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Quando i nostri figli adulti vanno via di casa

Dal momento in cui nascono i nostri figli investiamo in loro tutto il possibile sapendo che verrà il giorno in cui andranno avanti in modo autonomo con la propria vita. Questa transizione può essere difficile da fare per le famiglie. Qual è dunque il modo migliore per portare avanti le relazioni con i figli adulti che hanno lasciato casa? Quali preparativi dovrebbero essere fatti in anticipo in questa fase per mantenere la famiglia connessa?

Fin dall’infanzia vale la pena di instaurare con i bambini l’abitudine di non far passare mai un giorno senza che ci contattino. Non importa dove siano e cosa facciano esattamente, almeno una volta al giorno ci chiameranno per scambiare impressioni riguardo al benessere di tutti. Non serve che siamo noi a contattarli perché potrebbero essere impegnati e potremmo disturbarli.  E’ molto meglio se loro si abituano a chiamarci. In questo modo, quando arriverà il momento per loro di uscire di casa, avranno l’abitudine consolidata del contatto quotidiano.

Da noi genitori, ascolteranno cosa sta succedendo con il resto della famiglia. In questo modo verrà mantenuto il legame familiare. Ovviamente, il contatto fisico dovrà essere anch’esso mantenuto e  ci dovrebbe essere una routine regolare. La cucina casalinga che prepareremo per loro da portare a casa fornirà anche un’altra sensazione di connessione con noi per tutta la settimana. 

In generale, la fase di uscita di casa per una vita adulta indipendente è qualcosa che deve essere preparata per anni. L’indipendenza si costruisce attraverso la creazione di un ambiente dove i bambini imparano a sentirsi responsabili, maturi, e dove riescono a funzionare come se vivessero già per conto proprio, anche se in realtà vivono ancora con noi.  E quando finalmente arriva il giorno di andare via di casa, è nostro compito fornire ai nostri figli un senso di fiducia e sicurezza , una sensazione che ce la possono fare da soli. Noi saremo sempre lì a sostenerli, ma la responsabilità passa a loro.

Chiunque cresca in un ambiente con un’atmosfera troppo coccolata, dove tutto viene fatto per lui, avrà difficoltà ad abituarsi ad una vita indipendente. Questi individui vengono lasciati con un handicap, senza sapere come organizzare le cose basilari come il cibo,  il bucato, e normali responsabilità della vita, per non parlare delle preoccupazioni complesse come relazioni a lungo termine e iniziare una famiglia tutta loro. Una persona tale si sente impreparata ad afferrare la vita con le proprie mani. In effetti, se non forniamo un’educazione corretta anticipatamente, sarà difficile recuperare il deficit accumulato nel momento in cui lasceranno la casa. 

Cosa si può fare se una situazione del genere è la realtà? Sedetevi con i vostri figli e scrivete una sorta di guida, una guida più dettagliata possibile, che contenga casi e conseguenze, cosa fare quando succedono certe cose, come gestire le difficoltà quando sorgono.  Tutto ciò che non è stato assorbito dalle loro menti e cuori durante gli anni dell’infanzia deve ora essere scritto. 

Anche noi genitori dovremmo essere preparati ad affrontare la nuova situazione dei nostri figli che escono di casa e di come adattarsi all’essere nidi vuoti. Quando andranno a vivere da soli e non riceveremo loro notizie per molto tempo, ci sentiremo probabilmente molto feriti. Forse non abbiamo il diritto di sentirci feriti perché questo è il risultato del modo in cui li abbiamo educati. Il loro comportamento non significa che è loro intenzione ferirci, ma che ora è il nostro ego che pretende attenzione da loro.  Sembrerebbe che non siamo riusciti a instillare in loro dei buoni esempi di preoccupazione per gli altri e di reciprocità nelle relazioni.

Dopo aver affrontato le carenze dei nostri figli adulti e la nostra solitudine, quello che possiamo ancora fare è chiamarli quotidianamente per valutare come stanno, se hanno bisogno di qualcosa, e per offrire aiuto o dare buoni consigli. Dopo un periodo di tempo durante il quale si abituano al fatto che li chiamiamo, possiamo dire qualcosa del tipo: “Non sappiamo se possiamo chiamarti domani, ma saremmo molto felici se tu ci chiami tu”. E così, poco alla volta, si formerà l’abitudine di legame reciproco.

In poche parole, è una parte naturale della vita che quando i nostri figli crescono e progrediscono, diventano indipendenti e inizia una nuova vita tutta loro. Quello che dobbiamo tenere sempre a mente è che il nostro lavoro è dare loro un senso di sicurezza, una guida per la loro vita futura e la sensazione che siamo dietro di loro, qualunque cosa accada. 

Dovrebbe esserci una chiara garanzia che, anche se lasciano la nostra casa, non lasceranno mai il nostro cuore. E tale affermazione sarà ricambiata.

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La relazione Israele-Polonia: dovremmo concentrarci solo sulla correzione

Alcuni giorni fa il parlamento polacco ha approvato la legge contro la restituzione dei beni confiscati durante l’Olocausto “progettata per porre fine alle richieste di restituzione delle proprietà e di risarcimento per le proprietà confiscate dal regime comunista del paese negli anni ’40 e ’50, compresa quella dei sopravvissuti all’Olocausto” , scrive Jeremy Sharon nel Jerusalem Post. Due giorni dopo, Israele ha richiamato il suo inviato dalla Polonia per protestare contro la nuova legge e gli Stati Uniti e Israele hanno dichiarato che stavano coordinando la loro risposta alla legge anti-restituzione.

Non serve conoscere i dettagli degli argomenti sulla restituzione per sapere che l’antisemitismo è molto diffuso in Polonia.  E’ anche ben documentato che i Polacchi parteciparono all’uccisione degli Ebrei durante la seconda guerra mondiale.

In ogni modo, credo che focalizzarsi sulle colpe del popolo polacco e declassare il livello delle relazioni diplomatiche con la Polonia per la questione non sia il modo giusto di gestire la situazione.  Non renderà la Polonia meno antisemita, e non aiuterà a commemorare l’Olocausto  L’unica cosa che fa è infangare il nome di Israele.

Credo che se vogliamo veramente fare del bene a noi stessi e al mondo, dovremmo focalizzarci sulla correzione del futuro, il che significa, prima di tutto, correggere noi stessi.  Questo è l’unico passo che possiamo fare che porterà a buoni risultati. Tutto il resto avrà soltanto esiti negativi.

Il popolo d’Israele, che ne sia consapevole o meno, un tempo era in possesso di un metodo che ha cambiato la natura umana dall’inclinazione al male che è in noi fin dalla nostra giovinezza, come scrive la Torah (Gen. 8:21), in una natura di dazione e unione. Questo metodo permise ad Abramo di unire i nomadi che si erano riuniti intorno a lui per sentire i suoi insegnamenti sulla gentilezza e la misericordia.  Questo metodo aiutò Mosè  a rivolgersi agli Israeliti fuggiti dall’Egitto a una nazione dopo essersi impegnati  a unirsi “come un unico uomo con un unico cuore”.  Questo metodo ci rese “come una luce per le nazioni” nel III secolo A.C quando Tolomeo II, re d’Egitto, invitò settanta saggi da Gerusalemme a tradurre la loro saggezza dall’ebraico in greco.

Allo stesso tempo l’abbandono di questo metodo ci ha portato Nabucodonosor, che distrusse il Primo Tempio, mandando in esilio il popolo di Israele in Babilonia. L’abbandono di questo metodo ha portato su di noi anche l’Impero Seleucide, la cui cultura ellenistica ha minacciato di dissolvere l’unità ebraica e che ci ha inflitto una sanguinosa guerra civile.

Alla fine, l’abbandono del metodo di unione ci ha portati Tito e la sua legione romana, che distrusse ciò che era rimasto di Gerusalemme dopo che ci distruggemmo tra di noi all’interno delle mura della città.  Se non avessimo rinunciato al metodo di  connessione di Abramo, che trasforma individui egocentrici in esseri umani premurosi come Abramo stesso, le nostre cronache sarebbero state totalmente diverse.

Ma non dobbiamo commiserarci;  dobbiamo fortificare il nostro futuro.  Come allora, ora la nostra forza si trova nella nostra unione. Se ci innalziamo al di sopra del nostro (intenso) odio reciproco, nessun nemico potrà perseguitarci. Se cerchiamo di coprire il nostro odio con amore, come suggerito dal Re Salomone (Prov. 10:12) forgeremo un’unione solida che brillerà come un faro di speranza per tutta l’umanità, che vedrà che i nemici possono davvero diventare amici.

Quando il nostro esempio accenderà la luce fioca sulle relazioni internazionali dell’umanità, il mondo giustificherà la nostra presenza nella terra di Israele e ci sosterrà in ogni modo possibile. In quel momento, non avremmo bisogno di lottare per la restituzione, lotteremo contro i nostri ego, per innalzare l’unione al di sopra dell’odio, e il mondo intero ci sosterrà nella nostra lotta per garantire il nostro successo.

L’Olocausto ha rivendicato la vita di milioni del nostro popolo, compreso la maggior parte dei membri della mia famiglia.  Se vogliamo fare giustizia alla loro memoria, dare alla loro vita un significato permanente, dobbiamo prendere il lascito del nostro popolo, una realtà vivente, una realtà di unione al di sopra della divisione, amore al di sopra dell’odio, ed essere una prova vivente che persone di culture, lingue, valori e obiettivi  diversi possono diventare un’unica nazione solida. Saremo una nazione fiera e rispettata soltanto quando mostriamo che “Ama il prossimo come te stesso” non è uno slogan vuoto, ma la nostra realtà e lo scopo della vita .

Per ulteriori informazioni su questo argomento, vedete il libro The Jewish Choice: Unity or Anti-Semitism, Historical facts on anti-Semitism as a reflection of Jewish social discord.

 

Didascalia della foto:

Il primo ministro della Polonia Mateusz Morawiecki arriva per un incontro bilaterale a Bruxelles, Belgio, 13 luglio 2021. REUTERS/Pascal Rossignol/Pool

La natura di ognuno è imitare gli altri

Domanda: Si sta sviluppando un sorta di gioco chiamato “Challenge”—un particolare tipo di video, in cui il creatore fa delle azioni e dà il compito ai  follower di imitarlo. Per esempio, si innaffia con acqua ghiacciata e dice: “Fai come me.”. Possono essere cose intelligenti, stupide, complesse o semplici.

Ciò avviene tutti i giorni e centinaia di milioni di persone di tutto il mondo lo rifanno. Perché alla gente piace seguire gli altri?

Risposta: Non so se gli piace seguire gli altri ma è comunque nella nostra natura. Impariamo dagli altri. È la nostra natura di scimmie—i primati da cui ci siamo evoluti. È naturale per un individuo in generale copiare gli altri poiché siamo animali sociali. Non c’è nulla di nuovo in questo.

In fondo ciò ci fa integrare, ci avvicina. Dopotutto cominciamo a comprenderci meglio l’uno con l’altro. Non è male. Dipende da ciò che imitiamo.

Commento: Una nuova moda è quella di far vedere su Internet delle buone azioni, come aiutare qualcuno.

La mia Risposta: Ciò è differente ed io lo sposo in pieno.

 

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Dalla trasmissione di KabTV “Kabbalah Express” 16/2//21

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