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Che cos’è la vera libertà, in poche parole?

La vera libertà è la libertà dalla nostra natura egoistica, in cui siamo schiavi del desiderio di godere solo per il proprio tornaconto in ogni nostra intenzione.

Quando ci affrancheremo dall’intenzione egoistica di trarre vantaggio per noi stessi, raggiungeremo la vera libertà: entreremo in uno stato di connessione positiva in cui ci piacerà beneficiare, sostenere e prenderci cura l’uno dell’altro.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman. 

Cambia questa unica cosa per raggiungere la perfezione

Il mondo si sta dirigendo verso uno stato di perfezione. Sebbene possa sembrare che ci stiamo allontanando sempre di più dalla perfezione, è necessario che percepiamo la nostra lontananza da uno stato perfetto per desiderare di unirci e avanzare verso di esso.

La perfezione è uno stato che va bene per tutti, senza problemi, con un senso di vitalità e in cui tutti si preoccupano gli uni degli altri.

Per realizzare la perfezione, dobbiamo prima cancellare la nostra competitività materialistica, che ci tiene in una costante inquietudine e che ci fa anche vedere gli altri in modo sfavorevole.

Dobbiamo calmarci, uscire dalla vita frenetica e agire nel mondo perché desideriamo portare il bene a tutti. Vale a dire, dobbiamo modificare la nostra motivazione, ed essere motivati semplicemente dal fatto che vogliamo fare del bene a tutti.

Se i valori della società si spostassero da come sono ora, la venerazione per il successo di individui che competono per arrivare al culmine della ricchezza, della fama e del potere, al valorizzare le persone per il bene che portano alla società, allora saremmo spinti a portare bontà a tutti, dato che così facendo, guadagneremmo il rispetto della società. Spero che questo cambiamento avvenga al più presto, perché allevierebbe molte sofferenze e permetterebbe di far fluire nel mondo un’abbondanza di bontà.

 

Basato sul video “Change This 1 Thing to Achieve Perfection” con il kabbalista Dr. Michael Laitman e Oren Levi. Scritto/editato dagli studenti del kabbalista Dr. Michael Laitman.

Al limite

C’è una ragione per il dibattito apocalittico che prevale così tanto ultimamente.  La minaccia che il conflitto Russia -Ucraina diventi nucleare con la centrale di Zaporizhzhya diventata ormai punto centrale di contesa, la crescente tensione tra Cina e Taiwan con il diretto coinvolgimento degli Stati Uniti, la costante minaccia atomica della Corea del Nord. Tutto questo e altro ancora danno l’inquietante sensazione di un mondo sull’orlo del disastro. Ci sono già condizioni, meno catastrofiche, ma comunque molto dolorose. L’impennata dell’inflazione sia negli Stati Uniti che in Europa, accompagnata dalla recessione, insieme ai violenti cambiamenti climatici, non fa che esasperare la situazione.

Queste emergenze avvengono simultaneamente perché siamo davvero al limite. Ci stiamo dirigendo verso una nuova era in cui il nostro modo di vivere di una volta, quello egoistico, sarà obsoleto.

Stiamo passando dall’era dell’egoismo a quella di una connessione e dipendenza reciproca tali che i pensieri egoistici, tanto meno le azioni egoistiche, non saranno più tollerate. Dovremo imparare  a essere reciprocamente rispettosi, all’inizio e a prenderci cura l’uno dell’altro, alla fine. Non potremo scegliere di evitare di preoccuparci per il prossimo, perché questo significherebbe non sopravvivere.

Non ci sarà un mondo cattivo. Al contrario, ci sarà un mondo dove ognuno è responsabile e si prenderà cura di tutti gli altri, un mondo dove non dovremo preoccuparci di noi stessi perché ognuno lo farà per noi. Sarà un mondo senza abusi, guerre o crimini. L’unico crimine sarà la mancanza di considerazione, l’egoismo.

Indubbiamente queste parole sembrano impossibili oggi. In effetti, siamo ancora lontani. Peraltro, rivoluzioni di questo tipo non avvengono dall’oggi al domani; questi sono processi ma ci siamo già ampiamente dentro.

La ragione per cui scrivo riguardo a questo adesso è che siamo già al limite. Dobbiamo iniziare a familiarizzare con concetti e regole che governeranno la nostra vita in futuro, perché prima le conosciamo e iniziamo a seguirle, più morbido sarà il passaggio.

Se opponiamo resistenza al percorso dell’evoluzione, le situazioni minacciose che stiamo vedendo oggi si materializzeranno. Se li accogliamo, i cambiamenti avverranno in modo morbido e piacevole.  Spero che sceglieremo il secondo.

Immagini:

1) Mucche sopravvissute all’uragano Florence, bloccate su un portico, circondate da acque alluvionali. North Carolina, USA.

2) Foresta di alberi di lava causata dall’eruzione di una linea di bocche di 1 km a est di Pu’u Kahaulea, sul vulcano Kilauea dell’isola di Hawaii.

La follia della battaglia per l’anzianità

Sia che si tratti di una guerra tra tribù in Africa o tra nazioni in Europa, ogni guerra inizia con una disputa ideologica che poi si traduce in un conflitto militare. Lo stesso sta accadendo per l’attuale guerra nell’Europa dell’Est.

La questione ideologica al centro dello scontro tra Russia e Ucraina è molto più profonda di una disputa territoriale; è una guerra per stabilire il “mio posto nel mondo”. La Russia sostiene di essere arrivata per prima e che gli Ucraini a malapena meritano il titolo di “nazione”. Gli Ucraini, invece, sostengono il contrario e sono di fatto la nazione più antica. Gli storici continueranno a disputare a lungo su chi ha ragione e probabilmente non si troveranno mai d’accordo.

Noi Ebrei, tuttavia, sappiamo solo una cosa per certo: l’anzianità non conta. Anche se siamo uno dei popoli più antichi del pianeta, e anche se siamo la “radice” di due religioni che si sono diffuse in tutto il mondo , il Cristianesimo e l’Islam, e di innumerevoli filosofie e insegnamenti, questo non ci dà alcuna preferenza o favore agli occhi del mondo.

Anzi, dovremmo essere i primi a sottolineare l’inutilità delle discussioni sull’anzianità. Dovremmo invece sottolineare che la famiglia delle nazioni dovrebbe essere più simile a una vera famiglia. In una famiglia, alcuni bambini nascono prima e altri dopo, ma sono comunque fratelli, non nemici, e tra loro c’è amore e sostegno reciproco. Come in una famiglia, i fratelli maggiori non dovrebbero sentirsi superiori, ma piuttosto responsabili dell’integrità e del benessere della famiglia.

L’anzianità dovrebbe significare un livello di sviluppo superiore. Eppure, non c’è niente di più primitivo (e insensato) che usare l’anzianità per rivendicare prerogative. Il fatto che io sia arrivato per primo non mi dà il diritto di trattare con condiscendenza gli altri. Al contrario, mi rende responsabile per loro.

Una parata militare che mette in mostra carri armati e missili non è più civile di una danza di guerra con frecce e lance. Entrambe sono ugualmente primitive. Tuttavia, nel caso della danza di guerra, non ci sono pretese, mentre nel caso della parata militare, essa professa di mostrare il progresso. In realtà, mostra solo la brutalità e l’egocentrismo ipersviluppati dell’uomo.

Invece di fare la guerra per la superiorità, dovremmo capire che siamo degni solo quando ci uniamo al di sopra delle differenze, proprio come una famiglia è una buona famiglia solo quando tutti i suoi membri sono uniti e si prendono cura gli uni degli altri. Le differenze tra noi non ci insidiano, ma completano le nostre debolezze e ci aiutano a raggiungere ciò che altrimenti non saremmo in grado di ottenere.

Così come la complementarità è alla base dell’equilibrio in natura, dovrebbe essere alla base della società umana. Se utilizzassimo le qualità degli altri per il bene comune, tutti trarremmo beneficio dalla nostra unicità. Ci apprezzeremmo e ci prenderemmo cura l’uno dell’altro proprio perché siamo così diversi.

La civiltà si sta dirigendo verso la complementarietà, non verso il particolarismo. Oggi, coloro che fanno i paternalisti con gli altri non avranno successo. È semplicemente il momento, nella nostra evoluzione, di correggere la famiglia delle nazioni e iniziare a funzionare come una famiglia buona e premurosa.

Un ascensore per il mondo del domani

Ogni volta che il mondo sperimenta un  grande sconvolgimento, nasce il desiderio di allacciare buone relazioni tra tutte le persone. Ogni volta che un paese attraversa una crisi interna, nasce il desiderio di unire tutte le parti della nazione. Eppure, nonostante ciò, la vita continua a portarci da delusione in delusione. Quindi, cosa ci manca per la via della tranquillità e della soddisfazione?

Il problema è che gli esseri umani sono egoisti per natura. Pensiamo solo a noi stessi, cerchiamo il nostro bene e usiamo gli altri per il nostro piacere. Quindi, anche se pensiamo a cose come costruire un legame reciproco tra le persone e cerchiamo di fondare organizzazioni e processi per promuovere tale obiettivo, i nostri risultati mancano del potere per superare la natura umana, cioè  mettere dentro i nostri cuori l’amore per gli altri prima dell’amore solo di noi stessi. Per questo motivo, i nostri sforzi per costruire legami non durano mai a lungo.

Ciò di cui abbiamo bisogno per avere successo è un potere speciale, qualcosa di ultraterreno, una specie di meccanismo miracoloso che ci possa elevare dalla nostra natura egoistica a una natura molto più avanzata e sublime di amore per gli altri, qualcosa di completamente nuovo.

Siamo al centro di un processo evolutivo. Negli ultimi decenni, il mondo è diventato un sistema olistico in cui tutti i suoi dettagli sono interconnessi, interdipendenti e correlati, Ma noi esseri umani, con la nostra concentrazione interiore egoistica, non siamo ancora integrati nel mondo emergente. Man mano che il mondo diventa più interconnesso, insieme cresce l’ego di ognuno e allo stesso tempo ci allontana. Così cresce anche  l’incompatibilità tra l’umanità e il sistema natura. Se la natura umana non cambia, è solo questione di tempo arrivare a un’esplosione distruttiva.

C’è un solo meccanismo che ci può risparmiare  questo terribile destino ed elevarci a un nuovo livello di interazione, più sicuro e più piacevole. Questo meccanismo salvavita è descritto nella saggezza della Kabbalah ed è un metodo per correggere la natura umana. In generale, il metodo si basa sull’apprendimento e la pratica di tecniche di connessione e comunicazione per piccoli gruppi. Si impara anche in modo approfondito sul sistema integrale della natura e la forza che collega tutte le parti della realtà in un meccanismo integrale e perfettamente modellato.

C’è un sistema completo alla base di tutta la natura dove tutto procede in connessione, perfezione e armonia. Questa legge suprema della natura che richiede amore non può assolutamente essere violata. Nella misura in cui trascendiamo la nostra natura egoistica per l’amore verso gli altri, la distanza tra noi e gli altri si accorcia finché saremo letteralmente in grado di sentire tutti dentro di noi. I nostri calcoli mentali ed emotivi diventano armoniosamente connessi; la mente e il cuore si uniscono in una linea centrata dove tutto diventa integrale e collegato.

Un tale processo di sviluppo può portare ciascuno di noi ad acquisire il vero amore per gli altri e quindi  essere in grado di iniziare a contribuire nel  plasmare l’ambiente circostante per sostenere anche tale obiettivo. Questo passaggio rivoluzionario dall’indipendenza all’interdipendenza eleverà il nostro mondo di guai al mondo di domani, un mondo più vicino e cooperativo in cui tutta l’umanità ascenderà a un futuro prospero.

(Immagine: Reuters)

La strada lunga e tortuosa (non la dobbiamo prendere)

Dobbiamo comprendere l’unicità dello stato attuale dell’umanità. In tutto il mondo sta emergendo un nuovo sistema. In questo sistema, siamo tutti connessi, inconsapevolmente, controvoglia e irreversibilmente. Il sistema è sempre stato lì, ma ora i fili ci stanno avvicinando sempre di più fino a non poter più ignorare la nostra interdipendenza, anche se proprio non vogliamo pensarci. 

Sta diventando evidente che tutta la creazione è diretta verso l’interconnessione e coloro che vi si oppongono ne usciranno sconfitti. Stiamo marciando su una strada lunga, tortuosa e dolorosa mentre potremmo prenderne una breve, rapida e piacevole. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno per intraprendere il percorso desiderabile è abbracciare la connessione. Se lo rifiutiamo, rimarremo sul percorso attuale e doloroso fino a quando non saremo finalmente d’accordo a connetterci.

I disastri e le crisi crescenti che sembrano prendere d’assalto il mondo da tutte le direzioni sono i colpi di scena sul nostro percorso verso la connessione. Ogni volta che ci allontaniamo da esso, la realtà ci costringe a renderci conto che dipendiamo l’uno dall’altro e che faremmo meglio ad accettarlo.

Guardate i prezzi in aumento in tutto il mondo; guardate l’aumento dei costi di trasporto, i gruppi di navi mercantili stipate fuori dai porti per settimane in attesa del loro turno per lo sbarco. Guardate come ci infettiamo a vicenda con nuovi ceppi di Covid ogni pochi mesi. Guardate come la carenza di chip di silicio sta paralizzando la produzione globale di qualsiasi cosa, dalle automobili ai computer e agli elettrodomestici. Questi sono tutti segnali spiacevoli e inutili che siamo tutti collegati.

Non c’è davvero carenza di nulla. C’è abbastanza cibo, abbastanza beni, abbastanza chip per computer, abbastanza olio, abbastanza di tutto per soddisfare tutti. L’unica cosa che non è mai soddisfatta è il nostro ego, che trae la sua soddisfazione dall’abuso degli altri. Per mettere gli altri in difficoltà, il nostro egoismo crea crisi dove non ce n’era bisogno. Non ci rendiamo conto che, poiché siamo tutti connessi, quando feriamo gli altri, feriamo anche noi stessi.

Abbiamo bisogno di una nuova mentalità. Dobbiamo renderci conto che nella realtà emergente, i paesi e le organizzazioni che si adattano all’esigenza di connettersi raccoglieranno i frutti dei loro sforzi, mentre quelli che si rifiuteranno saranno lasciati indietro. 

Certo, è un percorso.  Ci vorrà del tempo per cambiare veramente i nostri schemi di pensiero. Tuttavia, non è necessario che ci si riesca subito per avviare il cambiamento. Lo stesso sforzo di cambiare direzione è sufficiente per creare uno slancio positivo che ci metterà sulla strada giusta verso un’umanità soddisfatta e contenta. Astenersi dallo sforzo ci manterrà sulla strada lunga, tortuosa e sempre più dolorosa finché non ci inchineremo ai dettami della realtà e alla fine accetteremo di connetterci.

Covid: il Terminator di Carriere

Non sono passati neanche due anni dall’inizio del Covid, ed è già chiaro che il virus sta rivoluzionando la civiltà. Le cose che davamo per scontate fino a poco tempo fa, come il lavoro, la scuola e l’intrattenimento, sono diventate discutibili su diversi livelli. Il virus non agisce soltanto sulla nostra salute, ma anche sulla nostra vita: sta cambiando il modo in cui ci percepiamo, come esseri viventi e come membri della società.

Fino a quando non ci è piombato addosso il virus, abbiamo etichettato le persone, in gran parte, dalle loro carriere o lavori, e dai loro stili di vita. Avere una carriera, una volta, era simbolo di successo.  C’era un tono romantico nella parola,  immagini di frequenti viaggi di “lavoro”, carte di credito aziendali, un appartamento in un grattacielo con una guardia nell’atrio e uno status sociale da far invidia agli altri.

In qualche modo, il Covid ha attenuato il fascino. Non è che la gente rifiuti completamente l’idea di una carriera, ma non è così invidiabile come lo era due anni fa e la sua attrazione sta semplicemente diminuendo. Vogliamo ancora il denaro, lo vorremo sempre, ma siamo disposti a pagare molto meno per ottenerlo. Non siamo disposti a sacrificare così tanto della nostra vita sociale, degli altri interessi, della nostra tranquillità e del  tempo in famiglia per il nostro stato sociale. In parte è perché non lo troviamo più così allettante e in parte è perché gli altri non trovano più invidiabili i nostri “titoli” di carriera.  Vedono le nostre lunghe ore in ufficio, i nostri voli frequenti e provano pena per noi, perché lavoriamo così tanto anziché goderci la vita. 

Ma la pandemia è andata più in profondità che cambiare la nostra percezione del lavoro. A poco a poco, ha risvegliato in noi le “grandi” domande, quelle che abbiamo soppresso per anni sotto la pressione della sopravvivenza in un mondo iper capitalistico: le domande sul senso della vita.

Proprio come il riscaldamento climatico scongela il permafrost emettendo gas che cambiano la composizione della nostra atmosfera, il virus sta sciogliendo il ghiaccio nei nostri cuori, aprendoli a sensazioni da tanto tempo congelate, che cambiano l’atmosfera della nostra società.  Stiamo imparando a pensare di più socialmente e meno individualmente.  

La paura del contagio ci ha fatto riconoscere che siamo dipendenti dagli altri per la nostra salute. Ora, con la crisi delle catene di approvvigionamento dovuta al coronavirus, ci fa capire che siamo dipendenti l’uno dall’altro per il nostro cibo, per il prezzo che paghiamo per le cose, per la nostra capacità di comprare i regali per le feste, per il nostro intrattenimento, la nostra vita sociale e per le nostre scuole ed educazione.

Forse non ce ne rendiamo conto, ma il virus ci insegna a rivalutare i nostri valori: chi consideriamo grande e ammirevole e chi disprezziamo. Ci insegna a giudicare le persone non secondo il loro guadagno, ma secondo il loro contributo alla società. Abbiamo iniziato applaudendo gli operatori sanitari e medici, poi siamo passati a riconoscere che i lavoratori dei supermercati sono indispensabili,  ora ci rendiamo conto che queste persone invisibili sono quelle che ci permettono di vivere e preoccuparci di noi stessi.

Grazie al virus, stiamo finalmente imparando che ogni persona è unica, dato che ogni persona porta un contributo speciale alla società che nessun’altro può portare.  Nella nostra unicità, siamo tutti pari. Quando il processo di accettazione dell’unicità di ogni persona sarà concluso, scopriremo che l’odio nei nostri cuori sarà svanito.

Vedremo quanto tutti siano preziosi e saremo grati dell’esistenza di ogni essere umano sul pianeta.  Quando questo avverrà saremo grati al Covid, che ha portato fine alle nostre carriere e ha generato unione e pace.  

Il senso della vita di una classe sociale “inutile”

Domanda: Sarebbe logico pensare che le comunità virtuali aiutino le persone a comunicare nella vita reale ma in realtà è il contrario, perché?

Risposta: Poiché le persone sono influenzate dal loro egoismo. Non possiamo farci nulla. Fintantoché non ci correggeremo, ogni modalità e forma di comunicazione ci danneggerà.
Domanda: Alcuni studiosi credono che i videogiochi forniranno un senso della vita alla classe sociale “inutile”, composta dagli individui che hanno perso il lavoro. Potranno essere miliardi di persone. Gli sarà garantito un salario minimo e giochi così da non farli ribellare. Lei vede possibile uno scenario del genere?

Risposta: Purtroppo sì, potrà succedere. Anche se questa sarà una fase intermedia di sviluppo dell’umanità e non quella finale.

Domanda: Oggigiorno ognuno di noi entra in contatto con così tante persone per cui non basterebbe una vita intera per incontrarle tutte. È un’opportunità per noi? Come possiamo sfruttarla nella giusta maniera per la nostra crescita personale?

Risposta: Credo che questo fenomeno ostacoli la nostra crescita personale, e che una persona qualunque non abbia la possibilità di staccarsene e crescere.
[274792]

Dalla trasmissione di KabTV “Communication Skills”, 7/10/2020

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Uguaglianza condizionale

Domanda: L’uguaglianza è uno dei principi fondamentali della comunicazione?

Risposta: In generale, sì. Ma questa è l’uguaglianza condizionale perché non esiste una persona uguale a un’altra. Altrimenti, saremmo diventati uno.
Il principio della corretta comunicazione è che ognuno possa esprimersi nel modo più completo possibile in un’azione collettiva.

Domanda: Nel corso della storia, il significato di uguaglianza sociale è cambiato costantemente. Nell’antichità, l’uguaglianza è stata osservata all’interno delle proprietà, mentre non c’era uguaglianza tra le proprietà.
Nella filosofia cristiana medievale, si credeva che tutti fossero uguali davanti a Dio, sebbene tutti capissero ciò che Dio è a modo loro.
Nell’età dell’Illuminismo, il concetto di uguaglianza sociale era basato sulle qualità personali, sull’individualismo: tutti dovrebbero avere gli stessi diritti e uguaglianza davanti alla legge. Ma non hanno tenuto conto del fatto che tutte le persone sono diverse per natura, e quindi si è comunque rivelata una disuguaglianza.
Gli insegnamenti socialisti hanno portato le persone all’equalizzazione.
Come risultato del costante desiderio di uguaglianza, la società è giunta al trionfo del liberalismo e del permissivismo. Come vede la prossima fase di sviluppo?

Risposta: L’uguaglianza significa che tutti dovrebbero sforzarsi di rendere la società parte integrante del meglio delle proprie capacità. In questa integralità diventeremo condizionatamente uguali.
Ognuno riceverà e darà quanto può, quanto ha bisogno e dovrebbe. Non possiamo valutare ogni persona e dire quanto deve e quanto no. È il giusto rapporto tra le persone che dovrebbe condurle non all’uguaglianza statistica, ma condizionale.

Domanda: Se tutti ottenessero tutto ciò che vogliono e tutti fossero soddisfatti dei loro bisogni, sarebbe possibile dire che siamo uguali in questo?

Risposta: No. Anche se immagini un futuro così fantastico, non darà nulla.
Non è sufficiente che la nostra natura riceva solo. Dobbiamo anche dare perché siamo elementi sociali che esistono a scapito l’uno dell’altro. Quindi qui devi inserire un altro parametro: quanto ricevo e quanto do. Uno non può esistere senza l’altro.
[273887]

Dalla trasmissione di KabTV “Communication Skills”,  11/09/2020
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Lavoro corporeo e lavoro spirituale

Domanda: Fatica e lavoro sono due concetti diversi. Attraverso la fatica le persone costruiscono relazioni fra loro. Il lavoro è un concetto fisico. Può essere svolto da esseri umani, macchine, e animali. Lei è d’accordo con questa dichiarazione?

Risposta: Nei miei studi di Kabbalah, io separo la mia fatica, il lavoro, in corporeo e spirituale. Noi dobbiamo dedicare gli sforzi necessari al lavoro corporeo in modo che la nostra parte animale possa esistere.
E per far sì che la nostra parte spirituale esista, dobbiamo capire la nostra missione speciale, il lavoro speciale dell’uomo nel mondo. Esso è lavoro sull’unificazione, ad esempio nell’annullare l’ego, sullo sviluppo di una persona altruista che è connessa a ognuno e che rivela completamente una nuova vita in questa connessione.

Appunto: Lo scopo della fatica è il risultato finale dell’attività creativa di un uomo.

Il mio commento: Questo è vero per entrambi…sia lavoro corporeo che spirituale.

Domanda: Durante le sue lezioni, lei dice che creare relazioni tra le persone è difficile. Quale sarà il prodotto di tale fatica?

Risposta: Un’appropriata società organizzata. Questo è il prodotto più importante.

Noi saremo legati dal consenso comune che la nostra unificazione è più importante nella vita. Dalla nostra connessione noi inizieremo a comprendere le forze superiori della natura. Allo stesso tempo, l’evoluzione sarà diretta verso lo sviluppo psicologico di una persona.
[270826]

Dalla trasmissione di KabTV “The Post-coronavirus Era”, 4/06/2020

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