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Lezione quotidiana di Kabbalah – 28.04.2011

Scritti di Rabash, Articolo 27
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Il Libro dello Zohar, Mishpatim (Ordinanze), Pagina 5, “Il nonno”, Punto 27
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Talmud Eser Sefirot. Volume 1, Parte 1, Punto 3, Lezione 3
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Scritti di Baal HaSulam, Articolo “La mente attiva”, Pag. 477
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Riempiendo il vaso

Domanda: Se l’esodo d’Egitto accade frettolosamente, perché è necessaria la preparazione?

Risposta: Una non ha a che vedere con l’altra. La preparazione é necessaria perché io sia capace di arrivare al riempimento. Ho bisogno di sentire una mancanza di questo. Dopotutto, veniamo fuori dall’Egitto con il nostro desiderio piuttosto che con i nostri piedi, da un desiderio all’altro.

Se non sento il bisogno di un altro stato, ciò significa che non mi sono preparato bene per uscire dall’ Egitto. Io ho bisogno di desiderare la dazione fino al punto che io vedo soltanto questo davanti a me. Lasciamo che la forza della dazione ci unisca tutti in un insieme: questo è quello che io desidero.

Lasciamoci dissolvere e uniamoci in uno senza alcuna differenza: Non esiste l’individualità e c’è soltanto una forza comune di dazione. E allora la Luce Superiore ci riempirà.

Ho bisogno di questo? Se non ho questo bisogno, significa che non sono pronto per uscire da Egitto. Possibilmente non sento ancora di essere in esilio, e non ho finito i “sette anni di carestia”. Tutto mi va bene, il gruppo studia, fa pranzi insieme, dei picnic, convenzioni…Soltanto quando lo stato diviene insostenibile, cioè quando dobbiamo unirci gli uni con gli altri e che questo desiderio sarà la nostra vera redenzione, allora ci prepariamo per l’uscita dall’ Egitto.

Continuazione della domanda: Allora perché usciamo frettolosamente?

Risposta: Una persona non può sapere in anticipo quando sarà riempito il vaso dei propri sforzi. Non esiste il tempo nella spiritualità. Appena il vaso sarà pieno, appena avrai esercitato il tuo desiderio fino a un determinato punto, immediatamente viene un balzo e tu ti metti all’azione: la fuga dall’ Egitto. Perfino un momento prima di questo, tu ancora non sai che il vaso sta per essere riempito. Al contrario, il momento precedente può sembrarti quello più distante per la tua redenzione. L’oscurità egiziana e i disastri che ti accadono…

Fino all’ultimo momento associ te stesso al Faraone, finché te ne separi. Perciò tu sperimenti colpi intensi e pesanti, e non vedi la possibilità di uscire da questa tormenta. Ogni colpo ti mostra quanto sei debole e incapace.

Allora, all’improvviso, proprio in mezzo a quest’oscurità, una forza è rivelata, e se la utilizzi, puoi scappare dal Faraone. L’oscurità ti è rivelata e questo ti aiuta nella tua fuga. E appena il desiderio viene rivelato, la redenzione inizia immediatamente.
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La preghiera che attrae la Luce verso di noi

Ci piaccia o no, in ogni stato dobbiamo sempre arrivare a sentire la mancanza, cioè immaginare lo stato futuro dal nostro stato presente. Se lo costruisco correttamente, allora, a prescindere da tutti i miei sforzi per farlo, sentirò quanto sono realmente lontano da esso. In altre parole, lo voglio davvero e tuttavia sono incapace di raggiungerlo.

Questa viene chiamata “mancanza”, preparazione per lo stato futuro, la quale viene sempre rivelata prima di passare ad un nuovo stato. Questo sentimento di mancanza è multidimensionale e molto sgradevole.

Il prossimo stato brilla su di me e grazie a questa luminescenza comincio a valorizzarlo di più, mentre percepisco il mio stato attuale come difettoso ed insufficiente. Sento in che misura mi manca la forza di ascendere e la misura in cui lo desidero.

Come risultato, arrivo ad una convergenza del mio ardente desiderio di ascendere e mi rendo conto che non ho l’opportunità di far si che questo avvenga ed è lì, quando irrompo con una preghiera, un grido, che la Luce superiore viene e mi aiuta. Dopotutto, questo grido (preghiera) mostra il mio grande desiderio, il quale attrae il tipo corretto di Luce che mi aiuta ad ascendere al grado successivo.

Devo arrivare ad un grido che comprenda due componenti: 1) il mio grande desiderio di acquisire la dazione e 2) la constatazione che non posso acquisirla. Solo quando sono sul punto di esplodere a causa di questa pressione, causata dal mio desiderio e dalla mia impotenza nel realizzarlo, la Luce reagisce al dolore e mi influenza.

Sperare che la Luce venga per conto proprio non ha senso. Questa viene in risposta al mio desiderio di dare e mi attrae con la forza sufficiente per elevarmi ad un grado più alto.
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(Dalla 1° parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 18 Aprile 2011, “Questo è per Judah”)

Lezione quotidiana di Kabbalah – 27.04.2011

Scritti di Baal HaSulam, Articolo 1 “Non esiste nulla tranne Lui”, Lezione 2
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Il Libro dello Zohar, Mishpatim (Ordinanze), “Queste sono le Ordinanze”, Pag. 1, Punto 1
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Talmud Eser Sefirot. Volume 1, Parte 1, Punto 3, Lezione 2
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Scritti di Baal HaSulam, Articolo “Rivelando una porzione, Coprendo due”, Inizia con “Dovrei aggiungere…”, Lezione 2
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La conoscenza è trasmessa a catena

Quando leggiamo il TES (lo Studio delle Dieci Sefirot) discutiamo e chiariamo i significati più vicini a noi per prepararci a capirli; dobbiamo allora leggere il testo originale, autentico, scritto dai grandi kabbalisti che canalizzano la Luce superiore per noi.

Io non possiedo questa Luce Superiore come quella del Rabash e del Baal HaSulam, però posso aiutarti a connetterti ad essa. Per insegnare ad un bambino, uno non deve essere un maestro, ma solo qualcuno che può arrivare al livello del bambino.

Pertanto, affianco all’allievo c’è un maestro, la persona più importante che possa aiutarlo in questo momento; inoltre, ci sono le fonti autentiche, molto preziose per noi, dalle quali ci arriva la Luce. È impossibile vivere senza l’una o l’altra.

Per conto tuo, senza una persona così speciale come il maestro, non sarai mai capace di sintonizzarti con la fonte spirituale di Rabash o di Baal HaSulam, e così è stato per tutte le generazioni. Non parliamo di quelle anime uniche come quella di Adam HaRishon ed Abramo, che scoprirono il mondo spirituale per conto proprio; a volte, ci sono momenti nella vita nei quali qualcosa viene rivelata alla persona dall’alto, per qualche speciale predestinazione dell’anima.

Ma se parliamo della Kabbalah come trasmissione di conoscenza spirituale attraverso la catena dei kabbalisti, di generazione in generazione (“Kabbalah” significa “ricevere”), allora questo implica sempre un maestro ed un discepolo. Al di sopra di tutto il resto, il maestro ha come obbiettivo la meta, lui ti aiuta a muoverti e ti da la direzione nella vita. La sua realizzazione è definitivamente la tua responsabilità, con l’aiuto dei grandi kabbalisti che scrissero queste fonti autentiche sacre per noi.

Da un lato c’è un maestro che ti appoggia e ti guida e per questo dobbiamo essergli leali, affinché possa “tenerti nelle sue braccia” come un bebè. Dall’altro lato, cammina al suo fianco per connetterti con le fonti autentiche.
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(Dalla 3° parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 12.04.2011, Talmud Eser Sefirot)

Tieni la testa bassa ed innalzerai il gruppo

Rabash, Scritti sociali, Shlavey HaSulam (Gradini della scala), Articolo “A proposito dell’Importanza degli Amici”: ogni studente deve sentirsi il più piccolo tra tutti gli amici, in questo modo sarà in grado di ricevere l’apprezzamento della grandezza da tutti. Questo perché colui che è più grande non può ricevere da colui che è più piccolo, meno ancora essere colpito dalle sue parole. Solo colui che è inferiore è colpito da ciò che colui che è più grande apprezza.

E’ detto a questo proposito: “Ho imparato molto dai miei maestri, di più dagli amici, e di più ancora dai miei studenti.” In che modo un uomo può imparare dai suoi studenti?
Se io mi abbasso ed invece innalzo loro ai miei occhi, allora attraverso di loro sono in grado di ricevere. Infatti, nelle nostre anime, ci troviamo tutti dentro un sistema unito.

Questa è la ragione per cui Rabbi Hanina Ben Dosa (1° secolo AC), un grande Kabbalista, diceva che stava imparando moltissimo dai suoi studenti perché aveva l’opportunità di annullarsi ed abbassarsi davanti a loro.

Così dobbiamo fare noi nel nostro gruppo, grande ed unito, dove dobbiamo valorizzare specialmente coloro che stanno lavorando duramente sull’auto-rinuncia, anche se a guardare da fuori non sembra così. Questo lavoro è il più difficile, poiché si dirige proprio contro l’ego. Ma più mi abbasso, più ricevo. Anche in senso egoistico, ne vale la pena.

Nel mondo esterno, stiamo vedendo lo stesso: tenendoci a freno, possiamo ascoltare gli altri ed imparare qualcosa. Invece, se siamo arroganti, non impariamo niente da nessuno. Se io mi metto al di sopra degli altri e li disprezzi, rimarrò vuoto.

Quindi, la rinuncia al sé ha i suoi benefici anche da un punto di vista egoistico; è la condizione sulla quale mi posso legare al gruppo. Ma mentre nella società egoistica abbasso la testa per ricevere dagli altri il più possibile, nel nostro gruppo, mi abbasso davanti agli amici per ricevere l’influenza spirituale, la consapevolezza della grandezza dello scopo e del Creatore, la forza che mi aiuterà ad innalzarmi al di sopra del mio egoismo. Qui sta la differenza: al di fuori, io mi comporto allo stesso modo, ma ho in mente un diverso scopo.

Ogni studente deve esaltare i meriti dell’amico come se fosse il più grande della sua generazione. Allora l’ambiente lo influenzerà.

Io posso ricevere solamente da un livello superiore. Dunque, non solo mi devo abbassare, ma devo anche esaltare l’ambiente che mi circonda, il gruppo, e gli amici.
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(Dalla 5.a lezione al Congresso WE! del 02.04.2011)

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Lezione introduttiva: “Sentimento Spirituale” – 26.04.2011

Kabbalah per il Popolo, Lezione introduttiva “Sentimento Spirituale”
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Alleati nella guerra contro il Faraone

Dr. Michael LaitmanI Kabbalisti ci avvertono di non filosofare, (dato che la nostra mente egoista può solamente fermarci), ma piuttosto di fare più sforzi pratici.) Chiaramente, i miei pensieri e desideri mi manterranno nel mio egoismo, ma attraverso le mie azioni io donerò. E va bene se io sto donando perché mi aspetto di ricevere qualcosa per me, perché altrimenti non donerei in assoluto.

Ma se io eseguirò le azioni raccomandate dai Kabbalisti, esiste già un elemento spirituale in questo. A questo punto non si tratta solamente del mio beneficio personale, ma mi può dare un risultato spirituale su quale io non posso pensare direttamente. Funziona tutto in maniera indiretta.

In altre parole, avanziamo indirettamente. E mediante ogni azione che compiamo, creiamo magnifiche città per il nostro egoismo, che diverranno delle povere città per Israele (“Yashar Kel”, quelli che aspirano diritto verso il Creatore).

E qui si nasconde un ostacolo addizionale. Se io ho lavorato per il Faraone creando città per lui, ma allo stesso tempo avessi potuto vedere parallelamente, come un “sottoprodotto” del mio lavoro egoista, che sto guadagnando proprietà di dazione, fede, amore, unità e adesione, allora sarebbe grandioso e chiaro! Saprei che aspettando una ricompensa egoista io acquisirei gradualmente i desideri di dazione.

Ma non funziona cosi. Non soltanto non acquisisco desideri di dazione, ma scopro che ho perso doppiamente! Nel mio ego mi accorgo di aver guadagnato grandiose città; io non le volevo, ma non avevo scelta. Ma per Israele che è dentro di me ho perso ben due volte: invece di progredire, ho ricevuto delle povere città.

Se accanto alle belle città per il Faraone noi costruissimo delle belle città anche per Israele, se spuntasse fuori lì un “affare” spirituale, sarebbe molto buono. Ma non c’è niente! Io vedo che il mio ego, il mio Faraone ha vinto, mentre la mi lotta verso il Creatore ha perso e mi ha allontanato ancora più da Lui.

E allora mi confondo e inizio a preoccuparmi. Cos’è questo percorso dopo tutto? Cosa mi avvicinerà di più alla dazione? E qui si trova l’ostacolo che può bloccare una persona nel proprio percorso poiché da questo punto in avanti la persona deve muoversi verso la richiesta, un urlo di protesta personale al Creatore. Lui lo capirà da se, non può lottare contro il Faraone e condurre se stesso fuori dalla schiavitù e ci deve essere una terza forza.

Prima d’ora non aveva sentito il bisogno del Creatore, per cui se ne dimenticava. Pensava che fosse una sorta di forza accompagnatrice addizionale che si rivela alla fine del percorso. Non lo vedeva come una cosa necessaria. Anche vedendo la storia di Mosè, noi possiamo notare che è il Creatore stesso che gli dice: “Andiamo dal Faraone”; il Creatore Stesso appare davanti a Mosè come un cespuglio ardente.

Questo significa che l’uomo incontra ancora dei grossi ostacoli che non gli permettono di connettersi con il Creatore e appellarsi a Lui in modo di poter lavorare assieme, come compagni, contro il Faraone.
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(Dalla prima parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 12.04.2011, Shamati 86).

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L’Egitto è tra di noi

Domanda: Cosa possiamo ottenere da tutto questo processo di esodo dall’Egitto nei termini del nostro lavoro interiore quotidiano?

Risposta: Abbiamo bisogno di aspirare ad una sola cosa: all’unità nel gruppo. Il gruppo è una mini umanità. Non possiamo agire immediatamente su scala globale, sulle masse dell’umanità, ma nel gruppo possiamo risolvere tutti i principi della connessione umana.

Lì riveleremo tutti gli stati: “la discesa in Egitto”, “l’immersione in Egitto” e “l’esodo dall’Egitto”. Sentiremo l’odio verso il Faraone (il nostro ego), i colpi che riceviamo da lui e la valutazione della nostra natura.

Tutto questo viene valutato in un solo luogo: nella mia relazione con gli amici. Ho bisogno del gruppo, dei miei “amici”, perché non posso riuscire ad amare tutto il mondo. Per me, il gruppo rappresenta tutta l’umanità e nel gruppo posso lavorare con tutte le mie qualità interiori.

Ogni volta che cerco di unirmi agli amici, scopro la rottura all’interno, l’odio e la repulsione per gli altri e realizzo nuove valutazioni interiori. Potrebbe essere che queste valutazioni appartengano ancora al lavoro “in Egitto” o anche essere “precedenti” ad esso. Non importa niente di tutto questo.

Non possiamo ancora distinguere chiaramente queste fasi. In generale, non possiamo vedere niente con chiarezza fin quando non usciamo dall’Egitto. Solo dopo possiamo cominciare a capire cos’è esattamente quello che abbiamo attraversato. Dopotutto, questo lavoro viene fatto nell’oscurità, sotto il governo del desiderio egoista, quando cerco di esistere in qualche modo in esso, insieme ad esso o contro di esso. È per questo che queste valutazioni non ci sono chiare.
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(Dalla 2° parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 13.04.2011, Il Libro dello Zohar)

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