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Unirsi dentro le due forze della natura

Ci sono solo due forze nel mondo: la forza della dazione e quella della ricezione. Interagendo l’una con l’altra, devono arrivare all’equilibrio, all’adesione e all’unità.

Il desiderio di ricevere comincia a formarsi all’interno del desiderio di dare, della Luce. Questa, influenza costantemente il desiderio di ricevere sviluppandolo, mentre il secondo risponde alla Luce. In questo modo cominciano ad interagire e come risultato, il desiderio di ricevere piacere si evolve fino a raggiungere l’abilità di agire da solo, di sperimentare, pensare e reagire davanti al desiderio di dare.

Pertanto, questi due desideri diminuiscono gradualmente, diminuendo sempre di più. Alla fine, questo ci permette di analizzare dei dettagli molto acuti che combinati, ci rendono capaci di costruire il sistema completo. È come se da un’analisi globale passassimo ad una ricerca molto acuta (come se stessimo utilizzando le pinze), la quale ci permette di ottenere informazioni non disponibili in un approccio generale. Quest’ultimo ci fornisce quello che manca nell’analisi particolare.

Come risultato, abbiamo bisogno di arrivare ad uno stato nel quale il generale ed il particolare siano totalmente analizzati e corretti. Per questo c’è stata la discesa dai mondi spirituali fino a questo mondo, seguita dallo sviluppo in questo mondo. Nel processo del suo sviluppo, il nostro mondo attraversa le stesse quattro tappe ed arriva alla creazione del desiderio di dare: dal basso verso l’alto, col fine di ritornare al Mondo dell’Infinito.

I kabbalisti, spiegandoci questo processo, sono molto attenti. In primo luogo sono scienziati e questa è la fisica delle due forze che agiscono nella creazione, la quale spiega come queste forze discendono a noi affinché ci connettiamo e cominciamo a lavorare con esse. Dopotutto, esse si realizzano solo nei nostri desideri, intenzioni e discernimenti.

In natura, queste due forze sono in equilibrio, ma si suppone che dobbiamo entrare in mezzo a loro ed assemblarle noi stessi, incorporarle entrambe completamente. Come la natura, il Creatore è composto di queste due forze, la sua forza della dazione e la forza della ricezione, attraverso la quale, Lui ci influenza in modo tale che noi stessi dobbiamo costruirci a partire da queste due forze. Questo è ciò che implica tutto il programma della creazione e dell’evoluzione.
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(Dalla 3° parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 2.05. 2011, Talmud Eser Sefirot)

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Cerchi magici nella pedagogia

Domanda: Come può una persona sapere che è pronta ad essere un maestro e ci sono lezioni per esserlo?

Risposta: Per prima cosa, la persona deve avere una predisposizione per l’insegnamento, cioè non per leggere (ogni persona può farlo in maniera egoistica) ma per spiegare, per osservare come lavora lo studente, se accetta o meno l’opinione del maestro. Un maestro deve anche avere la capacità di imparare dagli alunni, di adattare e spiegare in accordo ai cambiamenti.

Non credo che tutte le persone siano capaci di farlo, tuttavia, ci sono molto aree nell’educazione. Ad alcune persone non piace parlare e spiegare le cose, ma all’improvviso, si mostrano come buoni leader pratici. Giocano con i bambini, organizzano i gruppi e li portano a fare delle escursioni.

La nostra educazione è diversa perché per prima cosa, vogliamo insegnare ai bambini riguardo alla vita. Mostriamo loro i musei, le fabbriche, gli ospedali, anche se questo, certamente, dipende dalla loro età. Familiarizzano con le operazioni aeroportuali, ferroviarie e bancarie; facciamo in anticipo dei piani con gli amministratori di queste istallazioni e quando arrivano i bambini, viene spiegato loro il processo di produzione.

Spieghiamo loro in anticipo dove vanno e una volta che ritornano, si siedono insieme in cerchio e discutono delle cose che hanno capito: come opera un determinato meccanismo, il suo scopo e così via. Vogliamo che sappiano tutto della vita: come funzionano i ristoranti, gli ospedali, le fabbriche ed il giardino zoologico. Prendono nota durante la visita sul campo, poi scrivono un saggio e lo discutono con i loro maestri. Questo amplia la loro visione del mondo.

Facciamo molte cose nel limite di un accordo comune. Quando qualcuno si mette in una disputa, discute o fraintende, questo viene discusso da tutti. A volte abbiamo anche una simulazione di giudizio: assegniamo alcuni bambini ad essere giudici, avvocati, giurati, testimoni ed il pubblico. I ruoli cambiano ogni volta.

In questo modo ogni bambino impara a vedere se stesso attraverso gli occhi degli altri, come lo vedono o la vedono un giudice, un fiscalista, il pubblico e gli altri. Un bambino comincia a sviluppare e a vedere un mondo più ampio del suo stretto punto di vista.

Ci sono altri esempi, ma l’elemento chiave è avere una discussione in cerchio. Non c’è cosa migliore che i bambini si siedano in classe e guardino il maestro; tutti sono uguali in un cerchio, inclusi i maestri.

Il maestro si abbassa al livello comune e rimane tra i bambini, senza emergere. Lui li dirige in una maniera così acuta che non lo percepiscono. Insegniamo loro ad essere responsabili, a giudicare, a difendere ed accusare. I bambini hanno un’enorme capacità di assorbimento e dobbiamo utilizzarla.

Qualsiasi persona capace di insegnare o dirigere un gruppo, di preparare del materiale o sviluppare il metodo può essere un maestro. Abbiamo bisogno di diverse figure professionali per lavorare con i bambini e le bambine. In generale, studiano separatamente ma a volte li mischiamo.
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(Dalla lezione 6 del Congresso WE! Del 3.04.2011)

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Lezione quotidiana di Kabbalah – 23.06.2011

Scritti di Rabash, Dargot HaSulam, Articolo 508
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Il Libro dello Zohar, Trumà (Donazione) “Prenderanno per me una donazione”, Punto 265, Lezione 11
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TES, Parte 1, Tabella di domande e risposte per il significato delle parole, Punto 27, Lezione 30
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KFS, Prefazione alla Saggezza della Kabbalah, Pagina 571, Punto 14, Lezione 9
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Matan Torà (Il Dono della Torà), Punto 8, Lezione 5
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Il lavoro quotidiano

Domanda: Gli ultimi tre congressi tenuti in Italia, Spagna e a Mosca, sono stati speciali. Cosa dovrebbe fare il gruppo adesso?

Risposta: La fine di un congresso significa che adesso ci si deve elevare al livello raggiunto da questo congresso nella vita “quotidiana”. Durante il congresso, ci è sembrato di essere aggrappati ad una sbarra e adesso, invece, dobbiamo restare in piedi sulle nostre gambe.

In altre parole, abbiamo messo una scala per arrivare al livello successivo e ci siamo saliti. Questo è il mio stato attuale:

Abbiamo fatto degli sforzi durante il congresso e ce l’abbiamo fatta appena. E adesso, dobbiamo stare su questo scalino – tutti insieme.

Questo è il nostro lavoro fino al prossimo congresso. Non appena ce ne staremo bene in piedi, non appena controlleremo questo scalino, saremo pronti per il successivo.

Non dovremmo restarci automaticamente, ma dovremmo semplicemente spuntare una data di un mese o due sul calendario, per fissarci un tempo. Forse, ce la potremmo fare in una settimana o due oppure, invece, in metà anno, ma tutto dipende da quanto velocemente ci rediamo conto e gestiamo il potenziale che abbiamo per salire fino alla cima. Ognuno deve riuscirci dentro di sé.

Quando ero al congresso, tutta la mia ascesa era inclusa nel nostro gruppo mondiale. Mi sono unito con gli amici e attraverso questa unione mi sono elevato più in alto.

Tutto è avvenuto sotto l’influenza della comunicazione, del gruppo, dell’ambiente esterno. Mi sono sentito subito pronto ad unirmi a loro, a stare insieme a loro. Per fortuna ci sono stati dei momenti come questo e che sono durati dei minuti e forse anche delle ore.

Adesso, non essendo sotto l’influenza degli amici, devo fare questo lavoro dentro di me: alzarmi in piedi e reggermi sulle mie gambe. Si tratta di un lavoro serio e con una punta di dolore costante; un lavoro nel quale sento che la responsabilità ricevuta dagli amici vive in me, mi aiuta con il gruppo e con il gruppo del mondo, nella divulgazione, nello studio, e mi dà sempre l’energia per farmi agire insieme a loro.

L’unione che si realizza in queste circostanze, ai congressi, sotto l’influenza esterna, si deve rispecchiare in ciò che compio nella vita quotidiana.

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(Dalla lezione quotidiana di Kabbalah del 16.06.2011, Gli scritti del Rabash)

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