Ritorno alle nostre radici

Il ritorno alle nostre radici evoca un sentimento intenso, che risuona profondamente, suscitando un desiderio inspiegabile dentro di noi.

La saggezza della Kabbalah possiede un principio noto come “legge della radice e del ramo”. Essa afferma che ogni radice spirituale ha una controparte fisica nel nostro mondo. Per esempio, Gerusalemme (in ebraico “Yerushalaym“) deriva da una forza spirituale radicata nella completa soggezione/paura (in ebraico “Ira’a Shlema“), che è la paura di non compiere la volontà divina. È un invito ad abbracciare l’amore fraterno, la completezza, la pace e la perfezione della nostra nazione, irradiando unità a tutti i popoli.

La connessione nascosta tra questa radice e i suoi rami attira le persone sintonizzate con l’ideale superiore di Gerusalemme verso la città montuosa stessa. Una volta raggiunte le sue antiche mura, un fervore distinto li avvolge, influenzato non solo dall’idea ma anche dal terreno stesso su cui si trovano.

Questa unione tra radice e ramo era un tempo palpabile durante i giorni del Tempio, quando Israele perseguiva diligentemente l’unità, attirando il mondo a imparare dalla saggezza della connessione che il popolo di Israele sosteneva. L’unità, tuttavia, è venuta meno quando le lotte interne li hanno consumati, recidendo l’armonia tra l’essenza di Gerusalemme e i suoi abitanti, portando alla loro espulsione da questa terra sacra.

Anche oggi, nonostante il nostro ritorno in Israele, il legame tra la radice di Israele, la sua capitale Gerusalemme e la sua manifestazione fisica, è fragile e sbiadito. L’incapacità di dare priorità all’unità nel nostro ritorno dall’esilio ha portato a un’escalation di divisione e animosità, mettendo a rischio la nostra esistenza in questa terra.

Dovremmo infatti venerare la Terra d’Israele come estensione di una radice santificata, trattandola con il massimo rispetto, e farlo coltivando l’amore e il legame reciproco. Il nostro attaccamento alla radice di Israele e al cuore di Gerusalemme determina la nostra appartenenza a questa terra. Se non ci allineiamo di conseguenza, probabilmente andremo incontro a un altro esilio, come ha scritto il kabbalista Baruch Shalom HaLevi Ashlag (il Rabash),

“L’esilio arriva solo quando non si conserva con cautela il valore della terra, e la terra non viene apprezzata come dovrebbe. Di conseguenza, la terra getta via quella persona, come è scritto: “E la terra vomiterà”. […] Possa il Bore concederci di comprendere il grande merito della terra d’Israele e di saperla apprezzare in modo che non ci vomiti fuori”.  Rabash, “Lettera 57”.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

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