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La vita sarebbe migliore senza i disaccordi?

Potrebbe sembrare che la vita sarebbe migliore senza disaccordi, poiché in tal caso non avremmo guerre e conflitti, ma è ben lontano dalla realtà. Senza disaccordi, le nostre vite sarebbero unilaterali, monodirezionali e l’umanità non sarebbe in grado di evolvere.

Nel suo articolo “La Libertà”, il Kabbalisata Yehuda Ashlag (Baal HaSulam) scrive di come l’umanità progredisca attraverso i disaccordi: 

“Dobbiamo stare attenti a non avvicinare le opinioni delle persone a tal punto che il disaccordo e la critica possano cessare tra i saggi e gli studiosi, perché l’amore per il corpo porta naturalmente con sé la vicinanza delle opinioni. Se la critica e il disaccordo dovessero scomparire, cesserebbe anche il progresso dei concetti e delle idee e la fonte della conoscenza nel mondo si esaurirebbe”.

Tuttavia, la necessità di avere disaccordi non richiede la guerra. Possiamo risolvere le controversie con altri metodi, senza arrivare a conflitti fisici.

Finiamo in guerra perché non abbiamo ancora raggiunto un livello di sviluppo tale da poter risolvere le nostre dispute e i nostri disaccordi in modo maturo. Il modo in cui attualmente ricorriamo alle guerre ci fa sembrare dei bambini piccoli.

I disaccordi possono favorire un’evoluzione positiva, se si arriva a prendere decisioni in merito attraverso un discorso civile.

La critica della prospettiva dell’altro è un aspetto chiave di un disaccordo, ed è cruciale per lo sviluppo dell’umanità, come Baal HaSulam scrive nello stesso articolo. Senza critica, non saremmo in grado di svilupparci.

“Più ci sono contraddizioni tra le opinioni e più ci sono critiche, più aumentano la conoscenza e la saggezza e le questioni diventano più adatte a essere esaminate e chiarite”.

È difficile per noi accettare le critiche perché la nostra struttura egoistica, che ci fa considerare superiori agli altri, non vuole essere messa in discussione. Ma saremmo davvero poco saggi se ci opponessimo alle critiche. Quando comprendiamo che più critiche, opinioni e disaccordi ci sono, più possiamo scoprire chi, dove, come e perché la natura ci ha plasmato in una forma così contraddittoria con se stessa, allora più possiamo rivelare la verità su noi stessi e sulla nostra vita. In altre parole, attraverso i disaccordi e le critiche, dovremmo aspirare alla verità, che si apprende navigando nell’intricata rete di stati e punti di vista contraddittori.

Tuttavia, poiché il nostro ego non sopporta le critiche, spesso non le usiamo in modo costruttivo. Possiamo vedere molti esempi di una parte che fa pressione sugli altri finché non cedono e, se continuano a non essere d’accordo, scoppia la guerra. Questo è in gran parte il modo in cui si comporta il nostro mondo. Il nostro ego prevale su molte opportunità di discussione e di crescita.

La critica è costruttiva e positiva quando porta a una discussione reciproca e, infine, a un accordo. Al contrario, quando porta al distacco, fino alla guerra e alla distruzione, allora è ovviamente dannosa e distruttiva.

Vediamo che alla fine delle guerre, in ogni caso, giungiamo alla conclusione che dobbiamo sederci e discutere. La guerra dà un certo tipo di consapevolezza dei mali della nostra natura egoistica, ma non è comunque auspicabile arrivare a tali distruzioni e sofferenze per risolvere finalmente le questioni in modo civile. Abbiamo quindi bisogno di disaccordi e critiche per progredire, e non dovremmo arrivare a guerre e distruzioni per risvegliarci al progresso attraverso le nostre discussioni e i nostri esami.

Se vivessimo in un mondo pieno di bontà e amore, avremmo ancora bisogno di critiche? Certo che sì. Ci sarebbero discussioni e un certo denominatore comune raggiunto a livello di amore reciproco, che farebbe progredire continuamente l’umanità tra un numero enorme di opinioni e contraddizioni. È scritto a proposito di un tale stato che “l’amore coprirà tutte le trasgressioni”.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.   

Cosa pensi in merito alla evoluzione dell’umanità e a quanto lontano può arrivare l’umanità?

Il processo di evoluzione  a cui siamo sottoposti è  relazionato alla nostra capacità di adattarci ai mondi superiori, ovvero, per  dirigerci a uno stato di connessione armoniosa “come un solo uomo con un unico cuore”, un’unica umanità che funziona come un unico sistema.

Noi esistiamo in un sistema integrale con una interconnessione e interdipendenza tra le sue parti.

Nel processo, noi abbiamo bisogno di sperimentare che siamo schiavi della nostra natura umana  egoistica, che ci fa desiderare di essere felici a spese degli altri e della natura, fino a raggiungere uno stato di libertà da questa schiavitù nei confronti dell’egoismo.

Qual è  quel luogo di libertà?

È un luogo in cui si scopre l’integralità, una connessione profonda da un capo all’altro della natura, che emerge dal desiderio della forza superiore di amare e di donare.

La forza superiore dell’amore e del dono ci guida e si relaziona con noi come un’unica entità e ci conduce a uno stadio in cui ci concederà una connessione reciproca, in cui ognuno di noi considererà principalmente il beneficio degli altri e dell’intero sistema in cui esistiamo. 

In altre parole, dal vivere  al servizio dei nostri desideri egoistici, in cui   siamo attualmente bloccati, ci sviluppiamo attraverso varie crisi su scala personale, sociale e globale, attraverso le quali otteniamo gradualmente la possibilità di uscire dalla rete egoistica che ci controlla e di entrare in una nuova rete altruistica di connessioni.

Perché abbiamo bisogno di sopportare varie crisi per uscire dal nostro ego?

Perché l’ego umano è molto crudele e noi non siamo in grado di elevarci al di sopra di esso con le nostre forze. Ossia, ci manca la capacità di convincerci che vale la pena essere positivi, gentili e amorevoli con gli altri in tutto il pianeta. Ciò è semplicemente impossibile, posto che la  nostra natura egoistica ci spinge costantemente nella direzione opposta: quella di trarre vantaggio da noi stessi a spese degli altri e della natura.

Perciò, per mostrarci come i nostri atteggiamenti egoistici ci fanno soffrire, la natura ci invia varie crisi che ci obbligano ad affrontare la nostra connessione e la necessità di realizzarla positivamente. Di conseguenza, ci rendiamo conto che non abbiamo altra scelta se non quella di correggere i nostri atteggiamenti reciproci, da egoistici ad altruistici.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

Dove è arrivato il mondo?

Esiste una forza in natura che controlla la realtà in cui viviamo e indipendentemente dagli sforzi che facciamo non possiamo fare niente al di fuori del programma che questa forza controlla. 

Quindi, dovremo cercare di capire la destinazione verso cui questa forza ci sta spingendo, cosa vuole da noi e capire che tutto quello che abbiamo fatto o che facciamo o che faremo è il risultato.

Speriamo di poter raggiungere un giorno la vera conoscenza e consapevolezza di dove siamo, di quale esistenza e ambiente ci troviamo e delle forze che operano su di noi.

Siamo minuscole particelle del creato che pensano di capire qualcosa di esso. Inoltre, quando capiamo qualcosa, usiamo questa comprensione solo per trarne vantaggio.

Cosa possiamo quindi dire sulla nostra partecipazione, sui nostri sforzi e sullo scopo che cerchiamo di raggiungere? Fino ad oggi abbiamo visto solo il peggio.

Più abbiamo sviluppato la scienza, la tecnologia, la medicina, l’arte e la cultura per migliorare le nostre vite, più ci ritroviamo immersi in problemi che sempre aumentano a tutti i livelli, con sempre maggior depressione, ansia, stress, abuso di droghe, suicidi, divisioni sociali, disoccupazione, crimini, ansia per il nucleare, disastri naturali, solo per nominarne alcuni. 

Tutto quello che la nostra mente egocentrica ha creato a nostro beneficio è servito a creare un mondo terrificante, che continua a sprofondare in sempre più problemi, da una crisi all’altra.

Stiamo arrivando alla conclusione che questa miriade di sforzi per migliorare il mondo è futile e ci sta dimostrando che stiamo operando su desideri egoistici difettosi, sui quali basiamo ogni pensiero e azione.

Finché non ci sottoporremo ad un processo di apprendimento nuovo per scoprire la natura dei nostri desideri, il nostro mondo, le leggi della natura e come possiamo vivere in armonia con tali leggi, continueremo a testimoniare un mondo che si sta deteriorando.   

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman. 

L’era dell’unione

Perché sembra sempre più che l’umanità sia il bullo del quartiere? Tra le nazioni, nei rapporti personali, con i colleghi di lavoro, tra i coetanei a scuola e nei confronti della natura, siamo maldestri come un elefante in un negozio di porcellane, rompendo tutto ciò che tocchiamo e lasciando un caotico disordine dietro di noi. C’è una ragione per questo: Il mondo intorno a noi sta cambiando. Mentre siamo intrappolati nella mentalità di dover lavorare solo per noi stessi e che se siamo deboli, gli altri ci mangeranno, la vita ha rivelato la sua natura connessa e ci mostra che se agiamo da soli, falliamo. La realtà ha inaugurato l’era dello stare insieme e, se vogliamo avere successo, dobbiamo adattarci.

In questa nuova era, non possiamo avere successo da soli. La forza delle persone non deriva dalle proprie capacità, ma dalla capacità di connettersi e collaborare con gli altri.

Quando pensiamo alla collaborazione, spesso pensiamo di dover scendere a compromessi e rinunciare a cose che vorremmo per mantenere un legame. Non è più così. Al contrario, la nuova unione richiede di utilizzare tutte le nostre capacità, i nostri talenti, le nostre idee e le nostre aspirazioni. Tuttavia, li useremo per il bene comune piuttosto che per il nostro.

Attualmente, usiamo le nostre capacità per avvantaggiare noi stessi e impedire agli altri di ferirci o superarci. Questo ci pone in una guerra costante con gli altri. Di conseguenza, spesso annulliamo le buone idee e i punti di forza degli altri, spesso loro annullano i nostri, e tutti finiamo per essere stanchi, logori, con potenzialità non realizzate, e l’intera società ci rimette.

Quando usiamo i nostri vantaggi individuali per il bene comune, rafforziamo le qualità degli altri, miglioriamo i risultati e facilitiamo la realizzazione del loro pieno potenziale. Tutti ne traggono beneficio. Ci sentiamo appagati, sicuri di noi stessi, benvenuti nel nostro ambiente sociale e tutta la società ottiene giovamento dal nostro contributo. L’energia che prima spendevamo per l’autodifesa viene orientata allo sviluppo e i risultati ottenuti ci spronano a dare ancora di più di noi stessi alla collettività.

L’unica cosa che ci impedisce di vivere questa società da sogno è il nostro ego ostinato. Finché lo lasciamo governare, continuerà a distruggerci e a demolire la nostra società. Alla fine, distruggerà tutto e ci renderemo conto che non abbiamo altra scelta che lasciare andare il nostro ego.

Se ce ne rendiamo conto ora e non più tardi, ci eviteremo questa triste prospettiva e porteremo il futuro nel presente. Se ci aiutiamo l’un l’altro ad elevarci al di sopra di noi stessi, saremo in grado di farlo, perché nell’era dell’unione, anche elevarsi al di sopra dell’ego è possibile solo se si lavora insieme.

Competizione costruttiva

In natura, la competizione sviluppa e migliora. L’evoluzione si basa sulla competizione; senza di essa, nulla cambierebbe. Ma nella società umana la competizione prende una piega molto negativa, diventa distruttiva e provoca una involuzione anziché un’evoluzione. Perché? Perché la natura umana stessa deve cambiare per evolversi positivamente.

In natura, gli istinti regolano la competizione tra le specie; non c’è libera scelta o decisione indipendente. È così che l’evoluzione crea forme di vita sempre migliori.

Ma negli esseri umani c’è l’ego. L’ego non è statico, ma si intensifica costantemente e ci fa sentire sempre più isolati e odiosi nei confronti degli altri. Il concetto di individualismo riguarda specificamente gli esseri umani e più cresce, meno ci sentiamo parte del tutto. Oggi è ai massimi storici e continua a crescere. Di conseguenza, il nostro approccio al rapporto con gli altri è di sfruttamento: vogliamo usare tutti per il nostro tornaconto, ognuno secondo i propri gusti e le proprie preferenze.

Questo atteggiamento rende la competizione tra noi distruttiva e rovinosa. Non ci fa evolvere, ma ci scaraventa in crisi sempre più gravi, che ora stanno diventando minacce esistenziali a livello globale.

Apparentemente, le cose non dovevano andare così. Abbiamo una scienza avanzata, possiamo produrre molto più cibo di quello di cui il mondo ha bisogno, possiamo fare in modo che ogni bambino del pianeta riceva una buona istruzione, assistenza sanitaria, nutrizione e alloggio.

In realtà, sempre più bambini sono affamati, malati e indigenti. Non è per la nostra incapacità, ma per la nostra disumanità. Inquiniamo l’aria e l’acqua anche se possiamo avere tutta l’energia di cui abbiamo bisogno da fonti pulite. Inquiniamo il suolo anche se possiamo evitarlo, e tutto questo non per negligenza, ma per noncuranza.

Il libero mercato, come lo chiamavano i progenitori del capitalismo, avrebbe dovuto trarre beneficio dalla concorrenza e creare una vita migliore per tutti noi. Lo ha fatto per un po’, ma ora causa solo sempre più danni, poiché il capitalismo è stato avvelenato da un eccessivo egoismo.

Il punto cruciale è che la competizione egoistica ci ha portato su un precipizio. Se non cambiamo rapidamente direzione, cadremo.

È giunto il momento di capire che, proprio come la natura è un sistema connesso in cui l’evoluzione di una parte migliora e influenza tutte le altre parti, anche noi siamo tutti connessi. Ma nel caso degli esseri umani, è nostro compito rendere queste connessioni positive e costruttive.

Per promuovere una competizione costruttiva nell’umanità, non dovremmo correre per raggiungere la vetta calpestando le teste degli altri, ma competere su chi contribuisce di più all’umanità. Le persone dovrebbero essere rispettate non per aver raggiunto obiettivi egoistici, spesso a spese del bene comune, ma per aver contribuito al bene comune, per aver migliorato la vita delle persone e, soprattutto, per averle avvicinate, aumentando il senso di solidarietà e di responsabilità reciproca nella società.

In questo modo, il nostro contributo unico alla società diventa un contributo positivo e non un elemento dannoso. Usare la nostra unicità per contribuire al bene comune ci permetterà di rimanere individualisti, e di diventarlo ancora di più, ma di usarlo in modo costruttivo e non in modo da danneggiare gli altri. Di conseguenza, le persone sosterranno l’individualismo degli altri, poiché esso farà progredire tutta la società, esprimendo comunque l’unicità di ciascuno.

Il senso di contributo reciproco favorirà la vicinanza piuttosto che il distanziamento, mentre la solitudine e l’ostilità tra le persone svaniranno. Invece dell’invidia tossica, le persone si incoraggeranno a vicenda a crescere e a realizzare il proprio potenziale. Le persone si sentiranno a casa in questa società, come parte del collettivo. Potranno godere dei suoi benefici, ma anche mantenere e sviluppare la propria unicità.

Il cambiamento è l’unica certezza

Il mondo sta cambiando molto velocemente, e il ritmo sembra crescere in maniera esponenziale.  Da un lato, ogni nuova forma di tecnologia, e ce ne sono infinite, promette di rendere il mondo un posto migliore. Dall’altro, nuove tecnologie vengono usate quasi invariabilmente per sfruttare altre persone, impoverire la terra di metalli preziosi e altri materiali di valore, o inquinare l’aria, l’acqua e il suolo che sostiene ogni forma di vita sulla Terra, inclusa la nostra.

Tuttavia, il cambiamento è in atto e non possiamo fermarlo. Il clima sta diventando sempre più irregolare e inclemente, in tutto il mondo scoppiano guerre, alcune delle quali con conseguenze potenzialmente catastrofiche, e le economie crollano mentre i prezzi salgono alle stelle e la povertà incombe. Per capire cosa sta succedendo e come affrontarlo, dobbiamo comprendere lo scopo dei cambiamenti.

Prima di capire il loro scopo, dobbiamo riconoscere la loro direzione. I cambiamenti stanno portando a ciò che sembra entropia, termine scientifico che indica il “disordine totale”. In realtà, però, le cose si stanno muovendo verso l’equilibrio, verso uno stato di bilanciamento, con pressioni e densità uguali. Le particelle, tutte le particelle, e anche gli esseri umani sono particelle, si stanno distribuendo in modo più uniforme. Proprio come il vento si calma quando la pressione dell’aria diminuisce perché la densità dell’aria è diventata più uniforme, così le particelle si stanno uniformando nel sistema globale. Pertanto, ciò che gli scienziati definiscono entropia è in realtà un aumento dell’ordine.

L’universo è iniziato nel momento di minore uniformità. A un certo punto, la pressione era troppo grande per essere contenuta, così il punto che era l’universo condensato è esploso. Da allora, le cose si sono mosse verso un crescente equilibrio, o uniformità.

Se comprendiamo la direzione dell’evoluzione, verso l’equilibrio, o l’uniformità, ci renderemo conto che questo è lo scopo di tutto ciò che accade: condurci verso l’equilibrio. Poiché c’è una chiara direzione dell’evoluzione, e la realtà non l’ha ancora raggiunta, la natura continua a spingere verso un crescente equilibrio. Di conseguenza, l’unica cosa garantita nella realtà è che ieri non è come oggi e che oggi non sarà come domani. Il cambiamento è l’unica certezza.

Il motivo per cui percepiamo il mondo come caotico è che stiamo opponendo resistenza al processo. Il nostro ego vuole che ciò che è familiare rimanga e che i cambiamenti siano sicuri e sotto controllo. Poiché il mondo non si comporta come vogliamo, cerchiamo di cambiarlo. Quando falliamo, sentiamo il mondo come ostile. Combattiamo contro la natura, ma la natura non cede. Quando cerchiamo di trattenere il progresso della natura, questa accumula pressione, che alla fine ci esplode in faccia. Se lasciassimo scorrere i cambiamenti al loro ritmo, non li sentiremmo ostili.

Inoltre, l’equilibrio e l’uniformità sono le ultime cose che il nostro ego desidera. Vuole sovranità e unicità. Vuole che tutto si concentri su di sé. Questo, ancora una volta, contraddice il flusso della natura verso l’uniformità e l’equilibrio e ci mette in contrasto con la realtà.

Tuttavia, la natura costringerà anche la società umana a giocare secondo le sue regole e a diventare equilibrata. La concentrazione del potere nelle mani di pochi sfruttatori contraddice il flusso dell’evoluzione ed è quindi destinata a scomparire. Non è una questione di chi governerà, ma dello scopo stesso del governare. Lo sfruttamento non esiste in natura e quindi non può esistere nella società umana. Esiste solo l’equilibrio, l’armonia.

Se adattiamo la società umana al tessuto della natura, sentiremo che essa ci sostiene e la vita sarà una passeggiata senza sforzo. Se continuiamo a ribellarci alla natura e a cercare di sfruttarci a vicenda, le nostre lotte contro la natura e le nostre guerre reciproche si intensificheranno sempre di più, fino a quando, dopo il caos, chiunque sia rimasto rinuncerà al dominio dell’ego e concorderà che l’equilibrio è l’unica via sostenibile.

Il caso dell’invidia

L’invidia ha una reputazione terribile. È stata incolpata di così tanti crimini e atrocità che abbiamo imparato a temerla. Quando emerge dentro di noi, sentiamo una sensazione di bruciore che è difficile da controllare e da contenere. In più, ci porta a volere cose che altrimenti non avremmo mai voluto, né tantomeno desiderato. A causa di questo malessere, e delle ambizioni precarie che l’invidia evoca in noi, l’umanità cerca modi per superarla da molti secoli. 

Sopprimerla o annientarla (ammesso che si possa) equivarrebbe a dire che ci sono cose al mondo che sono superflue o intrinsecamente e incorreggibilmente dannose, e che dovremmo sbarazzarcene. Baal HaSulam, il padre del mio maestro e il più grande Kabbalista del XX secolo, derideva questo approccio; si riferiva cinicamente alle persone che lo sostenevano come “riformatori del mondo”. 

Nel suo saggio “Pace nel mondo” Baal HaSulam scrisse che se fosse per i riformatori del mondo “essi avrebbero di certo ripulito l’uomo completamente, lasciando vivere soltanto ciò che è buono ed utile” ai loro occhi.  Una delle impurità che certamente ripulirebbero sarebbe l’invidia, e questo sarebbe un errore imperdonabile. 

Così come non smettiamo di usare l’elettricità anche se può ucciderci, non dobbiamo sopprimere l’invidia. Così come abbiamo imparato a utilizzare l’elettricità a nostro vantaggio, dovremmo imparare a utilizzare l’invidia a nostro vantaggio.

In parte, lo facciamo già. Le madri spesso rivolgono l’attenzione dei loro figli al successo di altri bambini per spingerli a impegnarsi di più. In questo modo, sfruttano la naturale invidia del bambino. Quando i bambini vedono che la madre apprezza un’altra persona, la invidiano e li spingono a migliorare per ottenere anche loro l’apprezzamento della madre.

L’invidia non è una sensazione piacevole, ma le sensazioni piacevoli non ci aiutano a crescere.  Anche la necessità non è una sensazione piacevole, eppure si tratta della madre delle invenzioni, è il motore dello sviluppo e del progresso.  Per dirlo francamente, se non fosse per l’invidia, saremmo ancora all’età della pietra. 

Come l’elettricità, se usata correttamente, l’invidia ci costruisce e non distrugge gli altri. Quando la usiamo in questo modo, vedere il successo degli altri ci rende grati, perché è grazie al loro successo che anche noi miglioriamo.

Pertanto, dovremmo sviluppare un approccio maturo all’invidia e ringraziare le persone il cui successo fa avere successo anche a noi. Se riusciamo a farlo, scopriremo che dopo qualche tempo impareremo ad apprezzarle a tal punto da iniziare ad amarle per il dono che ci hanno fatto attraverso l’invidia.

Ripensare l’evoluzione

Per molti decenni, ci è stato insegnato che l’evoluzione è casuale, che le mutazioni avvengono e quelle che contribuiscono maggiormente alla sopravvivenza della specie rimangono mentre le altre scompaiono. Ma la scienza sta gradualmente accettando che l’evoluzione non è casuale ma segue una direzione.

Per esempio, i ricercatori di uno studio,  che si è concentrato su una piccola erba infestante chiamata crescione, hanno dichiarato che: “Si è scoperto che la mutazione è molto non casuale ed è non casuale in un modo che beneficia la pianta. È un modo totalmente nuovo di pensare alla mutazione”, hanno concluso.

Un altro studio, che ha esaminato la mutazione dell’emoglobina che protegge dalla malaria, ha scoperto che essa appare più frequentemente nelle persone provenienti dall’Africa, dove la malaria è comune, che nelle persone provenienti dall’Europa, dove è rara. “Le mutazioni sfidano il pensiero tradizionale”, ha detto il ricercatore capo. “I risultati suggeriscono che l’informazione complessa che si accumula nel genoma … ha un impatto sulla mutazione e quindi i tassi di origine specifici delle mutazioni possono rispondere … a pressioni ambientali specifiche”.

Se guardiamo il fenomeno in maniera più approfondita, troveremo che anche l’ambiente si sta evolvendo in una direzione specifica: verso l’aumento dell’integrazione. Ci stiamo evolvendo verso uno stato che già esiste, anche se non l’abbiamo percepito. È uno stato in cui le specie sono separate le une dalle altre, ma in armonia con tutta la creazione.

La terra è un sistema equilibrato. Le sue parti sono in perfetta armonia tra di loro,  e questo garantisce la sopravvivenza delle piante e degli animali terrestri. In apparenza, non avrebbe dovuto esserci evoluzione. Se tutto è perfetto e armonioso, non avrebbero dovuto esserci cambiamenti nelle specie.

La ragione per cui l’evoluzione avviene ancora, nonostante l’equilibrio tra tutte le creazioni, è che sotto tutta la creazione si nasconde un desiderio di miglioramento costante del proprio stato individuale. Più una creatura è evoluta, più intenso è il suo desiderio.  Nel genere umano questo desiderio si manifesta come egoismo e narcisismo, come brama di controllo, di essere superiori e addirittura divini. Nel regno animale e nelle piante, si esprime in uno sforzo costante di rafforzarsi contro i propri nemici naturali, ma non in un desiderio di dominare e controllare. Quindi, a ogni livello, a parte quello umano, l’equilibrio rimane, pur essendo dinamico e evolutivo. 

Nell’umanità, “l’evoluzione” principale è nella nostra percezione,  non nel corpo, anche se ci sono cambiamenti fisici. Con l’evolversi della nostra comprensione del mondo, la nostra percezione della realtà cambia e si allinea con l’interconnessione del mondo che ci circonda.

Dato  che la natura è interamente integrata e tutte le sue parti sono inestricabilmente intrecciate, la società umana diventa anch’essa sempre più interconnessa e interdipendente.  Di conseguenza, gli insediamenti si sono trasformati, nei secoli, da clan nomadi a comunità sedentarie, a città, stati e imperi.

Con la crescita in dimensioni degli insediamenti, siamo diventati sempre più interdipendenti economicamente, nell’approvvigionamento delle nostre forniture alimentari, nell’istruzione e in ogni aspetto della nostra vita. Ora, il mondo intero è diventato connesso al punto che anche interi paesi, comprese le superpotenze come la Cina o la Russia, non possono sostenersi da soli. La globalizzazione ha reso il mondo intero un villaggio, ma i suoi abitanti sono riluttanti ad accettare i propri vicini e si scontrano costantemente gli uni con gli altri.

Lo sviluppo della società umana verso l’aumento dell’integrazione non è una coincidenza. Dato che viviamo in un universo integrale, in cui ogni cosa è interconnessa e dipendente, anche noi ci sviluppiamo in questa direzione. Questo è il motivo per cui, nonostante tutti i nostri sforzi per superare il prossimo, alla fine, siamo ancora dipendenti da tutti gli altri, nessun paese può mantenere la sua supremazia indefinitamente. Contro la nostra volontà, siamo trascinati nella cooperazione.

Ma la nostra evoluzione verso una società interdipendente mira più in alto della società stessa. Ha lo scopo di rivelarci l’interdipendenza di tutta la creazione, che tutto è armonioso e tutti i pezzi della creazione si completano a vicenda. Il risultato finale della nostra evoluzione è la completa consapevolezza dell’universo in cui esistiamo su tutti i suoi livelli: fisico, mentale e spirituale. È come nuotare  nel verso della corrente invece di cercare di nuotare controcorrente, che è quello che stiamo facendo ora. È senza speranza e doloroso.

La riva che ci aspetta a valle del corso d’acqua è serena e tranquilla. Se nuotiamo verso di essa, aumentando volontariamente la nostra cooperazione e la considerazione reciproca, raggiungeremo quella sponda accogliente in modo rapido, piacevole e facile. Se resistiamo, ci arriveremo comunque, dato che non possiamo risalire il fiume, ma ci arriveremo solo quando saremo esausti, sconfitti e tormentati.

Perché la festa di Purim oggi è più importante che mai?

Costumi, maschere, doppie identità. Dietro la gioiosa celebrazione di Purim c’è una storia profonda sul bene e sul male. Svelare il suo significato segreto può salvare il mondo di oggi, specialmente quando la realtà sembra così cupa e incerta. Così, questa festa è significativa non solo per il popolo ebraico, ma per tutta l’umanità.

La lettura tradizionale del “Rotolo di Ester” durante la festa di Purim non celebra semplicemente un evento avvenuto molto tempo fa. In realtà descrive uno stato spirituale, ancora non chiaro,  che si trova davanti a noi e che verrà scoperto non appena ci uniremo. In effetti, Megilat Ester o Il Rotolo di Ester si riferisce alla “rivelazione del nascosto”, perché in ebraico, “guilui” significa rivelazione, e “ester” da “hastara” significa occultamento.

Nel racconto di Purim, Haman avanzò la pretesa al re Assuero che gli Ebrei dovessero essere uccisi perché erano separati e quindi ritenuti inutili: “C’è un certo popolo, sparso e disperso”.

In risposta, Mardocheo fece appello al re Assuero per avere misericordia degli Ebrei tramite la regina Ester, ma ella disse che era impossibile per lei aiutarli finché fossero rimasti dispersi e non uniti. Così Mordechai andò in missione per trasmettere questo appello all’unità del popolo ebraico. Quando alla fine si riunirono e si unirono, Ester fu in grado di convincere il re Assuero ad avere pietà di loro.

Come in tutte le storie della Torah, i personaggi e l’interazione tra loro rappresentano attributi e poteri che si manifestano nei nostri pensieri, desideri, atteggiamenti e relazioni.

Mardocheo simboleggia una forza positiva che si prende cura profondamente di tutti dato che il futuro del mondo dipende dallo sviluppo delle qualità sublimi dell’amore e della dazione, e dallo sviluppo di una connessione integrale perfetta tra tutte le parti della realtà e tutti gli esseri viventi.  Al contrario, il malvagio Haman simboleggia la forza negativa, una tendenza egoistica a controllare tutti gli altri, a piegare tutti sotto di noi, a prendere tutto ciò che è possibile da loro, a sfruttarli a nostro vantaggio. 

“L’uomo è un piccolo mondo”, spiegano i nostri saggi. Significa che in ognuno di noi si trovano tutte queste forze descritte nel Rotolo di Ester, anche se non le sentiamo. Esse definiscono la direzione di sviluppo che ci salverà dalle lotte egoistiche di tornaconto personale a spese degli altri, che minacciano di far degenerare la razza umana verso l’autoestinzione.

Più ci sviluppiamo, più questi poteri si intensificano. La volontà spietata di governare e controllare affiora sempre più nelle persone e grandi forze di separazione operano per dividerci. Pertanto, il messaggio centrale della storia di Purim è che l’unità sarà la nostra salvezza e che la nostra negligenza nel superare le differenze tra di noi ci mette in pericolo, ci danneggia e può persino annientarci.

In altre parole, lo stato elevato che l’umanità è così desiderosa di raggiungere e che è così disperatamente necessario in questi giorni ora è celato. Non appena impareremo a connetterci correttamente l’uno con l’altro, al di sopra del nostro egoismo, rimuoveremo la radice di tutto il male dalle nostre vite e un mondo di tutto il bene sarà rivelato.

Buon Purim a tutti!

Il motore della storia

Nel corso di miliardi di anni l’universo si è evoluto da un minuscolo puntino ad una struttura gigantesca la cui vastità non può essere percepita da alcun essere umano. Circa 4 miliardi di anni fa, su un minuscolo pianeta nel mezzo del vasto universo, cominciò a svilupparsi la vita. Nel susseguirsi degli eoni, la vita si è evoluta dolcemente nel suo corso, generando minerali, piante e animali. Non esisteva un motivo apparente per questo processo, ma proseguì sviluppando creazioni sempre più complesse.

Solo di recente, negli ultimi 5000 anni circa, la ragione si è manifestata: l’universo si è evoluto verso la creazione dell’uomo, che esiste per evolversi e diventare come l’artefice dell’universo e dunque completare il cerchio della creazione, dall’artefice, all’uomo, all’artefice. 

Inizialmente lo scopo della creazione era conosciuto a pochi, ma essi svilupparono modi per spiegarlo alla moltitudine.  La saggezza che quei pochi appresero divenne nota come la saggezza della Kabbalah, che significa ricezione, dal momento che insegna come ricevere la conoscenza fondamentale, quella del creatore dell’universo. 

Come si è evoluta la saggezza, così si è evoluta l’umanità. Quando Abraham (Abramo) arrivò e sviluppò la sua saggezza, scrive Maimonide in Mishneh Torah, la trascrisse in libri come Il Libro della Creazione ed altri libri che non arrivarono al nostro tempo. Tuttavia, i suoi insegnamenti raggiunsero innumerevoli persone nella sua patria Babilonia, Canaan, Egitto e altrove nel Vicino Oriente.  Il suo insegnamento era semplice: sii gentile e prenditi cura del prossimo e scoprirai il segreto del creatore dell’universo o, come lo raffigurò Maimonide, “il capo della capitale”.

Mentre Abraham (Abramo) insegnava, Babilonia attraversava una profonda crisi sociale e la sua gente divenne arrogante ed estraniata l’una dall’altra. Il libro Pirkey de Rabbi Eliezer descrive lo stupore di Abramo nell’osservare i costruttori della torre di Babele: “Abramo, figlio di Terah, andò a vederli costruire la città e la torre”. 

 Provò a parlare loro dei benefici del prendersi cura dell’alienazione “ma essi detestano le sue parole”, dice il libro. Eppure, quando “desiderarono parlare la lingua dell’altro” come in precedenza, quando erano ancora uniti, “non compresero la lingua dell’altro. Cosa fecero?” domanda il libro, “presero ognuno la propria spada e combatterono fino alla morte. Infatti,” conclude il testo, “mezzo mondo morì di spada”.

Più tardi, le cronache del popolo d’Israele in Egitto raccontano la storia della lotta di Mosè per unire il popolo d’Israele, redimerlo dall’Egitto e insegnargli la saggezza di Abramo. Come Abramo, Mosè non intendeva tenere la saggezza per il solo popolo di Israele. Voleva che il mondo intero ne beneficiasse. Nel suo commentario alla Torah, il grande Ramchal scrisse, “Mosè sperava di completare la correzione del mondo a quel tempo. Per questo prese una moltitudine mista, perché pensava che questa sarebbe stata la correzione del mondo…Tuttavia, non  non ci riuscì a causa della corruzione che si manifestò durante il percorso”. 

Altri eventi storici furono punti chiave nello sviluppo della saggezza della Kabbalah. La scrittura de Il libro dello Zohar cominciò subito dopo la distruzione del Secondo Tempio, quando il popolo ebraico iniziò il suo esilio di due millenni, ed il Cristianesimo non era che una fede nascente. Una lunga storia di persecuzione e oppressione stava per cominciare e la caduta di Roma era vicina, insieme alla cultura ellenistica che pose fine alla sovranità ebraica nella terra d’Israele. 

Per oltre un millennio, Il libro dello Zohar fu celato. Verso la fine del XII secolo riapparse ed una nuova era ebbe inizio. Il Medioevo stava volgendo al termine quando un giovane kabbalista chiamato Isaac Luria, proveniente da Safed, a Nord di Israele, a metà del XVI secolo cominciò ad insegnare la Kabbalah come nessun altro fece prima. Circa nello stesso periodo, nuove idee si stavano diffondendo in tutta Europa: il Rinascimento stava prendendo piede, e la Riforma luterana stava cambiando l’autorità della Chiesa Cattolica.

Gli insegnamenti di Isaac Luria, divenuto noto come ARI, rimasero nell’ombra per secoli e solo pochissimi ne erano a conoscenza. Fu solo nel XX secolo che la saggezza della Kabbalah divenne più accessibile. Negli anni ‘40 e ‘50 un kabbalista chiamato Yehuda Ashlag spiegò nel dettaglio gli insegnamenti dell’ARI nella raccolta di sei volumi Lo studio delle dieci Sefirot, come anche Il Libro dello Zoahr nel suo commentario Sulam (Scala). Come in precedenza, gli anni in cui Ashlag, che divenne noto come Baal HaSulam, lavorò sul suo commentario furono anni cruciali per l’umanità. Ai tempi di Ashlag, tre grandi ideologie si fronteggiavano per il dominio del mondo: capitalismo, comunismo, nazismo. Il risultato di questo scontro fu la seconda guerra mondiale con tutte le sue terribili conseguenze.

Gli insegnamenti del Baal HaSulam, malgrado tutta la loro relativa chiarezza, rispetto ai suoi predecessori, non sono ancora diventati noti in lungo e in largo come lui desiderava. Come disse, la generazione non è ancora pronta per questo. 

Ora lo è. Noi siamo la prima generazione che sta iniziando ad attuare i principi che Abraham (Abramo) aveva insegnato e che Mosè desiderava diffondere nel mondo. Nella nostra generazione la saggezza della Kabbalah, la saggezza che insegna come il mondo è stato creato, come opera e come possiamo diventare come il suo creatore, viene insegnata in tutto il mondo e tutti sono i benvenuti. Chiunque può leggere i libri, guardare le lezioni, praticare il metodo con gli altri e raggiungere ciò che la saggezza consente.

Il motore della storia, che ha guidato ogni processo dalla notte dei tempi, è ora accessibile a tutti, come un programma a codice aperto,  che chiunque può avere ed apprendere. I testi sono stati tradotti in dozzine di lingue, le lezioni sono accessibili gratuitamente online, e le persone curiose di tutto il mondo si stanno avvicinando ai principi di Abramo: sii gentile e prenditi cura del prossimo, e scoprirai il segreto dell’artefice dell’universo, o come lo definì Maimonide, “Il capo della capitale”.