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Avvicinarsi alla comprensione della spiritualità

Domanda: Il Libro dello Zohar ha due livelli: il linguaggio del sentimento e il linguaggio della definizione spirituale. Come possiamo utilizzare entrambi i livelli per aiutarci ad andare oltre il racconto e percepirne il significato spirituale?

Risposta: Per aiutarci a comprendere il significato spirituale, il Creatore ha creato non una persona ma molte persone, dividendo l’anima comune in più parti e permettendoci così di unirci.
Se ci uniamo al di sopra del nostro egoismo, saremo in grado di comprendere meglio il Creatore e tutta la natura.
Domanda: Come posso sentire che tutto ciò che è descritto in questo libro sta accadendo a me?

Risposta: Ciò accade attraverso la luce superiore, chiamata “Lo Zohar”. Noi dobbiamo solo sforzarci di avvicinarci gli uni agli altri e di influenzarci positivamente a vicenda.
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Dalla lezione quotidiana di Kabbalah del 15/3/24, Scritti di Baal HaSulam “Per comprendere le parole dello Zohar”

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Ritorno alle nostre radici

Il ritorno alle nostre radici evoca un sentimento intenso, che risuona profondamente, suscitando un desiderio inspiegabile dentro di noi.

La saggezza della Kabbalah possiede un principio noto come “legge della radice e del ramo”. Essa afferma che ogni radice spirituale ha una controparte fisica nel nostro mondo. Per esempio, Gerusalemme (in ebraico “Yerushalaym“) deriva da una forza spirituale radicata nella completa soggezione/paura (in ebraico “Ira’a Shlema“), che è la paura di non compiere la volontà divina. È un invito ad abbracciare l’amore fraterno, la completezza, la pace e la perfezione della nostra nazione, irradiando unità a tutti i popoli.

La connessione nascosta tra questa radice e i suoi rami attira le persone sintonizzate con l’ideale superiore di Gerusalemme verso la città montuosa stessa. Una volta raggiunte le sue antiche mura, un fervore distinto li avvolge, influenzato non solo dall’idea ma anche dal terreno stesso su cui si trovano.

Questa unione tra radice e ramo era un tempo palpabile durante i giorni del Tempio, quando Israele perseguiva diligentemente l’unità, attirando il mondo a imparare dalla saggezza della connessione che il popolo di Israele sosteneva. L’unità, tuttavia, è venuta meno quando le lotte interne li hanno consumati, recidendo l’armonia tra l’essenza di Gerusalemme e i suoi abitanti, portando alla loro espulsione da questa terra sacra.

Anche oggi, nonostante il nostro ritorno in Israele, il legame tra la radice di Israele, la sua capitale Gerusalemme e la sua manifestazione fisica, è fragile e sbiadito. L’incapacità di dare priorità all’unità nel nostro ritorno dall’esilio ha portato a un’escalation di divisione e animosità, mettendo a rischio la nostra esistenza in questa terra.

Dovremmo infatti venerare la Terra d’Israele come estensione di una radice santificata, trattandola con il massimo rispetto, e farlo coltivando l’amore e il legame reciproco. Il nostro attaccamento alla radice di Israele e al cuore di Gerusalemme determina la nostra appartenenza a questa terra. Se non ci allineiamo di conseguenza, probabilmente andremo incontro a un altro esilio, come ha scritto il kabbalista Baruch Shalom HaLevi Ashlag (il Rabash),

“L’esilio arriva solo quando non si conserva con cautela il valore della terra, e la terra non viene apprezzata come dovrebbe. Di conseguenza, la terra getta via quella persona, come è scritto: “E la terra vomiterà”. […] Possa il Bore concederci di comprendere il grande merito della terra d’Israele e di saperla apprezzare in modo che non ci vomiti fuori”.  Rabash, “Lettera 57”.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

Il mondo delle radici e il mondo delle conseguenze

Nota: La forma della realtà fisica è simile a quella spirituale. La sola differenza è nella qualità di quella materiale. Non c’è niente nella nostra realtà che non abbia radici nel mondo superiore.

In altre parole, il nostro mondo è il mondo delle conseguenze, mentre il mondo spirituale, o il mondo delle forze, è il mondo delle radici, cioè delle cause alla radice.

La mia risposta: È tutto molto semplice. Ci sono le ragioni e ci sono le conseguenze. La causa è il mondo superiore e l’effetto è il nostro mondo. Grazie a questo, possiamo definirle in questo modo.

Domanda: Lei ha detto che nei mondi spirituali ci sono certi fenomeni che non hanno conseguenze nel nostro mondo. Là esiste un campo più ampio di varie sensazioni e non tutte sono materializzate nel nostro mondo?

Risposta: Sì. Ma cosa si intende per il nostro mondo e quello spirituale? Il mondo spirituale è ciò che percepiamo nei nostri desideri corretti in dazione, nell’amore per gli altri. Il nostro mondo invece è ciò che sentiamo nei nostri desideri non corretti ed egoistici.

Naturalmente, c’è una differenza nelle sensazioni perché entrambi i mondi, i loro confini, la calibrazione e tutto il resto, sono determinati solo rispetto alla persona. Pertanto, possiamo parlare di ciò che sente una persona comune nel nostro mondo, non corretta nel suo egoismo, o di una persona che si è elevata al di sopra del suo egoismo e sente ciò che sta accadendo nell’intenzione di dare o amare il prossimo.

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Dalla trasmissione di KabTV “Concetti di base della saggezza della Kabbalah”, 06/10/2019

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Aderire al linguaggio dei kabbalisti

Baal HaSulam, “L’essenza della saggezza della Kabbalah”: ‘Ogni persona ragionevole capirà che quando si tratta di questioni spirituali, tanto meno di pietà, non abbiamo parole o lettere con cui contemplare. Questo perché tutto il nostro vocabolario non è altro che combinazioni delle lettere dei nostri sensi e della nostra immaginazione. …

È particolarmente così dove si deve trovare una logica in queste parole per aiutare uno nei negoziati abituali nella ricerca della saggezza. Qui il saggio deve usare definizioni rigorosamente accurate per gli occhi degli osservatori.’

Se esprimessimo con parole tutto ciò che sentiamo, ognuno di noi creerà la propria lingua, la propria enciclopedia, ecc. E non saremmo in grado di comunicare fra noi. Pertanto, ciò che possiamo e dobbiamo fare è prendere le parole, le espressioni e le definizioni basate sulla nostra essenza.

Questo è esattamente ciò che fa la Kabbalah. Dice che una persona consiste nel desiderio che è diviso in cinque tipi: zero, uno, due, tre e quattro. In questi cinque tipi di desideri, sentiamo vari riempimenti positivi e negativi e tutti li hanno. Quindi, tutto consiste solo nel desiderio.

Pertanto, se aderiamo ad un chiaro linguaggio kabbalistico, non andremo fuori strada. Parleremo la stessa lingua. Era così prima della frammentazione nell’antica Babilonia quando tutte le persone parlavano una lingua, l’aramaico, con la quale è stato scritto Il Libro dello Zohar.

La lingua aramaica è buona perché deriva dall’essenza della natura stessa. I cinque livelli del desiderio, dei quali ognuno di noi consiste, generano cinque definizioni. Questa lingua si basa su di loro.

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Dalla trasmissione di KabTV “Concetti di base della saggezza della Kabbalah”, 15/09/2019

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Il linguaggio è il senso per la corretta comunicazione

Baal HaSulam scrive che un kabbalista deve usare definizioni molto accurate. Dove possiamo trovarle?

Qui…la legge delle radici e dei rami sorge in tutti i mondi, in tutti gli stati, in ognuno di noi. È da lì che io posso avere delle definizioni chiare e accurate dal punto di vista della natura. Da qui prenderai anche tu le tue definizioni e noi le confronteremo fra loro. Da questo confronto, possiamo comprenderci correttamente fra noi, anziché parlare con le stesse parole, ma con un significato diverso.

Nel nostro mondo, ognuno attribuisce significati diversi alle stesse parole perché ognuno di noi differisce dagli altri. Come possiamo connettere i complessi stati interiori di ognuno di noi per iniziare a capirci e a sovrapporci, in modo che questi concetti si combinino e ci diano un’idea chiara a proposito di che cosa stiamo parlando, per poter poi sentire nella stessa maniera? Questo è un problema di linguaggio.

Il linguaggio è il senso della comunicazione reciproca, quando io e te proviamo la stessa cosa. In caso contrario, avvertiremmo chiaramente la differenza nelle nostre sensazioni.

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Dalla trasmissione di KabTV “Concetti di base della saggezza Kabbalah”, 15/09/2019

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L’ebraico è il mezzo per esprimere la conoscenza kabbalistica

Domanda: C’è stato un altro linguaggio nella Kabbalah prima dell’ebraico?

Risposta: No. Sin dal principio, l’ebraico è stato l’unico mezzo per esprimere la conoscenza kabbalistica. Nacque dalla necessità di esprimere le radici spirituali, le parole e le azioni. Esiste per questo unico scopo.

L’ebraico non doveva assolutamente essere utilizzato per conversare nel nostro mondo. Il fatto che oggi in Israele l’ebraico venga usato per scrivere, leggere e comunicare è scorretto. Nel passato non è mai stato utilizzato in questo modo. I testi kabbalistici sono sempre stati scritti in ebraico. Gli altri linguaggi si utilizzavano per tutto il resto, come l’aramaico o il greco antico, ma non l’ebraico.

L’ebraico è un linguaggio fatto puramente di rami, che si utilizza solo per descrivere forze, qualità ed azioni spirituali.

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Dalla trasmissione di KabTV “Concetti di base della saggezza della Kabbalah”, 23/06/2019

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L’immutabilità delle fonti kabbalistiche

Commento: Nella saggezza della Kabbalah, un libro, una fonte scritta da un kabbalista anche diverse migliaia di anni fa, gioca un ruolo molto importante ed è un mezzo di realizzazione spirituale, come, per esempio, Il Libro dello Zohar. In psicologia non è così.

Il mio commento: Le fonti kabbalistiche non cambiano, mentre i testi di qualsiasi libro relativi a psicologia, politica e tutto ciò che l’umanità fa, con eccezione delle scienze naturali, sono in un costante cambiamento perché la persona stessa cambia.

Per cui, ciò che fu scritto dagli psicologi da 100 a 150 anni fa, oggi, certamente, non è più pertinente. Se i filosofi dell’antica Grecia credevano che l’anima potesse essere espirata e inalata, ora nessuno ha un pensiero così primitivo al riguardo.

La Kabbalah, invece, opera sempre con gli stessi strumenti e oggetti di prima.

Domanda: Questo significa che se dovessimo incontrare un kabbalista vissuto 2.000, 3.000 anni fa o 500 anni fa, troveremmo un linguaggio comune con lui?

Risposta: Non troveremmo solamente un linguaggio comune, ma impareremmo anche da lui!

Avremmo un linguaggio comune, cioè un’assoluta comprensione reciproca e sarebbe interessante parlare con questa persona. Inoltre avremmo una lingua parlata comune.

Per esempio, se un francese moderno incontrasse un francese vissuto 500 anni fa, non si capirebbero. O prendiamo, per esempio, l’alfabeto cirillico creato da Cirillo e Metodio dove le lettere ed ogni tipo di cerchio non hanno nulla a che fare con l’alfabeto moderno.

Invece l’ebraico non è mai cambiato. Dopotutto ci sono leggi secondo le quali ogni lettera deve essere esattamente com’è poiché il suo contorno deriva dalla conformità delle forze spirituali. Inoltre la combinazione delle lettere ebraiche non è nulla di più che segni che esprimono il sentimento di una persona che ha raggiunto il Creatore. Ecco perché non cambia mai.

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Dalla trasmissione di KabTV “Concetti di base della saggezza della Kabbalah”, 13/12/2018

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La connessione con il Creatore è la base delle lingue antiche

Domanda: La lingua ebraica è una sorta di linea di mezzo fra lettere e geroglifici?

Risposta: Io non ho studiato l’origine spirituale dei geroglifici. Posso solo dire una cosa: la base di tutte le lingue antiche è la connessione di ognuno di noi con il Creatore. Sebbene l’ebraico trasmetta la connessione più completa, e quindi la Torah e tutte le altre fonti spirituali sono state scritte in questa lingua, non possiamo affermare che attraverso i caratteri cinesi, indiani, etiopi, egiziani, ecc., non vi sia alcuna connessione con il Creatore.

In ogni caso una connessione c’è, perché prima che qualsiasi essere umano abbia iniziato a sentire come esprimere la propria opinione o i propri sentimenti, ha ricevuto questa conoscenza dal Creatore. Niente è nato così dal nulla.

In questo senso, tutte le lingue hanno radici spirituali, solo che si sono deteriorate o sono addirittura scomparse. L’ebraico è l’unica lingua che è rimasta la stessa, e quindi la Torah e tutti gli altri libri sono scritti in ebraico, lingua dalla quale tutta l’umanità ha gradualmente realizzato le proprie fonti spirituali.

Noi, molto semplicemente, non ne conosciamo le radici; non conosciamo la corretta connessione con il Creatore di nessuna lingua antica, ma esiste indubbiamente, altrimenti non sarebbe potuto accadere nulla.

Inoltre, sono intervenuti gli scienziati sulla base delle loro conclusioni, dissertazioni, ecc. e hanno iniziato a “decifrarle” secondo la loro comprensione. Ed è per questi motivi che, naturalmente, non rimane nulla delle fonti originali di tutte le lingue.
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Dalla lezione di Kabbalah in lingua russa, 6/01/2019

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L’Ebraico – il linguaggio per percepire il Creatore

L’Ebraico è molto più appropriato per esprimere la scienza della Kabbalah di qualsiasi altro idioma. Ha molte più parole che esprimono con maggior precisione il sentimento interiore. Infatti, l’Ebraico ha origine dalla scienza della Kabbalah. Questa scienza, il suo approccio e il desiderio verso il Creatore, generarono e crearono il linguaggio.

Pertanto, l’Ebraico contiene tutti i simboli per svelare il Creatore. La forma delle lettere, la forma nella quale sono scritte, la grammatica, tutto è stato creato solo per spiegare l’essenza del desiderio nel quale il Creatore può essere percepito.

Non c’è altro idioma, per esprimersi nella saggezza della Kabbalah, che possa essere paragonato all’Ebraico. Altri idiomi non hanno le stesse proprietà.

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Dalla prima parte della Lezione quotidiana di Kabbalah del 3/10/2018, lezione sul tema “La saggezza della Kabbalah nel mondo moderno – la reale percezione della realtà”

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I segreti della Torah

Domanda: Seguo spesso il programma televisivo I Segreti del Libro Eterno, nel quale lei spiega il significato di ciascun comandamento, ed io cerco di capire in che modo i kabbalisti divulgano queste informazioni.

Perché non hanno messo la spiegazione di ciascun concetto tra parentesi? Ad esempio, l’Egitto (Mitzraim) è la concentrazione del male, il Faraone è l’ego e così via.

Risposta: C’è un motivo ben preciso; questo dà libertà alle persone. Mentre ci sviluppiamo, possiamo tranquillamente interpretare tutto il lavoro spirituale all’interno del nostro mondo, oppure nel mondo spirituale, in base alla nostra crescita.

Anche io mi sono posto queste domande ed ho cercato di esporre tutto nei miei primi libri, nel modo più semplice possibile. Ma non vi è lingua al mondo che possa semplicemente descrivere azioni spirituali e tutto ciò che è scritto nella Torah.

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Dalla lezione di Kabbalah in lingua russa 1/04/2018

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