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Kabbalah per Principianti, “Un Luogo di Connessione” – 07.10.2010

Kabbalah TV Canale 66, Kabbalah per Principianti, “Un Luogo di Connessione”
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Il Gruppo è la Mia Ombra

Il gruppo è la mia copia, la mia ombra, così come io sono l’ombra del Creatore Io ricevo dai miei amici molto di più di quello che do loro. Non dipende da loro o dal loro comportamento, ma solo dalla mia attitudine verso di essi. Questo ambiente è anche il Creatore. E’ l’opportunità che Lui mi ha dato per lavorare con Lui, avendo creato per me un’illusione di qualcosa che esiste al di fuori di me, mentre, in realtà, solo il Creatore esiste al di fuori di me.

Questo è il perchè dobbiamo sempre risvegliare l’ambiente fino a raggiungere lo stato in cui l’ambiente mi influenza, così che io desideri unirmi con esso e attraverso esso unirmi al Creatore. Io non posso raggiungere il Creatore senza l’ambiente, perchè proprio l’ambiente è un mezzo esterno attraverso il quale posso vedere l’immagine del Creatore.

Se non ho il desiderio di unirmi al gruppo, allora non sto mirando allo scopo , al Creatore. Dopotutto chi è il mio vicino? La forza della rottura che è avvenuta nella spiritualità mi ha diviso in due parti, me e il mio vicino. Per quale ragione? E’ perché io possa discernere le mie mancanze al fine di unirmi al Creatore.

Più presto porterò questo ambiente vicino a me, anche se mi appare estraneo, più sarò vicino al Creatore. Sono stato deliberatamente dotato con una duplice percezione così che io possa vedere una parte di me estranea e da odiare.

Questo è il perchè “ama il tuo vicino come te stesso” è la regola principale della Torah. Questa è l’unica cosa che la Luce corregge, non esiste niente altro per la correzione. Se non chiedi per questa correzione, allora tutti i tuoi sforzi saranno invano. Tutto il resto è un inutile grido in una regione selvaggia.

Aspettare la cura dello Zohar

Quando leggo il testo dello Zohar, non è bene che il testo mi nasconda lo scopo della lettura. Verifico costantemente: cosa desidero esattamente nel leggerlo?

In primo luogo, desidero che la lettura del Libro dello Zohar mi riveli la mia malattia, il mio egoismo e dopo mi curi, aiutandomi ad acquisire l’attributo della dazione invece di questo. Voglio acquisire l’unità con gli altri che aspirano allo stesso scopo. Questa si chiama “intenzione prima dello studio”.

Dopo aver preparato l’intenzione o la ragione per la quale leggo il Libro dello Zohar, allora posso cominciare la lettura. Se posso mantenere l’intenzione costantemente, allora posso permettermi anche di ascoltare il testo ed il suo significato.

È simile ad una persona ammalata che si trova in uno stato critico: legge un libro di medicina solo per scoprire la cura. Non le interessa nient’altro! Non la preoccupa lo stile del testo o i dettagli della storia! Cerca solo il rimedio (l’elisir della vita, la Luce)!

Per tanto, la cosa più importante è che dobbiamo avere l’intenzione corretta e dopo possiamo ascoltare i dettagli che ci racconta lo Zohar. Non esiste niente di più importante che ricevere “la cura medica”, perché non riceviamo la vera storia fin quando non entriamo in questo stato noi stessi.

Allora, perché gli autori dello Zohar hanno scritto per noi tutte queste storie? Lo hanno fatto affinché facessimo lo sforzo di mantenere l’intenzione. Solo dopo, nella misura in cui sarà possibile, possiamo permetterci di ascoltare la storia, desiderando rivelarla per mezzo dell’intenzione. Dobbiamo accorgerci che non stiamo vivendo questi stati e non capiamo il testo, ma se desideriamo rivelarlo ed aspirare allo stato interno che si descrive, allora potremo capire il testo e connetterci ad esso.

Il mio primo desiderio è raggiungere la qualità spirituale attraverso l’attitudine corretta verso il Libro dello Zohar. Dopo di che posso prestare attenzione al testo ed assicurarmi di capirlo correttamente. Questo viene chiamato “voler raggiungere ciò che si studia”, come è scritto nel punto 155 dell’Introduzione al Talmud Eser Sefirot.

Il testo dello Zohar è il luogo nel quale io compio il mio lavoro interiore e faccio i discernimenti su dove mi trovo. Prima ho un’intenzione relativa allo scopo e dopo una sensazione relativa al testo.

Dobbiamo sentire le profondità degli strati della realizzazione. Questo viene chiamato “Sforzarsi nella Torà e nei Comandamenti” e “Studiare la Torà”.

(Dalla seconda parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 12 Settembre 2010, sullo Zohar).

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Lezione quotidiana di Kabbalah – 07.10.2010

Scritti di Rabash, Shlavei ha Sulam, Art. 38
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Dal Libro dello Zohar: Capitolo “VaYechi”(E Giacobbe visse nella terra d’Egitto) Punto 624, Lez. 32
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Rav Yehuda Ashlag: Talmud Eser Sefirot, Volume 6, Punto 123
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Rav Yehuda Ashlag: “L’ Amore per il Creatore e Amore per gli Esseri Creati ”, Lezione 7
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I Kabbalisti sui Kabbalisti, Parte 11

Cari amici, per favore fate delle domande su questi passaggi dei grandi kabbalisti. I commenti tra parentesi sono miei.

Seguire il cammino dei kabbalisti

Il modo migliore per chi desidera imparare la saggezza è di cercare un vero kabbalista e seguire le sue istruzioni, finché non è ricompensato dalla comprensione [nei suoi desideri corretti] della saggezza [della rivelazione del Creatore] nella propria mente, cioè il primo discernimento [dal Creatore stesso]. In seguito, sarà ricompensato con la sua comunicazione bocca a bocca [in uno schermo comune, realizzazione, adesione], che è il secondo discernimento, e dopo questo [internamente] capisce nella scrittura, quale è il terzo discernimento. Allora, avrà ereditato tutta la saggezza ed i suoi strumenti dal suo maestro con facilità e sarà lasciato con tutto il suo tempo a sviluppare ed espandere [la sua rivelazione del Creatore].

-Baal HaSulam, “L’insegnamento della Kabbalah e la sua Essenza”.

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La perfezione non cede

Tutto ha origine nell’Infinito, nello stato iniziale, e il modo in cui noi possiamo raggiungere una correzione completa, è il soddisfare tutte le condizioni ivi stabilite. Nello stato di Infinito, il desiderio di ricevere è inflessibile, ma non ci arrendiamo di una iota all’adesione, all’unità o all’eguaglianza con il Creatore.

Nell’Infinito, non c’è fine o confine, neppure un particolare che potrebbe sfuggire al Suo calcolo. Questo è il motivo per cui è chiamato Infinito. Esso non è legato ad un luogo (desiderio), la quantità o la qualità di realizzazione, ma sta nella decisione, senza riserve, dell’essere creato all’adesione al Creatore. La conseguenza è che i gradi di ascensione spirituale dal nostro mondo all’Infinito, sono i “gradi di compromesso”: nella misura in cui la creatura continua a rifiutarsi di eseguire un calcolo preciso per equivalenza.

Nella fase iniziale del suo lavoro, l’uomo guarda tutto attraverso il prisma della sua prestazione personale. Questa è la sua natura, egli è stato creato in questo modo. Questo periodo è lungo e alla fine porta alla disperazione. Allo stesso modo, durante tutta la sua storia, l’umanità ha subito duri colpi nella vita mentre inseguiva il piacere, fino a quando allineando le delusioni non ha raggiunto la massa critica. Avendo imparato da esperienze dolorose, il che significa aver gustato il loro risultato amaro, abbandona la competizione perché si è convinti che non porterà soddisfazione né sentore.

Così, si comincia gradualmente a disprezzare la realizzazione egoistica per il suo effetto amaro. Fuori dalla disperazione, facciamo un nuovo calcolo: nell’altruismo sperimenteremo l’adempimento. Questo è il modo, colpiti dalla Luce, la catena di Reshimot (geni spirituali, ricordi), che era emersa fin dall’inizio della nostra discesa dall’Infinito, ci realizziamo.

Due linee entrano in gioco: la linea diretta dall’Alto verso il basso e la linea inversa dal basso verso l’Alto. Ora, invece della propria gratificazione, una persona realizza calcoli basati sul suo coinvolgimento nella dazione. Il risultato è la ricompensa per i suoi cambiamenti. Non è stato sperimentato il desiderio di ricevere, ma quello di dare.

Ma qual è la differenza? Dopo tutto, siamo esseri creati e dovremmo sentirci appagati. Tuttavia, per sentirci allo stesso modo del Creatore, dobbiamo essere equivalenti a lui. Ecco perché, d’ora in poi lavoreremo sulla nostra capacità di ricevere piacere dalla stessa azione e non da il risultato finale della dazione.
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(Dalla prima parte della lezione quotidiana di Kabbalah 10/4/10, “Che cosa è l’aiuto che si dovrebbe chiedere del Creatore”)