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Perché nella Torah ci sono 613 comandamenti e nello Zohar solo 14?

È perché lo Zohar ha un sistema di classificazione completamente diverso, poiché ognuno dei quattordici comandamenti chiave è suddiviso in altri.

Potrebbe sembrare una quantità schiacciante di istruzioni con cui lavorare, ma in realtà sono piuttosto semplici. Tutti i comandamenti si basano sul modo in cui possiamo rispettare le leggi della natura e influenzare positivamente la natura, la società e noi stessi.

I comandamenti non sono stati inventati dagli uomini. Sono stati scritti dai kabbalisti, dai loro conseguimenti delle leggi e delle forze intrinseche della natura. Se noi desideriamo aderire a queste leggi, dobbiamo comportarci in determinate maniere. 

Le leggi della natura sono quelle della dazione. Le nostre qualità sono all’opposto: ricezione. I comandamenti sono le istruzioni della natura su come possiamo affrontare i desideri che emergono a livello inanimato, vegetativo e animato in equilibrio con le leggi della natura.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.   

Rabbi Shimon bar Yochai esce dalla grotta, dando inizio alla nostra era

Oggi viviamo in tempi in cui più progrediamo senza coltivare relazioni unificanti tra di noi e più un disgustoso fetore di divisione e di odio oscura le nostre vite. Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di nutrire un amore genuino al di sopra delle nostre pulsioni divisive, il tipo di amore che la Torah raffigura e che Rabbi Shimon bar Yochai ha descritto nella grotta con i suoi nove amici. 

Per tredici anni, Rabbi Shimon e suo figlio Rabbi Elazar vissero in una grotta a Peki’in. Successivamente altri otto discepoli saggi si unirono a loro e insieme, scrissero Il Libro dello Zohar, un commentario che comprende la Torah, i Profeti e le Scritture.

Dopo aver approfondito le intricate interpretazioni dello Zohar da parte di quei dieci saggi, possiamo riconoscere l’alto livello di codificazione della Torah. La semplicistica narrazione storica  con numerose trame e personaggi umani, sia buoni che cattivi, non è affatto l’unico modo per comprenderla.

Nell’introduzione de Il libro dello Zohar, scritto mentre Rabbi Shimon e Rabbi Elazar erano isolati nella caverna, c’é un articolo distinto chiamato “L’uscita di Rabbi Shimon dalla grotta”. Questo pezzo illustra magnificamente come la storia fisica si intrecci con gli insegnamenti spirituali.

Storicamente ambientata circa duemila anni fa durante il dominio romano in Israele, la storia narra che Rabbi Shimon e suo figlio Elazar sfuggono ai Romani, cercando rifugio in una grotta della Galilea. Nonostante il crollo della grotta a causa di un antico terremoto, la storia rimane intatta nel tempo: 

“Rabbi Pinhas stava regolarmente davanti a Rabbi Rehumai, presso la riva del Mar di Galilea. Rabbi Rehumai era un grande uomo, anziano e i suoi occhi erano deboli. Egli disse a Rabbi Pinhas: “Ho sentito che Yochai, il nostro amico, ha una gemma, una pietra preziosa, un figlio. Ho guardato nella luce di quella gemma ed é come l’illuminazione del sole, dal suo fodero, che illumina  il mondo intero.”   Zohar per tutti, “L’uscita di Rabbi Shimon dalla caverna”. 

Questa storia particolare ritrae il  saggio cabalista Rabbi Shimon, figlio di bar Yochai, un giovane ragazzo che si rivela essere una meraviglia luminosa e un vero discepolo della Torah. A un livello più profondo mostra che la rivelazione dell’essenza interiore del Libro dello Zohar richiede una connessione tra generazioni, tra “padri” e “figli”.

Più avanti, l’articolo descrive il tentativo di Rabbi Pinhas di contattare Rabbi Shimon, scomparso, ricorrendo a elementi della natura per la comunicazione. Lo raggiunge non tramite il cinguettio degli uccelli ma tramite mezzi spirituali, connettendosi con Rabbi Shimon attraverso un grado noto come “Chai” (ebraico “animato”), prevedendo la sua uscita dalla grotta e la sistemazione de Il Libro dello Zohar che annuncia l’era del Messia.

Quando i dieci amici finirono di comporre il Libro dello Zohar e uscirono dalla grotta, rabbi Shimon ne ordinò la  sepoltura fino al sorgere della generazione in grado di porre fine all’oscurità spirituale, alla distruzione e all’esilio, iniziati e continuati fin dai suoi giorni. In questa generazione attesa, le persone sarebbero state in grado di sviluppare la consapevolezza del male della natura umana egoistica, che divide le persone l’una dall’altra e dalla forza originaria della natura che i saggi dello Zohar avevano rivelato. Queste persone sarebbero andate avanti a cercare una forma superiore di unità tra di loro e con le forze della natura: l’amore, la dazione e la connessione, come lo Zohar aveva anticipato.

Ora che Lo Zohar è stato rivelato su larga scala, il cabalista Yehuda Ashlag (Baal HaSulam) ha creato un commentario chiamato “Sulam” (“Scala”). Questo commentario Sulam dello Zohar è cruciale per ascendere al nobile tesoro che rivela. La sua scoperta e composizione indicano l’era del Messia, cioè l’era in cui la forza superiore dell’amore e della dazione emerge per “tirare” (“Messia” dalla parola ebraica per “tirare” [“Moshech”]) noi fuori dalle nostre relazioni egoistiche e divisive in un’ascesa rigogliosa verso l’amore assoluto, come è descritto nella Torah e nello Zohar:

“C’è amore, fratellanza e verità nella Torah. Abramo amava Isacco; Isacco amava Abramo; e si  abbracciavano. Erano entrambi stretti a Giacobbe da amore e fratellanza e donavano il loro spirito l’uno nell’altro. Gli amici dovrebbero essere come loro e non macchiarli, perché se manca l’amore in loro, macchieranno il loro valore superiore, cioè Abramo, Isacco e Giacobbe.”  Zohar per tutti, Ki Tissa [quando prendete], articolo 54.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

Come possiamo applicare la storia di Caino e Abele oggi?

Caino che uccide suo fratello Abele, si riferisce a quando assecondiamo il nostro egoismo, cioè il nostro desiderio di trarre piacere a spese degli altri, cercando di soddisfare le sue richieste.

Caino e Abele descrivono due direzioni e forze interiori nel nostro sviluppo. Abele è un percorso relativamente positivo, mentre Caino è un percorso più duro, caratterizzato dalla convinzione di poter ottenere ciò che si vuole con la forza. Nel nostro sviluppo, queste due direzioni entrano in conflitto dentro di noi.

Il prevalere di Caino su Abele descrive la discesa dell’anima, cioè il superamento della natura egoistica della creazione sulla natura altruistica originaria.

Questo percorso di discesa è proseguito per tutto lo sviluppo dell’umanità fino ai giorni nostri. Possiamo vedere le conseguenze intorno a noi di come il desiderio di ottenere benefici a scapito degli altri si faccia strada nel mondo.

È scritto che Caino uccise suo fratello per invidia, ma direi che sia Caino che Abele erano invidiosi l’uno dell’altro. La differenza sta nel modo in cui ciascuno ha messo in atto l’invidia: Caino ha usato la forza, mentre Abele è stato diplomatico e pacifico. L’invidia, dunque, nasce dalla collisione di queste due forze della natura.

Prima che Caino uccidesse Abele, Dio disse a Caino: “Perché sei così irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Dopotutto, se fai il bene, sarai perdonato, e se non fai il bene, il peccato sta all’entrata, ed è attratto da te. Tu regni su di esso.”

C’è una direttiva che dice che è possibile dominare il proprio peccato, cioè gli impulsi egoistici e divisivi, il Caino che è in noi stessi, ma ovviamente non funziona. È la voce della nostra coscienza interiore, la nostra forza interiore che, in linea di principio, ci dice che il peccato che stiamo per commettere è un’azione scorretta. Tuttavia, come possiamo vedere, tale coscienza è ancora oggi insufficiente per superare le nostre pulsioni egoistiche.

Il motivo per cui il male prevale come nella storia di Caino e Abele è che ci convinciamo che l’unica strada corretta è aumentare l’amore reciproco. Tuttavia, si tratta di un percorso molto difficile. La sofferenza ci mostra in continuazione che abbiamo scelto la strada sbagliata e che è stata la nostra natura egocentrica a condurci su questa strada.

L’amore, tuttavia, è il nostro fondamento ultimo e alla fine trionferà. Stiamo raggiungendo un punto del nostro sviluppo in cui scopriamo che più seguiamo i nostri impulsi egoistici, più siamo portati a vivere nella disperazione e nel vuoto. In altre parole, scopriamo che il percorso che abbiamo seguito per migliaia di anni è sbagliato. A questo punto, dobbiamo sottoporci a un serio esame di coscienza per capire come superare i nostri impulsi egoistici e seguire un percorso che porti all’amore assoluto e alla dazione, la natura superiore al di là della nostra.

Dobbiamo correggere il peccato che Caino ha commesso e raggiungere una versione corretta del rapporto che Caino e Abele avrebbero dovuto avere se gli impulsi egoistici non avessero avuto la meglio: una comprensione di come trattarsi l’un l’altro, con una ripartizione equilibrata e armoniosa di tutto ciò che riceviamo dalla natura.

Mentre Caino non riuscì a dominare l’inclinazione peccaminosa che aveva dentro di sé come Dio gli aveva indicato, noi oggi, con l’esperienza aggiuntiva di vedere come la qualità malvagia abbia portato scompiglio nelle nostre vite nel corso di migliaia di anni, abbiamo bisogno di chiedere aiuto alla forza stessa che ci ha creato: per darci la capacità di superare questa qualità egoistica che è in noi e che ci fa sfruttare, manipolare e abusare gli uni degli altri.

Dobbiamo voler dominare noi stessi, il nostro peccato originale, ma per farlo abbiamo bisogno dell’aiuto della forza superiore. Senza il suo aiuto, siamo in balìa dei meccanismi della nostra natura egoistica e siamo destinati al fallimento. Questo è stato l’errore di Caino e continua ad essere l’errore dell’umanità: giustificare continuamente se stessi nel fare del male agli altri.

Che cosa dobbiamo fare, dunque, per trovare ed estirpare il Caino assassino, l’invidioso, che è in noi? Dobbiamo raggiungere uno stato chiamato “riconoscimento del male”, sentendo tutta la portata del nostro egoismo come una qualità negativa che non reca nulla di buono alla nostra vita, ma solo danni. Più ci evolviamo e ci troviamo a soffrire nella vita, più ci avviciniamo a questo stato.

Per il momento ci sfugge. Per risvegliare davvero questo riconoscimento del male, abbiamo bisogno della stessa forza che ci ha creati per rivelarcelo.

Come possiamo attrarre questa forza? Cercando di emulare il suo vettore di amore, cura e dazione nelle nostre relazioni e chiedendo il suo aiuto.

Quando vedremo il nostro egoismo come una qualità malvagia e desidereremo elevarci al di sopra di esso, allora arriveremo a percepire l’umanità non come un branco di estranei, come facciamo ora, ma come persone a cui teniamo molto, come se ognuno fosse un membro della nostra famiglia.

Quello stato è chiamato “la rivelazione del Bore ai suoi esseri creati in questo mondo”, cioè la forza superiore che ci ha creato mostra quanto siamo interconnessi e interdipendenti, al punto che gli estranei diventano più importanti per noi di noi stessi. In tale stato, sperimenteremo un’armonia e una beatitudine mai provate prima.

Se desideriamo raggiungere questo stato di pace al più presto, cioè alleviando la necessità di soffrire sempre di più, allora dovremmo chiedere alla forza superiore di concederci la capacità di elevarci al di sopra del nostro egoismo. Attraverso un’autentica preghiera di aiuto per diventare amorevoli e premurosi come la forza dell’amore stessa, attireremo la sua influenza positiva nella nostra vita, inizieremo ad acquisire la capacità di elevarci al di sopra della nostra natura e scopriremo la natura originale che ci ha creato in tutta la sua perfezione ed eternità.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.   

Perché il Bore distrusse la Torre di Babele?

I Babilonesi volevano stare insieme, costruire e vivere come un’unica comunità, con rispetto e amore reciproco. Come è scritto nella storia della Torre di Babele: “Indi dissero: Or via, edifichiamo una città, ed una torre, di cui la cima giunga al cielo, e ci faremo un nome [oppure: un monumento]; affinché non avvenga che ci spargiamo sulla faccia di tutta la terra.” (Genesi 11:4).

Il Bore, però, ha voluto che il loro legame avvenisse secondo le sue condizioni e non secondo le loro. Per questo motivo ha mescolato le lingue, portando i Babilonesi a litigare, il che ha provocato la distruzione della torre.

In senso spirituale, la Torre di Babele è un’elevazione egoistica della vita corporea, in cui desideriamo vivere secondo il principio “ama il tuo prossimo”, ma sulla base dell’egoismo. Questo è l’errore principale, l’idea di non aver bisogno dell’aiuto del Bore per la costruzione reciproca di una società ben connessa, che le persone pensano di poter raggiungere e sostenere l’unità da sole. In linea di principio, la costruzione della Torre di Babele era sostanzialmente al centro del comunismo e delle varie rivoluzioni, l’idea di “pace alle capanne, guerra ai palazzi”, che la popolazione avrebbe gestito da sola.

La costruzione della Torre di Babele è uno stato di massima costruzione egoistica possibile, al di là anche degli obiettivi più ambiziosi di una persona nella vita materiale volti a raggiungere le vette della ricchezza, dell’onore o del potere, perché mira a un obiettivo che desideriamo rimanga con noi per sempre, mentre è chiaro a una persona che gli altri obiettivi sono transitori e destinati a perire in questa vita corporea.

Proprio l’idea di costruire una torre “fino ai cieli” è il problema chiave, cioè il pensiero che possiamo costruire la nostra connessione senza entrare in contatto con il Bore. Che cosa non piace al Bore in una simile impostazione?

“Il Signore disse: Ecco, essi formano un popol solo, ed hanno tutti un solo linguaggio, e questo è quanto incominciarono a fare. Ora non sarà loro difficile d’eseguire quanto penseranno di fare. Or via discendiamo, e confondiamo ivi la loro favella, in guisa che non intendano l’uno il linguaggio dell’altro. Il Signore li disperse di là sulla faccia di tutta la terra, e quindi cessarono di edificare la città.” (Genesi 11: 6-8)

Il Bore non permette ai Babilonesi di raggiungere un risultato comune egoistico. Per unirci veramente e godere della nostra connessione, dobbiamo inserire il Bore nel quadro, in modo da aggregarci per compiere la Sua volontà, non la nostra. Pertanto, per costruire una torre che non crolli, dobbiamo creare legami reciproci di amore e dazione, ma questi legami devono essere per il bene del Bore.

Cosa significa “per il Bore”? “Per il Bore” non significa per amore di una specie di Dio “lassù da qualche parte”, così in alto da essere invisibile. “Per il Bore” significa piuttosto un legame tra noi  che eleviamo al di sopra di noi stessi, cioè “ama il tuo prossimo come te stesso”, considerando che al di sopra di tale connessione innalziamo l’ideale del Bore che ha creato questo stato perfettamente connesso al di sopra del nostro egoismo. Se costruiamo una torre non per noi stessi, ma per il bene dell’altro, a favore degli altri per il bene del Bore, allora tale torre durerà per sempre.

Perché, allora, se l’umanità ha vissuto l’esperienza di una costruzione egoistica fallita, abbiamo continuamente cercato di costruire nuove e diverse torri egoistiche nel corso della storia? Perché l’umanità ne ha avuto bisogno. Che si tratti di torri, piramidi o mausolei, abbiamo costruito queste strutture per la nostra necessità egoistica interiore di creare un luogo per il nostro egoismo e stiamo ancora costruendo queste torri.

Smetteremo di costruire queste strutture quando riveleremo il Bore nelle nostre connessioni. La rivelazione del Bore coprirà completamente i nostri sogni, i nostri piani e il nostro futuro. In altre parole, quando riveleremo il Bore, capiremo che i nostri sforzi per costruire torri egoistiche sono stati tutti vani.

Con tutte le guerre, le sofferenze e gli spargimenti di sangue in nome delle miriadi di torri egoistiche che abbiamo cercato di costruire nel corso della storia, potrebbe sembrare che il Bore sia molto crudele per non essersi rivelato prima, ma questa è una visione errata. Dobbiamo capire che il Bore si rivela a condizioni specifiche, che dobbiamo far coincidere la Sua forma di amore e dazione totale nei nostri legami con la Sua forma di amore e dazione. Non ci siamo mai organizzati in questo modo. Tuttavia, se riusciremo ad assimilare le qualità d’amore, di dazione e di connessione del Bore, cioè se saremo come Lui, allora otterremo la Sua rivelazione.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.    

Qual è il comandamento più importante e perché?

È difficile classificare i comandamenti in più o meno importanti, ma Rabbi Akiva ha spiegato che “Ama il tuo prossimo come te stesso” è il più importante di tutti i comandamenti.

Questo poiché “Ama il prossimo come te stesso” comprende tutte le correzioni che dobbiamo subire per cambiare la nostra innata natura egoistica  nella natura superiore dell’amore e della dazione. Questa trasformazione avviene lavorando per relazionarci con gli altri come ci relazioniamo con noi stessi. 

Questa trasformazione da egoista ad altruista ci porta all’adesione con il Creatore, la qualità dell’amore, della dazione e della connessione, che è anche la scoperta dello scopo della creazione, a cui la Torah doveva condurci.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.    

Lo scopo della creazione

Lo scopo della creazione è di elevare una persona interiormente dal livello animale di esistenza, detto “il livello della bestia” al livello dell’essere umano, un livello di similitudine con il Bore, la forza superiore dell’amore e della dazione. (In Ebraico, la parola “umano” (Adam”) significa “simile” (Domeh), da (simile al più elevato).

Quindi, all’inizio di qualsiasi nostro operato quotidiano, dobbiamo elevarci dal livello animale, in cui ci preoccupiamo soltanto dei nostri stessi desideri e di quelli della nostra famiglia, al livello del Bore, che si preoccupa del beneficio dell’umanità, vedendo tutti e tutto come un’unica parte integrale. Questo è il desiderio più grande che esiste in natura. 

A questo riguardo, il Kabbalista Yehuda Ashlag (Baal HaSulam) ci scrive (nel suo articolo “L’amore per il Creatore e l’amore per gli esseri creati”) di due parti nella Torah: tra uomo e Bore, e tra uomo e uomo, che sono la stessa cosa. Ovvero, per poterci elevare interiormente al livello del Bore, dobbiamo avere la  preoccupazione di elevarci nell’amore per il nostro prossimo. 

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.   

Che Cos’è la Storia Umana?

La storia umana può essere vista in due modi: come un percorso di sviluppo terreno o come un’evoluzione guidata dai nostri desideri in espansione. La vediamo davanti a noi, visualizzata su una sorta di schermo sferico tridimensionale noto come “questo mondo”. Dentro di noi e intorno a noi, si svolge come un film dal vivo a cui partecipiamo attivamente.

Eppure, risiede dentro di noi. 

Tutto il nostro mondo è proiettato attraverso la lente dei nostri desideri. Lo osserviamo solo da un punto di vista esterno, non all’interno di noi stessi. La distinzione tra esterno e interno diventa irrilevante: tutto è un’estensione di se stessi.

Tuttavia, dobbiamo mettere da parte la fallacia della nostra percezione, perché istintivamente dividiamo l’universo in ciò che è dentro e fuori di noi. Questo è il risultato del nostro egoismo, del nostro desiderio intrinseco di autogratificazione a spese degli altri e della natura. Questa percezione ha plasmato la nostra visione del mondo fino ad oggi. Quando ci eleveremo al di sopra del nostro ego, ci renderemo conto che condividiamo un “sé” comune con tutti e sperimenteremo tutto dentro di noi, non fuori di noi.

I nostri desideri egoistici si sono evoluti dal Big Bang attraverso i livelli inanimati, vegetativi e animati della natura.

Il livello umano della natura è emerso intorno al 50.000 a.C. e da allora fino al 5.000 a.C. è fiorita una società comunitaria primitiva, caratterizzata da uguaglianza e condivisione dei beni.

Inizialmente i desideri operavano a livello inanimato, ma nel V secolo d.C. si sviluppò la ricerca della ricchezza. L’epoca successiva vide un rapido sviluppo umano, segnato dall’avvento di tecnologie pionieristiche.

Dal V secolo a.C. fino alla fine del Medioevo, nel XV secolo d.C., c’è stata un’incessante ricerca del potere. Contemporaneamente, il Rinascimento, le notevoli scoperte, l’invenzione della stampa e altre pietre miliari hanno inaugurato un’epoca di progresso scientifico e di illuminismo, che si è protratta fino alla fine del XX secolo.

Nel XXI secolo ci troviamo in un’epoca completamente nuova, in cui emerge in noi un nuovo desiderio che vuole superare i limiti della natura e puntare a un livello superiore di esistenza in cui ci armonizziamo con le leggi della natura.

Naturalmente, non possiamo identificare l’obiettivo di questo nuovo desiderio in modo così chiaro come appena detto quando appare per la prima volta, e durante questa transizione verso un livello di sviluppo superiore, ci troviamo completamente ignoranti riguardo alle richieste del nostro attuale processo evolutivo.

Esistono diverse teorie e opinioni su come e perché dovremmo condurre la nostra vita, ma nessuna offre una soddisfazione completa per tutti. Tuttavia, osservando come la natura ci costringa ad aumentare costantemente la nostra interconnessione superficiale, tecnologica ed economica in tutto il mondo, possiamo dedurre che la natura ci chiede di raggiungere un nuovo livello di unità, interdipendenza e interconnessione nei nostri legami reciproci. Questo concetto è in linea con il principio biblico di “amare il prossimo come se stessi”.

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Cosa significa imparare la Torah?

“Quando una persona impara la Torah, deve pensare che la Torah e le Mitzvot che sta seguendo lo aiuteranno a uscire dal controllo del male”. Kabbalista Baruch Ashlag (Rabash), “Che cos’è ‘La terra ebbe timore e restò immobile’ nel Lavoro”.

L’apprendimento della Torah richiede l’applicazione dell’intenzione di cambiare la nostra natura egoistica, che ci fa desiderare di godere di noi stessi a spese degli altri, nel suo opposto.

L’intenzione di trasformarci in altruisti che si connettono positivamente agli altri significa che usiamo quella che viene chiamata “la luce”, la luce superiore, l’energia superiore, la luce della Torah o la Torah stessa, per correggerci, cioè per trasformarci da egoisti in altruisti.

Imparare la Torah significa quindi sentire costantemente ciò che ci accade a livello di desideri, pensieri e azioni. È imparare non con la mente, ma con il cuore.

Imparando la Torah, svolgiamo un lavoro interiore sul cammino verso la meta della vita e usiamo la Torah come forza che ci corregge, cioè che inverte la nostra natura da egoista ad altruista. Grazie a questa forza, possiamo identificare il male che è in noi, la nostra natura egoistica, fino a farlo scomparire.

Dopo questa diagnosi, la Torah trasforma il male in noi in bontà e noi assomigliamo al Bore, la forza buona e assoluta dell’amore, della dazione e della connessione. Scopriamo allora quello che viene chiamato “il mondo intero è pieno della Sua gloria”. In altre parole, riveliamo che il Bore, la forza dell’amore, della dazione e della connessione, esiste in tutti e in tutto.

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Cosa fa il profeta Elia?

Elia annuncia l’arrivo del Messia.

Che cos’è  il Messia? Il Messia è una forza che ci fa uscire dai nostri desideri egoistici. In ebraico, la parola “Messia” (“Moshiach“) deriva dalla stessa radice linguistica della parola “tirare” (“Moshech“).

Questa forza ci tira fuori dai nostri problemi e ci porta al grado di amore e di dazione, ossia,  a un desiderio di connessione armoniosa tra di noi e con la forza superiore della natura. Questo è il messaggio di Elia.

L’amore è tutto ciò di cui abbiamo bisogno, per relazionarci con gli altri come con noi stessi, e anche più di quanto ci relazioniamo con noi stessi.

In una sezione dell’Haggadah di Pasqua si dice che noi apriamo  la porta a Elia e uno dei miei studenti mi ha chiesto  in merito a questo: perché ogni anno aspettiamo Elia e lui non viene? Perché non abbiamo mai aspettato il vero Elia. Desideriamo forse amare gli altri come amiamo noi stessi? No. Quindi significa che non aspettiamo Elia.

Chi aspettiamo? Aspettiamo che Elia ci porti un sacchetto di monete d’oro, una nuova auto, un nuovo appartamento, un jet privato, ognuno secondo i propri desideri. Questo è ciò che generalmente ci immaginiamo come la venuta di Elia: che venga per trarne profitto secondo i nostri desideri egoistici.

Elia è la forza superiore che ci connette secondo i nostri desideri di connessione positiva, e che può connettersi fino a raggiungere uno stato di amore reciproco, fino a sentirci come parti di un unico corpo, un unico desiderio, e che l’amore e la dazione della forza superiore dimorano nelle nostre connessioni. Questa è la vera rivelazione di Elia. Nella saggezza della Kabbalah, questo stato è chiamato “la fine della correzione”.

Dovremmo quindi concentrarci sulla forza d’amore e di dazione che può venire a dimorare nelle nostre connessioni, cioè la forza di Elia. Così facendo, sentiremo che ci connettiamo armoniosamente con il mondo intero, che tutti ci abbracciano e che questo è ciò che ci porta al vero esodo dall’Egitto: l’uscita dai nostri desideri egoistici in uno stato armonioso e pacifico di amore, dazione e connessione.

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Qual è la storia e la lezione di Caino e Abele?

Caino e Abele sono due forze interiori.

Una è la nostra natura egoistica, la qualità di ricevere piacere solo per se stessi. L’altra è la natura del Bore, una qualità che dona piacere, che discende in noi e che sviluppiamo a partire dalla sua manifestazione iniziale, chiamata “il punto del cuore”.

La storia di Caino e Abele parla della conquista, dell’uccisione e della competizione reciproca, cioè di ciò che ci impegna nella vita fino a quando non prendiamo in mano le redini e iniziamo ad avanzare verso lo scopo della creazione, l’adesione con il Bore, di nostra iniziativa: limitando la forza egoistica, rendendone l’uso costruttivo e superandola con la forza di dazione in noi.

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