Perché ci interessa Mosè

Anche se la Pasqua è finita, c’è una cosa che per l’umanità non finisce mai: l’essere affascinati da Mosè. In realtà, non si tratta solo di Mosè, ma dell’intera storia della schiavitù degli Ebrei in Egitto e della loro fuga miracolosa, che ha catturato l’immaginazione dell’umanità per migliaia di anni. Cosa c’è in questa storia che ci ha affascinato così tanto? Dopo tutto, le storie di schiavi e di fuga verso la libertà abbondano, così come le storie di scontri tra leader. Ma poche, se non nessuna, hanno guadagnato l’immortalità come la storia della fuga di Israele dall’Egitto.

C’è una buona ragione per questo. La storia dell’entrata di Israele in Egitto, la loro vita lì e la loro fuga, ci affascina non tanto per la storia in sé, ma per ciò che significa per ognuno di noi. Gli annali degli Ebrei in Egitto descrivono il processo di liberazione dall’egoismo e il raggiungimento della qualità dell’altruismo, o amore per gli altri.

C’è una ragione per cui Rabbi Akiva spiega che la grande regola della Torah è “Ama il tuo prossimo come te stesso”, e perché il grande saggio Hillel disse a un uomo che gli chiese di riassumere la Torah in una frase: “Quello che odi, non farlo al tuo prossimo”.

E’ vero che non tutti vogliono diventare altruisti.  In realtà lo vogliono pochi. Tuttavia, man mano che l’umanità si evolve, sta diventando sempre più interdipendente. Più riconosciamo che le azioni di ognuno di noi influenzano la vita di tutti quanti, più ci rendiamo conto che non abbiamo altra scelta se non cambiare il nostro tratto fondamentale: l’egoismo, che di questi tempi è diventato ciò che molti esperti chiamano “epidemia di narcisismo”. 

La presa di coscienza è già in corso. La frase molto usata “Un’infezione in qualsiasi posto è un’infezione dappertutto”, mostra che riconosciamo che tutti ci influenziamo a vicenda.

Tuttavia, come possiamo preoccuparci degli altri quando siamo così preoccupati per noi stessi? Questo è precisamente quello che ci dice la storia degli Israeliti in Egitto. E ci commuove perché nel profondo, tutti noi abbiamo un Mosè interiore che capisce che la soluzione ai nostri problemi è nell’unità, nel liberarsi dall’ego, ed è solo una questione di tempo prima di accettare l’inevitabilità della trasformazione.

Nella storia, il Faraone rappresenta l’inclinazione malvagia, l’ego. Anche gli Egizi sono desideri e pensieri egoistici, ma non sono così ostinati ed egocentrici come il Faraone. Gli Israeliti sono quei pensieri e desideri dentro di noi che sono disposti a seguire Mosè verso l’altruismo.

Allo stesso modo, anche noi siamo molto deboli quando si tratta di resistere al nostro ego. Basta guardare la cultura: “Io! Io! Io!”, la cultura che abbiamo costruito, come l’ha descritta un grande saggio della NPR, e capirete quanto siamo immersi in noi stessi.

Ma prima o poi dovremo uscire dall’Egitto. L’impero dell’ego sta già cadendo; la civiltà che abbiamo costruito si sta sgretolando sotto l’inquinamento, lo sfruttamento e la belligeranza. Ci sta facendo uscire da noi stessi e ci sta portando l’uno nelle braccia dell’altro. Ci sta dando la scelta di abbracciarci l’un l’altro ed essere salvati oppure di ucciderci l’un l’altro e noi stessi durante il percorso.

Alla fine, sceglieremo la prima opzione. L’unica domanda è quanto tempo ci vorrà prima di capire che non abbiamo altra scelta che scappare dall’Egitto e costruire una nuova nazione, composta da tutta l’umanità, dove le persone si prendono cura le une delle altre e si uniscono come fece il popolo d’Israele ai piedi del monte Sinai: “come un solo uomo con un solo cuore”.

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