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Lezione quotidiana di kabbalah – 04.03.10

Il Libro dello Zohar – Selezioni, Capitolo “Ve’Eleh Toldot Itzhak (Queste sono le Generazioni di Isacco),” Articolo 147
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“Beit Shaar Ha-Kavanot,” Articolo 13
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“Introduzione a il Libro dello Zohar,” Articolo 60
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La sfortuna è solo un aiuto travestito

Lo Zohar: Sono state molte le sventure che Giacobbe ha sofferto affinché non cedesse all’inclinazione malvagia. E quante sventure patiscono i giusti nel mondo, una sventura dopo l’altra e una sofferenza dopo l’altra per purificarsi per il mondo dell’al di là?

La rivelazione della propria indole malvagia è necessaria, perché altrimenti, come potrebbe fare un uomo per progredire? Lo stato di “giusto” è uno stato di immobilità. Si ha quando un uomo sente di non aver bisogno di niente, che tutto è in ordine perfetto, e che qualsiasi cosa accada, accade per un fine di bene. Tuttavia, un uomo non può progredire sentendosi in questo modo.

Sono proprio le sventure che ci capitano a diventare “il motore per progredire”. Dobbiamo considerarle come forme di aiuto che ci portano esattamente all’effetto desiderato.

Ad ogni modo, tutto dipende dalla nostra preparazione, Se un uomo si prepara nel modo giusto per rivelare “il male “ (i desideri negativi, la malvagità, e la confusione), allora sarà in grado di accettarli come bene. Con l’esperienza, un uomo vede che mentre cerca una via d’uscita da queste discese, diventa più intelligente e più forte, e quindi si innalza al di sopra del suo stato presente. Questa è la ragione per cui un uomo viene portato via dallo stato di giusto e viene confuso con dei pensieri e dei desideri che non gli appartengono; questo rappresenta il materiale per il suo avanzamento.

Dobbiamo cambiare il nostro atteggiamento verso ciò che ci succede. E’ molto importante percepire tutte le interferenze come degli aiuti lungo la strada verso lo scopo. Infatti, esse ci costringono a chiedere le forze che ci daranno sostegno e aiuto nei momenti di difficoltà. Il gruppo, la divulgazione, lo studio, e un preciso programma sono gli strumenti che ci costringeranno a diventare più forti, invece che restare fare la muffa nelle acque della nostra “giustezza”.

Noi ci chiudiamo nella cella

Lo Zohar, Capitolo “Miketz”, Punto 34) “Giuseppe era triste”, con la tristezza dello spirito e con la tristezza del cuore, perché era prigioniero lì. Quando il Faraone comandò per lui, è scritto “E rapidamente lo portarono fuori”, cioè fece la pace e gli risposero con parole di allegria, parole che dilettano il cuore, a causa del fatto che era triste di trovarsi nella cella. All’inizio, egli cadde nella cella, però dalla cella, dopo ascese in grandezza.

Ci sembra che la storia di Giuseppe parli di cose materiali e dei cambiamenti attraverso i quali passano. Giuseppe cade in un pozzo e dopo ascende alla grandezza. Vediamo un deserto, un Faraone, i ministri del Faraone, una prigione ecc …

Tuttavia, di fatto, è lo stesso Giuseppe a decidere in che maniera vedere la realtà. Giuseppe decide se cade in pozzo, o se si trova nel palazzo del re. Decide se è di giorno o di notte. Percepisce ciascuna delle sue condizioni in conformità al suo livello di rivelazione del Creatore, così come ciò che pensa su questa connessione con il Creatore e sulla situazione in cui si trova.

In realtà siamo sempre nello stato di riempimento infinito. Tuttavia, la nostra percezione non corretta ci dipinge immagini che non sono ancora corrette. Le scene che vediamo sono un riflesso della nostra attitudine e giudizio rispetto al Creatore ed al Suo ruolo nel governarci. La situazione nella quale ci troviamo è di fatto, la nostra evoluzione del comportamento del Creatore verso di noi. Per questo, siamo noi a creare il nostro stato.