Pubblicato nella 'Lavoro interiore' Categoria

È sbagliato voler essere ricchi?

Molte persone pensano al denaro in modo dispregiativo, ad esempio come la radice di tutti i mali.

Altri pensano al denaro semplicemente come a un mezzo: lavoriamo, guadagniamo e poi possiamo pagare ciò di cui abbiamo bisogno e che vogliamo. Il secondo punto sembra abbastanza chiaro e logico: guadagnando, non siamo un peso per la società, non chiediamo la carità e possiamo quindi goderci la nostra vita.

In ebraico, la parola che indica il denaro è “Kesef“, che deriva dalla parola “copertura” (“Kisui“), cioè il denaro ci permette di coprire i nostri bisogni con il nostro lavoro. In altre parole, ci impegniamo con la nostra mente e i nostri sentimenti e questo lavoro copre i nostri bisogni.

Il denaro non è un male e non deve essere considerato in modo dispregiativo. Non c’è alcun problema con il denaro in sé e per sé. Al contrario, possiamo esserne orgogliosi.

Il problema è quando inseguiamo il denaro non come mezzo, ma come fine, quando ne facciamo un idolo, un Dio, inchinandoci davanti ad esso e volendo solo guadagnare sempre di più.

Quando perseguiamo il denaro in questo modo, vedendolo come una fonte illimitata di appagamento verso cui ci sforziamo costantemente di tendere sempre di più, raggiungiamo uno stato in cui non ci è più utile.

Da un lato, la natura ha alcune leggi che mirano a connetterci armoniosamente, sviluppandoci in uno stato in cui ognuno di noi darà la priorità al beneficio degli altri rispetto al proprio tornaconto. D’altra parte, quando ci concentriamo sull’eccessiva ricerca del denaro, agiamo in modo contrario alla direzione in cui la natura vuole che ci sviluppiamo.

Facciamo quindi del denaro un Dio. Lo idolatriamo e, così facendo, ci limitiamo molto. Sembra che il denaro ci compri la libertà, perché così possiamo viaggiare dove vogliamo, mangiare quello che vogliamo in qualsiasi ristorante, avere l’auto e la casa che vogliamo, e così via, ma così facendo non ci rendiamo conto di come in realtà derubiamo noi stessi.

Come facciamo a derubare noi stessi quando ci concentriamo solo sul guadagnare sempre di più?

Rendendo i soldi un Dio, e non noi stessi.  Al contrario, dobbiamo fare di noi stessi un Dio, e non il denaro.

Questo significa che dobbiamo  iniziare a sviluppare qualità interamente divine, ovvero qualità dell’amore, dazione e connessione. Ci relazioneremo quindi con il mondo come se fosse nostro e gestiremo il suo sviluppo in una direzione positiva, come se ognuno di noi contenesse l’umanità dentro di sé, che tutti sono nel nostro regno e ognuno di noi è il suo re.  

Arriveremo quindi a vedere gli altri come il nostro popolo, i cittadini del nostro regno, e questo ci darà la possibilità di portarli al miglior stato possibile semplicemente attraverso il nostro atteggiamento positivo nei loro confronti, cercando di rendere la loro vita la migliore possibile.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Cosa significa essere veramente buoni?

Siamo buoni quando ci identifichiamo con il sistema interconnesso e interdipendente della natura e ci comportiamo con gentilezza verso il sistema a tutti i suoi livelli: inanimato, vegetale, animato e soprattutto verso i nostri simili.

Così facendo, assomigliamo sempre più alla forza d’amore, di dazione e di connessione della natura e arriviamo a sperimentare un’esistenza armoniosa e pacifica, in equilibrio con la natura.

Immaginate se il nostro corpo iniziasse improvvisamente a funzionare in modo tale che i suoi sistemi facessero ciascuno ciò che vuole, senza considerare il loro servizio all’intero organismo.

Moriremmo in un istante.

Allo stesso modo, dobbiamo vederci come parti di un sistema integrale e rivedere il nostro comportamento con la consapevolezza della nostra interdipendenza in questo sistema. Vedremmo allora la nostra attuale partecipazione a questo sistema come egoistica, in cui ognuno di noi cerca di trarre beneficio a spese del sistema stesso, e che la nostra stretta interdipendenza unita al nostro tronfio egoismo causa l’aumento dei dispiaceri nella nostra vita.

Una tale analisi dovrebbe portarci alla conclusione che, per diventare buoni, dobbiamo acquisire un nuovo approccio che miri a portare beneficio agli altri e alla natura. A quel punto ci comporteremo in modo solidale, premuroso e benefico nei confronti dell’umanità e della natura e godremo di una nuova esperienza di totale armonia e pace nella nostra vita.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Come posso smettere di essere infastidito dalle persone?

Quando vediamo negli altri cose che ci infastidiscono, allora abbiamo del lavoro da compiere.

In che cosa consiste questo lavoro?

I difetti che vediamo negli altri, dovremmo cercare di vederli in noi stessi. Ossia, i difetti che vediamo negli altri sono in realtà i nostri stessi difetti.

Come funziona?

È perché nel nostro intimo siamo un desiderio di ottenere piacere solo per se stessi, e desideriamo trarre vantaggio dagli altri. Quando si scopre che qualcosa di un’altra persona non ci fa provare diletto, allora sviluppiamo un certo disgusto verso quel comportamento. Quindi, il difetto è nel nostro apparato percettivo, che desidera usare gli altri principalmente per il proprio beneficio personale.

Dovremmo quindi cercare di capire che ciò che non ci piace negli altri sono in realtà i nostri stessi difetti, e se ci correggessimo, cioè se cambiassimo il nostro modo di rapportarci agli altri da un atteggiamento egoistico, in cui cerchiamo di usarli per il nostro piacere personale, a un atteggiamento altruistico, in cui cerchiamo di portare loro piacere e beneficio, allora non vedremmo alcun difetto in loro.

Si tratta di un lavoro psicologico che è anche molto realistico e pratico. In parole povere, se vediamo qualcosa di negativo negli altri, è perché noi siamo negativi e, se ci correggessimo, non vedremmo alcun difetto in loro.

Che cosa significa essere corretti?

Essere corretti significa percepire tutti i difetti all’interno di noi stessi e che non vediamo il mondo ma la nostra proiezione, la proiezione dei nostri desideri di piacere sullo sfondo di una luce bianca, la forza d’amore e di dazione della natura. Siamo circondati da un oceano d’amore e se vediamo qualcosa di diverso dall’amore è perché stiamo proiettando qualità che sono il suo opposto.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Cosa possiamo fare per alleviare la nostra ansia per il futuro?

Capire che si tratta soltanto di ansia e non di realtà.

Dovremmo guardare a ciò che siamo in grado di fare oggi, comprendendo che le ansie per il futuro riguardano ciò che potrebbe accadere in seguito,  di conseguenza dovremmo calmarci.

Temere il futuro non ci dà assolutamente nulla. Non sappiamo comunque cosa accadrà domani, quindi perché dovremmo angosciarci con preoccupazioni e timori vari?

 

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Come comunica Dio con te?

Le riflessioni sul significato e sullo scopo della nostra vita sono il modo in cui il Bore ci invita a dialogare.

Sono come dei corrieri che bussano alla porta per avvisarci di una consegna speciale. 

Dobbiamo solo aprire le nostre porte, accettare i pacchetti, scartarli e riconoscere dal loro contenuto il mittente e il modo in cui dobbiamo rispondere.

Molti di noi sentono bussare, ma aspettiamo, rimanendo seduti sui nostri divani, guardando la televisione, controllando i nostri telefoni e urlando ai corrieri di lasciare i pacchi vicino alla porta, così li andremo a prendere più tardi.

Un simile atteggiamento annulla il risveglio, chissà quando sentiremo di nuovo bussare alle porte del nostro cuore?

Quando riceviamo inviti di questo tipo, dobbiamo immediatamente accettarli. Dovremmo fare tutto il possibile per aprire i pacchi, trovare l’indirizzo del Mittente, capire quale tipo di consegna speciale Gli farebbe più piacere e come potremmo inviarGliela in cambio.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Qual è il più grande rimpianto che gli uomini provano sul letto di morte?

Un rimpianto molto comune che gli individui  hanno prima della morte è in relazione a ciò che non hanno fatto nella loro vita, per esempio, il rammarico di aver lavorato troppo e di non aver dedicato abbastanza tempo alla loro famiglia e agli amici.

Tali momenti, comunque, possono anche risvegliare sentimenti di gratitudine per il coniuge, i figli e gli amici che li circondano nei loro ultimi giorni.

In effetti, perché le persone pensano a ciò che è più importante nella vita nei momenti finali della loro esistenza?

È perché stanno facendo il loro bilancio  finale della vita e si rendono conto della propria impossibilità di fare ancora qualcosa di buono, così se ne rammaricano.  Allora pensano che dovrebbero semplicemente perdonare tutti e chiedere perdono a tutti, e concludono chiedendo perdono al Bore a causa della loro incapacità di connettersi correttamente con Lui.

Sebbene molte persone si risveglino con questi pensieri nei momenti finali della loro esistenza, dovremmo esercitarli per tutta la vita, non appena acquisiamo una certa consapevolezza di noi stessi. La conclusione di questa linea di indagine dovrebbe suscitare in noi la domanda: “Troviamo benevolenza nella forza superiore?”.

E come possiamo sapere se troviamo o meno il favore della forza superiore?

Non lo si può sapere. Ma chiedendocelo di continuo, ci correggiamo un po’ alla volta.

Inoltre, dovremmo essere grati il più possibile al Bore per tutto ciò che abbiamo vissuto. La gratitudine è importante perché non sappiamo veramente cosa sia buono o cattivo,  quindi dobbiamo benedire il male e il bene cercando di essere buoni.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Perché alcune persone trovano eccitanti, anziché spaventose, attività come il bungee jumping o il paracadutismo?

Che si tratti di bungee jumping, paracadutismo, altri sport estremi, corse nei parchi a tema e persino film di paura, in questi casi vogliamo sentire il limite e come lo superiamo: che raggiungiamo uno stato al di là delle nostre capacità.

Poi ci godiamo questo stato. È piacevole esercitare un certo livello di controllo sulla paura.

Il piacere di avere il controllo sulla paura diventa allora più forte dell’istinto della paura che affiora.

Quando la paura ci domina, sembra che penetri in ogni cellula del nostro corpo, fino al midollo delle ossa. Ecco perché il piacere che proviamo quando sentiamo un certo livello di controllo sulla paura è molto potente.

Tuttavia, se sentissimo che la nostra vita ha uno scopo eterno più elevato e ci mettessimo in cammino per raggiungerlo, non sentiremmo alcun bisogno di questo tipo di piaceri transitori, per quanto forti essi siano.

In questo modo non avremmo paura di nulla, perché vedremmo che siamo controllati dalla forza superiore, che vuole solo svilupparci per beneficiarci con la sua eterna e perfetta qualità di amore, donazione e connessione.

 

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Che cosa significa “avere successo” nella vita?

Avere successo nella vita significa raggiungere uno stato in cui desideriamo di fare del bene agli altri. 

Possiamo sentirci veramente bene quando diamo e doniamo agli altri.

Perché?

Perché, donando agli altri e desiderando donare loro il bene, diventiamo come la forza altruistica della natura.

In questo modo, possiamo raggiungere uno stato in cui tutto ciò che ci circonda sarà buono.

 

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Qual è la definizione biblica di sacrificio?

Il sacrificio è uno stato interiore sperimentato da tutti coloro che sono in fase di sviluppo spirituale.

Che cosa sacrifichiamo?

Sacrifichiamo il nostro egoismo, cioè il nostro desiderio di godere solo per il proprio tornaconto, o in altre parole, sacrifichiamo la nostra natura a livello inanimato, vegetativo e animato, che desidera sperimentare il piacere, il successo e una vita facile.

Questi desideri sono la natura innata dell’egoismo. Se desideriamo limitare il nostro approccio egoistico alla vita e raggiungere un altro stato in cui desideriamo non usare il nostro egoismo ma, al contrario, allontanarci da esso, allora tale azione interiore si chiama: “Sacrificio”.

Contenuti scritti ed editati da studenti basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Come gestire la paura e l’ansia

Uno dei miei studenti mi ha detto che quando parla delle sue ansie con una persona a lui vicina, come la moglie o un caro amico, scopre, in quel momento, di riuscire ad aprirsi, e l’ansia diminuisce, ancora prima di aver ricevuto consigli o aiuto.

La solidarietà sicuramente diminuisce l’ansia.  Esiste un detto nella saggezza della Kabbalah che “un dolore condiviso è un un dolore dimezzato”, ovvero, quando condividiamo una sensazione, la dividiamo, rendendola così più gestibile. 

Poiché è abbastanza facile capire come la condivisione delle nostre esperienze diminuisca i nostri sentimenti negativi, la domanda è: perché non usiamo di più questa capacità? Perché è così difficile per noi condividere le nostre paure e ansie con gli altri?

Abbiamo, a tutti gli effetti, paura di aprire i nostri cuori, di far vedere a tutti che abbiamo certe paure e preoccupazioni. Oltre a tutte le paure che ci teniamo dentro, abbiamo di solito anche delle apprensioni aggiuntive nel condividerle con gli altri, temendo che possa portare gli altri a percepirci come deboli. Dal momento che la società, in generale, valorizza individui più forti, più intelligenti, più ricchi e più in forma, aprire le nostre ansie a una società tale, ci rende vulnerabili allo sfruttamento. Dobbiamo quindi cercare un ambiente sociale che non ci sfrutti perché ci siamo aperti, ma piuttosto che ci dia un senso di fede e sicurezza che ci possa aiutare a gestire qualsiasi sensazione negativa. 

Un ambiente sociale in grado di garantire la fede e la sicurezza nei propri membri attira attivamente verso il bene superiore e la forza benevole, la forza dell’amore, della dazione  e della connessione. È questa stessa forza che risveglia in noi sentimenti negativi, siano essi paure, ansie o altre sensazioni dolorose, affinché ci avviciniamo a quella forza, e lo facciamo attirandoci l’uno all’altro.

Se vogliamo connetterci con la forza superiore e far sì che le sue qualità perfette dell’amore, della dazione e della connessione, riempiano la nostra vita con una sensazione di fiducia e certezza, allora dobbiamo emulare questa forza tra di noi, dando agli altri una sensazione di fede e sicurezza, e loro devono fare lo stesso nei nostri confronti.

Desiderando connetterci positivamente con gli altri, iniziamo a risvegliare la forza positiva che risiede in natura nelle connessioni che creiamo, e sentiamo un nuovo senso di fede e di fiducia spazzare via le ansie che potremmo avere dentro di noi.

Basato sul video “Come affrontare la paura e l’ansia” con il kabbalista Dr. Michael Laitman e Oren Levi. Scritto/editato dagli studenti del kabbalista Dr. Michael Laitman. Foto di Priscilla Du Preez su Unsplash.