L’amico e il vuoto

Rabash, “Shlavei Sulam”, 1985/86, articolo 21, “Al di sopra della ragione”: L’invidia che egli prova verso gli amici, quando vede che loro possiedono qualità migliori delle sue, lo motiva ad acquisire le loro buone qualità, che egli non possiede e di cui è geloso.

Così, attraverso la società, guadagna nuove qualità che egli adotta vedendo che loro sono ad un livello superiore al suo, ed egli è invidioso di loro. Questo è il motivo per cui ora lui può essere più grande rispetto a quando non aveva una società, poiché attraverso la società egli acquisisce nuove forze.

Io invidio i miei amici in modo positivo. Io non voglio che siano peggio di me; voglio salire al loro grado da solo. E per fare questo, ho bisogno di essere integrato in loro.

Io non competo con loro negli studi sulla base dell’invidia. Stiamo parlando di una qualità di dazione, di avvicinarsi al Creatore, ed è per questo che devo imparare dagli amici come diventare più dazione. Non voglio riuscirci senza essere integrato in loro.

L’invidia spirituale, perciò, è opposta a quella materiale. L’invidia materiale pone una persona nella “lista nera” di coloro senza i quali la mia vita sarebbe più calma, ma l’invidia spirituale mi spinge a unirmi a lui a dispetto della mia natura, del mio desiderio. Ho bisogno di “abbracciarlo” interiormente, affinché lui mi aiuti ad elevarmi allo stesso grado. Così, l’invidia spirituale risveglia un maggiore sforzo interiore grazie al quale io rompo il mio egoismo e lo trasformo in una “leva” per l’avanzamento.

Si scopre che l’invidia in un gruppo è una grande forza che viene dall’amico che invidio; la forza che mi aiuta a salire sopra il mio egoismo e a connettermi con l’amico.

Ma a parte questo, ho anche bisogno del potere del gruppo che aiuterà a trasformare il potenziale distruttivo dell’invidia in creatività.

Dopo tutto, all’inizio, la mia invidia dell’amico è così terribile che è simile all’odio. Lui provoca un sentimento negativo in me, perché sento che lui è più alto di me. Così, egli rivela un nuovo “incavo”, un vuoto, una mancanza, un bisogno di qualcosa nel mio desiderio. E come risultato, io lo invidio, io lo odio perché è migliore di me; ha quel qualcosa in più che io non ho.

Così, l’amico crea in me un desiderio e mi spinge a progredire solo se uso correttamente la mia nuova esigenza. Come posso trasformarlo in dazione, nel corretto adempimento, nello stesso che ha lui?

Prima di tutto, abbiamo bisogno di vicinanza, di un qualche rapporto, di unione. In caso contrario, non sarò in grado di vedere nulla in lui e non avrò nulla da invidiare. Ecco perché siamo chiamati amici, perché siamo legati.

Oltre a questo, devo riconoscere che quel qualcosa in più che lui ha, a me manca. Una forte necessità si forma dentro di me, e io ne faccio tesoro. È molto importante non cancellare la sua aggiunta e il mio nuovo desiderio contro lo sfondo interiore della percezione, ma al contrario iniziare a lavorare su di esso, così che diventi lo stesso che il mio amico ha.

Così, tutto questo viene fatto attraverso il parere del gruppo. Non ci riuscirai senza di esso; né ci riuscirai senza un amico. Entrambi questi fattori mi influenzano e giocano un ruolo cruciale nel progresso.

Come regola generale, mi sento invidioso dei singoli amici, non del gruppo nel suo insieme, perché esso è “offuscato” nella mia percezione e non diretto esattamente contro il mio egoismo così da poter mirare ad una particolare proprietà.

Dopo aver compiuto le azioni che per me sono possibili, la Luce, il Creatore, completa quello che è stato avviato… La Luce “completa” sempre i nostri sforzi.
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(Dalla terza parte della Lezione quotidiana di Kabbalah del 7.07.2013, Preparazione al congresso di Sn. Pietroburgo “Principi per la costruzione di un ambiente migliore“)

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