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Chi era re Davide e perché è così importante?

Innanzitutto, il re Davide era un kabbalista, cioè una persona che ricevette (“Kabbalah” dalla parola “Lekabbel” [“ricevere”]) la percezione e la sensazione della forza superiore di amore e dazione. È con questa qualità che poté essere un re, un giudice e anche un capo militare in un’epoca in cui Israele era una società spirituale, cioè una società che aveva nelle sue connessioni la forza superiore dell’amore e della dazione.

Egli è considerato la base della struttura spirituale di Israele. Pertanto, la forza che verrà a correggere l’umanità, ossia a elevare l’umanità al di sopra del livello di servire meramente desideri egoistici per portarla a un livello dove l’umanità acquisisca la capacità di amare, dare e connettersi positivamente, è considerata il discendente del re Davide, il Messia, figlio di Davide (ebr. “Moshiach ben David” ). La parola “Messia” (“Moshiah“) deriva dalla parola che significa “tirare” (“Limshoch“), ovvero una forza che ci tira fuori dai nostri desideri egoistici per entrare nella qualità altruistica della forza superiore dell’amore e della dazione.

I kabbalisti considerano il re Davide un’espressione della qualità spirituale di Malchut, che letteralmente si traduce in “regno”. Per questo è stato chiamato “Re d’Israele”. Un regno di questo tipo non è un regno che si regge con il potere e la forza. È piuttosto una qualità che riempie i desideri umani.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

È finito l’esilio del popolo di Israele o è stato solo un sogno?

Fisicamente abitiamo la terra di Israele, tornati dopo due millenni, ma spiritualmente permane un senso di assenza. L’esilio, uno stato in cui non sentiamo la presenza della forza superiore dell’amore e della dazione, ci rende privi di una sicurezza completa o di un percorso chiaro; oscura sia il nostro cammino che la nostra destinazione.

Nel suo articolo “Cosa significa, ‘Quando Israele è in esilio, la Shechina è con loro’, nel lavoro?”, il Kabalista Baruch Ashlag (Rabash) inizia con un estratto dalla Megillah che descrive il profondo amore del Creatore per Israele, simile a quello di un re per il suo  unico figlio che sbaglia nei suoi confronti. Nonostante le passate trasgressioni, il re, anziché cacciare il figlio, sceglie di andare in esilio insieme a lui,  a testimonianza di un’assoluta complicità:

“Vieni e vedi quanto è amorevole il Creatore di Israele; ovunque siano esiliati, la Shechina [Divinità] è con loro, come è stato detto: ‘E il Signore tuo Dio tornò dalla tua schiavitù. Non ha detto ‘tornerà’, ma ‘tornò’, mostrando che il Creatore torna con loro dagli esili”.

Sentire il vuoto lasciato dalla forza superiore tra noi forma paradossalmente la nostra connessione con quella forza. È scritto che il Creatore, la forza superiore dell’amore e della dazione, scende in esilio con noi. Quando percepiamo l’assenza di questa forza, significa che essa è già presente, cioè ci rende consapevoli della sua non esistenza nel nostro stato attuale. In realtà non si allontana mai veramente o cambia la sua posizione nei nostri confronti ma siamo noi stessi a oscillare, allontanandoci sempre più o avvicinandoci.

L’esilio ci sovrasta quando lasciamo che la nostra natura egocentrica gestisca la nostra  vita, ossia quando ci immergiamo in una cultura di competizione spietata, che rispetta la ricchezza e lo stile di vita materialistico e che in più ci divide in fazioni nutrendo disprezzo l’uno per l’altro. Queste qualità sono in netto contrasto con quelle della forza superiore, l’amore e la dazione, e in definitiva operano per farci sentire esiliati da uno stato armonioso caratterizzato da atteggiamenti di amore e dazione in tutte le nostre relazioni e dall’avvicinarci al fine di raggiungere tale stato

Coloro che sentono le proprie vite in questo esilio possono prima trovare conforto nel fatto di aver valutato correttamente il loro stato, mentre allo stesso tempo provano il dolore della separazione. Queste emozioni contrastanti hanno il potenziale per spingere le diverse parti della nostra nazione a unirsi e a stabilire, attraverso la nostra unità, un legame con il Creatore. Ci danno la forza di prenderci cura del nostro popolo come dei genitori, coltivando i legami che ci uniscono e permettendo la nostra uscita collettiva dall’esilio.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

Ritorno alle nostre radici

Il ritorno alle nostre radici evoca un sentimento intenso, che risuona profondamente, suscitando un desiderio inspiegabile dentro di noi.

La saggezza della Kabbalah possiede un principio noto come “legge della radice e del ramo”. Essa afferma che ogni radice spirituale ha una controparte fisica nel nostro mondo. Per esempio, Gerusalemme (in ebraico “Yerushalaym“) deriva da una forza spirituale radicata nella completa soggezione/paura (in ebraico “Ira’a Shlema“), che è la paura di non compiere la volontà divina. È un invito ad abbracciare l’amore fraterno, la completezza, la pace e la perfezione della nostra nazione, irradiando unità a tutti i popoli.

La connessione nascosta tra questa radice e i suoi rami attira le persone sintonizzate con l’ideale superiore di Gerusalemme verso la città montuosa stessa. Una volta raggiunte le sue antiche mura, un fervore distinto li avvolge, influenzato non solo dall’idea ma anche dal terreno stesso su cui si trovano.

Questa unione tra radice e ramo era un tempo palpabile durante i giorni del Tempio, quando Israele perseguiva diligentemente l’unità, attirando il mondo a imparare dalla saggezza della connessione che il popolo di Israele sosteneva. L’unità, tuttavia, è venuta meno quando le lotte interne li hanno consumati, recidendo l’armonia tra l’essenza di Gerusalemme e i suoi abitanti, portando alla loro espulsione da questa terra sacra.

Anche oggi, nonostante il nostro ritorno in Israele, il legame tra la radice di Israele, la sua capitale Gerusalemme e la sua manifestazione fisica, è fragile e sbiadito. L’incapacità di dare priorità all’unità nel nostro ritorno dall’esilio ha portato a un’escalation di divisione e animosità, mettendo a rischio la nostra esistenza in questa terra.

Dovremmo infatti venerare la Terra d’Israele come estensione di una radice santificata, trattandola con il massimo rispetto, e farlo coltivando l’amore e il legame reciproco. Il nostro attaccamento alla radice di Israele e al cuore di Gerusalemme determina la nostra appartenenza a questa terra. Se non ci allineiamo di conseguenza, probabilmente andremo incontro a un altro esilio, come ha scritto il kabbalista Baruch Shalom HaLevi Ashlag (il Rabash),

“L’esilio arriva solo quando non si conserva con cautela il valore della terra, e la terra non viene apprezzata come dovrebbe. Di conseguenza, la terra getta via quella persona, come è scritto: “E la terra vomiterà”. […] Possa il Bore concederci di comprendere il grande merito della terra d’Israele e di saperla apprezzare in modo che non ci vomiti fuori”.  Rabash, “Lettera 57”.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

L’emergere della Terra spirituale di Israele nel cuore

Negli ultimi mesi, Israele è stata una terra piena di espressioni sia di amore fraterno che di lotte egoistiche, ospitando un costante conflitto tra buona volontà e animosità.

Secondo la saggezza della Kabbalah, “terra” (ebr. “Eretz”) significa “desiderio” (ebr. “Ratzon”), che è anche indicato come il cuore dell’uomo. In questo desiderio, cuore, risiedono il popolo d’Israele e le nazioni del mondo. Questi desideri, però, come i vicini di casa, faticano a coesistere pacificamente: o le nazioni dominano o il popolo d’Israele prevale nel cuore.

Inizialmente, il cuore era come un deserto, controllato esclusivamente da desideri egoistici, che consumavano tutto ciò che era alla loro portata. La Kabbalah definisce i desideri egoistici come “le nazioni del mondo”.

Con l’evoluzione dell’umanità, emerse un piccolo desiderio chiamato “Israele”, che deriva dalle parole “dritto a Dio” (ebr. “Yashar El”). La Kabbalah si riferisce solitamente a Dio come “il Creatore” e lo definisce come la qualità dell’amore e della donazione che crea e sostiene l’universo, compresi noi esseri umani. In altre parole, inizialmente ci sviluppiamo come nazioni del mondo, cioè con desideri egoistici che ci fanno privilegiare il beneficio personale rispetto al beneficio degli altri e della natura, mentre il desiderio chiamato “Israele”, che significa desiderio di beneficiare gli altri e la natura, emerge in noi in una fase evolutiva successiva.

Il conflitto è scoppiato quando il desiderio chiamato “Israele” è emerso tra i desideri chiamati “le nazioni del mondo”. Abbiamo iniziato a lottare con noi stessi per vincere il cuore, per abbandonare il controllo della volontà egoistica e lasciare che il potere superiore dell’amore e della dazione ci guidasse e rimodellasse il nostro cuore.

Questa battaglia interiore persiste fino a quando gli sforzi per sopraffare l’egoismo non fanno pendere la bilancia verso la vittoria della volontà divina superiore, lasciando che l’amore e la donazione regnino sul cuore. Con questo trionfo, il cuore diventa “la Terra d’Israele”, poiché acquisisce l’intenzione di puntare “Yashar El ” (“dritto a Dio”).

Il mezzo per raggiungere questa devozione alla volontà divina è nelle persone che condividono il desiderio iniziale di raggiungere uno stato di amore reciproco e di donazione tra tutti gli uomini, e che sono disposte a sostenersi e incoraggiarsi a vicenda per combattere la loro natura egoistica. Grazie all’amplificazione di tale influenza, queste persone raggiungono lo stato di “ama il tuo prossimo come te stesso”, lasciando che la qualità dell’amore e della dazione guidi i loro cuori in ogni momento. Quando raggiungeranno questo stato di massima armonia, l’intera Terra d’Israele emergerà nella sua purezza e santità, completamente dedicata alla forza superiore dell’amore e della dazione: Dio.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.  

Chi ha guidato l’Esodo dall’Egitto?

L’esodo dall’Egitto significa uscire dal nostro approccio egoistico reciproco e creare nuove relazioni di amore e connessioni positive.

Essere in Egitto sotto il comando del faraone significa che siamo governati dal nostro ego, il quale ci contrappone, l’uno contro l’altro, e ci fa desiderare di trarre beneficio a spese di altri.

Se noi raggiungiamo il desiderio di uscire da quello stato, uno stato di odio infondato in cui ci troviamo, dove i desideri egoistici controllano la nostra vita, e iniziamo a sentire l’un l’altro con cuore aperto, allora una forza collettiva di amore e dazione apparirà tra noi e saremo pronti all’esodo dall’Egitto verso la terra d’Israele.  

La parola “Israele” in ebraico deriva da due parole,“Yashar El” (“diretti a Dio”), che significa avere un desiderio di mirare direttamente alla forza dell’amore e dazione che sono le qualità di Dio o Bore.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.   

Qual è il significato di Deuteronomio 5:15, in cui è scritto: “Ricordati che eri schiavo in terra d’Egitto e il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire da lì”?

Secondo la saggezza della Kabbalah, lo stato di schiavitù in Egitto significa che siamo sotto il completo controllo del desiderio di godere solo per il proprio tornaconto, o in altre parole, dell’ego umano.
A partire da questo stato, intraprendiamo un viaggio interiore per correggere il nostro desiderio in modo da godere non egoisticamente, cioè solo per il nostro beneficio, ma per il beneficio degli altri e del Bore, che è un desiderio opposto al nostro: dare, amare e connettersi positivamente.
Questa inversione di intento è considerata una correzione della nostra natura ed è descritta nella Torah come l’uscita dall’Egitto e l’ingresso nella Terra d’Israele.
Tale correzione del nostro ego, che passa dalla priorità del beneficio di se stessi alla priorità del beneficio degli altri e della natura, descrive il percorso spirituale a cui siamo sottoposti fino al nostro stato finale eterno e perfetto, chiamato “la fine della correzione” (ebr. “Gmar Tikkun”).
In ogni fase di questo percorso spirituale, dobbiamo uscire dal nostro ego, chiamato “Egitto”, e iniziare gradualmente a rivelare la forza dell’amore e della dazione in natura, chiamata “Bore”. Questo ci porta a una grande gioia e a una grande sorpresa che il Bore ha preparato per noi.
Pertanto, il nostro bisogno di ricordare che eravamo schiavi in Egitto significa che eravamo nel desiderio di godere solo per noi stessi, che ci controllava completamente, e che il Bore ci ha fatto uscire dal nostro desiderio egoistico.
Avevamo bisogno di sentire che non potevamo uscire dal nostro desiderio egoistico se non connettendoci l’uno all’altro e raggiungendo una sincera richiesta reciproca , una preghiera, per uscire dal nostro ego. Ci è stato quindi concesso l’accesso a una nuova natura di amore, dazione e connessione positiva con gli altri attraverso la quale abbiamo scoperto una realtà armoniosa, pacifica e gioiosa.
Questa sensazione è molto speciale perché una parte di essa penetra nel nostro desiderio di godere e un’altra parte resiste al nostro desiderio. Con questo contrasto interiore, possiamo poi esaminare le forze che operano sulla nostra natura egoistica, se e quanto possiamo uscire dal controllo di queste forze e come la forza superiore, il Bore, ci concede questa capacità speciale.
Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman. 

La strana sincronia tra nuove epoche e cabalisti rivoluzionari

La prima settimana di agosto commemoriamo l’anniversario della scomparsa del grande cabalista Isaac Luria, noto come il Santo ARI. È un buon momento per riflettere su una strana sincronia tra il suo arrivo e gli eventi globali del suo tempo. Tuttavia, prima di parlare dell’ARI, dobbiamo  parlare del fondatore della saggezza della Cabala, in quanto tale, Rabbi Shimon bar Yochai, noto anche come Rashbi.

Rashbi, autore del Il Libro dello Zohar, il libro fondamentale della Cabala, visse in un momento critico della storia dell’umanità. Visse nel II secolo d.C., non molto tempo dopo la rovina del Secondo Tempio e l’esilio del popolo di Israele da Gerusalemme e la sua dispersione nel mondo.

Quel periodo, i primi secoli d.C., fu un’epoca di radicali trasformazioni globali. Il mondo stava passando dal paganesimo al monoteismo. Roma stava gradualmente declinando, insieme al suo pantheon di dei, e una religione nascente che divenne nota come Cristianesimo stava accelerando la sua espansione. Quel periodo vede anche l’affievolimento della cultura greca e l’inizio di un’epoca più buia nella storia dell’umanità: il Medioevo.

Quando il Medioevo finì e iniziò una fase di rinascita nota come Rinascimento, emerse anche un nuovo cabalista con insegnamenti rivoluzionari. Isaac Luria, L’ARI, visse nella metà del XVI secolo. Fu allora che il Rinascimento iniziò a diffondersi in tutta Europa. Era anche il tempo in cui Martin Lutero viveva e diffondeva le sue idee. Questi due movimenti rivoluzionari, Rinascimento e Protestantesimo, avevano cambiato il mondo per sempre. La Cabala lurianica, che prende il nome da Isaac Luria, L’ARI, era altrettanto rivoluzionaria; ha cambiato il modo in cui i cabalisti studiavano e insegnavano la Cabala, e ha aperto la strada per spiegarla in modo comprensibile al mondo.

Il terzo grande cabalista che visse in un momento cruciale della storia fu Rav Yehuda Ashlag, noto come Baal HaSulam. Visse durante entrambe le guerre mondiali e avvertì dell’imminente genocidio degli Ebrei anni prima che avvenisse. Assistette anche alla creazione dello Stato di Israele e all’emergere dei blocchi sovietico e americano.

Nei suoi scritti, il Baal HaSulam ha redatto ampi e chiari commenti ai testi dei suoi due predecessori, il Libro dello Zohar di Rabbi Shimon bar Yochai e gli scritti dell’ARI. È lui che ha veramente reso la Cabala accessibile a tutti e che ha aperto la strada alla diffusione della saggezza della Cabala nel mondo intero.                                                         

Sebbene io non veda un collegamento diretto tra l’arrivo dei cabalisti rivoluzionari e l’avvento delle trasformazioni ideologiche, religiose e culturali nel mondo, c’è comunque una connessione tra le due cose, nel senso che entrambe esprimono l’apparenza di un cambiamento evolutivo nell’umanità. Il mondo cambia nella sua espressione fisica e la Cabala cambia nella sua espressione spirituale, ma entrambi i processi dimostrano l’avvento di una nuova fase nell’evoluzione dell’umanità. Pertanto, mentre accadono simultaneamente, non derivano l’uno dall’altro.

La strana sincronia tra l’arrivo di nuove ere e l’apparizione dei cabalisti rivoluzionari si crea quindi non perché siano collegate tra loro, ma perché entrambe sono collegate alla stessa fonte, il motore della realtà, la forza creativa del dare che genera ogni cosa , sostiene ogni cosa e sviluppa tutto fino al suo scopo finale: la completa unità di tutte le cose, legate insieme dalle minacce del dare mutuo e dell’amore, in assoluta unità.

Rabbia per le strade? Fateli Vergognare

Negli ultimi due anni si è registrato un aumento del venti per cento degli incidenti violenti sulle strade israeliane. Qualche giorno fa, una coppia che stava attraversando la strada sulle strisce pedonali è stata quasi investita da uno scooter. Quando hanno affrontato il conducente, questi ha accoltellato l’uomo che lo aveva affrontato e se ne è andato con disinvoltura, lasciando morire l’uomo accoltellato.

Pochi giorni prima, un motociclista non ha gradito il commento di un automobilista e lo ha colpito con il casco facendogli perdere i sensi. In un altro recente incidente, un automobilista ne ha minacciato un altro con un coltello, ma si è risolto a tagliare “solo” le gomme dell’altra auto.

Questa ondata di incidenti violenti non è una cosa che un paese piccolo come Israele è abituato a vedere. A mio avviso, la soluzione migliore a questo problema è l’esposizione pubblica e la vergogna.

Niente è più efficace che ferire l’orgoglio di qualcuno. Il conducente dello scooter che ha ucciso l’uomo non ha mostrato alcun segno di rimorso quando è stato arrestato. Ma se avesse saputo che la società lo avrebbe scomunicato se avesse fatto questo, che non sarebbe stato in grado di trovare un lavoro, di crescere una famiglia o di avere amici perché la gente non lo avrebbe voluto intorno a sé, ci avrebbe pensato dieci volte prima di reagire in modo così brutale.

La luce del sole è il miglior disinfettante per le contaminazioni. Allo stesso modo, l’esposizione è il miglior detergente per le malefatte delle persone. L’identità di questi criminali dovrebbe essere nota a tutti, compresi i dettagli del loro reato, e dovrebbero essere severamente puniti e umiliati.

Oltre all’umiliazione, il governo e tutte le autorità dovrebbero avere tolleranza zero per i bulli assassini. È necessario uno sforzo consolidato e intransigente per arginare questi comportamenti e l’opinione pubblica dovrebbe sostenere questa politica.

La rabbia per le strade può colpire chiunque. Soprattutto al giorno d’oggi, quando le persone sono sempre più narcisiste e si sentono sempre più autorizzate, è più probabile che diventino violente senza un motivo apparente. Per questo, credo che solo una motivazione forte, che tocchi gli interessi più egoistici delle persone, possa impedire loro di mettere in pericolo gli altri utenti della strada.

Chi è una regina di bellezza?

Per la prima volta dal 1950, non ci sarà alcun concorso di bellezza Miss Israele in Israele e Israele non invierà alcuna concorrente al concorso Miss Universo che si terrà negli Stati Uniti a gennaio. Secondo i24 News, la decisione “ha suscitato molte reazioni, alcune di rammarico per la fine dell’evento, altre di gioia. Negli ultimi anni”, continua la notizia, “il concorso è stato criticato perché le donne vengono giudicate solo in base al loro aspetto fisico”.

Sono d’accordo con i critici. Non credo che la lunghezza delle gambe di una donna sia un metro di misura della sua bellezza.  Inoltre, com’è possibile decidere chi sia la donna più bella del mondo quando ogni razza ed etnia ha un suo aspetto caratteristico?  Come possiamo paragonare lo standard di bellezza giapponese con quello europeo, e chi può dire chi sia la più bella?

Per far finta che queste ragazze non siano trattate come oggetti, i giudici pongono alle concorrenti domande sciocche, alle quali nessuno si aspetta che rispondano sinceramente. Se dovessimo credere a loro, penseremmo che tutte le ragazze desiderano la pace nel mondo e che sono tutte profondamente preoccupate per il cambiamento climatico.

Un mio studente mi ha raccontato che il concorso sta perdendo popolarità e ha chiesto la mia  opinione a riguardo.  Ero contento di sentirlo; credo che potrebbe essere indicatore del fatto che stiamo maturando e stiamo iniziando a guardare oltre alle apparenze fisiche. 

È ora di iniziare a cercare la bellezza interiore perché, in fin dei conti, è questo che rende felici le persone. Quando si cerca la bellezza interiore di una donna, si scopre che non è possibile misurarla. Questo vale non solo per le donne, ma per tutte le persone. Quando si cerca la loro bellezza, questa è sempre nascosta.

La bellezza di una persona si evolve nel tempo. È definita dai legami con le altre persone e con l’ambiente. Le persone belle sono persone premurose, che comprendono i dolori e le difficoltà degli altri e vogliono aiutarli a stare meglio.

Questi sentimenti sono un dono, ma possiamo anche svilupparli. Una volta riconosciuto il nostro egocentrismo, possiamo imparare a cambiare.

Non si tratta di un processo che si può intraprendere da soli, ma se noi, come società, decidiamo che ne abbiamo avuto abbastanza della cultura dell’Io! Io! Io! potremmo imparare a pensare di più in termini di Noi! e meno in termini di Io! Questo farà un gran bene a tutti. È certamente un modo migliore di promuovere la pace nel mondo rispetto ai concorsi di bellezza di Miss Universo.

Chi ti ha dato il diritto?

Una volta alla settimana, il regista Semion Vinokur mi intervista nel corso di una trasmissione chiamata Novosti (Notizie). Nel programma, Semion mi rivolge domande sull’attualità e presenta i commenti dei telespettatori. In una trasmissione recente, Semion mi ha posto una domanda pungente da parte di una spettatrice che si riferiva a se stessa (o forse a se stesso) come Lei. Di seguito è riportata la trascrizione tradotta della domanda, con le successive domande di Semion e le mie risposte.

Domanda: Lei ti scrive quanto segue: continuo a sentire nei tuoi videoclip che solo gli Ebrei possono cambiare il mondo. Perché attribuisci una tale responsabilità alla tua nazione? Inoltre, chi ti ha dato il diritto di farlo? Per favore rispondi alla mia domanda e non dirmi che è scritto nella Torah.

Risposta: Perché il metodo per correggere il mondo si trova presso gli Ebrei. Ci è stato consegnato migliaia di anni fa.

Domanda: Vedi, ci stiamo soltanto mettendo in mostra!

Risposta: Possiamo metterci in mostra più di quanto non lo siamo stati nel corso della storia?

Domanda: Sì, ma attira rancore su di noi!

Risposta: Lo capisco, ma è meglio capire che questa è la verità, e che sei odiato proprio per questo. In altre parole, io accetto la loro conclusione e dico: “Sì, avete ragione, il problema è nostro, la colpa è nostra”.

Domanda: Quindi non possiamo scappare da questo?

Risposta: No, no. Ma ucciderci non renderà le cose più semplici nel mondo: è meglio se ascoltiamo e riflettiamo su come possiamo realmente usare questa verità eterna. 

Domanda: Non c’è alcuna prova di ciò che stai dicendo.

Risposta: Se noi, Israele, facciamo ciò che dobbiamo fare, ci saranno le prove.

Domanda: Ma nel frattempo, per molti, si tratta solo di parole. 

Risposta: Certo, ma dall’altro lato, possono dire: “Oh, è per questo che li odiamo, questo significa che abbiamo ragione a odiarli”.

Domanda: Ma cosa succede se una persona non odia gli Ebrei? Molte persone non odiano gli Ebrei, e noi in pratica diciamo loro: “Voi odiate gli Ebrei!”. Facciamo molti filmati di questo tipo con te, e le risposte sono sempre sulla stessa linea: “Eletti? Il popolo eletto? Chi ti ha dato questo diritto? Perché ne sei così sicuro?”

Risposta: Ma sono loro stessi a dirlo, tutta l’umanità! L’umanità ha un atteggiamento speciale nei confronti degli Ebrei, un’opinione speciale, una richiesta speciale. Questa questione ci accompagna da migliaia di anni; è ora di smettere di coprirla e di far finta che non esista.

Domanda: Cosa deve fare un non Ebreo se vuole ascoltare ciò che dici?

Risposta: Dovrebbe semplicemente ascoltare ciò che dico.

Domanda: Anche se non è Ebreo?

Risposta: Non fa alcuna differenza se è Ebreo o meno.

Domanda: Ma stai dicendo che gli Ebrei devono fare qualcosa di specifico!

Risposta: Esatto. Gli Ebrei sanno cosa li distingue e, di conseguenza, rivelano la loro unicità alle nazioni del mondo.  Allora insieme al resto delle nazioni, devono prendersi la responsabilità della trasformazione di tutta l’umanità, della natura, di ogni cosa che esiste.

Domanda: Trasformazione da cosa e in che cosa? 

Risposta: Trasformazione dall’egoismo assoluto dell’umanità, come lo vediamo oggi, al suo opposto, alla connessione.

Domanda: È questo il compito degli Ebrei?

Risposta: È proprio questo che spetta agli Ebrei.

Domanda: E il resto del mondo?

Risposta: Il resto delle nazioni del mondo deve ascoltare ciò che stanno dicendo gli Ebrei, dato che forse loro (gli Ebrei) non hanno tutti i torti, forse proprio questo ci può salvare. 

Domanda: Ma pochissimi Ebrei parlano di connessione e di cambiamento della nostra natura; la maggioranza degli Ebrei non dice nulla del genere.

Risposta: La maggioranza non conosce la propria responsabilità e non comprende il proprio compito; è come tutti gli altri.

Domanda: OK, continueremo a discuterne, come sempre; forse ci ascolteranno, e forse no.

Risposta: Ci ascolteranno, di sicuro.

Domanda: Che cosa ti rende così fiducioso?

Risposta: Ripongo la mia speranza nel fatto che il mondo non cambierà in un attimo. Non passerà istantaneamente a un nuovo stato. Ma alla fine la natura costringerà tutte le nazioni del mondo, e in primo luogo gli Ebrei, a riflettere su cosa significhi veramente correggere il mondo, e a cosa dovremmo arrivare, e prima di tutto gli Ebrei.

Domanda: E’ chiaro, ma non è semplice.

Risposta: Non è semplice, ma il tempo a nostra disposizione sta per scadere.

Per spiegazioni più elaborate sul ruolo del popolo ebraico nel mondo, consultate i miei libri:  Like a Bundle of Reeds: Why unity and mutual guarantee are today’s call of the hour, e The Jewish Choice: Unity or Anti-Semitism, Historical facts on anti-Semitism as a reflection of Jewish social discord.