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Competizione costruttiva

In natura, la competizione sviluppa e migliora. L’evoluzione si basa sulla competizione; senza di essa, nulla cambierebbe. Ma nella società umana la competizione prende una piega molto negativa, diventa distruttiva e provoca una involuzione anziché un’evoluzione. Perché? Perché la natura umana stessa deve cambiare per evolversi positivamente.

In natura, gli istinti regolano la competizione tra le specie; non c’è libera scelta o decisione indipendente. È così che l’evoluzione crea forme di vita sempre migliori.

Ma negli esseri umani c’è l’ego. L’ego non è statico, ma si intensifica costantemente e ci fa sentire sempre più isolati e odiosi nei confronti degli altri. Il concetto di individualismo riguarda specificamente gli esseri umani e più cresce, meno ci sentiamo parte del tutto. Oggi è ai massimi storici e continua a crescere. Di conseguenza, il nostro approccio al rapporto con gli altri è di sfruttamento: vogliamo usare tutti per il nostro tornaconto, ognuno secondo i propri gusti e le proprie preferenze.

Questo atteggiamento rende la competizione tra noi distruttiva e rovinosa. Non ci fa evolvere, ma ci scaraventa in crisi sempre più gravi, che ora stanno diventando minacce esistenziali a livello globale.

Apparentemente, le cose non dovevano andare così. Abbiamo una scienza avanzata, possiamo produrre molto più cibo di quello di cui il mondo ha bisogno, possiamo fare in modo che ogni bambino del pianeta riceva una buona istruzione, assistenza sanitaria, nutrizione e alloggio.

In realtà, sempre più bambini sono affamati, malati e indigenti. Non è per la nostra incapacità, ma per la nostra disumanità. Inquiniamo l’aria e l’acqua anche se possiamo avere tutta l’energia di cui abbiamo bisogno da fonti pulite. Inquiniamo il suolo anche se possiamo evitarlo, e tutto questo non per negligenza, ma per noncuranza.

Il libero mercato, come lo chiamavano i progenitori del capitalismo, avrebbe dovuto trarre beneficio dalla concorrenza e creare una vita migliore per tutti noi. Lo ha fatto per un po’, ma ora causa solo sempre più danni, poiché il capitalismo è stato avvelenato da un eccessivo egoismo.

Il punto cruciale è che la competizione egoistica ci ha portato su un precipizio. Se non cambiamo rapidamente direzione, cadremo.

È giunto il momento di capire che, proprio come la natura è un sistema connesso in cui l’evoluzione di una parte migliora e influenza tutte le altre parti, anche noi siamo tutti connessi. Ma nel caso degli esseri umani, è nostro compito rendere queste connessioni positive e costruttive.

Per promuovere una competizione costruttiva nell’umanità, non dovremmo correre per raggiungere la vetta calpestando le teste degli altri, ma competere su chi contribuisce di più all’umanità. Le persone dovrebbero essere rispettate non per aver raggiunto obiettivi egoistici, spesso a spese del bene comune, ma per aver contribuito al bene comune, per aver migliorato la vita delle persone e, soprattutto, per averle avvicinate, aumentando il senso di solidarietà e di responsabilità reciproca nella società.

In questo modo, il nostro contributo unico alla società diventa un contributo positivo e non un elemento dannoso. Usare la nostra unicità per contribuire al bene comune ci permetterà di rimanere individualisti, e di diventarlo ancora di più, ma di usarlo in modo costruttivo e non in modo da danneggiare gli altri. Di conseguenza, le persone sosterranno l’individualismo degli altri, poiché esso farà progredire tutta la società, esprimendo comunque l’unicità di ciascuno.

Il senso di contributo reciproco favorirà la vicinanza piuttosto che il distanziamento, mentre la solitudine e l’ostilità tra le persone svaniranno. Invece dell’invidia tossica, le persone si incoraggeranno a vicenda a crescere e a realizzare il proprio potenziale. Le persone si sentiranno a casa in questa società, come parte del collettivo. Potranno godere dei suoi benefici, ma anche mantenere e sviluppare la propria unicità.