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Dall’odio all’amore

Domanda: Quale intenzione, che richiesta dobbiamo fare quando entriamo in Pesach?

Risposta: Non c’è un’altra intenzione o pensiero oltre all’unità. Nella nostra unità vogliamo rivelare il Creatore, mentre il Creatore è la proprietà di dazione e amore, la forza fondamentale dell’Universo, che vogliamo rivelare in noi.

Questo non è amore che noi “portiamo a compimento”, questa forza agisce sopra il nostro egoismo. È detto: “L’amore coprirà tutti i peccati”. Si stende sopra l’odio e insieme creano la sensazione del Creatore per me.

Allo stesso tempo, solamente una di queste due forze può governare in me, ma non tutte e due simultaneamente. E più è grande la breccia (la differenza) tra l’amore e l’odio, più grande sarà il Creatore ai miei occhi.
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(Dalla prima parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 18.04.2011, “Questo è per Giuda”)

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Lasciamo che l’asino lavori per l’uomo

I tentativi di porsi nella fede al di sopra della ragione costituiscono una preparazione del Machsom. Dobbiamo desiderare questo stato, anche se ancora non siamo in grado di raggiungerlo. A volte ci viene data l’occasione di percepire “la fede al di sopra della ragione” ma, intanto che ci avviciniamo al Machsom (la barriera che ci separa dalla spiritualità), vogliamo restare nella fede al di sopra della ragione, per avere almeno qualche contatto con essa, e non ritrovarci dentro soltanto un punto: l’odio ( l’ego) o l’amore (la dazione).

Dobbiamo vivere sempre con questo timore. Infatti, se io mi avvicino alla realtà solamente da un solo punto di vista, non sono altro che una bestia. Se voglio essere un umano, “in groppa al mio asino” (al mio desiderio egoistico), devo includere dentro di me questi di due punti opposti.

Il primo punto è il mio criticismo ed il mio disaccordo con gli altri. Ed il secondo punto è il mio “Io” che non è d’accordo con il mio criticismo verso gli altri. (Per essere chiari, non stiamo parlando del lavoro di divulgazione, ma del lavoro interiore dentro il gruppo verso l’unione, quando critico “un amico”, le sue qualità che non riguardano il lavoro). E anche se capisco che le mie critiche sono vere, desidero comunque rivelare il Creatore tra di noi. E’ Lui che gioca il ruolo del Faraone, trasformando il mio amore in odio, l’unione e la connessione in resistenza, criticismo e disaccordo.

Egli gioca questo ruolo in modo che io cerchi la connessione con l’amico al di sopra del Faraone, nonostante il mio cuore lo rifiuti e lo odi, ed io non sia disposto ad unirmi a lui. Ho un mucchio di lamentele da fargli, ma con tutto questo stiamo comunque costruendo una relazione d’amore, di armonia, e di totale unità. Dentro il mio amico, desiderio vedere il Creatore.

Io non me ne scappo nel punto straordinario dove tutto va bene; invece, mantengo sempre questi due punti opposti dentro di me e continuo ad andare avanti in mezzo a loro. A questo punto io possiedo di già il principio del vaso spirituale, Malchut e Keter, i due punti opposti. Ed io mi trovo nel mezzo, mantenendo la condizione di restrizione tra di essi.

E allora la distanza tra di loro continua a crescere, finché non forma un certo oggetto spirituale. Tutto questo lavoro è svolto in forma pratica nel gruppo, e solo in relazione agli amici.
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(Dalla 1.a parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 13.04.2011, Shamati No. 59)

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Lezione quotidiana di Kabbalah – 04.05.2011

Baal HaSulam, Shamati, Articolo 19 “Cos’ è che il Creatore odia i corpi nel lavoro”
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Il Libro dello Zohar, Mishpatim (Ordinanze), Pagina 34 “Il Nonno”, Punto 231, Lezione 7
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Talmud Eser Sefirot. Volume 1, Parte 1, Capitolo 2, Punto 1: Punto 2 in Ohr Pnimi, Inizia con “Ora si può capire il significato delle parole di Rav”, Lezione 7
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Rav Yehuda Ashlag, KFS Pagina 83, Articolo Pace nel mondo, “La debolezza dei riformatori del mondo”, Lezione 2
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Colpi in un punto

Domanda: Devo forzare me stesso ad unirmi con gli amici anche se non ho nessun desiderio di farlo?

Risposta: Certamente, devi forzare te stesso. Altrimenti come potremmo rivelare il Faraone se non esprimiamo il nostro desiderio di liberarci da lui?

Se io non mi sforzo di unirmi con gli altri, io non mostro il mio desiderio di uscire dal mio egoismo. Di conseguenza, io mi trovo bene in Egitto, cioè io progredisco nel percorso delle sofferenze (Beito) invece di “affrettare i tempi”, il cammino della Luce (Achishena).

“Affrettare i tempi” significa fare degli sforzi sopra il desiderio, cioè, contro il desiderio. Io non ho nessun desiderio di unirmi agli altri, non desidero annullarmi, non ho bisogno del Creatore. Tutto quello che voglio, è una buona vita per me e scoprire il mondo spirituale, nel modo in cui io immagino che sia. Anche questo è allettante, innalzarsi da questo mondo e vedere degli angeli spiccare il volo.

Tuttavia, ovviamente, io ancora non comprendo che il mondo spirituale significhi l’annullamento personale e l’unificazione con gli altri. Se io rimango nel mio desiderio “umano” comune ed io vengo a studiare e a fare divulgazione, ma io non faccio pressione su di me per unirmi con gli altri e annullarmi davanti a miei amici, allora non sono coinvolto nel lavoro spirituale. Quello non è progredire “affrettando i tempi”. Posso fare mille cose con il gruppo, venire alle lezioni tutti i giorni, fare divulgazione e parlare in modo magnifico, ma ciò non significa che io vada avanti, che io studi Kabbalah, e che segua il percorso della Luce (Achishena).

Soltanto se io faccio pressione su di me contro il mio desiderio, forzandomi a collegarmi con il gruppo, perlomeno nella forma di unirmi con tutti in un solo cuore, anche artificialmente, essere insieme con tutti nella misura di pensiero e desideri, questi miei sforzi sono chiamati Achishena o lavoro di gruppo. Tutto il resto non lo é.

Ed è per questo motivo che abbiamo tante persone che hanno studiato nel gruppo per diversi anni, ma ancora non hanno fatto un passo in avanti. Ma se una persona inizia a fare questi passi in avanti, facendo dei grossi sforzi interiori per unirsi agli altri nei desideri interiori, lui porta a termine l’esodo dall’Egitto molto velocemente. La chiave qui è di afferrare questo punto e di avere influenza su di esso.
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