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L’amore è una strada a due corsie

Domanda: Come si spiega agli uomini la necessità dell’amore?

Risposta: Si può amare il pesce da mangiare a pranzo, si possono amare i nostri figlioletti, e si può amare il prossimo e il Creatore. La stessa parola indica delle nozioni completamente diverse.

Vale la pena esaltare l’amore per il prossimo ad una persona che ama il pesce? Come si può descrivergli il piacere della dazione? Cosa capirebbe? Che deve dare il suo pesce a qualcun altro? Questo è amore?

Che cosa significa amare il prossimo? Questo amore ha un significato completamente diverso. Amare il prossimo, cioè un altro uomo, significa unire il suo desiderio al nostro e usare il nostro desiderio per appagare il suo. Allora ci uniamo in un unico insieme, dove io appago l’altro e l’altro è appagato. In cosa l’altro si appaga? Nel suo desiderio. Nel suo desiderio in relazione al mio, che è come Malchut in relazione a Zeir Anpin. Io sono come il Creatore, e l’altro è come la creazione. Questo è ciò in cui consiste il mio lavoro.

Dunque, “amore” è la relazione tra il Creatore e la creazione. Solamente questo è amore, cioè l’atteggiamento della creazione verso il Creatore. Se io riesco a costruire questo genere di atteggiamento verso gli altri o, in altre parole, se acquisisco la qualità del Creatore, la qualità della dazione, e per mezzo di questa qualità mi rapporto al desiderio del mio prossimo proprio come fa il Creatore, ne consegue che il Creatore è dentro di me, ed io compio l’azione necessaria rispetto al mio prossimo. Questo significa che io amo il mio prossimo.

Noi non abbiamo il diritto di usare la parola “amore” in nessun altro significato, contesto, o situazione. Altrimenti lo confonderemmo con il nostro “amore per il pesce”.

Stiamo parlano dell’intensità con la quale il Creatore, la qualità della dazione, si riveste in me. Prima di tutto dobbiamo mettere in pratica il principio “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te“. In questo modo divento neutrale. Dopo di che, devo acquisire il desiderio dell’altro invece del mio. Il desiderio dell’altro uomo deve diventare più importante del mio e quindi innalzo l’altro al di sopra di me. In questa caso, sono pronto a fare di tutto per l’altro, proprio come lo farei per mio figlio se fosse ammalato. Sono completamente “assorbito” nel suo desiderio; ed è questo che mi spinge ad agire.

In questo modo sono esattamente uguale al Creatore, come Zeir Anpin che riceve una richiesta da Malchut. Più il desiderio dell’altro è in grado di spingermi a donare, di più io mi elevo rispetto a lui. Questo è amore. Lo capite come è diverso questo amore dalle nostre nozioni attuali?

Più sono capace di donare ad un altro uomo, di più gli fornisco la Luce della correzione. Infatti, c’è una garanzia mutua tra di noi. Io non colmo il suo desiderio egoistico, ma rivelo dentro di lui il desiderio di essere in un unico sistema con me, in modo che la Shechina possa regnare tra di noi. Quindi, che cosa dovrei fornirgli? Devo dargli il mio appoggio nel sostegno reciproco, che è lo stesso che fa lui per me rivelandolo nel suo desiderio. Questo è amore.

Nessuno deve indugiare nell’egoismo dell’altro. Io non rivelo il desiderio egoistico nell’altro uomo, ma il desiderio della garanzia mutua al fine di rivelare il Creatore nella relazione che c’è tra noi due. Il Creatore non può essere rivelato in un uomo o nel suo atteggiamento verso un altro uomo, a meno che questo atteggiamento non sia fortificato dalla reciprocità.

L’amore non funziona a senso unico. E’ una strada a doppia corsia. Richiede una rete di collegamento attraverso la quale gli impulsi della dazione possano scorrere, una rete attraversata da sentimenti di amore, di relazioni di sostegno reciproco attraverso le quali ci rafforziamo a vicenda.

In questo contesto, l’egoismo viene messo da parte, senza alcun calcolo di appagamento. Infatti, noi ci innalziamo al di sopra dell’egoismo, in quanto ci connettiamo tra di noi con l’intenzione reciproca di farlo per il bene della dazione. E quando la nostra unione raggiungerà uno specifico livello di intensità, creando una rete al di sopra di noi, allora riveleremo il Creatore, la reciproca qualità della dazione e dell’amore che esiste tra di noi.

(Dalla 4.a parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 20.06.2011 “Matan Torà -La dazione della Torà”)

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Voglio essere un bambino!

Domanda: Qual è il metodo di insegnamento kabbalistico per i bambini?

Risposta: E’ molto facile spiegare qualsiasi fenomeno ad un bambino, solo che a noi sembra difficile, ma non è così.

È scritto che chi insegna ad un bambino è come se scrivesse su un foglio di carta bianco, mentre quando cresciamo, dobbiamo scrivere sulla carta sulla quale abbiamo scarabocchiato. Prima dobbiamo neutralizzare i nostri pensieri, i desideri, i pregiudizi e i preconcetti, dobbiamo cancellare molte cose dall’interno e solo dopo possiamo cercare di scrivere qualcosa; però l’esperienza dimostra che è molto facile lavorare con i bambini.

Ho visto questo esempio su mio figlio. Quando cominciai a studiare con il Rabash, ripetevo a casa il materiale che avevamo letto durante la lezione. Mio figlio di sette anni si sedeva con me ed io gli ripetevo di nuovo il testo per avere una migliore comprensione del materiale. Vedevo che lui lo percepiva e ricordava meglio di me; gli facevo delle domande e lui rispondeva correttamente.

Allora capii che più una persona è pura, pur essendo un bambino, più percepisce la Kabbalah in modo naturale. Questo perché in realtà è una scienza della natura e lo vediamo con i bambini. Sono geloso della naturalezza con la quale tutti loro la percepiscono!

Molte cose si registrano in loro semplicemente attraverso la ripetizione, senza averle sentite, perché il loro meccanismo sensoriale non si è ancora sviluppato. La sensazione verrà dopo, durante il tempo dell’eruzione ormonale, ma allora saranno già pieni di diverse leggi e formule. Così, una volta che i loro ormoni cominceranno a lavorare ed i desideri a nascere, sapranno come regolarsi.
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(Dalla lezione 6 del Congresso WE! Del 3.04.2011)

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Non Essere Un Asino Nel Banchetto Del Re

Domanda: se il Creatore ha creato tutto così perfetto, perché dobbiamo correggere qualcosa?

Risposta: si, ma non siamo ancora nello stato che Lui ha creato; ne siamo al di fuori, dietro ogni genere di veli, di occultamenti. Questi schermi hanno a che fare solo con noi, poiché siamo noi a sentire l’occultamento.

Il Creatore ha creato solo uno stato considerato come il Mondo dell’Infinito. Tuttavia, per sentire di essere in realtà in questo Infinito, dobbiamo accumulare ogni tipo di esperienza.

Supponiamo che qualcuno voglia allettarmi con un piatto esotico, però per far si che io apprezzi realmente il suo sapore, ho bisogno di desiderarlo. Si suppone che io abbia un’idea di cosa sia e di come si mangi, altrimenti, non lo capirò; allo stesso modo del fattore menzionato nel Libro dello Zohar, che visse tutta la sua vita in una fattoria, seminava il grano e finché non visitò una città, neppure sospettava quante cose deliziose si potevano fare partendo dalla fattoria. Tutto quello che conosceva era il grano non lavorato.

Quindi, anche stando nel Mondo dell’Infinito, lo sentiamo come fa un asino, masticando il grano non lavorato. Eccetto il semplice “grano” e “l’acqua”, non desideriamo altro. Non sentiamo nella Luce dell’Infinito tutte le delicatezze che il Creatore ha preparato per noi.

Allora, come cominciamo a desiderare la Luce che riempie l’Infinito ed a sentirla in tutte le sue manifestazioni, in tutta la sua profondità, con totale chiarezza? Non abbiamo questa necessità. Dobbiamo crearla dentro di noi.

Con il fine di costruire un desiderio di odorare la torta più dolce invece del grano non lavorato, per sentire l’Infinito invece della Luce più piccola Nefesh di Nefesh, rimanendo nello stesso stato e la stessa Luce, abbiamo bisogno di coltivare il desiderio. Questo cresce mediante l’occultamento, quando gli viene mostrata un po’ di Luce, la quale dopo si occulta un’altra volta, è esposta e dopo nascosta. Ciò è considerato “civettare”, è un gioco.

Questo è un gioco molto serio, visto che l’occultamento incrementa il desiderio. È così che la Luce gioca con noi, mostrandosi ed occultandosi. Per questo ci ritiriamo dal Mondo dell’Infinito e ce ne separiamo mediante numerosi occultamenti, fino a quando arriviamo in questo mondo, nel suo occultamento totale.

Tutto quello di cui abbiamo bisogno è il desiderio e nell’istante in cui lo otteniamo, riceveremo la preziosa “torta”. Non appena cresce un po’ di più, mi sarà data una delizia ancora più grande. Ad ogni nuovo passo, ho bisogno di incrementare il mio desiderio e la Luce superiore comincia ad illuminarmi in tutta la sua forza. Il mio desiderio mi apre per connettermi a Lui, permettendo a Lui di entrare in me.

Il Creatore ha creato tutti questi stati dall’inizio, però, di tutto l’Infinito, in questo momento, puoi sentire solo la più piccola Luce di Nefesh. Questo perché non hai un tuo desiderio di desiderarlo specificamente, affinché tu senta dolore per la sua mancanza.

Il desiderio deve essere totalmente nuovo, a differenza del tuo desiderio istintivo. Lo ricevi forzandoti, dominandoti e lottando contro tutta la tua natura. Quando cominci a volere tanto questa Luce, allora sarà un desiderio autentico. In altre parole, hai bisogno di desiderare la dazione!

In questo momento, sembra qualcosa di completamente stupido, un certo tipo di dazione ed un amore strano. Tuttavia, queste sono semplicemente parole che ci sono familiari, però rappresentano un nuovo tipo di desiderio che non esiste ancora in noi.
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(Dalla 3° parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 4 Maggio 2011, Talmud Eser Sefirot)

Preghiera per la Società

Tu ed io non siamo stati creati per caso. Il Creatore ha voluto che la creazione diventasse come Lui e tutto quello che ci succede ci porta verso questa meta. Pertanto, lungo questo cammino, dobbiamo renderci conto che siamo divisi, separati e che ci odiamo reciprocamente. Tuttavia, riceviamo la forza per unirci al di sopra di quest’odio, il quale si incrementa gradualmente sempre di più. È così perché non possiamo imporci ed elevarci al di sopra di tutto l’odio che regna in tutti noi in un sol colpo; però se possiamo superarlo poco a poco, passo dopo passo, allora acquisiremo la qualità della dazione, l’attenzione reciproca, la cura, la qualità di Binà che non ci permettono di fare agli altri ciò che noi odiamo. Dopo di che raggiungiamo l’amore per il prossimo “come per noi stessi”.

È per questo che tutta la scienza della Kabbalah, che è chiamata la scienza della verità, parla solo dell’unità. Questo perché nell’unità, noi, la gente, raggiungiamo la qualità del Creatore.

Se le persone si riuniscono e si uniscono in un desiderio di moltiplicare le forze di ognuna e danno alle altre la garanzia che attraverso i loro sforzi comuni possono arrivare alla meta desiderata ed ottenere una maggiore sicurezza, questa viene chiamata “una società di pagliacci e bugiardi”. È così perché pensano che attraverso la loro unità saranno capaci di ottenere un maggiore beneficio egoista. Pertanto, la preghiera comune agisce in maniera distruttiva e le separa dalla meta.

La persona deve capire che si unisce agli altri solo per discernere il modo di ascendere al di sopra della sua natura. Non per ricevere una forza maggiore dalla società o per soddisfare le esigenze del suo egoismo, ma per entrare all’interno di questa società e cominciare a darle. Questa è l’unica forza che dobbiamo cercare.

La forza della dazione alla società proviene dalla Luce, dal Creatore, da ciò che è nascosto all’interno delle relazioni della persona con la società, con il gruppo; vale a dire che il gruppo deve essere composto da persone che si uniscono proprio per raggiungere il Creatore, la qualità comune della dazione.

Il Creatore non esiste separato dalla sua creazione. L’attributo della dazione comune non esiste, a meno che non ci sia una persona che lo riveli. Pertanto, se una persona si include nel gruppo che aspira alla qualità della dazione e lì desidera trovare questa forza, raggiungere questa qualità, comincia a capire, partendo dalla sua unità con gli altri, che questo impegno per la società, all’interno del quale esiste l’attributo della dazione, o l’impegno per il Creatore, che è la stessa cosa, è la preghiera della società.

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Entrare in una nuova terra

Domanda: Quali sono i segni che indicano la vicinanza di un uomo all’uscita dall’Egitto?

Risposta: Un grande desiderio di unirsi agli altri è segno di essere vicini alla fuga dall’Egitto, perché l’uomo capisce che può essere salvato solo unendosi con gli altri. Allo stesso tempo egli vede di non essere in grado di realizzare questa unione, perché non ci sono scintille di dazione dentro di lui.

Ma egli sente anche l’esistenza della forza superiore: “Non esiste nulla tranne Lui”. Questa forza gli dona i due sopracitati stati ed egli è così pronto a tirarsi fuori con questa forza dal suo stato per raggiungere la connessione.

La mia connessione con gli altri si chiama “L’uscita dall’Egitto”. Significa che sto fuggendo via dal mio antagonismo verso gli altri e dal mio stesso male verso la libertà ed il bene. Questa è la libertà dall’angelo del male, dalla separazione, che io percepisco come la morte. Ed in questo modo ottengo la connessione con gli altri, che per me rappresenta la vita.

“Entrare in una nuova terra” vuol dire che mi sono messo in sintonia con la rete nella quale tutti sono connessi, e qui c’è un nuovo desiderio governato dal Creatore, la forza della dazione.
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(Dalla 1.a parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 14.04.2011, Shamati No. 90)

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“Vestirsi” In qualcun’altro

Domanda: Perché il cammino verso l’amore è così difficile e confuso?

Risposta: Siamo noi ad essere confusi.

Io sono diretto dal desiderio egoista e tutto quello che sento e penso dentro è per il mio beneficio. Allora, come posso fare un calcolo diverso, non per il mio bene?

Immagina di “vestirti” in qualcun’altro e comincia a fare un calcolo dalla sua prospettiva. Solo 100 anni fa la gente cominciò ad afferrare questi concetti. Non a caso questo periodo fu riassunto da Freud e Einstein, i quali non solo fecero delle scoperte di grande influenza, ma ebbero anche connessioni amichevoli tra loro.

Dopo centinaia di migliaia di anni di sviluppo, fu solo un secolo fa che le grandi menti dell’umanità inventarono finalmente la psicoanalisi, o in altre parole, cominciarono ad analizzare l’uomo internamente, nel livello materiale. Solo allora cominciarono ad investigare la percezione umana, “Il mondo che mi circonda e me, il prossimo e me”.

Questo non è semplice. Ci è voluto un lungo periodo di tempo per avvicinarsi all’anima animata dell’uomo e questo non si avvicina neppure alla spiritualità. Tutto il problema è che non possiamo e non vogliamo vestirci negli altri. La società deve assicurarsi che ogni persona lo faccia, che ogni persona provi a farlo e cominci a riconoscere come lei appaia agli occhi del prossimo e cosa vuole il prossimo.

Questo è molto difficile anche se implica solo degli esercizi psicologici sul piano del nostro mondo, il quale non si relaziona ancora con la spiritualità. Vuoi di più? Avanti, organizza un ambiente che cominci finalmente ad influenzarti.

Il cammino è lungo proprio perché nessuno ti influenza. Non c’è progresso senza l’influenza della società. Una persona dove può ottenere i dettagli spirituali della percezione? Solo dall’ambiente.
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(Dalla 1° parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 13.04.2011, Shamati)

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In Egitto dove scorre il latte ed il miele

La gente considera la festa di Pesach come la ricorrenza dell’evento storico dell’esodo dall’Egitto. “Siamo stati degli schiavi ed abbiamo costruito le città e le piramidi per il Faraone, e poi siamo ritornati alla libertà”. Nella realtà non festeggiamo un ricorrenza storica. Infatti, la situazione attuale è molto peggiorata rispetto ad allora. Sarebbe sufficiente paragonare la situazione della nazione di Israele nell’antico Egitto con l’attuale situazione per correre a baciare di nuovo le mani del Faraone, pregandolo di riprenderci.

I giudei vivevano nella terra di Goshen, che è la parte migliore dell’Egitto con terre fertili e greggi abbondanti. Laggiù si poteva fare quello che si voleva perché il Faraone qui non aveva dominio, ma esercitava comunque la sua protezione.

Nessuno poteva torcere un capello della testa dei giudei, le loro scansie erano piene di cibo, le reti piene di pesci, e le dispense piene di scorte. Erano degli schiavi solo perché dovevano ascoltare il Faraone. Ciò significa: Esegui gli ordini del tuo egoismo, e niente di più.

I giudei avevano una vita meravigliosa, quindi non era per niente che si lamentavano con Mosè nel deserto, “Dov’è la carne ed il pesce, dove sono le cipolle e l’aglio che mangiavamo in Egitto!? Le nostre vite era stupende, e tu dove ci hai portato adesso?”

Quindi, cosa ci fa ricordare questa festa? Allora eravamo circondati da nemici come lo siamo oggi? Al contrario, avevamo a disposizione tutto quello che volevamo ed il potere del Faraone ci proteggeva dai nemici. Nel suo paese egli ci permetteva di vivere come volevamo, anche su terre separate con nostre leggi.Quindi cosa c’è di così male in tutto questo, paragonato alla nostra attuale situazione?

Come scrive Baal HaSulam, se oggi i giudei si disperdessero per il mondo a causa della Diaspora, allora quasi nessuno resterebbe in Israele. Dobbiamo capire questo: l’Egitto diventa una prigione solo quando incominciamo a pensare all’esilio spirituale, quando ci manca il Creatore. Se non fosse il bisogno della redenzione spirituale, l’Egitto di per sé sarebbe una terra dove scorre latte e miele. Qui si può avere tutto tranne che il Creatore, tranne la risposta alla domanda sul significato della vita. Si ha tutto il resto in abbondanza. Si vive la vita di un re e ci manca solamente una cosa, “Io voglio la dazione e l’amore per il prossimo”
Quando si desidera esattamente questo, allora l’Egitto ci sembrerà come un esilio.

Questa è l’unica cosa che qui manca – l’amore per il prossimo. Dunque, ne consegue che festeggiamo Pesach per commemorare la bella vita in Egitto e non la redenzione, di cui nessuno ha veramente bisogno. Infatti, uscire dall’Egitto significa gettare via tutto quello che abbiamo, tranne l’amore.

Ma noi ci sentiamo come se fossimo in esilio? No, e infatti la gente non capisce di che cosa si sta parlando. Ma l’amore per il prossimo deve diventare il nostro solo desiderio. Mosè chiede al Faraone, “Lascia andare il mio popolo! Io voglio andarmene!” Al che il Faraone risponde, “Cosa ti manca, Mosè? Sei cresciuto tra le mie braccia. Resta principe egiziano. Sii un principe! Perchè stai facendo una rivoluzione adesso? In nome dell’amore per il prossimo? Sei diventato pazzo!”
Solamente alla fine del cammino l’Egitto diventa per noi una terra d’esilio. Ma fino a quando non succede, ci sentiamo sazi di tutto tranne che della dazione.

Ne consegue che celebriamo questa festività per onorare il fatto che una volta ci mancava l’amore per il prossimo. Se solamente fosse possibile spiegare veramente questo concetto agli uomini e mostrare loro vera situazione attuale. Oggi, siamo disposti a rinunciare a tutto nelle nostre ricche vite in nome dell’amore per il Creatore, per il prossimo, per gli amici, per il bene del sostegno reciproco e della reciproca vicinanza? Ci siamo vicini? Meritiamo di celebrare la festa della redenzione?

Questa festa parla della liberazione dall’egoismo, quando l’egoismo ha tutto, tuttavia io voglio scappargli. Io odio questa abbondanza e non la desidero. Non ho bisogno di saziarmi di cibo, non ho bisogno nemmeno della sicurezza, delle comodità, nemmeno della salute – niente. Sono pronto a gettarmi nelle acque del Mare delle ristrettezze o a lasciarmi avvizzire dalla sete nel deserto – tutto pur di spezzare le catene.

Allora, vogliamo veramente uscire verso la libertà?

(Dalla 4.a parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 13.04.2011 , gli scritti del Rabash)

Egoismo ed Amore

Domanda: Può essere egoista il piacere che si ottiene dalla spiritualità?

Risposta: Sicuramente si. La spiritualità è amore e dazione. Io sono disposto a darti e ad amarti se questo va a mio beneficio. Altrimenti perché lo farei? Questa è chiamata Klipà (guscio) ed è materialità, non spiritualità.

Ognuno di noi è capace di amare in questo modo. Amo i miei figli perché sono miei, ma se non sono miei non ne ho considerazione. Posso amare qualcuno se il mio benessere dipende da questa persona, ma se non è così, non ne ho bisogno. In altre parole, amo e mi investo perché ricevo un beneficio personale da questo. Tuttavia, questo non è amore e dazione, questo è usare gli altri.

Amore e dazione sono descritti dalla Kabbalah come qualcosa che non ha niente a che vedere con la ricezione per il proprio beneficio. Semplicemente, amo per il beneficio degli altri. Questo è anche più grande dell’amore per i nostri figli, poiché amiamo i nostri figli istintivamente.

Devo raggiungere il tipo di amore verso il prossimo, del quale non beneficia il mio egoismo; però se il mio egoismo riceve qualcosa da questo amore, questo non è amore; semplicemente amo me stesso e mi riempio in tutte le direzioni. Pertanto tutto è definito dalla mia intenzione. Come posso però analizzare me stesso?

Devo elevarmi al tipo di amore, nel quale sono solo preoccupato per il prossimo e non per me stesso. Questo è qualcosa che dobbiamo sapere perché la natura ci forza a raggiungere questo livello. In relazione al programma della creazione, dobbiamo arrivare ad essere simili al Creatore. Il Creatore è buono e fa il bene, senza nessuna considerazione verso Se stesso. Lui desidera riempirci e questo è chiamato amore.

Come possiamo avvicinarci a questo stato? La mia intenzione attuale può essere corretta solo mediante la Luce che Riforma. Questa ha creato il mio egoismo e adesso può elevarmi al di sopra di esso e realizzare un miracolo: portarmi fuori dall’Egitto. Quando ascendo, comincio a correggermi.

Questa Luce può essere solo percepita mediante lo studio della saggezza della Kabbalah. Mentre una persona legge il Libro dello Zohar, comincia a notare che questo agisce in lei. Lo studio in sé contiene una forza che la trasforma. È detto al riguardo: “Ho creato l’inclinazione al male e ho creato la Torà per la sua correzione, la Luce che riporta al bene”. È per questo che la saggezza della Kabbalah si sta rivelando nel nostro tempo, diventando disponibile per tutti.
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(Da un programma televisivo “Chiedilo al Kabbalista” del 4 Aprile 2010)

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Il cammino verso l’ amore

Noi ci eleviamo al mondo dell’Infinito dal nostro mondo. Questo cammino si divide in due stati: il primo si chiama “timore” ed il secondo “amore”.

Durante il primo stato, correggiamo il nostro desiderio egoista nei gradi zero, primo e secondo di Aviut e durante il secondo stato, lo correggiamo nel terzo e quarto grado di Aviut. La parte inferiore è Galgalta Ve Einaim (GE), la parte superiore è l’AHaP (AHP), ed insieme sono il vaso di un’anima.

Timore significa che c’è una preoccupazione principale alle spalle di migliaia di preoccupazioni: sarò capace di non ricevere? Come invitato, mi preoccupo di come amministrare il non voler ricevere il trattamento dell’anfitrione. Lui cerca di convincermi ma io mi nego una volta ed un’altra ancora. In altre parole, una volta e poi un’altra, acquisisco lo schermo per un crescente Aviut del desiderio, fino ad elevarmi al di sopra del mio Aviut completo (che è chiamato Monte Sinai) ed acquisisco la qualità del timore. Adesso, mi elevo al di sopra di tutti i desideri di ricevere e mi tutelo dalla ricezione del piacere egoista.

Quindi, comincio ad essere incluso reciprocamente agli altri: “Cosa vuole lui?”. Vedo quello che vuole, così come il grado della mia capacità di fare qualcosa per lui. Acquisisco i suoi desideri, i suoi Kelim e li fornisco ai miei Kelim. Adesso, agisco al contrario: cambio il mio Kli per ricevere a favore del mio prossimo.

Una madre si occupa dei suoi figli allo stesso modo, infatti fa tutto il possibile per riempirli. È così che si manifesta il suo amore. Pertanto, l’amore ha cura che io non prenda niente dagli altri, che non li derubi mai e non li danneggi . Questo si riferisce alla tappa precedente, al timore, la prima tappa della correzione dei Kelim.

Hillel il saggio, riguardo a questo, disse quanto segue ad un “estraneo”, cioè a un desiderio egoista: “Vuoi avvicinarti alla dazione? Avanti! Fai agli altri quello che vuoi facciano a te. Elevati al di sopra dei tuoi Kelim di ricezione ed allora non danneggerai nessuno”.

Poi arriva il turno dell’amore, al quale si riferì Rabbi Akiva come la regola generale della Torà: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Ciò significa che prendi i desideri degli altri e ti unisci ad essi per riempirli.

In questo modo, l’amore, nel suo vero senso spirituale, non può essere raggiunto senza una preparazione considerevole.
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(Dalla 4° parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 4.03.2011, sull’amore)

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La Kabbalah è la scienza dell’ amore

Una persona arriva alla Kabbalah dopo aver risvegliato la necessità di apprendere la Forza Superiore nascosta, il proposito e la ragione della sua esistenza ed il significato della sua vita. Nella misura in cui attraversa gli stati del suo sviluppo spirituale, la persona arriva ad un punto critico e comincia a pensare alla maniera in cui raggiungere il mondo spirituale.

Precedentemente era solita pensare che la spiritualità poteva essere raggiunta con ciò che aveva, cioè con i cinque sensi, con la sua mente e la sua percezione abituata alla realtà; però, in un determinato momento, la persona comincia a sentire che il mondo spirituale non può essere rivelato in questa maniera e che per farlo, ha bisogno di cambiare se stessa. È allora che ricorda un famoso detto: “Ho creato l’inclinazione al male e la Torà per la sua correzione, perché la Luce contenuta in essa riporta alla Fonte”.

Ogni persona immagina il mondo spirituale alla propria maniera. La saggezza della Kabbalah viene definita come la proprietà dell’amore e della dazione, nella quale la persona esce dalle sue proprietà egoistiche e comincia a rivelare la realtà più elevata nelle proprietà della dazione che sono opposte alle sue.

I kabbalisti spiegano che è necessario che sviluppiamo l’attributo della dazione, cioè che realizziamo la correzione del cuore (desiderio). Ciò significa che se in questo momento il nostro desiderio lavora per ricevere, dobbiamo cambiarlo col fine di percepire i desideri degli altri come nostri. Tutto il metodo consiste nella correzione del nostro ego, i cui desideri lo consumano tutto, per mezzo dello sviluppo di un senso al di sopra di questo, il che significa uscire dal nostro desiderio.

Nel momento in cui arrivai a studiare la Kabbalah, quando avevo più di 20 anni di educazione, ero uno scienziato ed un impresario, mentre tutti i kabbalisti con i quali studiavo erano persone semplici. Ricordo di aver avuto una conversazione con il Rabash, nella quale mi disse che cominciò il suo lavoro facendo l’assistente di un fabbro, dopo fece il calzolaio ed alla fine lavorò nell’ufficio di un esattore delle tasse. Tuttavia, io ero convinto che sarei stato capace di realizzare di più con la mia mente. Mi ci volle tempo per capire che la Kabbalah è una scienza dei sentimenti e che abbiamo bisogno di correggere il nostro cuore.

La saggezza della Kabbalah spiega che la mente si risveglia in noi solo nella misura in cui il cuore la impiega. Il cuore vuole sapere ciò che sta sentendo e perché, da dove vengono i sentimenti e come si possono cambiare; ed allora il cuore impiega la mente.

È risaputo che la nostra mente funziona meglio quando affrontiamo i problemi e la miseria. La necessità che nasce sviluppa la mente. Così, la funzione del sistema chiamata “mente” esiste per aiutarci a riempire il nostro desiderio.

La saggezza della Kabbalah è una scienza dello sviluppo del sentimento dell’amore. In altre parole, ho bisogno di acquisire la capacità di connettermi ai desideri degli altri o ne ho bisogno e li accetto come miei. La mia preoccupazione per i bisogni dell’altro come per i miei, si chiama “il mio amore per lui”. Ciò non ha relazione con il ricevere il riempimento o il piacere di qualcun altro, ma al contrario, il mio piacere verrà dal riempimento altrui.

Le persone che cominciano a studiare la Kabbalah acquisiscono nuovi sentimenti nel cuore che permettono loro di cominciare gradualmente a comprendere che in realtà c’è infinito riempimento e piacere nell’essere capaci di uscire da se stessi e riempire gli altri. Ciò da alla persona un’opportunità incessante ed illimitata che rivela improvvisamente una nuova percezione della realtà, un nuovo orizzonte per lei.

Ciò si deve al fatto che la persona che esce da se stessa e comincia a sentire le necessità degli altri invece delle proprie, smette di percepire se stessa ed arriva gradualmente ad uno stato in cui non deve più badare a sé. Quando troviamo l’attributo della dazione, in questo riceviamo il riempimento ed acquisiamo il Mondo Superiore attraverso di esso, arrivando ad essere come il Creatore.
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(Dalla mia lettura nella hall di “Kabbalah L’Am” del 21.12.2010)

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