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Come argilla nelle mani dell’allenatore

Forse una delle immagini più simboliche delle Olimpiadi di Tokyo, terminate da poco, è stata quella della vincitrice della medaglia d’oro di Israele, Linoy Ashram, che, dopo aver ricevuto la medaglia, l’ha appesa al collo del suo allenatore.  Con questo atto simbolico, Ashram ha affermato di aver sentito che il suo allenatore, Ayelet Zusman, meritava la medaglia quanto lei.

Per un atleta, infatti, un allenatore è tutto, come una madre e un padre per un bambino. Senza l’allenatore, un atleta è un diamante grezzo. L’allenatore trasforma il talento in medaglie attraverso la fatica dell’atleta.  Il legame tra i due è veramente unico; non potrebbe essere altrimenti.

Un antico truismo nel Talmud recita quanto segue: “Si può essere gelosi di qualunque cosa tranne del proprio figlio e del proprio discepolo” (Sanhedrin 105b).   In effetti un vero maestro mette tutto se stesso nello studente e tutto ciò che lo studente realizza, è come se l’avesse realizzato anche il maestro.

Anch’io avevo un maestro, il mio “allenatore”, se volete.  Mi ha insegnato tutto ciò che so, e sento, ancora adesso, che mi accompagna. Se mai  realizzerò grandi cose, sarà sicuramente grazie a lui.

Parimenti, spero e prego che i miei stessi discepoli ottengano ciò che ho ottenuto io e altro ancora, e che diventino gli insegnanti dell’umanità portando l’umanità all’unione all’amore per gli altri.  Per un insegnante, il discepolo è la sua mano, la sua mente.  Si dà al discepolo tutto ciò che si avrebbe voluto realizzare in modo che il discepolo possa portarlo avanti.  E’ un legame che va oltre l’amore e nel caso della saggezza della Kabbalah, è un impegno che sia l’insegnante che il discepolo si prendono per il bene di tutta l’umanità.

Il motivo spirituale per il quale ho fatto la terza dose

Un po’ di tempo fa ho ricevuto un invito dal Ministero della Salute, a recarmi in un centro di vaccinazioni nel mio paese, Israele, per ricevere la terza dose del vaccino. Mi sono messo in fila per forse mezz’ora prima del mio turno, ma una volta entrato, il tutto è finito in meno di un minuto. Mi è stato detto di aspettare fuori dieci, venti minuti dopo il vaccino per essere sicuro di non avere effetti collaterali, ma ammetto che ero impaziente. Mi sentivo benissimo, solo un po’ stanco dopo aver aspettato per mezz’ora in fila, e quindi sono tornato subito in ufficio per prepararmi alle trasmissioni quotidiane.

E’ soltanto colpa nostra se la quarta ondata si sta diffondendo violentemente in Israele. Se fossimo stati più uniti, non sarebbe successo. Da una prospettiva spirituale, il virus non è un problema medico, ma una prova della nostra unione, e stiamo fallendo. La regola nella spiritualità è che se lavoriamo insieme, saremo al sicuro, dato che la nostra unione ci rende uguali alla forza unificante che crea la vita. Nella saggezza della Kabbalah è detto: “risiedo tra il mio popolo”.

RABASH, il mio maestro, mi ha insegnato con l’esempio e con le parole che dovremmo obbedire a ciò che dicono i medici. Se ci sono dispute, si seguono le direttive del governo. Questo per lui era il significato di risiedere tra il suo popolo. RABASH non si immergeva nella complessità dei farmaci che gli venivano stati dati; sapeva di dover seguire gli ordini dei medici perché era la cosa giusta da fare nel senso spirituale.

Come lui, io non entro in merito al fatto se il vaccino funzioni o meno, se ci sono dei secondi fini dietro o no, o in qualsiasi altra questione. L’unica cosa che so è che il Governo israeliano ha consigliato che tutti gli ultrasessantenni siano vaccinati e mi ha convocato ad andare un certo giorno in un certo posto. Quindi l’ho fatto per stare con il mio popolo, il popolo di Israele.

Per me è un’espressione del mio desiderio di essere unito con il mio popolo. Se avessimo tutti avuto il desiderio di unirci, non saremo arrivati a questo; avremmo eliminato il virus. Si tratta di una prova che continuiamo a fallire, il virus continua a diffondersi e nessun vaccino, medicinale o altro, potrà aiutare.

Se non impariamo a unirci, attraverso il virus, arriverà un altro colpo, più sinistro e più aggressivo del Covid. Se non impariamo dal secondo colpo, ne arriverà un terzo, peggiore dei due precedenti. Quando impareremo che l’unico rimedio è la nostra unione, scegliere l’unione al di sopra di ogni altra cosa, i nostri problemi finiranno.

L’influenza dei libri kabbalistici

Domanda: Che influenza hanno su di noi i libri kabbalistici?

Risposta: Hanno un’influenza positiva. In primo luogo, dicono ad un individuo in che cosa vive, cosa sta succedendo, perché questo mondo sta girando intorno a noi e quale influenza possiamo avere su di esso.

Con l’aiuto di determinate azioni cominciamo a capire come possiamo cambiare il mondo e la nostra esistenza in esso, quanto le leggi della natura sono adeguate per noi affinché le usiamo e fino a che punto possiamo adattarci alla corretta applicazione di queste leggi.

In generale, la Kabbalah è la scienza della corretta connessione dell’uomo con la natura.

Domanda: Un individuo sente questa influenza su se stesso?

Risposta: La Kabbalah conduce precisamente a una percezione sensoriale e razionale in modo tale che, che con l’aiuto sia della mente che dei sentimenti, un uomo possa dirigere correttamente l’influenza sul cambiamento della propria natura.

È possibile percepire questo attraverso un libro?

Risposta: Non solo percepire. Il libro lo guida e gli spiega come farlo. La corretta applicazione della

Kabbalah deve cambiare l’intero destino di un individuo.

Domanda: Se lo avesse saputo, probabilmente avrebbe letto esclusivamente questi libri, giusto?

Risposta: Si. Tuttavia, qui dipende tutto dalla forza del desiderio. Non è come prendere in mano un libro, aprirlo e all’improvviso, come in Harry Potter, tutto cambia e si illumina. No.

Eppure, se un individuo lo desidera, allora cambiando se stesso, egli cambia anche l’influenza del mondo circostante su se stesso.

 

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Dalla trasmissione di KabTV “Questions about Kabbalistic Books”, 22/10/2019

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