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Lezione introduttiva: “Kenes” – 02.11.2010

Kabbalah per il Popolo, Lezione introduttiva “Kenes”
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Scuotere la polvere dalla dazione

Non facciamo i chiarimenti di tutto ciò che avviene dall’esterno, ma dentro di noi, perché al di fuori di noi non esiste niente. La Luce Superiore è molto semplice e la riveliamo solo quando uguagliamo ad essa le nostre qualità. Per questo, tutti i dettagli della percezione, si rivelano solo tramite la concezione umana.

La comprensione dell’importanza e l’assenza di questa comprensione, i nostri desideri, il basso e l’alto, l’esilio e la salvezza, le ascese e le discese, la creazione ed il Creatore, tutto questo si rivela solo in relazione a noi stessi.

La nostra realtà è organizzata dal principio, in modo tale che la spiritualità non sia importante per noi. Il Creatore e la Shechinà, come il luogo della sua rivelazione in noi, la qualità della dazione, il gruppo nel quale avanziamo, tutto quello che concerne il Superiore non ha nessuna importanza per noi.

I nostri desideri sono creati appositamente in questo modo. Essi ci danno l’opportunità per fare degli sforzi durante il cammino verso la qualità opposta, affinché la dazione abbia importanza ai nostri occhi. Perché abbiamo bisogno di questo lavoro? Per rivelare, dalla parte opposta, tutte le qualità del Datore; però, per farlo, dobbiamo scoprire ed includere in noi queste stesse qualità.

Facendolo, cambieremo la nostra forma esterna dalla ricezione alla dazione. Il nostro “materiale”, cioè, il desiderio iniziale si manifesterà come se volesse dare. Qualunque cosa faccia, esso si manifesterà sempre come datore in relazione al gruppo. In altro modo, non agirà.

Allora, dobbiamo chiedere l’importanza della dazione, ciò che si chiama “elevare la Shechinà dalla polvere”. La Shechinà è il Kli, il vaso nel quale si rivela la qualità della dazione. La Shechinà è l’unione delle anime. Ognuno le connette a prescindere dal rifiuto. Allora, questo luogo scopre uno schermo e la Luce Riflessa, la qualità della dazione, l’intenzione di dare. Con la crescita di questa intenzione riveliamo sempre di più che nel nostro vaso domina la Luce, il Creatore.

In questo modo, tutto il nostro lavoro viene fatto tra due stati: l’esilio e la redenzione. In ebraico, queste parole sono simili, solo che nella parola “redenzione” viene aggiunta una lettera “Alef” (א) che significa il Creatore, la Luce, la qualità della dazione che riempie la creazione e domina il suo desiderio.
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(Estratto della lezione sull’articolo L’amore per gli amici, del Rabash, del 25 Aprile 2010)

I Kabbalisti sulla Torà nascosta e la Torà rivelata, Parte 3

Cari amici, per favore, fate le vostre domande su questi passaggi degli scritti dei grandi kabbalisti. I commenti tra parentesi sono miei.

La realizzazione della Torà comincia con “Sod” (segreto) e termina con “Peshat” (letterale):

È richiesto un grande merito per capire l’interpretazione dei testi (che parlano della dazione e dell’amore), poiché dobbiamo prima realizzare (nella nostra connessione) le tre parti interiori della Torà, che sono il Pshat (la comprensione finale, semplice, totalmente rivelata dalla Torà) che li veste e il Pshat non sarà analizzato. Se non le è stata concessa, la persona necessita della grande pietà (del Creatore) in maniera tale che questa non diventi una porzione mortale per lei (se la studia per il suo beneficio).

A differenza dell’argomento dei negligenti nella realizzazione interiore (della Torà o della Kabbalah e di conseguenza si chiama “negligente”) che dicono a se stessi: “Ci uniformiamo con l’ottenimento del Pshat (la semplice comprensione della Torà). Se otteniamo questo, saremo contenti”. Le loro parole (scaturiscono dalla loro mancanza di comprensione e per tanto) possono essere comparate ad uno che desidera salire al quarto piano senza fare i primi passi sui primi tre piani.

Baal HaSulam, Introduzione al Libro, Panim Meirot uMasbirot, Articolo 1

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Svegliarsi nel mondo di Azilut

Lo Zohar e Lo studio delle dieci Sefirot descrivono differenti livelli di correzione del sistema comune e di come questo funzioni. Io adesso rivelo in me uno stato particolare, come Malchut del mondo di Azilut perché la percezione spirituale inizia nel momento stesso nel quale io la incorporo in me. Io rivelo che Malchut esiste in un piccolo stato (Katnut) o in un grande stato (Gadlut) e dopo attraversa sette stati mentre si avvicina gradualmente alla propria correzione.

Mentre ognuno dei sette stati sono divisi in una moltitudine di stati privati, questa è l’unica cosa che il Libro ci dice: come continuare a rivelare un sempre più perfetto, collegato e unificato sistema in ogni passo del percorso. In questo sistema io rivelo tutto: me stesso, il Mondo dell’Infinito, ed il Creatore, e tutti i miei stati futuri!
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Gioco secondo il pensiero della Creazione

Domanda: Come dobbiamo essere in questo mondo fino al Machsom, cioè verso questa realtà immaginaria?

Risposta: Il rapporto verso questo mondo deve essere molto semplice – il tempo in cui mi trovo in questo sogno, lo devo vivere.

È scritto: “non ha il giudice cosa maggiore dei propri occhi”. Sono obbligato a lavorare, sostenere la famiglia, fare tutto il necessario in questa vita, però oltre questo  devo comprendere che questo è soltanto un sogno, (“che il mondo è un gioco!”) e che io lo realizzo come in un gioco.

Ma io mi riferisco a questo gioco in maniera seria. In quanto tutta questa realtà me l’ha preparata il Creatore, che io esistessi secondo le sue regole. E che da essa io potessi sviluppare  il “punto nel cuore” – nel mio atteggiamento con il Creatore.

Questi due livelli, terrestre e spirituale , non sono collegati l’uno con l’altro: al livello terrestre , dove io sono “nel sogno”, faccio tutto l’indispensabile per questa vita , invece al livello spirituale, io voglio trovare il collegamento con il Creatore, mi sviluppo, dando a questo tutta la mia attenzione. Altrimenti perché vivo, se non raggiungo il Creatore?