggiamenti alle nuove richieste della natura, allora ne affronteremo le conseguenze: una miriade di forme di sofferenza che entreranno nelle nostre vite su scala personale, sociale, globale ed ecologica.

Siamo passati all’età adulta, ma resistiamo a questa transizione. Da bambini non avevamo obblighi, ma da adulti affrontiamo il peso di assumerci la responsabilità della nostra vita. Tuttavia, desideriamo ancora aggrapparci ai giocattoli e ai giochi della nostra infanzia e non fare alcun progresso nel migliorare il nostro atteggiamento reciproco. In realtà sembra piuttosto inquietante, come se fossimo adulti ancora seduti in una sabbiera, a giocare con camion giocattolo e bambole.

Inoltre, non è limitato alla gente comune; le figure più importanti e stimate del mondo sono altrettanto riluttanti a superare questa fase. Affermano che ci sono abbastanza cose con cui giocare: azioni, denaro, automobili, vino e film, solo per citarne alcuni: “Perché preoccuparsi della responsabilità reciproca quando abbiamo abbastanza giocattoli con cui giocare?”

Questo è un grosso problema. A causa della nostra riluttanza a migliorare i nostri atteggiamenti reciproci per adeguarci alle nuove condizioni di interconnessione e interdipendenza globale di oggi, sopportiamo molti colpi che altrimenti saremmo in grado di alleviare. Mentre continuiamo a evitare questa transizione, la crescente sofferenza ci ricorderà costantemente che alla fine dovremo uscire dalla sabbiera. La mia speranza è che riusciamo a farlo prima piuttosto che dopo.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.