Pubblicato nella 'Il senso della vita' Categoria

Qual è il più grande rimpianto che gli uomini provano sul letto di morte?

Un rimpianto molto comune che gli individui  hanno prima della morte è in relazione a ciò che non hanno fatto nella loro vita, per esempio, il rammarico di aver lavorato troppo e di non aver dedicato abbastanza tempo alla loro famiglia e agli amici.

Tali momenti, comunque, possono anche risvegliare sentimenti di gratitudine per il coniuge, i figli e gli amici che li circondano nei loro ultimi giorni.

In effetti, perché le persone pensano a ciò che è più importante nella vita nei momenti finali della loro esistenza?

È perché stanno facendo il loro bilancio  finale della vita e si rendono conto della propria impossibilità di fare ancora qualcosa di buono, così se ne rammaricano.  Allora pensano che dovrebbero semplicemente perdonare tutti e chiedere perdono a tutti, e concludono chiedendo perdono al Bore a causa della loro incapacità di connettersi correttamente con Lui.

Sebbene molte persone si risveglino con questi pensieri nei momenti finali della loro esistenza, dovremmo esercitarli per tutta la vita, non appena acquisiamo una certa consapevolezza di noi stessi. La conclusione di questa linea di indagine dovrebbe suscitare in noi la domanda: “Troviamo benevolenza nella forza superiore?”.

E come possiamo sapere se troviamo o meno il favore della forza superiore?

Non lo si può sapere. Ma chiedendocelo di continuo, ci correggiamo un po’ alla volta.

Inoltre, dovremmo essere grati il più possibile al Bore per tutto ciò che abbiamo vissuto. La gratitudine è importante perché non sappiamo veramente cosa sia buono o cattivo,  quindi dobbiamo benedire il male e il bene cercando di essere buoni.

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

Perché alcune persone trovano eccitanti, anziché spaventose, attività come il bungee jumping o il paracadutismo?

Che si tratti di bungee jumping, paracadutismo, altri sport estremi, corse nei parchi a tema e persino film di paura, in questi casi vogliamo sentire il limite e come lo superiamo: che raggiungiamo uno stato al di là delle nostre capacità.

Poi ci godiamo questo stato. È piacevole esercitare un certo livello di controllo sulla paura.

Il piacere di avere il controllo sulla paura diventa allora più forte dell’istinto della paura che affiora.

Quando la paura ci domina, sembra che penetri in ogni cellula del nostro corpo, fino al midollo delle ossa. Ecco perché il piacere che proviamo quando sentiamo un certo livello di controllo sulla paura è molto potente.

Tuttavia, se sentissimo che la nostra vita ha uno scopo eterno più elevato e ci mettessimo in cammino per raggiungerlo, non sentiremmo alcun bisogno di questo tipo di piaceri transitori, per quanto forti essi siano.

In questo modo non avremmo paura di nulla, perché vedremmo che siamo controllati dalla forza superiore, che vuole solo svilupparci per beneficiarci con la sua eterna e perfetta qualità di amore, donazione e connessione.

 

Contenuti scritti ed editati da studenti, basati sulle loro conversazioni con il Rav dr. M. Laitman.

”Overview Effect” e turismo spaziale

L’ ”Overview Effect è un cambiamento cognitivo riportato dagli astronauti durante l’osservazione della Terra dallo spazio. I ricercatori hanno descritto l’effetto come “una condizione di stupore con caratteristiche auto trascendentali, accelerata da stimoli visivi particolarmente sorprendenti”. Gli aspetti comuni più diffusi nello sperimentare la Terra dallo spazio sono ammirazione e percezione di bellezza, inaspettata commozione, addirittura sconvolgente, e un maggiore senso di connessione con gli altri e con la Terra nella sua totalità.

Michael Collins, membro dell’equipaggio della navicella Apollo 11 nel 1969, ha detto che “quello che davvero mi sorprese fu che [la Terra] proiettava un’aria di fragilità e non so perché. E ancora non lo so. Avevo la sensazione che fosse minuscola,  splendente, bella e fragile.” Edgar Mitchell, che fu a bordo dell’Apollo 14 nel 1971, ricorda “si sviluppa un’improvvisa coscienza globale, un orientamento verso la gente, un’intensa insoddisfazione per la condizione del mondo e un impulso a fare qualcosa a riguardo. Da là fuori sulla Luna le politiche internazionali appaiono così insignificanti. Viene voglia di  prendere un politico per la collottola, trascinarlo a un quarto di milione di chilometri di distanza e dirgli: ‘Guarda un po’, figlio di…’”

Un mio studente mi ha interpellato a proposito dell’overview effect, ipotizzando che il turismo spaziale potrebbe far sentire la gente più connessa alla Terra e agli altri. 

Io posso comprendere per quale motivo un viaggio nello spazio e la vista del mondo da lì possa renderci consapevoli della fragilità della nostra (non così grande) biglia blu e di quanto dipendiamo tutti gli uni dagli altri. Da lì è facile vedere che respiriamo tutti la stessa aria, che ci nutriamo dalla stessa terra e che beviamo la stessa acqua.

Eppure non credo che i viaggi spaziali possano cambiare molto il modo in cui trattiamo il nostro pianeta, perché a chi ne ha il comando e prende le decisioni, non potrebbe importare di meno. Lo scorso aprile Antonio Guterres, il segretario generale delle Nazioni Unite,  ha espresso, in termini  poco diplomatici, la sua opinione riguardo a queste persone:  “Alcuni governi e imprenditori dicono una cosa e ne fanno un’altra. In poche parole, mentono”.

Leggendo questo, la sensazione è quella di voler portare fuori nello spazio questi politici e farli guardare giù sulla Terra, come suggerito da Edgar Mitchell, e lasciarli lì a fluttuare finché non cambiano. Ma, seriamente, non credo che cambierebbero, anche potendo.

I politici si preoccupano solo di una cosa: il controllo. Non sono in grado di vedere o sentire niente altro. Finché vivranno vorranno stare al vertice e niente altro conterà per loro. 

Cosa possiamo farci?  Non sono così sicuro, tuttavia se  un numero sufficiente di persone cambiasse la percezione della vita e capisse che la solidarietà e la preoccupazione reciproca sono più importanti dell’orgoglio e del potere, magari anche i politici cambierebbero i loro punti di vista. Non credo che cambino da soli, ma potrebbero semplicemente comprendere che per stare al vertice devono sostenere valori come compassione e preoccupazione per gli altri, piuttosto che vanità ed egocentrismo. In conclusione abbiamo bisogno di un processo educativo completo per renderci,  non solo essere umani, ma anche esseri umanitari.

Il nostro futuro è l’eternità?

Uno studente mi ha detto di aver letto che il famoso futurologo Ray Kurzweil sta per pubblicare un nuovo libro intitolato: “The Singularity is Nearer”. A quanto pare, si tratta di uno sviluppo o di un’elaborazione delle idee che Kurzweil aveva presentato nel suo libro precedente: “The Singularity is Near”. Secondo l’articolo che ha letto il mio studente, Kurzweil prevede che entro il 2032, tra dieci anni, le tecnologie mediche saranno così avanzate che potremo vivere per sempre. Il mio studente ha chiesto la mia opinione sulla prospettiva della vita eterna.

Ebbene, per quanto mi riguarda, non riesco a capire cosa ci sia di buono nel vivere per sempre. A parte il clamore che suscita la morte, quali vantaggi mi dà il fatto di non morire mai e poi mai?

So che i libri sacri ci narrano che nel Giardino dell’Eden c’è la vita eterna, quindi se possiamo vivere per sempre, sarà il paradiso in terra. Tuttavia, se nessuno muore, questo pianeta sarà il paradiso in terra? A me sembra un modo sicuro per creare l’inferno sulla terra.

Inoltre se viviamo per sempre, quali sogni e speranze avremo?  Che senso ha vivere qui se non c’è alcuna pressione per realizzare qualcosa?

La vita ci viene data per un periodo di tempo limitato al fine di utilizzarla per ottenere qualcosa, per fare qualcosa. La vita ci viene data perché usiamo il nostro tempo qui per raggiungere la spiritualità, non per rimanere per sempre confinati nell’esistenza fisica.

Spiritualità significa estendere me stesso, andare oltre l’io e connettersi con la radice comune di tutti noi. In parole più semplici, spiritualità significa sentire tutta l’umanità, e in definitiva tutta la realtà, come un unico corpo, o meglio, come un’unica entità che non ha né inizio né fine. È l’opposto della vita fisica eterna, dove il tempo si dilata all’infinito. Vita spirituale significa vivere senza tempo.

Una vita tale non avviene quando perpetuiamo il corpo, ma quando ci innalziamo al di sopra di esso e anziché pensare solo a noi stessi, pensiamo a tutti gli altri. Attualmente, siamo assorti in noi, dato che vogliamo servire solo noi stessi. Se volessimo servire gli altri, li sentiremmo proprio come attualmente sentiamo noi stessi. Quando si sentono gli altri in maniera tangibile come si sente il proprio corpo, non si è più confinati nel proprio corpo. Di conseguenza, non siete confinati a nessuna delle limitazioni del corpo, tra cui la vita, la morte o qualsiasi concetto di tempo.

Il glorioso futuro non è pia illusione; è il futuro dell’umanità. Avverrà non appena smettiamo di pensare solo a noi e iniziamo veramente a pensare agli altri. Quanto prima cambieremo il nostro stato d’animo, tanto prima inizieremo quella vita beata. Se procrastiniamo, continueremo a lottare finché non ci renderemo conto che servire l’ego non paga e intraprenderemo il cammino spirituale. Se ci affrettiamo, intraprenderemo il cammino spirituale senza dover prima soffrire.

Foto: Ed Schipul

I limiti dello sviluppo tecnologico

L’evidente contrasto tra ciò che è reale e la vita che potremmo vivere, sta diventando sempre più doloroso. E’ doloroso poiché potremmo vivere in paradiso. Invece stiamo trasformando le nostre vite nell’inferno terrestre attraverso le nostre stesse azioni.

Da un lato, alcune parti dell’umanità hanno sperimentato tutti gli stadi di sviluppo dall’età della pietra all’età del bronzo e del ferro, al feudalesimo e alla schiavitù, al socialismo e al capitalismo, all’autocrazia e alla democrazia. Allo stesso tempo, altre parti dell’umanità sono bloccate da qualche parte in questi tre primi periodi. Il divario tra gli stadi di sviluppo nei diversi luoghi del mondo crea lacune in ogni aspetto della vita delle persone e ostacola il progresso dell’umanità.

In uno stato del genere, la tecnologia, per quanto avanzata, non può essere d’aiuto. Anche quando viene introdotta, le persone la usano per maltrattarsi a vicenda piuttosto che per elevare l’umanità alle vette che potrebbe raggiungere. La soluzione ai problemi dell’umanità, quindi, non sta in una maggiore tecnologia, ma in un’educazione adeguata che elevi l’umanità dalla barbarie della prevaricazione e dell’annientamento reciproco.

Ciò che deve cambiare ora non è il modo in cui comunichiamo, ma il modo in cui ci connettiamo gli uni con gli altri. Se ci solleviamo dall’atteggiamento di costante belligeranza e smettiamo di comportarci come clan di cavernicoli in lotta per i territori di caccia, se iniziamo a comportarci come la società umana globale che siamo diventati, saremo in grado di trarre il massimo beneficio dalla tecnologia per il bene di tutta l’umanità.

Credo sia già evidente che oggi l’aggressività non paga. Il mondo non tollera più i prepotenti.

Dobbiamo giungere a capire che l’intera struttura e direzione dell’evoluzione va verso una maggiore collaborazione e cooperazione. Sebbene la natura abbia creato forze contraddittorie, non ci sono guerre in natura; c’è complementarità. Ogni elemento in natura dipende e sostiene il suo opposto. Se lo capissimo, raccoglieremmo i benefici della complementarietà invece di cercare disperatamente di distruggere quelli che consideriamo nemici.

Nella nostra cecità, non vediamo che la nostra sopravvivenza e la nostra prosperità dipendono dalla sopravvivenza e dalla prosperità di questi stessi nemici. Se riuscissimo a vedere questa semplice verità, capiremmo la follia della guerra.

Non abbiamo idea di quali poteri scateneremo quando inizieremo a cooperare invece di annientare. Tutto ciò che attualmente lavora contro di noi inizierà a lavorare a nostro favore perché anche noi lavoreremo a suo favore.

Attualmente, abbiamo l’impressione che tutto cerchi di distruggere o dominare tutto e tutti. Complementarietà significa l’esatto contrario: tutto sostiene e supporta tutto e tutti gli altri. Se l’universo non funzionasse in questo modo, non esisterebbe nemmeno per una frazione di secondo. Quando lo capiremo e inizieremo a operare di conseguenza, scopriremo una nuova realtà fatta di poteri illimitati e di abbondanza, che lavorano tutti a nostro favore.

L’unico modo per fare queste scoperte è cambiare il nostro atteggiamento, come detto sopra, dalla belligeranza alla cooperazione. Tutte le spaccature e le inimicizie che attualmente percepiamo nell’umanità scompariranno e le persone lavoreranno come un’unica unità i cui elementi svolgeranno i rispettivi ruoli in perfetta armonia con tutti gli altri elementi della creazione. Semplicemente cambiando la nostra mentalità, entreremo nell’era dell’abbondanza.

La risposta è chiara se poniamo la domanda giusta

Alla fine, ciò che tutti vogliono è avere una buona vita. Una buona vita ha più o meno lo stesso significato per tutti: un posto confortevole in cui abitare, del cibo a tavola, mantenersi sani,  una buona educazione per i propri figli e soprattutto, la certezza di un futuro roseo. Quando ci chiediamo cosa ci impedisce di condurre una vita di questo tipo, per la maggior parte delle persone è chiaro che è solo il nostro ego, in tutte le sue forme: orgoglio, dispotismo, sfruttamento, prepotenza, crudeltà, ad impedirci di condurre una buona vita. Tuttavia, invece di chiederci come superare l’ego, ci chiediamo come proteggerci dall’ego degli altri, nel migliore dei casi, o peggio, come imporre il nostro ego agli altri.

C’è un motivo per cui non ci poniamo la domanda più ovvia: come superare l’unico ostacolo sulla strada della felicità? La cosa che ci ostacola, cioè l’ego, ci distrae e devia la nostra attenzione portandoci a vedere altre cose o altre persone come il problema. Se però ci eleviamo al di sopra dei nostri sentimenti e pensiamo in modo logico solo per un momento, ci renderemo conto che se ci sentissimo vicini gli uni agli altri, se ci sentissimo come una famiglia e non come dei nemici, non combatteremmo gli uni contro gli altri.

Gli scherzi dell’ego non sono una novità. Ci sta mettendo gli uni contro gli altri da milioni di anni. Abbiamo ucciso, sfruttato, abusato e anche gioito del dolore del nostro prossimo. Nessun altro essere vivente fa questo, soltanto l’uomo lo fa, perché soltanto l’uomo possiede la serpe interiore chiamata “ego.”

Le società del passato non erano così venefiche come la nostra di oggi. In alcuni casi, vivevano davvero come una famiglia. Ma l’ego non rimane statico; si intensifica e avvelena tutto ciò che incontra sul suo cammino. L’umanità ha provato tutte le opzioni. Ha provato l’estrema sinistra e l’estrema destra, il capitalismo e il socialismo, l’anarchia e gli ordini rigidi, la monarchia, la democrazia, la teocrazia e la lista continua. Niente ha funzionato e niente funzionerà finché l’ego governerà le nostre menti e i nostri cuori.

Mentre l’umanità è stata coinvolta in lotte incessanti, un uomo, vissuto quasi 4.000 anni fa, ha posto la domanda giusta: come può l’umanità sconfiggere l’ego nei nostri cuori? La risposta che trovò lo rese così felice che capì come aiutare l’umanità e iniziò a diffonderla ovunque andasse. Il nome di quell’uomo era Abramo e il messaggio che diede a tutta l’umanità fu che invece di cercare di sconfiggere l’ego degli altri, o anche il nostro stesso ego, dobbiamo concentrarci sul positivo, sul coltivare connessioni non egoistiche.

Abramo, che divenne noto come “l’uomo della misericordia”, grazie alla sua idea innovativa, iniziò ad accumulare seguaci che si rendevano conto che aveva ragione. Pressato dalle autorità egocentriche della sua patria, Babilonia, Abramo si mise in viaggio e si diresse verso Canaan. Lungo la strada, accumulò altri seguaci che videro la bellezza della sua idea. Non erano una nazione, almeno non ancora; erano una folla di persone che simpatizzavano con l’idea del loro maestro. Solo quando iniziarono a mettere in pratica il metodo di Abramo tra di loro, coltivando la premura e la considerazione al posto dell’alienazione e dell’egoismo, iniziarono a a creare una forma di unità mai vista prima.

Grazie alla loro unione, queste persone hanno scoperto qualcosa che prima non sapevano: tutto è collegato. Poiché aggiunsero l’elemento del dare alla loro natura egocentrica, poterono percepire che ogni cosa in realtà non solo riceve, ma dà anche a tutto il resto. In questo modo, crearono una società equilibrata e armoniosa che divenne un modello per il resto del mondo. Questa società divenne nota come “popolo d’Israele”.

Tuttavia, non mantennero la loro solidarietà. I loro ego continuarono a crescere, come l’ego cresce in ogni persona, e alla fine anche loro cedettero ad esso. Tuttavia, l’eredità di Abramo rimase in loro e pochissimi di essi mantennero vivo quell’insegnamento nei libri e negli insegnanti.

Oggi questa saggezza si sta aprendo al mondo intero, poiché il mondo ha esaurito le sue opzioni. Gli inutili sforzi volti a trovare un modo per sopraffare l’ego hanno aperto le menti delle persone a una saggezza della connessione che non cerca di sopprimere l’ego, ma di potenziare la connessione. Il mio maestro, RABASH, così come suo padre, Baal HaSulam, erano insegnanti di questo tipo e io faccio del mio meglio per rendere i loro insegnamenti accessibili in ogni lingua e in ogni luogo. Oggi siamo pronti a porre la domanda giusta: come superare l’ego? Oggi l’ego non è in grado di attirarci in false ideologie che non portano da nessuna parte se non a maggiore infelicità.

Perchè non ci ricordiamo il momento della nascita.

Gli esseri umani sono emotivi. Le sensazioni ci guidano, determinano i nostri pensieri, le nostre decisioni nella vita e il nostro giudizio. Qualsiasi cosa facciamo, la facciamo per sentirci bene o per evitare sensazioni negative. Le emozioni sono così centrali per il nostro essere che determinano persino la nostra memoria. Allora perché non ricordiamo il momento più critico della nostra vita, il momento della nascita? Infatti non ci ricordiamo neanche gli anni formativi, quando avevamo uno o due anni. La ragione è che nei primi anni di vita, i nostri sensi fisici si sviluppano velocemente, ma il nostro mondo emotivo, il nostro “io” rimane indietro e prima di avere un “io” distinto con le sue proprie emozioni, non colleghiamo le emozioni agli eventi, quindi non le ricordiamo, almeno non più che semplici immagini.

Anche più avanti nella vita, all’età di tre o quattro anni, un’età di cui molti di noi hanno qualche memoria, i ricordi sono ancora molto vaghi e incompleti, come se fossero forme di memoria “immature” o “primitive”.

I ricordi “veri” iniziano quando cominciamo a sviluppare una psiche, un “io” che si riconosce come un essere individuale. Una volta che percepiamo noi stessi come esseri separati, con i nostri pensieri ed emozioni, e comunichiamo con gli altri come individui distinti, passiamo dall’essere piccoli animaletti, con il potenziale di diventare esseri umani, a persone vere e proprie.

La trasformazione si riflette nel modo in cui i bambini si connettono con gli altri, e diventa totalmente sviluppata una volta che iniziamo a provare l’attrazione ormonale, all’inizio dell’adolescenza.

Questa evoluzione, che è unicamente umana, è dovuta al motivo della creazione degli esseri viventi. Non è nostro destino rimanere come animali, il nostro destino è farci domande sul nostro mondo, sulla ragione della sua esistenza, e della nostra esistenza al suo interno. Siamo destinati a chiederci e comprendere lo scopo della nostra vita oltre al livello fisico. Solo una volta che le nostre emozioni sono completamente sviluppate possiamo iniziare a esplorare domande tali in maniera seria.

Per me, quel momento è arrivato con la domanda “cosa viene dopo?”. Mi chiedevo “cosa viene dopo, la scuola, l’università, e…?” Non avevo una risposta. Per questo motivo non volevo imparare; divenni apatico. Era una sensazione orrenda, una sensazione di inutilità, di essere obbligato a fare qualcosa privo di significato.

Non tutti sono tormentati da questa domanda. Alcune persone attraversano la vita inseguendo la ricchezza o la fama, e sono soddisfatti di questo. Il significato di tutto non li preoccupa.

Eppure il significato della vita può rivelarsi soltanto a coloro che si fanno la domanda. In gradi diversi, la domanda sorge in tutti, ma solo coloro che ne sono perseguitati, possono trovare la risposta.

La risposta è che siamo nati e viviamo solo per sviluppare la nostra anima. L’anima non è qualcosa dentro di noi, ma tra di noi. L’anima è una connessione speciale tra persone, che possiamo sviluppare soltanto se sentiamo che le nostre connessioni esistenti, in cui cerchiamo costantemente di consumare e assorbire, non ci soddisfano. Quando iniziamo a cercare la reciprocità, iniziamo a scoprire un nuovo livello di esistenza sconosciuto a coloro che sono guidati soltanto dall’interesse personale.

Le persone che sviluppano l’anima, iniziano a vedere la rete che connette ogni cosa, e come ogni cosa influisce su tutto il resto. Queste connessioni sono l’anima, e rivelarle è lo scopo della nostra esistenza. Ogni altro essere funziona istintivamente all’interno della rete, solo gli esseri umani possono comprendere questa matrice di esistenza e operare al suo interno come esseri coscienti. Sviluppare questa consapevolezza è lo scopo della nostra vita.

La nostra follia ha uno scopo

Una delle domande più imbarazzanti che ossessionano l’umanità è perché la specie più intelligente del pianeta non riesca a gestire la propria vita con intelligenza. Dopo ogni cataclisma auto inflitto, analizziamo, riflettiamo e traiamo conclusioni per evitare che le calamità si possano ripetere. Eppure, ogni volta, ricadiamo inevitabilmente negli stessi errori, pecchiamo di vanità e sconsideratezza che conducono inevitabilmente ad un altro cataclisma. Perché la specie più intelligente continua ad incedere con questo passo nella follia?

La sorprendente risposta a questa domanda non risiede nelle nostre manifestazioni o nel nostro intelletto. La risposta sta nello scopo della nostra esistenza. Se ci stessimo sviluppando secondo la legge dell’evoluzione di Darwin, vale a dire, in modo naturale, non ci sarebbero falle nel nostro comportamento, esattamente come gli animali che sanno come agire e quando agire. Sono riusciti a sopravvivere in questo modo per milioni di anni nonostante le forze avverse.

Gli umani invece hanno un altro scopo oltre l’esistenza fisica. Siamo destinati a diventare onniscienti, fino ad arrivare a comprendere tutto della Creazione: perché esiste, come permarrà e come potrà raggiungere il suo fine. 

Man mano che l’evoluzione fa il suo corso, da processi semplici a processi complessi, da creature unicellulari a trilioni di cellule che lavorano all’unisono per sostenere grandi corpi come il nostro,  la nostra coscienza deve gradualmente evolvere dal concentrarsi solo su noi stessi al concentrarsi su tutta l’umanità, poi sull’intero pianeta e infine su tutto ciò che esiste.

Siamo già connessi, ma non ne siamo consapevoli e ci comportiamo come se non lo fossimo.  Mentre gli animali seguono il loro istinto e dunque non interrompono la connessione tra le diverse parti della realtà senza quindi causare danni, noi invece seguiamo i nostri capricci e tutto ciò che ci passa per la mente. Poiché  le nostre menti non percepiscono la connessione di tutta la realtà e, oltretutto, contrastano la percezione a causa del nostro ego, agiamo come se potessimo ignorare il resto della realtà e fare ciò che vogliamo. Il risultato è il mondo caotico nel quale ci troviamo a vivere, in cui ciascuno cerca di imporre il proprio ego sull’altro o addirittura cerca di annientare l’altro.

Lo scopo del caos dunque, è quello di mostrarci la nostra follia. Che lo vogliamo o no, il caos ci mostra che siamo responsabili per tutto e ciascuno di noi lo è nei confronti degli altri. Se non acquisiamo consapevolezza della nostra mancanza di connessione e non iniziamo a comportarci di conseguenza, distruggeremo tutto.

Inoltre, se l’acquisizione della consapevolezza non è seguita da azioni, non potremo mai percepire ciò che dobbiamo percepire.  Non saremo in grado di capire il mondo in cui viviamo, come e perché esiste. In effetti, siamo giunti ad un punto in cui la nostra esistenza fisica ed  il nostro sviluppo spirituale sono in un rapporto di reciproca dipendenza. I nostri corpi riusciranno a sopravvivere solo se svilupperemo le nostre menti.

Ridefinire la felicità e la sicurezza

Per molte persone la felicità è la sensazione di essere amate, accettate e sicure nel proprio ambiente sociale. Ci sentiamo sicuri quando abbiamo un’immagine positiva del futuro.  Una sensazione di ottimismo sul futuro ci dà una ragione per vivere. Se la perdiamo, ci sentiamo scoraggiati e a volte anche con tendenze suicide. Il futuro è più importante per noi del presente; illumina o oscura il presente, quindi è fondamentale capire come costruire un futuro sicuro, circondato da amore e amicizia.

Attualmente, per sentirci sicuri, ci circondiamo di polizze assicurative, fondi pensione e simili. Ma in fin dei conti, poche persone si sentono tranquille e sicure quando si tratta del futuro.

In passato, l’unità familiare era fonte di amore e sicurezza. Oggi, i legami familiari sono talmente spezzati che non possiamo più contare su di essi nei momenti di bisogno. Ci sentiamo soli, viviamo in un’epoca di estraneità e isolamento.

Invece di essere legati a una famiglia affettuosa, oggi siamo incatenati al mondo intero. L’umanità è diventata una rete globale in cui tutti si sentono collegati, influenzati e dipendenti gli uni dagli altri. È come se l’umanità fosse seduta su una barca alla deriva in acque tempestose; dipendiamo gli uni dagli altri per la nostra sopravvivenza, ma non ci sopportiamo e non vogliamo che gli altri a bordo vivano. In questo stato, ovviamente, ci sentiamo insicuri e non amati.

Questo stato può farci venire voglia di arrenderci, ma possiamo anche vederlo come una sfida, un trampolino di lancio per il prossimo livello del nostro sviluppo. Per farlo, dobbiamo invertire l’interdipendenza negativa che ci è stata imposta dalla realtà in una positiva, come i legami familiari che una volta sentivamo.

In tali relazioni non vogliamo annientarci a vicenda. Al contrario, vogliamo sostenerci e aiutarci a vicenda. Creando un sistema di reciprocità in cui tutti aiutano gli altri, si crea una società in cui tutti si prendono cura degli altri e si inizia a generare sentimenti di amore e sicurezza a livello sociale. Questo livello è molto più gratificante dell’essere amati solo da alcuni membri della famiglia; è una percezione completamente diversa della società, una sensazione di vicinanza a tutte le persone. È la felicità a un livello nuovo, più profondo e molto più forte.

In uno stato in cui tutti i membri della società si sentono vicini gli uni agli altri, ognuno contribuisce con le proprie capacità al bene comune e gode dei contributi degli altri. La società diventa un corpo i cui membri sono le sue cellule e i suoi organi: Ognuno di loro ha una funzione unica, ma tutti lavorano per lo stesso obiettivo con la stessa dedizione assoluta e lo stesso amore.

Siamo già interconnessi e interdipendenti. Non possiamo separarci dalle nostre connessioni, quindi la nostra unica scelta è di avanzare. Se ci opponiamo a questo processo, ci sentiamo sempre più spaventati e soli in un mondo in cui dipendiamo dai nemici. Se accogliamo il processo, ci sentiremo, come ho descritto, come cellule che lavorano in armonia per il benessere del corpo, al sicuro e amate da tutti. 

Il mondo sta peggiorando o è solo la nostra percezione?

 

Se seguiamo le notizie di oggi, vediamo un mondo che sta per crollare, come se stessimo vivendo il periodo peggiore della storia. Quindi, ci vien da pensare che i nostri nonni avevano ragione quando ricordavano nostalgicamente i “vecchi tempi”.

I segnali cupi abbondano: ondate di caldo estremo e incendi furiosi in Europa e negli Stati Uniti, l’America che sanguina tra una sparatoria di massa e l’altra, l’inflazione che raggiunge i massimi storici al punto che la recessione sembra probabile, l’incessante guerra russa in Ucraina che continua a provocare scosse in tutto il mondo.

La Gran Bretagna e l’Italia affrontano l’instabilità politica. Lo Sri Lanka è affondato davanti agli occhi di tutti mentre i suoi leader sono fuggiti dal paese.  La tranquilla nazione del Giappone ha visto l’assassinio del suo ex  primo ministro alla luce del sole. 

Per quanto tutto possa sembrare sconvolgente, non è cambiato molto nel mondo. Il cambiamento principale è stato nell’accumulo di informazioni e nelle connessioni delle persone nel mondo. In tempi passati si viaggiava a piedi per andare a sentire cosa succedeva nella città vicina e ci si cullava in una nave per due mesi per andare a conoscere un paese lontano.

In periodi successivi, abbiamo comprato un biglietto per un treno ad alta velocità o preso aerei per atterrare in un continente lontano e conoscere altre realtà e persone. Ora, senza alzarci dalla sedia e premendo un tasto, siamo lì, nel cuore del mondo. In meno di un secondo, l’intera realtà colorata, rumorosa e vivace si dispiega davanti a noi, stupendoci con la sua crescente influenza.

Ascoltiamo e vediamo, sentiamo, ammiriamo e rispondiamo a tutto ciò che accade a tutti, in ogni angolo, in tempo reale. La comunicazione tra noi ci impone di assorbire un intenso flusso di informazioni che consumiamo come dei drogati.

Quanto spesso capita che qualcuno legga un libro e vada da un amico a dirgli: “Senti, che bel libro ho letto!”. Siamo in un mondo in cui ci sono solo notizie che non siamo in grado di assorbire, impegni che non riusciamo a tollerare. Di conseguenza, le persone si ammalano sempre più fisicamente e mentalmente.

Gli infiniti legami che si formano tra noi sono freddi, piatti e distaccati. Non hanno profondità, calore o identificazione. Mancano di simpatia e di disponibilità all’avvicinamento e non tengono conto del fatto che siamo una cosa sola. Se il mondo sembra pieno di crisi, sono i legami tra di noi che si sono spezzati.

I legami fisici tra noi sono diventati stretti e veloci, ed è giusto che sia così, ma dobbiamo adattarci interiormente ed emotivamente a questo. Dobbiamo inserire in questi legami un calore che ci rafforzi e ci unisca invece di dividerci. Potete spegnere un po’ il telegiornale, aprire un libro che abbia uno scopo, parlarvi e sentirvi.

Anziché correre in giro con gli occhi attaccati ad uno schermo e assorbire pezzi frammentati di informazioni, possiamo avere un’immagine vera della realtà quando guardiamo la creazione come integrale, sapendo che ha una direzione e uno scopo.  Tutta la realtà, passata o presente, ha un unico scopo: farci percepire che siamo uno, come la natura, e capire che soltanto attraverso la nostra garanzia reciproca e interdipendenza, saremo in grado di superare qualsiasi avversità. Quando raggiungeremo questa prospettiva, la percezione del mondo che vediamo entrerà finalmente in un bellissimo equilibrio chiamato pace.

 

Didascalia della foto:
Malaga, Spagna. Nelle foto scattate il 21 luglio 2022, si vedono gli incendi boschivi che hanno colpito diverse regioni spagnole tra temperature record. L’ondata di calore che ha flagellato l’Europa negli ultimi tempi lascia un bilancio catastrofico di incendi boschivi che hanno bruciato diverse centinaia di migliaia di ettari nel vecchio continente. Il Paese più colpito è la Spagna, dove l’ondata di calore è formalmente terminata, ma il Governo ha riconosciuto una cifra di 70.000 ettari bruciati solo fino al 10 luglio.