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Lezioni dal Congresso Mondiale di Kabbalah 2010

Lezione 1 – “Buona Connessione”
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Lezione 2 – “Ambiente Spirituale”
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Lezione 3 – “Lo Zohar”
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Lezione 4 – “Lo Scopo della Società”
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Lezione 5 – “Nuova istruzione per la nostra generazione”
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Lezione 6 – “La Percezione della Realtà”
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Lezione 7 “Non esiste nulla tranne Lui”
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Lezione 8 “Arvut”
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Cerimonia di chiusura Congresso, Dr. Laitman
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Momenti dal Congresso

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Flottare nei cerchi di Luce

Il desiderio che funziona con lo schermo è considerato come “una linea” e senza lo schermo “un cerchio”. Il lavoro comune tra la linea ed i cerchi muove i desideri (anime).

Un cerchio ed una linea sono due diverse forme di comportamento: una linea è un comportamento individuale, un cerchio è un comportamento collettivo. I cerchi si relazionano con i desideri come se questi non avessero lo schermo.

Allora, essi muovono i desideri come in un campo gravitazionale o magnetico, contando non il grado di correzione del Kli (vaso) stesso, ma la forza che agisce in questa parte del campo. Pertanto, i cerchi possono influenzare i desideri che non hanno lo schermo.

Al contrario, “linea” sono i desideri che sono passati attraverso la Prima Restrizione (Tzimtzum Alef); essi caratterizzano una persona che ha uno schermo anti egoista. Se non ho uno schermo, non sono influenzato dalla linea, poiché non sono relazionato ad essa, non ho nessun attributo in comune con questa.

Pertanto, nel presente, siamo lanciati da un lato all’altro soltanto dalla forza dei cerchi, che è considerato come “un ambiente” (Sviva). Il sistema delle relazioni tra le nostre anime è subordinato a queste leggi.

All’interno del sistema, ci sono cerchi che agiscono, i “cerchi del Tzimtzum Alef” con il centro nei punti di Malchut. Esistono inoltre i “cerchi del Tzimtzum Bet (la seconda restrizione)”, con il centro nei punti di Binà, dove i desideri di ricevere finiscono e i desideri di dare cominciano.

Ogni parte del desiderio, ogni minimo dettaglio che contiene entrambi i tipi di desideri, che appartengono al Tzimtzum Alef o al Tzimtzum Bet, è influenzato dai cerchi del Tzimtzum Alef e del Tzimtzum Bet. Supponiamo che ho i desideri che posso già discernere e quelli che non sono discerniti fino alla fine della correzione (Gmar Tikkun). In accordo a questo, saranno influenzati da un campo e non saranno influenzati dall’altro.

In altre parole, esistiamo in entrambi i campi, il campo del Tzimtzum Alef e quello del Tzimtzum Bet, che ci circondano. Questo campo comune contiene tutta la memoria, tutto il programma, lo Scopo ed il Pensiero della Creazione e tutti i nostri stati dell’esistenza fino al Gmar Tikkun. Dobbiamo solo armonizzarci con esso;

però come ci riesco se non sento questo campo? Questa è la Luce Circondante, ma non posso stabilire una connessione con la Luce. Allora, faccio una connessione con il desiderio, con gli amici, con qualche parte del sistema integrale e cerco di diventare simile a questi, in accordo alle leggi contenute nella Luce con il meglio delle mie possibilità.

Mediante ciò, ricevo un impatto più grande dalla Luce, riesco ad essere più sensibile ad essa e come risultato, mi influenza in maniera più forte. La Luce in sé non diventa più forte, è stabile, ma devo affinare le mie percezioni per sentire un effetto più grande di questo campo di Luce. È così che mi muoverò in esso!

Quanto più sensibile sono alla Luce, più rapidamente nuoterò in questo campo di forza, gravitando dalla periferia fino al centro. Nel centro del campo, ci può essere simultaneamente una enorme oscurità ed una gigantesca forza di impatto. Tuttavia, a causa di questo contrasto, arrivo all’azione “diretta”, “alla linea” più presto. In questa maniera, muovendomi “nei cerchi”, arrivo alla “linea” ed acquisisco uno schermo anti egoista.
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(Dalla terza parte della Lezione quotidiana di Kabbalah del 1 Novembre 2010 – Beit Shaar HaKavanot)

I Kabbalisti sul Linguaggio della Kabbalah, Parte 14

Cari Amici, per favore, fate le vostre domande su questi brani dei grandi Kabbalisti. I Commenti nelle parentesi sono miei.

Il Linguaggio dei Kabbalisti è un Linguaggio di Rami

Il Linguaggio dei Kabbalisti è un linguaggio nel vero senso della parola: molto preciso, che riguarda sia la radice che il ramo e le loro cause e conseguenze. Ha il grande merito di essere capace di esprimere minuziosi dettagli in questa lingua senza limiti. Attraverso questo linguaggio è possibile affrontare l’argomento desiderato direttamente senza il bisogno di sapere cosa lo precede e cosa lo segue.

– Baal HaSulam, “L’Insegnamento della Kabbalah e la Sua Essenza”

Quindi, i Kabbalisti hanno trovato un vocabolario completo e annotato, sufficiente per creare un’eccellente lingua parlata. Li consente di conversare l’uno l’altro delle relazioni nelle Radici Spirituali dei Mondi Superiori solamente menzionando il ramo tangibile di questo mondo che è ben definito nei nostri sensi fisici. Gli auditori comprendono la Radice Superiore che il ramo fisico indica, essendo relazionata ad esso, essendo la sua impronta.

– Baal HaSulam, “L’ Essenza della Saggezza della Kabbalah”.
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Cosa devo fare?

Domanda: Noi ascoltiamo sempre che dobbiamo unirci e cercare il Creatore, ma non percepiamo questo come un lavoro pratico. Cosa dobbiamo fare esattamente?

Risposta: Noi dobbiamo realizzare delle azioni esterne se queste sono utili per i processi interni. Il beneficio di questo può essere nel futuro: durante tutto l’anno faccio azioni esterne affinché, alla loro fine, possa conseguire uno stato spirituale più interno o in altre parole, avvicinarmi all’attributo del Creatore, alla dazione, riconoscendo quanto sono lontano dall’attivare, per mezzo dei miei desideri, la correzione dell’intenzione dal “mio beneficio” alla “dazione”. Cioè, la “fine dell’azione” deve essere “cominciare con il pensiero”, o mi dicono cosa devo fare ed io lo faccio “al di sopra della ragione”, oppure io agisco in questa maniera per me stesso. In ogni modo, l’azione riguarda la persona stessa;

però, se all’azione che questa persona realizza, non vi si aggiunge l’intenzione “per l’unione del gruppo”, allora non importa quanto importante sia l’intenzione, non trarrà nessun profitto, a causa del fatto che il lavoro della persona è proprio il lavoro sull’intenzione.

Questa non si può eludere, perché la natura del mondo è il desiderio di provare piacere e tanto il desiderio di ricevere quanto quello di dare, sono paralleli al pensiero, all’unione ed al contatto mutuo tra loro. Al di fuori del desiderio e dell’intenzione non c’è niente.

Il desiderio di ricevere dell’inferiore entra nel desiderio di dare del Superiore, come il MaN (la preghiera per la correzione), e il desiderio di dare del Superiore scende nel desiderio di ricevere dell’inferiore e lo riempie come Luce che riforma. Allora, si forma tra loro un’integrazione mutua: Binà in Malchut e Malchut in Binà, il Creatore nella creazione e la creazione nel Creatore, fino a che arrivano ad assomigliarsi del tutto, e questa è tutta l’azione.

Dove succede questo? Solo nel pensiero, nel desiderio, nello sforzo interiore!

Ovviamente è la cosa più difficile. Per alcuni è più facile lavorare con l’intelletto, per altri è più difficile, ma il lavoro spirituale è difficile nella stessa misura per tutti, per gli scienziati e per i falegnami, a causa del fatto che questo si realizza nell’anima e non nell’intelletto. Noi realizziamo alcune azioni esterne e queste ci uniscono nell’intenzione corretta. Perché lo facciamo? Perché uniti e non separati? Perché vogliamo allargare il cerchio dei partecipanti? Questo ci vitalizza e ci entusiasma. Senza l’intenzione nello sforzo siamo una “compagnia di ignoranti”, poiché il lavoro più importante senza l’intenzione non ha alcun significato!

(Dalla lezione quotidiana del 31 Ottobre 2010, sull’articolo del Rabash)