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Perché l’inglese è considerato una lingua internazionale?

In passato Inghilterra e Germania furono in competizione per diffondere le rispettive influenze sul territorio americano e, a un certo punto, la lingua tedesca sembrò destinata a prevalere. Se fosse stato così, oggi molto probabilmente ci troveremmo in un mondo con il tedesco come lingua internazionale comune.

Ma lo sviluppo umano prese una piega diversa.

Fu invece il ramo di cultura inglese, non poi così tanto diverso dal tedesco, ma più aperto, a diventare la lingua internazionale.

A quel tempo, i Tedeschi volevano sopraffare e asservire gli altri con la forza. Gli Anglosassoni, invece, impiantarono la loro cultura e la loro lingua, espandendosi in modo completamente diverso.

Gli Inglesi avevano un atteggiamento più morbido e gradevole nei confronti del mondo e della scoperta di nuove terre rispetto ai Tedeschi,  così prevalse l’inglese. In virtù di questa differenza di approccio, l’inglese è più adatto a essere riconosciuto come lingua internazionale rispetto al tedesco.

Nonostante la prevalenza e la diffusione della cultura tedesca in tutta Europa, la lingua tedesca non viene parlata se non in Germania e in alcuni Paesi confinanti.

A differenza del nostro sviluppo passato, tuttavia, il percorso odierno verso l’unificazione non avverrà attraverso l’espansione di nazioni e lingue. La nostra prossima forma di unificazione è invece quella che la natura ci sta imponendo, con una crescente interconnessione e interdipendenza a livello mondiale.

Stiamo arrivando a un punto critico in cui avremo bisogno di un nuovo metodo per connetterci l’un l’altro al di sopra delle nazionalità e delle lingue. Se non miglioriamo il nostro atteggiamento nei confronti degli altri, per stabilire una comunicazione positiva al di sopra delle nostre differenze e divisioni, allora sentiremo la nostra crescente interdipendenza globale come un fenomeno negativo che ci porterà sempre più sofferenza.

Spero quindi che si compia al più presto questa importante transizione verso nuovi atteggiamenti positivi, solidali, premurosi e incoraggianti nei confronti degli altri al di là delle nostre differenze e che ci si renda conto di quanto migliore, armoniosa, gioiosa e pacifica possa essere la nostra vita.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Qual è il significato di Purim nella Bibbia?

La storia di Purim descrive il quasi genocidio del popolo ebraico.

Haman considerò la divisione degli Ebrei come un’opportunità per sradicarli. “C’è un popolo sparso e disperso tra i popoli” (Ester 3:8). Haman disse che, secondo lui, gli Ebrei avrebbero potuto essere distrutti perché erano separati gli uni dagli altri. Tuttavia, Mordechai, l’eroe della storia di Purim, si adoperò per superare le divisioni tra gli Ebrei, e alla fine salvò loro la vita: “Gli Ebrei si riunirono per difendere la loro vita” (Ester 8:11).

Purim è importante per gli Ebrei di oggi come lo era per gli Ebrei della storia. Inoltre, riveste un’immensa importanza per la società in generale. Un aspetto importante che deve essere compreso sul significato di Purim per capire la sua rilevanza moderna è in relazione ad Haman: Chi o cosa è Haman nel nostro tempo? Ovvero, chi o cosa c’è dietro il crescente isolamento e la polarizzazione della società?

La risposta immediata, secondo i nostri istinti primordiali, è quella di attribuire la colpa a un presidente o a un gruppo di politici, finanzieri, dirigenti o altri cospiratori. Tuttavia, al di là del dito puntato, ciò che è davvero alla base della divisione sociale odierna è la mentalità divisiva che Haman rappresenta: il desiderio di cercare denaro, onore, controllo e potere a dispetto di tutti e di tutto.

Questa mentalità divisiva ci esclude gli uni dagli altri, ci separa, ci danneggia e maschera il male che ci facciamo a vicenda.

La tumultuosa atmosfera sociale di oggi ci chiama a cercare la nostra voce comune come umanità che condivide valori e scopi comuni. Se usiamo questa chiamata per connetterci un po’ al di sopra dei nostri istinti primordiali, allora possiamo creare un mondo molto più armonioso e pacifico.

Ogni volta che il popolo ebraico ha rischiato la rovina, è stata la nostra unità a salvarci. Possiamo usare la storia di Purim come promemoria eterno del fatto che la nostra unità può tirarci fuori dalle situazioni peggiori e che, unendoci, diamo un esempio costruttivo e positivo al resto dell’umanità.

Sebbene noi ebrei abbiamo l’obbligo innato di stabilire lo standard per la scelta dell’unità rispetto alla divisione, le persone di tutte le razze, colori, forme e dimensioni dovrebbero fare gli stessi passi verso l’unificazione prima di andare incontro a maggiori turbolenze e crisi. Il nostro destino è nelle nostre mani.

 

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

 

 

 

L’era dell’unione

Perché sembra sempre più che l’umanità sia il bullo del quartiere? Tra le nazioni, nei rapporti personali, con i colleghi di lavoro, tra i coetanei a scuola e nei confronti della natura, siamo maldestri come un elefante in un negozio di porcellane, rompendo tutto ciò che tocchiamo e lasciando un caotico disordine dietro di noi. C’è una ragione per questo: Il mondo intorno a noi sta cambiando. Mentre siamo intrappolati nella mentalità di dover lavorare solo per noi stessi e che se siamo deboli, gli altri ci mangeranno, la vita ha rivelato la sua natura connessa e ci mostra che se agiamo da soli, falliamo. La realtà ha inaugurato l’era dello stare insieme e, se vogliamo avere successo, dobbiamo adattarci.

In questa nuova era, non possiamo avere successo da soli. La forza delle persone non deriva dalle proprie capacità, ma dalla capacità di connettersi e collaborare con gli altri.

Quando pensiamo alla collaborazione, spesso pensiamo di dover scendere a compromessi e rinunciare a cose che vorremmo per mantenere un legame. Non è più così. Al contrario, la nuova unione richiede di utilizzare tutte le nostre capacità, i nostri talenti, le nostre idee e le nostre aspirazioni. Tuttavia, li useremo per il bene comune piuttosto che per il nostro.

Attualmente, usiamo le nostre capacità per avvantaggiare noi stessi e impedire agli altri di ferirci o superarci. Questo ci pone in una guerra costante con gli altri. Di conseguenza, spesso annulliamo le buone idee e i punti di forza degli altri, spesso loro annullano i nostri, e tutti finiamo per essere stanchi, logori, con potenzialità non realizzate, e l’intera società ci rimette.

Quando usiamo i nostri vantaggi individuali per il bene comune, rafforziamo le qualità degli altri, miglioriamo i risultati e facilitiamo la realizzazione del loro pieno potenziale. Tutti ne traggono beneficio. Ci sentiamo appagati, sicuri di noi stessi, benvenuti nel nostro ambiente sociale e tutta la società ottiene giovamento dal nostro contributo. L’energia che prima spendevamo per l’autodifesa viene orientata allo sviluppo e i risultati ottenuti ci spronano a dare ancora di più di noi stessi alla collettività.

L’unica cosa che ci impedisce di vivere questa società da sogno è il nostro ego ostinato. Finché lo lasciamo governare, continuerà a distruggerci e a demolire la nostra società. Alla fine, distruggerà tutto e ci renderemo conto che non abbiamo altra scelta che lasciare andare il nostro ego.

Se ce ne rendiamo conto ora e non più tardi, ci eviteremo questa triste prospettiva e porteremo il futuro nel presente. Se ci aiutiamo l’un l’altro ad elevarci al di sopra di noi stessi, saremo in grado di farlo, perché nell’era dell’unione, anche elevarsi al di sopra dell’ego è possibile solo se si lavora insieme.

Cosa resta dopo che ce ne siamo andati

Qualche giorno fa, alcuni amici stavano dando una festa in casa, quando improvvisamente si è aperta una voragine sotto la piscina mentre alcuni dei partecipanti erano in acqua. Due uomini sono stati risucchiati nel buco. Uno è riuscito a uscire da solo, ma l’altro era stato risucchiato nel buco di 13 metri, ed è annegato.

Come si è scoperto, la vittima, Klil Kimhi, 32 anni, era un ragazzo popolare tra i suoi amici e spesso postava riflessioni sui social media. Si poneva domande come: “Chi sono io senza il mio titolo? Chi sono io senza i miei successi? Chi sono senza il mio lavoro? Cosa saresti se una mattina ti svegliassi e tutti quei titoli che ti definiscono ti venissero tolti? ” Domande molto toccanti. Un mio studente me le ha riferite e ha chiesto la mia opinione a riguardo. 

In effetti, senza il proprio titolo, l’unica cosa che rimane è la persona.  I titoli sono i titoli, ma non sono la persona. Qualsiasi cosa tu abbia dentro è ciò che sei. Qualsiasi cosa tu faccia di te stesso è ciò che rimane quando i titoli non ci sono più, quando tu non ci sei più.

Secondo me, una persona si misura solo da quanto è riuscita a riconoscere il proprio egoismo, o forse anche a passare al fare del bene. Per “fare del bene” intendo la misura in cui ha lavorato per avvicinare le persone, per unire i loro cuori, per farle sentire connesse. In questo, ognuno è unico e il suo contributo rimane nel patrimonio collettivo dell’umanità anche quando non ci siamo più.

Di tutti i nostri impegni, questo è l’unico che lascia un impatto positivo sul mondo. Tutto il resto svanisce insieme alla persona. Quando riunisci le persone, quando le fai sentire più vicine e unite, più responsabili le une per le altre, rendi il mondo un posto migliore e questa sarà la tua eredità.

Ecco perché la mia organizzazione fa proprio questo: riunire e unire persone di ogni provenienza, cultura, etnia e fede.

 

Didascalia foto:
I soccorritori lavorano sulla voragine (Israel Fire and Rescue Service)

Alla fine esiste solo Uno

In tempi come questi, possiamo veramente sentire quanto Abramo sia stato un rivoluzionario. Quasi 4.000 anni fa, ha scoperto che alla fine c’è solo una forza che ha creato e governa tutta la realtà. In un’epoca in cui i suoi compatrioti erano in conflitto tra loro, uccidendosi a vicenda sui pendii maledetti della Torre di Babele, disse loro che c’è solo una forza che governa il mondo, una forza di unità, e che se la emulassimo, anche noi saremmo come uno.

La gente gli rise in faccia e continuò a litigare. Quattro millenni più tardi, ci troviamo ancora nella stessa condizione. Ma, alla fine, esiste ancora un’unica forza e se non cerchiamo di emularla soffriremo per chissà quanti millenni ancora.

Proprio quando scoppia l’odio, dobbiamo ricordare a noi stessi che sta scoppiando in modo da elevarci al di sopra di esso e chiedere la connessione, proprio come Abramo, chiedere che l’amore regni sull’odio. Certo, siamo semplici mortali e non possiamo elevarci al di sopra del nostro odio.  La forza che ha creato e sostiene tutta la realtà l’ha creata corrotta e piena d’odio, e solo questa forza può renderla amorevole.

È stato fatto prima, diverse volte, quando il popolo d’Israele si è unito ai piedi del monte Sinai “come un solo uomo con un solo cuore”, o quando il re Salomone disse: “L’odio suscita conflitti e l’amore copre tutti i crimini” (Prov. 10:12). Non abbiamo bisogno di altra vittoria se non quella di coprire l’odio con l’amore.

Se non possiamo rivolgerci al Bore e chiederGli di correggerci, possiamo e dobbiamo chiederGli di darci il desiderio di chiedere a Lui. È scritto: “Metti nei nostri cuori la comprensione, in modo che possiamo capire e sapere come ascoltare, imparare e insegnare la tua legge con amore” (dalla preghiera ebraica Shema).

Le situazioni difficili che sorgono tra di noi in questi tempi fatidici, non accadono per farci litigare come bambini. Accadono perché ci rivolgiamo all’unica, sola forza in tutta la realtà, il Bore, e chiediamo che ci faccia tutti uno, uguale a Se Stesso.

L’aspirazione per l’unità nasce dalla radice più elevata della creazione, dalla sua origine. L’idea che essere uno sia la soluzione a tutti i nostri problemi e il nostro stato più felice, ci arriva poiché questa è davvero la nostra radice e quando siamo uno non esiste altro che pace e pienezza.

Tutti gli stati di separazione e divisione quindi, si scatenano per farci connettere e unire ancora di più. Ora che il grande odio è stato rivelato, è il momento di fare grandi sforzi per unirsi. Se preghiamo per la risoluzione dei problemi di tutte le persone nel mondo, metteremo fine ai duri decreti che affliggono il mondo. Se mettiamo la connessione al di sopra della separazione e l’amore al di sopra dell’odio, copriremo i nostri crimini con amore e guariremo i mali dell’umanità. 

Perché abbiamo bisogno di così tante persone nel mondo

All’inizio del XX secolo, la popolazione mondiale era di circa due miliardi di persone. Oggi sono circa otto miliardi. Di questi otto miliardi, la maggior parte è povera e più di un miliardo di persone è affamato al punto di morire di fame. Provvedere a così tante persone a un livello decente sembra un compito troppo arduo per la Terra. Inoltre, ogni giorno, sempre più bot, robot e macchine automatiche sostituiscono i lavori umani. L’umanità sta producendo abbastanza per provvedere a tutti, quindi la domanda è perché abbiamo bisogno di così tante persone. La Terra, e l’umanità, non starebbero meglio se fossimo solo quattro miliardi, per esempio? La verità è che non staremmo meglio; staremmo molto peggio. C’è una buona ragione per la crescita esponenziale della popolazione umana nell’ultimo secolo circa.

Quando guardiamo le persone, vediamo volti e corpi, esseri umani e niente di più. Ma la verità è molto più complicata e complessa di così. Provate a immaginare un qualsiasi animale senza metterlo in relazione con il suo ambiente,  vi renderete conto che è una causa persa. La forma, il colore, il comportamento, le dimensioni, la longevità e ogni altro aspetto della sua esistenza deriva dall’ambiente in cui esiste. Gli animali non sono isolati dal loro ambiente; dipendono da esso, seguono le sue leggi, e allo stesso tempo creano l’ambiente che li sostiene e di cui fanno parte.

Anche gli esseri umani costituiscono un sistema. Pensiamo a noi stessi come individui isolati, ma in realtà siamo parti di una società umana globale. Noi la influenziamo, essa ci influenza, e quasi tutto ciò che è vero per il regno animale è vero per noi.

Ci sono solo due differenze tra gli animali e le persone, anche se sono differenze fondamentali. La prima è che le persone sono intrinsecamente meschine ed egoiste, mentre gli animali no. La seconda è che i nostri desideri crescono e si intensificano, mentre quelli degli animali rimangono in gran parte gli stessi.  Mentre noi desideriamo più soldi e più potere di quello che abbiamo, gli animali si accontentano di quello che hanno, una volta che hanno la loro parte.  

Peggio ancora, di generazione in generazione, stiamo diventando più avidi, dominatori e narcisisti. Al contrario, le “aspirazioni” degli animali non cambiano da una generazione all’altra.  Se hanno abbastanza erba, o selvaggina, sono felici e contenti. 

La ragione per cui i nostri desideri crescono mentre quelli degli animali rimangono gli stessi è che un maggior desiderio ci fa accelerare il nostro sviluppo. Alla fine, gli esseri umani non sono destinati a percepire solo l’esistenza fisica, ma a penetrare attraverso di essa e percepire la connessione e l’interdipendenza tra tutti noi non solo intellettualmente, come sto spiegando qui, ma nei sensi, proprio come percepiamo il mondo fisico, se non di più.

Il nostro costante desiderio di cercare, esplorare, scoprire e imparare deriva dalla nostra aspirazione a conoscere i livelli più profondi della realtà. Questa conoscenza è l’unica prerogativa degli esseri umani, poiché solo gli uomini sviluppano desideri così profondi.

Man mano che i nostri desideri crescono, dobbiamo imparare a dirigerli verso la scoperta dello scopo e della struttura della vita. I nuovi desideri appaiono prima al livello più grossolano e dobbiamo coltivarli, elevarli al livello in cui migliorano la nostra percezione della realtà.

Poiché questi desideri sono così intensi, abbiamo bisogno di più persone per “condividere il carico”. Come appena detto, anche se ci sentiamo isolati, in realtà siamo un unico sistema. Tutto ciò che pensiamo sia nostro è in realtà parte del sistema dell’umanità e tutta l’umanità lo condivide. Pertanto, anche i nostri desideri non sono personali, anche se si sentono come tali.

Ogni volta che eleviamo un desiderio dal livello corporeo ai livelli superiori di percezione, influenziamo tutta l’umanità. E ogni volta che una persona muore, il peso di elevare il nostro desiderio comune diventa più gravoso per tutti noi.

Ecco perché la vita di ogni persona è preziosa. Determina il ritmo di avanzamento di tutta l’umanità. Se ci rendessimo conto di quanto profondamente siamo legati e del danno che causiamo maltrattando gli altri, se lo sentissimo come è realmente, ossia che stiamo torturando noi stessi, non oseremmo maltrattarci l’un l’altro o trascurare anche una sola persona.

Bruciare libri senza educazione accende l’odio

In Ontario, Canada, le scuole hanno recentemente bruciato quasi 5.000 libri considerati offensivi per gli indigeni. A New York City, la statua di Thomas Jefferson che è stata realizzata nel 1833 e che si trova nella sala del Consiglio Comunale dal 1915, è in attesa di essere rimossa. L’anno scorso, quasi 100 monumenti confederati sono stati rimossi. Bruciare, distruggere o cancellare il passato non è il modo giusto per riparare i torti.  Se non si riconosce il passato e non si educa la gente su cos’è giusto e cos’è sbagliato, non impareremo mai. Continueremo a comportarci in maniera tirannica tra di noi e, mentre i tiranni cambieranno,  la gente continuerà a soffrire. 

Solo l’educazione ci cambia; la violenza opprime e basta. Se crediamo che le persone siano uguali, dovremmo educarci a questo pensiero. Dovremmo farlo con l’esempio, mostrando come tutti contribuiscono alla società, come la diversità aumenta la forza di resistenza di una nazione e come l’unione al di sopra delle differenze culturali ed etniche rende solida la nostra nazione.  Da quando gli atti di odio hanno portato qualche beneficio a qualcuno? Da quando hanno aumentato l’amore?

Per poter costruire nuovi valori sociali, dobbiamo sapere come allontanarci da quelli  vecchi. Prendiamo per esempio la schiavitù. Fu abolita per liberare gli Afroamericani, nati in schiavitù o portati in America per questo scopo. Tuttavia, invece di liberare gli schiavi, ha reso schiavi quasi tutti: neri, bianchi, asiatici e latinoamericani. Forse non lo chiamiamo schiavitù e forse è imbarazzante ammetterlo, ma la verità è che nessuno di noi è libero. Siamo stati tutti ugualmente ridotti in schiavitù, lo chiamiamo libero mercato o capitalismo. In ogni modo, anche il comunismo non è migliore. Ne so qualcosa, vengo da lì.

Se vogliamo che la gente sia libera e uguale, dobbiamo insegnare un’unica cosa: come amarsi. Non c’è schiavitù o disuguaglianza in una famiglia amorevole. Allo stesso modo, se le persone si prendessero cura le une delle altre, non parleremmo di disuguaglianza o di gruppi svantaggiati. 

La famiglia è un grande esempio di costruire meglio, a questo proposito. Se c’è una disputa tra fratelli e la famiglia vuole riportare la pace tra di loro, denigrerà o umilierà uno per placare l’altro? Certo che no! Aumentare l’amore fino al punto in cui è più grande della rabbia è l’unico modo per farli tornare in pace.

Quindi, se una nazione vuole unire i suoi membri e renderli uguali, l’unico modo per ottenere questo risultato è aumentare l’unità, l’amore e la responsabilità reciproca tra tutte le parti della nazione. Se ci concentriamo su questi tre elementi non dovremo preoccuparci della disuguaglianza o del pregiudizio. 

Didascalia della foto:
Una statua dell’ex presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson fotografata nelle sale del consiglio nella City Hall, dopo la votazione per farla rimuovere nel distretto di Manhattan di New York City, New York, Stati Uniti, 19 ottobre 2021. REUTERS/Carlo Allegri

Covid: il Terminator di Carriere

Non sono passati neanche due anni dall’inizio del Covid, ed è già chiaro che il virus sta rivoluzionando la civiltà. Le cose che davamo per scontate fino a poco tempo fa, come il lavoro, la scuola e l’intrattenimento, sono diventate discutibili su diversi livelli. Il virus non agisce soltanto sulla nostra salute, ma anche sulla nostra vita: sta cambiando il modo in cui ci percepiamo, come esseri viventi e come membri della società.

Fino a quando non ci è piombato addosso il virus, abbiamo etichettato le persone, in gran parte, dalle loro carriere o lavori, e dai loro stili di vita. Avere una carriera, una volta, era simbolo di successo.  C’era un tono romantico nella parola,  immagini di frequenti viaggi di “lavoro”, carte di credito aziendali, un appartamento in un grattacielo con una guardia nell’atrio e uno status sociale da far invidia agli altri.

In qualche modo, il Covid ha attenuato il fascino. Non è che la gente rifiuti completamente l’idea di una carriera, ma non è così invidiabile come lo era due anni fa e la sua attrazione sta semplicemente diminuendo. Vogliamo ancora il denaro, lo vorremo sempre, ma siamo disposti a pagare molto meno per ottenerlo. Non siamo disposti a sacrificare così tanto della nostra vita sociale, degli altri interessi, della nostra tranquillità e del  tempo in famiglia per il nostro stato sociale. In parte è perché non lo troviamo più così allettante e in parte è perché gli altri non trovano più invidiabili i nostri “titoli” di carriera.  Vedono le nostre lunghe ore in ufficio, i nostri voli frequenti e provano pena per noi, perché lavoriamo così tanto anziché goderci la vita. 

Ma la pandemia è andata più in profondità che cambiare la nostra percezione del lavoro. A poco a poco, ha risvegliato in noi le “grandi” domande, quelle che abbiamo soppresso per anni sotto la pressione della sopravvivenza in un mondo iper capitalistico: le domande sul senso della vita.

Proprio come il riscaldamento climatico scongela il permafrost emettendo gas che cambiano la composizione della nostra atmosfera, il virus sta sciogliendo il ghiaccio nei nostri cuori, aprendoli a sensazioni da tanto tempo congelate, che cambiano l’atmosfera della nostra società.  Stiamo imparando a pensare di più socialmente e meno individualmente.  

La paura del contagio ci ha fatto riconoscere che siamo dipendenti dagli altri per la nostra salute. Ora, con la crisi delle catene di approvvigionamento dovuta al coronavirus, ci fa capire che siamo dipendenti l’uno dall’altro per il nostro cibo, per il prezzo che paghiamo per le cose, per la nostra capacità di comprare i regali per le feste, per il nostro intrattenimento, la nostra vita sociale e per le nostre scuole ed educazione.

Forse non ce ne rendiamo conto, ma il virus ci insegna a rivalutare i nostri valori: chi consideriamo grande e ammirevole e chi disprezziamo. Ci insegna a giudicare le persone non secondo il loro guadagno, ma secondo il loro contributo alla società. Abbiamo iniziato applaudendo gli operatori sanitari e medici, poi siamo passati a riconoscere che i lavoratori dei supermercati sono indispensabili,  ora ci rendiamo conto che queste persone invisibili sono quelle che ci permettono di vivere e preoccuparci di noi stessi.

Grazie al virus, stiamo finalmente imparando che ogni persona è unica, dato che ogni persona porta un contributo speciale alla società che nessun’altro può portare.  Nella nostra unicità, siamo tutti pari. Quando il processo di accettazione dell’unicità di ogni persona sarà concluso, scopriremo che l’odio nei nostri cuori sarà svanito.

Vedremo quanto tutti siano preziosi e saremo grati dell’esistenza di ogni essere umano sul pianeta.  Quando questo avverrà saremo grati al Covid, che ha portato fine alle nostre carriere e ha generato unione e pace.  

Beati quelli seduti in cerchio

Dr. Michael LaitmanDomanda: In quale modo si sta studiando la saggezza della Kabbalah diversa dalla saggezza di connessione?

Risposta: Possiamo parlare alla gente che viene a studiare la saggezza della Kabbalah della Luce di fede, Luce di dazione, del sacrificio di sé, della fede oltre la ragione, di salire oltre la nostra natura egoistica e di respingere la nostra natura, attraversando tutti gli stati della frantumazione.

D’altra parte, quando presentiamo la saggezza della Kabbalah al pubblico, non possiamo avvicinarci parlando di queste idee e concetti. Possiamo dirgli solo quello che può essere rivelato ai vasi di ricezione. Significa che diciamo loro che c’è un metodo che ci permette di ricevere piacere, riempiendo se stessi tramite la connessione con gli altri.

In natura c’è una forza superiore o una forza interiore che ci permette di connetterci e con questo potere di connessione che abbiamo ricevuto, di correggere tutti i problemi. Se vuoi correggere la connessione con i tuoi figli, puoi fare un workshop in cerchio con loro. Scoprirete la forza della connessione e l’unità tra di voi che cambierà e risolverà tutto.

Quando si rivela la forza di connessione, c’è una correzione immediata. Non posso generare questa forza all’interno del nostro cerchio durante il workshop e con quella riparare la mia lavatrice, ma tenendo il workshop, la tua lavatrice non si rompe più se questa dovrebbe essere la tua correzione.

Dobbiamo capire che solo la forza che si rivela nella connessione riparerà tutto. Pertanto, dobbiamo essere in ogni luogo e tenere dibattiti intorno alle tavole rotonde, e dovunque facciamo quello, si sarà corretta la situazione. Così, insegniamo alla gente a evitare problemi, a trovare una benedizione, fortuna.
[137221]

Dalla seconda parte della Lezione Quotidiana di Kabbalah del 12.06.2014, Scritti del Baal HaSulam

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Non con la saggezza, non con la forza, solamente con la pazienza

Baal HaSulam, “Introduzione allo Studio delle Dieci Sefirot”, paragrafo 141: Non mi puoi trovare in nessun posto se non nella Torà. Perciò tieniti stretto alla Torà e cercaMi lì, e la Luce che è in essa ti correggerà e tu Mi troverai”, come è scritto, “Coloro che Mi cercano, Mi troveranno”.

Questo è quello che cerchiamo di fare, ci sforziamo di connetterci come un solo uomo con un solo cuore, conseguendo il sostegno reciproco e “ama il tuo prossimo come te stesso”, mostrando di essere pronti a questa connessione durante lo studio. E allora, in ogni momento, riveleremo quanto siamo incapaci di farlo, e poi tenteremo ancora, nonostante tutto, a pensare all’unione e alla connessione.

Speriamo che il nostro studio e la nostra connessione ci aiuteranno a rivelare il Creatore al fine di donare a Lui piacere. Questa diventa la nostra preghiera durante lo studio, un’azione di correzione, e ci porta più vicini al traguardo. Se gli amici provano a connettersi nel modo giusto, elevano il loro punto nel cuore al di sopra del loro ego, si liberano dal suo controllo, e si connettono con questo punto, il che avviene durante la lezione, che ci parla di questi stati, allora in tutto questo attireremo la Luce che Corregge. E questo sarà effettivamente il nostro sforzo.

Ci saranno sempre dei disturbi, ancora e ancora. Perciò, ci dobbiamo rendere più forti a vicenda, e proprio allora, quando arriva la disperazione e dei grossi ostacoli che si presentano sul nostro cammino, un uomo si sente disperato davanti ad essi, non sa cosa fare, vuole scappare, si stanca e cede, si lascia andare oppure fa l’opposto, si arrabbia e non sopporta questo stato. Ma proprio questi stati sono i più vantaggiosi per aggiungere una goccia in più di lavoro, un altro grammo di sforzo, con il quale attiriamo la Luce su di noi.

Colui che non si dispera e non cede è colui che ce la fa. In questo caso, né la saggezza, né la forza saranno di aiuto, solamente la pazienza. Il tempo sistemerà ogni cosa.

“Il Tempo” sta a indicare i numerosi sforzi che un uomo compie in ogni momento, anche i più piccoli. Questi sforzi si accumulano, si connettono e, alla fine, portano la soluzione.
[98320]

(Dalla 1.a parte della Lezione quotidiana di Kabbalah del 07.01.2013 “Introduzione allo Studio delle Dieci Sefirot”)

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