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Il Venezuela


Dalla mia pagina Facebook Michael Laitman – 20/08/2018

Cosa succede quando, nel mondo globalizzato, una nazione collassa? Come può un simile processo incrementare l’odio verso Israele?

Più di due milioni di persone sono scappate dal Venezuela, senza poter portare nulla con sé. La metà di esse sta soffrendo di denutrizione. Le ragioni principali della loro fuga sono una severa carenza di alimenti in tutto il paese ed il fatto che la crisi economica vada peggiorando.

Purtroppo non c’è un modo diretto per aiutare milioni di persone che soffrono. La cosa assurda è che nel nostro mondo ci sono sufficienti riserve di cibo, abiti e medicine per soddisfare le necessità di tutti gli abitanti del pianeta. Tuttavia, paradossalmente, gettiamo nell’immondizia fino al 50% della produzione mondiale di alimenti e contemporaneamente si investono miliardi di dollari nella produzione di armi.

Il futuro ci offre il potenziamento di due tendenze opposte: da un lato, sempre più crisi economiche, collassi di regimi, rivoluzioni sociali, fame, malattie e sofferenza umana (il Venezuela altro non è che una rondine che preannuncia l’arrivo di una serie di crisi che probabilmente arriveranno in tutto il Sud America); dall’altra parte, andremo incontro ad un mondo tecnologico avanzato ed interconnesso con sviluppi robotici, macchine autonome ed intelligenza artificiale. Non mancherà niente. La capacità di produrre abbondanza di alimenti, abiti e medicine, mediante una stampante tridimensionale, sarà alla portata di tutti semplicemente schiacciando un bottone.

Tra queste due tendenze sarà sempre più chiaro che nel mondo manca soltanto la capacità di prendere in considerazione le necessità tutti gli altri abitanti del pianeta, così come di preoccuparsi per loro e, sopratutto, di connettersi a loro. Questo sarà l’unico modo per poter aiutare le migliaia di esseri umani che vivranno future sofferenze.

Ma come impareranno gli esseri umani a connettersi tra loro? La storia ci dimostra che le forze di dominio, il potere e l’egoismo crudele, trionfano sempre. Sembra che gli esseri umani preferiscano lottare gli uni contro gli altri, piuttosto che abbracciarsi. Questa è la nostra amara natura e qualsiasi altra immagine la percepiamo come utopia.

Per arrivare ad una connessione stabile tra gli esseri umani, con la capacità di riorganizzarsi e provvedere alle necessità in tutti i livelli della vita, è richiesto un sistema unico. Un solo popolo fu creato sulla base del metodo della connessione universale tra gli esseri umani. Questo metodo è stato quello che lo ha fatto diventare un popolo e questo popolo visse secondo questo metodo per un lungo periodo. Quando lo accantonò, cominciò a vagare per il mondo e dimenticò il suo ruolo.

“Israele è tra le altre nazioni come il cuore tra gli organi. Così come gli organi del corpo non possono esistere nel mondo neppure un momento senza il cuore, nemmeno i popoli potranno esistere nel mondo senza Israele”; questo è scritto ne Il Libro dello Zohar da più di duemila anni. Questo libro descrive la rete di connessione universale che esiste tra le persone ed i popoli. Secondo questo concetto, Israele è un crocevia centrale all’interno della rete; solo che ha dimenticato il ruolo che le è stato assegnato quando è stata fondata come nazione.

Nella misura in cui la crisi continuerà a colpire i cittadini del Venezuela ed il resto degli abitanti del pianeta, il dolore e la frustrazione andranno accumulandosi e diverranno odio verso Israele. Al di sotto della superficie, nel subconscio interconnesso del mondo, si accumulerà, crescerà e divamperà un’attitudine negativa verso tutto il popolo ebraico. Dove e quando irromperà l’antisemitismo in superficie? Nessuno può dirlo senza conoscere la rete che connette l’umanità.

Se osservassimo la mappa interna delle connessioni ci spaventeremmo. La forza negativa che minaccia di scatenarsi contro gli ebrei, ci obbligherebbe a connetterci rapidamente per mettere in pratica la nostra funzione in relazione alle nazioni del mondo, ovvero essere “Una luce per le nazioni”. Il Venezuela è un altoparlante in più che richiama la nostra attenzione ad anticipare i fatti e a connetterci per compiere il nostro ruolo in questo mondo interconnesso.

New Life n.67 – La connessione reciproca è la nuova risorsa


New Life n.67 – La connessione reciproca è la nuova risorsa
Il Dott. Michael Laitman in una conversazione con Oren Levi e Nitzah Mazoz

Riepilogo

In sostituzione di tutte le risorse che si stanno esaurendo, la più fondamentale risorsa che sta emergendo è la reciproca connessione. La connessione è sovrannaturale ed è la base per un uso corretto ed equilibrato di tutte le altre risorse. La Kabbalah spiega in che modo possiamo realizzare la connessione tra noi e farne il migliore uso a beneficio di tutti.

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Dalla trasmissione di KabTV “New Life n.67 – La connessione reciproca è la nuova risorsa”, 5/09/2012

Elevarsi al di sopra dell’Universo

Domanda: Se ipotizzassimo che ognuno di noi, in futuro, diventasse kabbalista, come sarebbe organizzata la struttura sociale della collettività? Come distribuiremmo il lavoro manuale, piuttosto che le posizioni manageriali? E come gestiremmo le risorse del pianeta?

Risposta: In modo assolutamente perfetto e razionale. Attraverso lo spessore della materia, dell’energia e delle informazioni, vedremo chiaramente come interagire con loro in modo che, in base a questo, saliremo sempre più in alto nei livelli spirituali.

Inoltre, non avremo problemi. Tutto ciò che ci viene dato nel mondo materiale e spirituale, lo realizzeremo in modo ottimale.

Domanda: Quale sarà quindi la principale legge di giustizia?

Risposta: La legge principale è un’attitudine assolutamente uguale a tutti i livelli della natura nel nostro mondo e nel mondo spirituale, come per il Creatore.

Domanda: Significa che nessuna catastrofe ecologica può verificarsi qui?

Risposta: No! Se solo potessimo immaginare cosa ci è stato preparato in questo caso! Ciò eleva davvero una persona al di sopra dell’universo.

Noi esistiamo in questo stato persino adesso. È solo per portarci ad esso in un modo reale e sensibile, con i nostri desideri, che ci viene dato un senso dello stato opposto: il nostro mondo attuale.

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Dalle lezioni di Kabbalah in lingua russa del 18/03/2018

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Newsmax: “L’era degli smartphone ci chiede di colmare il divario nella generazione tecnologica”

Il più grande portale Newsmax ha pubblicato il mio nuovo articolo “L’era degli smartphone ci chiede di colmare il divario nella generazione tecnologica

Gli studi condotti in diversi paesi mostrano che la dipendenza dagli smartphone è in crescita.

La Francia ha recentemente vietato l’uso degli smartphone nelle scuole. La decisione è stata presa per la preoccupazione che gli studenti stessero diventando dipendenti dall’uso dei telefoni cellulari.

Queste mosse restrittive risolveranno il problema?

Oppure, abbiamo bisogno di indagare più a fondo per affrontare le sfide di una generazione cibernetica?

Mentre il fatto che i giovani stiano diventando sempre più dipendenti dalla tecnologia è praticamente indiscutibile, è altrettanto importante affrontare la dipendenza degli adulti dai telefoni cellulari e il suo impatto sul comportamento dei loro figli e della società. Un nuovo studio condotto in Gran Bretagna rivela un drammatico aumento della dipendenza dalla tecnologia.

Le persone, in media, controllano il proprio cellulare ogni 12 minuti, mentre un adulto su cinque trascorre online più di 40 ore alla settimana.

Se questo è il modello seguito dai bambini, come possiamo lamentarci delle loro abitudini se noi per primi “predichiamo bene e razzoliamo male”? Uno dei principali fornitori di servizi sanitari in Israele ha recentemente fatto una ricerca interessante sul comportamento dei genitori durante l’attesa e durante il trattamento dei loro bambini nell’unità pediatrica. Il risultato è stato che l’83 percento dei genitori era incollato al cellulare durante la visita medica.

Non sorprende che le conclusioni della ricerca raccomandassero ai genitori di spegnere i loro apparecchi tecnici per trascorrere del tempo con i propri figli.

Inoltre, in America, quasi nove persone su dieci passano del tempo online ogni giorno.

Possiamo, alla fine, navigare contro il vento del progresso tecnologico?

O è una conseguenza inarrestabile del naturale sviluppo umano?

È un fatto innegabile che le giovani generazioni siano state formate nell’era degli smartphone e dall’aumento dei social media. Sono parte integrante della loro esistenza sin dalla più tenera età.

Come parte del loro ambiente, sono tenute ad adattarsi alle nuove tecnologie e ad abbracciarle come un elemento naturale della loro educazione, sentendosi completamente a proprio agio e senza paura di sperimentare nuovi dispositivi, giochi e piattaforme.

Non abbiamo creato questo desiderio da soli, fa parte dello sviluppo della natura.

I genitori che sono essi stessi dipendenti dai telefoni cellulari non possono incolpare i propri figli di un uso eccessivo degli smartphone o dei loro conseguenti problemi comportamentali. I bambini prendono l’esempio da noi. Come possiamo allora lamentarci delle loro abitudini?

La nostra natura egoistica cresce sempre più, portandoci ad essere sempre più coinvolti e interessati a noi stessi, anche a spese degli altri, e anche se questi “altri” sono la nostra stessa famiglia.

La quantità di incontri faccia a faccia diminuisce man mano che aumentiamo il tempo che passiamo online, quindi come possiamo aspettarci una buona comunicazione con i nostri figli se non siamo pronti a rinunciare all’uso compulsivo dei dispositivi elettronici?

Se dovessimo abbandonare sia i nostri smartphone che quelli dei nostri figli, per migliorare la comunicazione tra di noi, allora riusciremmo a metterci “nei loro panni” per comprendere e soddisfare i loro bisogni e desideri? Se esitiamo, anche per un momento fugace, nel rispondere, allora forse sarebbe meglio se ci connettessimo ai nostri dispositivi insieme, in un luogo comune, invece di essere totalmente separati?

Non possiamo rifiutare il cambiamento perché avverrà comunque.

Il desiderio di riportare indietro il passato equivale a desiderare di far rivivere l’età della pietra.

I bambini sono cresciuti con i computer e Internet nelle scuole e a casa, trovano tutto online, musica in streaming, condivisioni video, cosa comprare, cosa indossare, dove andare, cosa fare e con chi uscire (ovviamente in modo virtuale). La tecnologia è per loro quasi un’estensione dei loro corpi.

Le attività all’aperto in luoghi urbani o naturali non sono così attraenti come una volta. Sono state sostituite da attività online. Se i giovani escono, sempre più spesso avverrà comunque in un posto dove saranno circondati da altri che sono immersi nel loro mondo digitale.

Il nostro mondo sta vivendo una profonda trasformazione, aprendosi a una realtà più spirituale e integrale. I giovani sono i primi ad abbracciare i cambiamenti poiché sono istintivamente alla continua ricerca di nuove strade e alternative. Ogni nuovo progresso rappresenta un passo in avanti per loro, un processo naturale anche se non sono pienamente consapevoli di come avvenga.

La comprensione e il miglioramento di questa nuova era richiedono un pulsante di riavvio che ci consentirà di utilizzare la tecnologia e fare un ulteriore passo in avanti, in nome della vera connessione, della solidarietà e della cura per gli altri.

Come tutto questo può essere realizzato? Adattando noi stessi non solo ai progressi tecnologici, ma a un’era rinnovata. Ora abbiamo nelle nostre mani tutti i mezzi per portare la società dal caos all’armonia. Usando la tecnologia per trarre beneficio e rafforzare i rapporti umani, possiamo adempiere a questo scopo.

Un tale fondamentale cambiamento può essere possibile solo creando contenuti significativi per insegnare sia agli adulti che ai bambini come si sviluppano la natura e l’umanità, spiegando come la natura stia guidando il mondo verso uno stato di equilibrio e su come migliorare la nostra comunicazione in favore di relazioni più equilibrate e armoniose all’interno della società.

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La semplicità di un kabbalista

Baal HaSulam, Gli scritti dell’ultima generazione: “La gente immagina che l’uomo che ha un contatto con il Creatore, sia una persona … di carattere e che deve avere paura di parlarne, molto più che esserne in vicinanza immediata. È la natura umana, temere qualsiasi cosa che sia al di là della natura della creazione. La gente ha anche timore di tutto quello che è inusuale, come un tono o dei forti rumori.”

Le persone pensano comunemente che si sperimenti una certa ansietà nell’essere vicini ad un kabbalista. Ricordo che quando cominciai a studiare la Kabbalah e cominciai a viaggiare da Rehevot a Gerusalemme, per recarmi dal kabbalista chiamato Isaac Zilberman, mi dissero: “Vai a trovare una persona alla quale è impossibile stare al suo fianco senza tremare”. Non mi successe mai niente di tutto questo.

Un kabbalista non si mette mai in mostra in nessun modo. Al contrario, si comporta semplicemente in maniera naturale. Anche quando c’è in lui un certo splendore, cerca sempre di minimizzarlo, perché gli rende molto difficile il lavoro spirituale. Non c’è niente di soprannaturale in lui che faccia tremare gli altri in sua presenza.

Lo vediamo negli scritti dei kabbalisti. Ad esempio, gli studenti del Baal Shem Tov, andavano in mezzo al popolo e non richiamavano l’attenzione delle masse. Fu allora che furono create delle favole su di loro, ma fondamentalmente essi si comportavano come persone molto semplici. Anche a prescindere dal fatto che sentissero il mondo superiore, il sistema di controllo di tutta la natura, ciò nonostante, si comportavano come persone comuni. Questo non era difficile per loro, perché quanto più grande è una persona, più semplicemente essa si comporta.

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Dalla trasmissione di KabTV “L’ultima generazione”, 09/10/2017

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Newsmax: “Aria di cambiamento: gli Stati Uniti si ritirano dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite”

Il più importante portale di informazione online, Newsmax, ha pubblicato il mio ultimo articolo Aria di cambiamento: gli Stati Uniti si ritirano dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite

Abbiamo un cane da guardia che punta ossessivamente nella direzione sbagliata, non è forse il segno che stiamo negando l’evidenza dei fatti? La mossa senza precedenti da parte degli Stati Uniti di ritirarsi dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, segna un punto di svolta in un nuovo approccio globale volto a raggiungere l’equilibrio e l’efficienza degli organismi mondiali di monitoraggio.

Ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, Nikki Haley, paladina di questo nuovo approccio trasformativo nell’arena diplomatica e rappresentante della visione dell’attuale amministrazione, è stata irremovibile nell’esporre i motivi per cui la decisione è stata adottata:

Per troppo tempo, il Consiglio per i diritti umani è stato il protettore dei violatori dei diritti umani, e un pozzo nero di pregiudizi politici. Purtroppo, ora è chiaro che la nostra richiesta di riforma non è stata ascoltata.”

La decisione presa, arriva come una doccia fredda. Rappresenta l’inizio della fine del vecchio mondo, caratterizzato dalla priorità data agli interessi di pochi a scapito degli interessi della maggioranza. I venti del cambiamento sono stati introdotti da un nuovo ordine di crescente interdipendenza dell’umanità. E quando si tratta di una macchina sforna soldi come le Nazioni Unite, che “vantano” un record molto discutibile nel risolvere le questioni più “urgenti” per il mondo, un cambiamento del genere è necessario.

Le Nazioni Unite si occupano continuamente di alcune nazioni e chiudono un occhio sulle violazioni delle altre. Secondo l’Osservatorio dell’ONU, dal 2012 al 2015, l’86% delle risoluzioni adottate dall’Assemblea Generale sono state emesse nei confronti di un solo paese: Israele. In particolare, il Consiglio per i diritti umani ha avuto un ruolo chiave in questa attività. Nel giro di un decennio dalla sua istituzione nel 2006, ha approvato 135 risoluzioni critiche nei confronti dei paesi, più della metà di esse sono state indirizzate contro Israele.

Paradossalmente, molti dei paesi membri che valutano gli standard dei diritti umani e tengono conferenze su altre nazioni, sono classificati come paesi “non liberi” da Freedom House: Afghanistan, Angola, Burundi, Cina, Cuba, Congo, Egitto, Etiopia, Iraq, Qatar, Ruanda, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Venezuela.

Lo stato attuale delle cose ci sta portando a ripensare alla rilevanza degli organismi internazionali per il miglioramento dei diritti dell’umanità, nonché a valutare se dovremmo continuare o meno a perpetrare l’esistenza di organizzazioni che servono principalmente gli interessi delle élite politiche e finanziarie.

La buona notizia è che ci sono segni di trasformazione globale. I confini delle relazioni internazionali stanno diventando sempre più frastagliati, come abbiamo visto recentemente con il vertice del G7 e nell’incontro tra il Presidente degli Stati Uniti e il leader della Corea del Nord. Oggi, qualsiasi riunione può essere impostata in qualsiasi momento in base alle necessità. Non c’è bisogno di organizzare raduni di rappresentanti in una forma pluralistica.

Il mondo interdipendente di oggi non richiede organi rappresentativi artificiali per aiutarci ad avvicinarci l’uno all’altro. Noi stessi possiamo rafforzare la nostra solidarietà e indurre un cambiamento fondamentale nelle nostre relazioni. Quando i leader e il popolo delle nazioni in generale realizzeranno la portata della nostra interdipendenza globale, saremo in grado di dare il via a grandi progressi verso una società globale armoniosa.

Come? Stabilendo programmi educativi che favoriscano la connessione, perché ci aiuterebbero ad adattarci positivamente alle nuove condizioni globali interdipendenti. Alla fine le persone hanno bisogno di imparare come accettare, capire e andare d’accordo con tutti, oltre che essere influenzate da un’atmosfera di reciproca comprensione, supporto, consapevolezza e sensibilità. Tali programmi, guidati da un “consiglio di saggezza” formato da persone che hanno a cuore i migliori interessi della società, renderebbero quindi chiaro che il futuro luminoso del mondo non dipende dall’ONU e neppure da qualsiasi altro attore sulla scena internazionale, ma dalla qualità delle connessioni umane.

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JPost: “Perché creiamo teorie e filosofie su ciò che accade dopo la morte?”

Il Jerusalem Post ha pubblicato il mio nuovo articolo “Perché creiamo teorie e filosofie su ciò che accade dopo la morte?

Perché una persona che è ancora in vita ha bisogno di creare teorie e filosofie sulla morte? È una parte inseparabile della vita, quindi perché ci viene tenuta nascosta?

I livelli dell’immobile, del vegetale e dell’animale della natura non hanno consapevolezza della morte. Si sentono deboli quando sono vicini alla morte, ma solo per il fatto che la loro esistenza sta finendo. Pertanto, non si pongono domande su cosa succeda dopo la morte e in generale neanche riguardo al passato, al presente o al futuro. Queste domande emergono solo negli esseri umani, perché abbiamo un punto speciale al di sopra dell’esistenza corporea e animale.

Non sentiamo la vita mentre siamo gameti nei nostri genitori. Non sappiamo come i nostri genitori si siano incontrati e neppure come abbiano creato quell’iniziale cellula vivente da cui ci siamo sviluppati. Ci manca anche la sensazione di come il nostro corpo gradualmente si decomponga, dopo che qualcosa ne ha causato la morte, e di ciò che ne rimanga dopo.

Quello che soprattutto non riusciamo a capire è che, al contrario di animali e piante, sentiamo di esistere in qualcosa di più alto e più grande del nostro corpo. Non possiamo individuare questa sensazione, ma in generale la chiamiamo “vita”. Esiste l’esistenza, il vivere per la sopravvivenza e la riproduzione, ed esiste la vita, vivere per qualcosa di più grande.

Trascorriamo gran parte della nostra vita a contemplare, esaminare e ricercare ciò che è la vita e come possiamo riempire la nostra esistenza. Questo desiderio aggiuntivo al di sopra della nostra volontà di sopravvivenza significa molto per noi. Siamo pronti a sacrificarci e a soffrire per questo.

Lo sviluppo dell’umanità ci sta portando gradualmente verso un desiderio sempre più grande di comprendere la vita al di sopra delle nostre semplici necessità di sopravvivenza. Ciò che è particolarmente evidente nella nostra era è che, mentre viviamo nell’abbondanza per soddisfare le necessità della vita, più che in qualsiasi altro periodo storico, si risveglia l’eterna domanda sul significato e lo scopo della vita, più che in qualsiasi altra epoca.

Tuttavia, la risposta a questa domanda è inafferrabile.

La miriade di teorie, di fantasie e metodi che abbiamo sviluppato, sia religiosi che laici, sono tutte speculazioni infondate.

Perché?

Perché la forma delle nostre vite attuali è sigillata nella nostra innata natura corporea/materiale, cioè un desiderio di ricevere gioia e piacere. Ci sentiamo e ci identifichiamo in questo desiderio e non abbiamo la capacità di immaginare qualcosa al di fuori di esso.

Le nostre sensazioni, i pensieri, i desideri e le fantasie sono tutti finalizzati al soddisfacimento del nostro desiderio di godere.

Ma è questo il nostro unico desiderio?

Se avessimo solo il desiderio di godere, saremmo simili agli animali, bloccati unicamente da una spinta istintiva a soddisfarci al massimo in ogni momento della nostra vita.

Tuttavia, abbiamo un punto molto piccolo, una scintilla che proviene da un livello superiore rispetto alla nostra esistenza animale. A causa di questo punto che si risveglia in noi, ci poniamo le seguenti domande: “Qual è il significato della vita?” e “Per che cosa viviamo?”

Questo punto risveglia in noi anche sensazioni negative come insoddisfazione, vuoto, depressione, impotenza e disperazione; sensazioni che la generazione attuale percepisce più di ogni altra nel passato. Abbiamo organizzato le nostre vite per renderci liberi dalle preoccupazioni di provvedere alle nostre necessità e, proprio per questo, la domanda sul significato della vita è sorta in noi e ha fatto emergere altre domande più potenti. Ecco perché stanno emergendo molti problemi nuovi nella società umana.

Pensiamo che nell’umanità esistano tutti i tipi di desideri per il denaro, l’onore e la conoscenza, per tutte le cose oltre il livello dei desideri per cibo, sesso e famiglia. Tuttavia, abbiamo solo una domanda sul significato e sullo scopo della vita, che richiede una risposta.

Ci sono diversi livelli della sensazione e della consapevolezza che questa domanda comporta nelle diverse persone ed influenza fortemente la nostra vita quotidiana.

Le diverse filosofie, culture, costumi e credenze di ogni nazione sono alla fine tutte risposte alla domanda sul significato e sullo scopo della vita. Nei nostri bisogni di base per il cibo, il sesso e la famiglia, siamo tutti essenzialmente uguali. Tuttavia, nel momento in cui sorgono i nostri desideri sociali per denaro, onore e conoscenza, le nostre vite vengono modellate dall’intensità con la quale la domanda sul significato e sullo scopo della vita emerga in noi e su come rispondiamo ad essa. Differiamo in maniera molto precisa nel modo in cui rispondiamo a questa domanda.

Ci muoviamo in direzioni diverse cercando di rispondere alla domanda sul significato e sullo scopo della vita. Tuttavia, in mancanza di una risposta vera, che ci dia una soddisfazione duratura, continuiamo a sentirci delusi, vuoti e disperati. Di conseguenza, oggigiorno assistiamo a una riduzione del nostro sviluppo mentale ed emotivo. Nelle epoche passate, abbiamo avuto un grande rispetto per le filosofie, le scienze e le arti. Oggi, tuttavia, la società si sta orientando verso un maggior comfort e una maggior convenienza e valuta le tecnologie che possono servire come mezzi per raggiungere tali obiettivi.

Nonostante tutte queste comodità e distrazioni, rimane vero il fatto che se non troveremo una risposta soddisfacente alla domanda sul significato e sullo scopo della vita, allora soffriremo sempre di più… mentre le giovani generazioni si concentrano sulle tecnologie, che comunque non dureranno in eterno. Con sempre meno sforzi per costruire famiglie e dare alla luce bambini, non vogliono trasformarsi in “bestie ordinarie” che vivono in una mandria, perché la domanda sul significato della vita vive e respira in loro.

Fino ad ora, le giovani generazioni stanno rispondendo passivamente: “Noi non ci stiamo al vostro gioco. Se volete vivere e avere successo, così sia. Ma questo non fa per noi.” Il prossimo stadio dopo questa generazione sarà più acuto, e la sua risposta, molto più arrabbiata.

Più la risposta alla domanda sul significato della vita ci sfuggirà, più vedremo l’ascesa e la caduta di tutti i tipi di distorsioni che cercano di apparire al suo posto. La legalizzazione e la promozione delle droghe pesanti aumenteranno per cercare di calmarci. Nuove tecnologie emergeranno continuamente per rendere le nostre vite più facili, per farci sentire soddisfatti, seduti nelle nostre case tutto il giorno. Ma tali sforzi non serviranno a nulla.

Infatti, se impostiamo il nostro cuore per rispondere ad un quesito ormai molto famoso, sono sicuro che tutte le altre domande e i dubbi svaniranno all’orizzonte e vi volgerete verso di loro per ritrovarli svaniti nel nulla. Questa domanda indignata è una domanda che il mondo intero si pone, e cioè: “Qual è il significato della vita?” In altre parole, questi anni numerati della nostra vita che ci sono costati così tanto e le numerose pene e tormenti che soffriamo per viverli al meglio, chi è che se li gode? O ancora più precisamente, di cosa mi posso deliziare? È vero che gli storici si sono stancati di contemplarla e soprattutto nella nostra generazione. Nessuno vuole nemmeno prenderla in considerazione. Eppure la domanda si presenta amaramente e con veemenza, come sempre. A volte si presenta senza invito, sfiora le nostre menti e ci butta giù, prima che ritroviamo il famoso stratagemma di fluire senza consapevolezza nelle correnti della vita come sempre.
Yehuda Ashlag, Introduzione allo Studio delle Dieci Sefirot.

Secoli fa, Il Libro dello Zohar, così come il celebre kabbalista del XX secolo, Yehuda Ashlag (Baal HaSulam), predisse che, a partire dalla fine del XX secolo, la domanda sul significato della vita si sarebbe intensificata in tutta l’umanità, obbligando sempre più persone a mettersi alla ricerca della vera risposta. Coloro che nel frattempo rimangono insoddisfatti di ciò che la nostra cultura crea per soddisfare questa domanda e che continuano a esplorare approcci, metodi e ambienti diversi senza alcun risultato, dovrebbero alla fine trovarsi a indagare nella saggezza della Kabbalah.

La saggezza della Kabbalah è il metodo per percepire e sentire la realtà eterna mentre si vive ancora in questa vita terrena. Raggiungere una tale percezione alla fine risponde a domande del tipo “Cosa succede quando muoio?” E “Qual è il significato della vita?” Perché così facendo, accediamo alla nostra vita spirituale che continua a vivere dopo la morte dei nostri corpi fisici. Impegnandoci nel metodo, subiamo cambiamenti significativi che rivelano una percezione completamente diversa della realtà, scopriamo una soddisfazione duratura, una connessione più profonda con gli altri e con la forza che genera tutta la realtà e raggiungiamo un senso di completezza e armonia con il mondo che ci circonda. Questa meravigliosa saggezza è aperta a tutti e aspetta chiunque abbia un sincero desiderio di trovare la ragione principale del perché siamo apparsi qui, in questo pianeta.

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New Life n.1021 – L’unicità del cervello umano – 2° Parte

New Life n.1021 – L’unicità del cervello umano – 2° Parte
Il Dott. Michael Laitman in una conversazione con Oren Levi e Nitzah Mazoz

Riepilogo

Il cervello umano agisce come un modem ed è infinito nel suo potenziale evolutivo. Il cervello è al servizio del desiderio nel cuore e nella mente dell’uomo. Quando è al servizio del desiderio egoistico di ricevere per se stessi porta all’autodistruzione e alla morte. Mentre apriamo i nostri cuori gli uni agli altri con il desiderio di dare e condividere, il cervello si espande fino a sentire un mondo infinito. Quando passiamo dal programma di ricezione al programma di dazione, arriviamo a conoscere e a capire tutto. L’essere umano diventa un collettore o un passaggio per completare l’integrità, la percezione dell’anima e la rivelazione del Creatore in questo mondo.
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Dalla trasmissione di KabTV “New Life n.1021 – L’unicità del cervello umano – 2° Parte”, 10/06/2018

New Life n.1020 – L’unicità della mente umana – 1° Parte


New Life n.1020 – L’unicità della mente umana – 1° Parte
Il Dott. Michael Laitman in una conversazione con Oren Levi e Nitzah Mazoz

Riepilogo

A differenza di come avviene negli animali, il cervello umano è destinato allo sviluppo spirituale. Il cervello è controllato dalla volontà. Mentre una parte della volontà e del cervello umano sono responsabili dell’esistenza fisica, l’altra parte ha il potenziale di svilupparci spiritualmente. Se ci vogliamo evolvere, per prima cosa dobbiamo crescere emozionalmente e, in base al nostro desiderio, potremo sviluppare il desiderio di recepire più di quanto percepiamo con i cinque sensi, di sentire un altro mondo.

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Dalla trasmissione di KabTV “New Life n.1020 – L’unicità della mente umana – 1° Parte”, 10/06/2018

New Life n.66 – La paura di non avere abbastanza soldi


New Life n. 66 – La paura di non avere abbastanza soldi
Il Dott. Michael Laitman in una conversazione con Oren Levi e Nitzah Mazoz

Riepilogo

La collaborazione sociale e la responsabilità reciproca calmano le paure, cosa che un’abbondanza di soldi non riesce a fare. Le preoccupazioni finanziarie posso essere sensibilmente attutite dal tepore e dalla sicurezza che riceviamo quando ci uniamo e creiamo equilibrio tra noi. Le attività sociali devono essere accompagnate da educazione e comprensione. Quando ci uniamo e otteniamo forza aggiuntiva, si scopre una nuova forza vitale.

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Dalla trasmissione di KabTV “New Life n.66 – La paura di non avere abbastanza soldi”, 03/09/2012