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Quando lasciamo i nostri figli a qualcun altro

Da diverse settimane la polizia della città israeliana di Qiryat Shemona sta indagando su un caso di maltrattamento di minori, poiché cinque maestre d’asilo hanno maltrattato tredici bambini affidati alle loro cure. Gli abusi, documentati dalle telecamere, consistevano in maltrattamenti fisici ed emotivi, in cui gli insegnanti afferravano una mano dei bambini e li sollevavano in aria, li gettavano sui letti, coprivano le loro teste con coperte, si appoggiavano su di loro e impedivano loro di rimuovere la coperta dalla testa. Le telecamere sono state installate nell’asilo dopo che, alcuni anni fa, il governo ha imposto per legge di monitorare tutto ciò che accade negli asili, in seguito a un altro caso di violenza sui bambini.

Da parte loro, i genitori inorriditi, che hanno dovuto guardare i video registrati per confermare l’identità dei bambini, non capiscono come le donne, che sono tutte insegnanti preparate e certificate, siano diventate dei mostri nei confronti dei loro figli. Dov’era il loro istinto materno?

Ci sono due cose che dobbiamo notare qui:

1. Ho già detto in passato, e lo ribadisco in questa sede, che il numero di telecamere installate in un asilo o in una scuola non impedirà gli abusi. Quando l’ho detto per la prima volta, diversi anni fa, la gente non mi credeva; l’idea di mettere telecamere in ogni asilo sembrava ottima. Pensavano che le telecamere avrebbero frenato gli insegnanti violenti. Già allora sapevo che non sarebbe stato così, perché la natura umana è più forte di qualsiasi ammonimento e la presenza di telecamere non scoraggerà gli insegnanti violenti.

2. In nessuna cultura e in nessun popolo indigeno è accettabile lasciare i bambini nelle mani di chi li accudisce mentre la madre si assenta per ore e ore ogni giorno. I neonati vanno sempre tenuti in casa, accanto alla madre, almeno fino ai due anni di età. Questo è il modo indigeno,  il fatto che lo abbiamo abbandonato non significa che siamo più progrediti, ma che siamo fuori dalla natura. Il primo istinto materno che viene calpestato non è quello degli insegnanti, ma quello delle madri che affidano i propri figli alle loro cure.

L’idea che una madre debba tornare al lavoro poche settimane o mesi dopo aver avuto un figlio, è fondamentalmente errata. Poniamo la carriera e l’agiatezza come priorità rispetto ai bambini, quindi non dovremmo sorprenderci che i nostri figli soffrano.  Fin dagli albori dell’umanità, e in tutta la natura, le madri non si sognerebbero mai di affidare i propri figli alle cure di qualcun altro. Solo noi, grazie al progresso, abbiamo iniziato a pensare di essere più intelligenti della natura.  Ora paghiamo il prezzo per la nostra follia.  

Inoltre, dal momento che le persone stanno diventando sempre più narcisiste, sperimentando quella che diversi sociologi hanno definito “epidemia di narcisismo”, il rischio che i nostri figli vengano maltrattati è ancora più alto di prima e continuerà a crescere nel tempo. Nulla può fermare l’ego in crescita. Pertanto, nulla impedirà agli insegnanti di infliggere violenza a bambini indifesi.

Non ho nulla contro le donne che lavorano, ma credo che dovrebbero farlo da casa, almeno per i primi due anni di vita di ogni figlio.  Le donne devono essere presenti per i figli, e nessun surrogato, professionale e premuroso che sia, può sostituirle.  Le lettori potrebbero deridere il mio pensiero, considerarlo antiquato e superato; io preferisco considerarlo per ciò che è: naturale.  

Dobbiamo ripensare l’intero concetto di famiglia, genitorialità, bambini e educazione dei figli.  Dobbiamo vedere come possiamo organizzare la nostra vita in modo da non dover costantemente rincorrere carriere e orari prolungati.

Credevo che ora ci saremmo abituati a lavorare da casa, ma vedo che molte persone stanno ritornando ai loro uffici.  Non capisco perché. Chi ci guadagna? 

Penso che le donne debbano fare ciò che amano fare; devono lavorare perché amano il loro lavoro e non perché il loro sostentamento dipende da esso. Il lavoro dovrebbe dare loro soddisfazione e appagamento e renderle più felici, non più stressate e ansiose per i propri figli.

È vero, ci sono anche madri e padri che abusano dei loro figli. Questo fa parte del processo educativo a cui tutti dobbiamo sottoporci. Nel complesso, però, l’unico modo per prevenire gli abusi sui minori è lasciare i bambini sotto la tutela delle madri. Forse dovremmo rivedere il nostro modo di pensare, ma questo renderà tutti più felici, comprese le madri, e per me è l’unica cosa che conta.

La depressione arriva presto

Il centro di ricerca Our World in Data, con sede a Oxford, ha recentemente pubblicato un studio da cui emerge che in molti Paesi “la depressione viene diagnosticata in età precoce rispetto al recente passato”. Lo studio ha rilevato che in Danimarca, ad esempio, nel 1996 la percentuale più alta di persone a cui veniva diagnosticata la depressione aveva un’età di circa cinquant’anni. Vent’anni dopo, nel 2016, la percentuale più alta di persone a cui veniva diagnosticata la depressione era di ventiquattro anni. Mentre il centro di ricerca ha attribuito la diagnosi di età più giovane alla crescente disponibilità a “cercare un trattamento per le condizioni di salute mentale”, altri ricercatori hanno trovato ragioni diverse per il calo di età nella diagnosi. 

In effetti, stiamo vivendo in tempi speciali. In passato, le persone erano più legate alla terra, al suolo. Oggi tutto è artificiale. Nasciamo e viviamo dentro le mura degli ospedali, poi dentro le mura di casa, poi le mura di scuola, e poi le mura dell’azienda.  Di conseguenza, siamo diversi dalle generazioni precedenti, e il nostro approccio verso la vita è anch’esso diverso.

Per prevenire la depressione è necessario investire costantemente con il giusto approccio, poiché le persone non sono più adattate a una vita naturale. L’investimento non è di tipo finanziario. Dobbiamo piuttosto costruire un involucro che funga da mediatore tra la nuova generazione e la realtà in cui essa vive. Tale involucro dovrebbe preparare le persone alla vita a tutti i livelli, personale, sociale e ambientale. Devono imparare a comunicare e a connettersi tra loro e con la natura. Altrimenti si perderanno, come sta già accadendo.

In passato le persone vivevano più all’’aria aperta di quanto non facciano oggi. Comunicavano con altri individui e gran parte della loro vita prevedeva l’interazione con gli altri. Oggi fanno tutto online e al chiuso, l’esterno e le altre persone sono sconosciuti.  Dobbiamo farli familiarizzare con il mondo esterno, far sì che passino meno tempo da soli e con i loro telefoni o computer portatili e che comunichino invece con gli altri membri della famiglia, con gli amici, con gli amici veri, con quelli in carne e ossa e con gli animali.

I progressi tecnologici degli ultimi decenni ci hanno avvolto di gadget e ci hanno disconnesso dalle persone. Anche il nostro cibo non è vero cibo e non lo produciamo, ma lo riscaldiamo solo in un microonde digitale.

Non dobbiamo rinunciare alla tecnologia; occorre semplicemente aiutare le persone a bilanciare le loro vite. Il fattore chiave per ristabilire l’equilibrio è la connessione umana, costruttiva, positiva e solidale. Se le persone scoprono che i legami con gli altri le gratificano in un modo che la tecnologia non è in grado di offrire, li alimenteranno.

Oggi le persone sentono soprattutto che i loro legami con gli altri sono competitivi, ognuno cerca di superare gli altri, di fare meglio di loro e in generale di superarli. Questo è molto faticoso, quindi le persone si rivolgono naturalmente a un ambiente meno competitivo e aggressivo: quello digitale. Se le persone avessero esperienze positive nelle relazioni con gli altri, se sentissero che gli altri le approvano, le apprezzano e accolgono la loro compagnia, non avrebbero motivo di ritirarsi in un ambiente virtuale.

Inoltre, i legami con le altre persone possono dare loro ciò che nessuna tecnologia può dare: un senso alla vita. La vita diventa importante e significativa solo nella connessione con gli altri.  La dazione e ricezione reciproca danno significato e scopo a ogni cosa che facciamo. Quando facciamo qualcosa per un’altra persona, questa rimane. L’atto assume una vita propria, un nuovo significato, e influisce sulla nostra vita e su quella delle altre persone coinvolte in modi che non possiamo prevedere. Quando facciamo qualcosa online, con noi stessi, il nostro atto si perde nella nuvola digitale e ci fa sentire vuoti e insignificanti.

Pertanto, se vogliamo curare la depressione, dobbiamo trovare il modo di incoraggiare le persone a uscire, a comunicare e a entrare in contatto con altre persone. Questo darà loro gioia, soddisfazione e un senso, e il senso della vita previene la depressione.

Decodificare il genoma umano: più sappiamo, meno comprendiamo

Nelle ultime settimane giornali e riviste scientifiche hanno salutato il completamento della mappatura del genoma umano. La rivista Smithsonian ha affermato: “Gli scienziati hanno decifrato l’otto percento mancante del nostro progetto genetico, gettando le basi per nuove scoperte nell’evoluzione umana e nelle malattie”. Il Time Magazine ha citato solennemente Evan Eichler, uno dei leader del progetto di mappatura, “L’entusiasmo nella comunità genomica e medica è palpabile. “Alleluia, abbiamo finalmente completato un genoma umano, ma il meglio deve ancora venire”, ha detto Eichler durante un briefing. ‘Nessuno dovrebbe vedere questa come la fine, ma l’inizio di una trasformazione non solo nella ricerca genomica ma anche nella medicina clinica.'”

È fantastico che abbiamo “sequenziato un genoma umano ‘senza buchi’”, come lo ha descritto la rivista Smithsonian, ma la realtà mostra che più sappiamo, meno comprendiamo. La decodifica del genoma umano potrebbe aiutare a risolvere alcuni problemi, ma non renderà le nostre vite più facili o più felici. Dal momento che non abbiamo comprensione di ciò che ci circonda, non capiamo il contesto per cui i nostri geni si sono evoluti e come operano in relazione all’ambiente. Pertanto, tutte le formule e le conoscenze saranno inghiottite nell’abisso della nostra incomprensione della realtà e renderemo più profondi e più gravi i nostri problemi con il nostro comportamento.

Ogni singolo gene che è codificato in noi è lì per una ragione. Se lo alteriamo o manipoliamo, altereremo tutto ciò che è connesso ad esso. La natura non crea malfunzionamenti di proposito. Ripara solo. Pertanto, quando cerchiamo di “riparare” la natura, invariabilmente roviniamo ciò che non è stato rotto, soltanto che non possiamo vederlo a causa della nostra cecità.

I nostri saggi nel Talmud babilonese (Shabbat 156a) scrissero che se una persona nasce con la natura di un assassino, può diventare un assassino o un ladro,  un macellaio o uno che pratica la circoncisione. In altre parole, non dovremmo cercare di cambiare le caratteristiche di base delle persone, ma  solo usarle per aiutare tutta la società.

Invece di cercare di cambiare i geni delle persone, dovremmo insegnare loro come usare la loro natura innata a beneficio della società invece di  danneggiarla. Per fare ciò, dovremmo creare un’atmosfera sociale in cui le persone che apportano un contributo siano rispettate, riconosciute ed apprezzate.

Attualmente, i “leader” della società sono narcisisti che  apprezzano solo se stessi e aspirano a essere  più “unici” possibile, oppure sfruttano la società per ottenere ricchezza, potere e influenza. Quando queste sono le persone che tutti ammirano, la società non può che disintegrarsi. I valori egocentrici che tutti cercano di seguire dividono la società e la spezzano in frammenti sempre più piccoli. Alla fine, ognuno sarà lasciato a se stesso. Percepiranno di non avere nessuno vicino e chiunque è un potenziale nemico. In uno stato del genere, le uniche vie di fuga dalla miseria saranno la droga e il suicidio.

I leader non cambieranno modo di essere. Sono leader solo perché noi siamo come loro, quindi stimiamo le persone che eccellono in ciò che vorremmo essere. Pertanto, non dobbiamo aspettare che gli idoli della società cambino. Invece, dovremmo  cambiare chi siamo, e dato che cambiamo noi, anche i personaggi che adoriamo cambieranno e nuovi valori saranno al centro della scena.

Una volta cambiati i valori della società, scopriremo che non c’è nulla di intrinsecamente sbagliato in ognuno di noi. Il nostro unico difetto è il modo in cui  abbiamo utilizzato ciò che è stato instillato in noi dalla natura. In altre parole, la colpa è dell’intenzione dietro le nostre azioni, non  del nostro DNA.

Poiché le nostre intenzioni attuali sono solo di autoesaltazione, tutto ciò che scopriamo e sviluppiamo è dannoso per la società. E poiché viviamo in una società che danneggiamo, la stessa società che ci nutre e ci sostiene, tutto ciò che sviluppiamo e scopriamo finisce per danneggiare noi.

Non dobbiamo cambiare cosa siamo, ma chi siamo. Il nostro problema non è cosa facciamo, ma perché lo facciamo. Se lavoriamo per portare beneficio alla società in cui viviamo, ne beneficeremo noi stessi.

Ci vuole uno sforzo congiunto per superare la nostra mentalità narcisistica, ma la situazione globale è già così grave che credo non abbiamo scelta né tempo da perdere.

L’umorismo, una questione seria

Cosa rende l’umorismo così necessario nella nostra vita? Cosa dovrebbe essere fonte di risate? Tutto è stato creato per il nostro sviluppo, anche il senso dell’umorismo. Ci dà la forza e la capacità di evolvere.

Chiunque sia vicino a persone impegnate professionalmente nel campo dell’umorismo sa che spesso si tratta di persone infelici per natura, molto serie e talvolta persino depresse. Per l’esigenza di uscire dalla nube grigia in cui sono immersi, sviluppano il senso dell’umorismo.

In generale, più una persona si evolve, più è in grado di apprezzare l’umorismo fine. Mi riferisco all’umorismo brillante: un collegamento inaspettato tra cose distinte che nel nostro modo normale di pensare sono completamente estranee.

L’umorismo raffinato richiede la capacità di osservare la nostra natura da un lato, per poter prendere in giro noi stessi. Tale umorismo si basa sulla abilità di individuare in noi stessi diverse identità: la forma originaria che abbiamo ricevuto dalla natura, la forma in cui siamo stati educati e le forme che abbiamo adottato nelle varie fasi della nostra vita, e queste sono le forme che abbiamo assorbito dagli altri. Da tutti questi confronti di identità scaturisce ogni tipo di riflessione importante.

L’umorismo può esprimere critiche, da un lato, e dall’altro deve essere trasmesso in uno spirito di amore, in modo piacevole. Non dovremmo mai prendere in giro gli altri e provocare odio. Dovremmo ridere solo delle fragilità generali che esistono nell’umanità per evidenziare le debolezze della nostra natura egoistica di esseri umani, per aiutarci a sviluppare la consapevolezza e la conoscenza delle nostre debolezze. Perché, se siamo consapevoli delle nostre qualità negative, possiamo lavorare per elevarci al di sopra di esse.

Dopo tutto, è così che la natura ci ha creati, imperfetti. La natura ci ha dato il senso dell’umorismo per aiutarci a criticare noi stessi e a trascendere la nostra natura. L’umorismo ci permette di vedere noi stessi da una prospettiva più alta, e quindi può anche aiutarci a elevarci al di fuori del nostro attuale  livello verso un livello superiore. Guardare e ridere di noi stessi da un lato può innescare uno esame interiore su chi siamo veramente. Se sappiamo ridere di noi stessi, allora è come è scritto: “Dio mi ha fatto ridere” (Genesi 21:6), una situazione dalla quale possiamo crescere.

Il buon umorismo deve sempre essere gentile, favorire lo sviluppo ed evocare l’affetto per ciò a cui ci si riferisce.  Dovrebbe stravolgere le nostre menti, per ammorbidire un’atmosfera rigida.

Che cosa c’è nell’umorismo che può aprire il cuore e abbattere i muri tra le persone? Che cosa c’è nell’umorismo che può aprire il cuore e abbattere i muri tra le persone? L’umorismo ci toglie tutti i travestimenti che ci mettiamo addosso. È come se ci spogliasse di tutte le pose e le maschere, rendendoci tutti uguali e semplici. Quando ridiamo insieme delle debolezze che sono in tutti noi allo stesso modo, creiamo immediatamente un rapporto più gentile tra di noi.

Non c’è mezzo più forte dell’umorismo per eliminare confini, barriere e distanze. La grande sfida del nostro tempo, la più seria, è sviluppare l’umorismo per avvicinare le persone tra loro, per renderci più connessi.

In arrivo un’altra ondata

Mentre i media sono impegnati a seguire la guerra in Ucraina, il Covid è tornato a perseguitare l’umanità. In Cina, più di cinquanta milioni di persone sono in lockdown a Hong Kong, il numero di morti sta aumentando in Israele, il numero di riproduzione (R) sta salendo velocemente ed è ora ben oltre la soglia di diffusione di 1. Se pensavamo che Omicron fosse contagioso, il nuovo ceppo, BA.2, lo è il 30% in più, e stanno emergendo anche varianti ibride come il Deltacron. Nuovi ceppi e nuove ondate continueranno ad apparire fino a quando non avremo imparato tutto ciò che dobbiamo dal virus.

Il virus non è qui per insegnarci qualcosa su se stesso, è qui per insegnarci qualcosa su di noi. Pensiamo a queste ondate come ondate di Covid-19, ma non lo sono. Il ceppo originale è praticamente scomparso; abbiamo a che fare con un virus diverso perché noi siamo diversi. Ecco perché i vaccini che hanno sconfitto il ceppo originale non sono più efficaci.

Come ho detto fin dalla prima apparizione del virus all’inizio del 2020, questo virus o i suoi “parenti”, è qui per restare. Ha bisogno di insegnarci a vivere in modo più pacifico e armonioso tra di noi e con la natura e non se ne andrà finché non impareremo.

Forse non ce ne siamo accorti, ma il virus ha già fatto un gran lavoro di insegnamento. Le nostre aspirazioni di carriera sono cambiate drasticamente. Improvvisamente, tutti parlano della Grande Dimissione e del fatto che molte persone ora preferiscono lavorare da casa.

Molte persone si sono anche accontentate di meno soldi in cambio di più tranquillità. Il movimento verso una settimana lavorativa di quattro giorni sta guadagnando slancio in tutto il mondo. Anche in Asia, nota per il suo stacanovismo, grandi aziende come Panasonic e altre sono passate o stanno passando a una settimana lavorativa di quattro giorni.

Anche l’istruzione tradizionale sta cadendo in disgrazia. “Fino al 2019, il numero di studenti che studiavano a casa era cresciuto tra il 2% e l’8% ogni anno. Dal 2019 all’autunno del 2020, la percentuale di studenti che seguono l’istruzione domiciliare è passata dal 3,4% al 9%”. Secondo il National Home Education Research Institute, “nel 2020-2021 c’erano circa 3,7 milioni di studenti che frequentavano un programma di insegnamento a casa nei gradi K-12 negli Stati Uniti (all’incirca il 6%-7% dei bambini in età scolare)”.

Non si tratta di cambiamenti di poco conto. Un minor numero di persone che lavorano significa un consumo più contenuto, una minore congestione delle strade, soprattutto se le persone lavorano da casa, e più tempo per la famiglia. Allo stesso modo, i bambini che studiano a casa richiedono che un genitore stia a casa e si occupi dell’istruzione e dell’occupazione dei figli. Questo, ancora una volta, influisce su molti altri aspetti della società.

Ecco perché penso che Covid non sia una punizione, ma una correzione. L’unica ragione per cui sentiamo questa correzione come dolorosa è che non accettiamo il cambiamento, quindi la natura ce lo impone.

Al nostro attuale livello di narcisismo, senza un freno dall’esterno, potremmo distruggere noi stessi e il mondo con noi. La guerra in Ucraina è solo un esempio di ciò che l’orgoglio e la fame di potere possono infliggere. Pertanto, penso che dovremmo essere grati alle limitazioni causate dal  Covid. Contiamo le sue vittime, ma non abbiamo idea delle catastrofi che la sua comparsa ha evitato.

Detto questo, non credo che dovremmo continuare a subire le sue costrizioni. Dal momento che la natura ci impone delle correzioni e noi non abbiamo altra scelta che obbedire, come è evidente, possiamo imporre queste correzioni a noi stessi invece di invitare pericolosi virus a farlo per noi.

Tutto ciò che dobbiamo correggere è il nostro comportamento egoistico. Per farlo, dobbiamo essere consapevoli che, in un mondo che è diventato totalmente interconnesso, pensare di poter prendere tutto ciò che vogliamo a prescindere dagli altri e godere del dolore altrui non è solo avventato, ma distruttivo per tutti, anche per noi stessi.

Dobbiamo capire che se vogliamo sottomettere altre persone, anche solo con il pensiero, tanto più con le azioni, danneggiamo noi stessi e il nostro ambiente. Nessun altro essere, a parte gli umani, ha pensieri così malvagi e narcisistici. Se li annienteremo  dentro di noi, metteremo fine alla guerra, alla fame, allo sfruttamento, all’abuso, alla tirannia e a tutto ciò che affligge il nostro mondo. Se siamo riluttanti ad imparare, saranno i virus ad eliminare queste piaghe dall’uomo.

Il cervello è il pensiero che riempie l’universo intero

Commento: “Penso, o è qualcun altro che pensa per me? Vivo, o sono controllato da qualcun altro?” Queste sono le domande che si pongono numerosi scienziati.

Oggigiorno, l’ipotesi che la coscienza esista indipendentemente dal cervello, viene sostenuta dagli psicologi olandesi moderni, che affermano che la materia pensante in realtà non esista affatto. E gli scienziati britannici affermano che il cervello, come qualsiasi altro organo, consista di cellule e che non sia in grado di pensare.  Funziona come un dispositivo che semplicemente rileva i pensieri.

Nel 1935, nacque un bambino a New York, che visse per 27 giorni, piangeva, si comportava come tutti i neonati, e solo dopo la sua morte, i patologi scoprirono che non aveva un cervello.  Com’è possibile?

La mia risposta: Non sappiamo che cosa sia il cervello.  Non sappiamo dove sia localizzato. In pratica, si estende per tutto  il corpo, dato che ogni cellula deve sapere cosa fare e come interagire con l’organismo intero.

Il corpo è un meccanismo che deve ricevere segnali, implementarli e dare una risposta, una risposta sull’esecuzione.  Ovvero, il cervello dovrebbe essere praticamente ovunque, in ogni cellula, in ogni momento.

Il cervello è un campo che esiste in noi, intorno a noi.  Non si può neanche dire “in noi  o intorno a noi” perché questa è una realtà completamente differente, una dimensione diversa.  È il pensiero che riempie e circonda l’universo intero, l’universo intero.

Anche gli astrofisici e gli astronomi dicono che il nostro universo è un pensiero.  Sentono che nella conversazione delle stelle, nell’intero vasto volume dell’universo, nell’accumulo di corpi apparentemente  completamente privi di vita, ci sia un pensiero, una melodia, una trasmissione di un’enorme quantità di informazioni sul passato, presente, futuro e non a livello di masse inanimate, ma a un livello completamente diverso, interiore che, sfortunatamente, non rivestiamo, non comprendiamo.

Quindi, ogni tentativo di comprendere il funzionamento del cervello, in linea di principio, non porta a grandi successi, dato che il cervello è la parte esecutiva.  È ciò che cattura i segnali che ci circondano, interagisce con essi e li converte in istruzioni molto esteriori, molto primitive, per il nostro corpo. Nulla di più.

Siamo esseri totalmente inconoscibili a noi stessi, non ci conosciamo. Sentiamo semplicemente il nostro corpo, senza sapere chi siamo realmente.

Perdipiù, non conosciamo il sistema che ci controlla e che ci lega tutti in una singola forza di controllo. Il cervello è lì.

Domanda: Da dove provengono tutti i segnali?

Risposta: Che cosa significa “provengono”? Siamo all’interno di questo sistema, nello stesso volume.  E sentiamo noi stessi nella forma animale, di un corpo materiale, con la sua parte esecutiva, che comprende il nostro cervello.

 

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From KabTV’s “Close up. Dissenting Opinion” 8/29/10

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L’egoismo è la forza trainante

Nella nostra vita ci sviluppiamo grazie all’egoismo, che ci spinge da generazione a generazione.  Voglio sempre qualcosa di nuovo: questo, quello e altre cose.  Guardate i bambini, sono sempre in movimento. È così che si sviluppa il nostro egoismo: afferra questo, impara quello, prova questo.

Anche se ci scontriamo, combattiamo, uccidiamo e rubiamo, siamo controllati dalla nostra natura, e quindi, a prescindere da tutto, avanziamo. È così che l’umanità è arrivata ai nostri giorni.

Se improvvisamente dicessimo “non sviluppiamoci  più con la forza egoistica naturale,  ma piuttosto con una forza altruista, opposta ad essa”, dove troveremmo il desiderio, la forza e l’energia per la realizzazione dell’altruismo?

Ho energia per la realizzazione dell’egoismo, voglio ricevere. Ma per dare, dove trovo un desiderio tale in me? Riesco a pensare agli altri? Certo che no.

Posso pensare agli altri solo nella misura in cui comprendo la mia dipendenza da loro. Di conseguenza, penso solo a me stesso e posso fare del bene agli altri se so chiaramente che sarà anche un bene per me.

La natura umana è l’egoismo quotidiano più comune a qualsiasi livello.  Osserviamo come gli atomi, le molecole, la valenza degli elementi e tutto il resto si connettono, come le sostanze più grandi si mescolano in un organismo e tutto funziona.

Anche l’altruismo nel corpo, quando ogni parte pensa all’altra, è necessario per il buon funzionamento del sistema intero, altrimenti nessun organo sopravviverebbe.  Quindi l’altruismo esiste  anche nel nostro mondo, ma si tratta di un altruismo animalesco.

 

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From KabTV’s “Close-Up. Gene of altruism” 9/19/10

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Cosa cerca la gente nei podcast

Si potrebbe pensare che la gente abbia sempre meno pazienza di ascoltare gli altri parlare, ma in realtà è vero l’opposto.  Infatti, più sono giovani gli ascoltatori, più è probabile che ascoltino i podcast online piuttosto che la musica. Secondo il music business blog Hypebot, lo Spoken Word Audio Report di NPR e Edison Research riporta che “La quota di ascolto audio dello Spoken Word è aumentata del 40% negli ultimi sette anni; l’8% quest’anno” e “la crescita dello spoken word audio è guidata da un grande aumento del pubblico giovane e multiculturale”, mentre l’ascolto della musica è sceso del 10% rispetto allo stesso lasso di tempo.

Ho detto molte volte che i giovani d’oggi non sono superficiali o apatici, come alcune persone ritengono.  Al contrario, sono molto percettivi, diretti e sanno esattamente di cosa hanno bisogno. Non è così: semplicemente non hanno  voglia di usare parole che non possono saziare la loro sete. 

Hanno bisogno di risposte; vogliono informazioni precise sul mondo in cui vivono, e noi non le stiamo fornendo. Dobbiamo offrire alle persone, soprattutto ai millennial e ai più giovani, la comprensione di come pensare e agire in un mondo globalizzato, interconnesso e interdipendente.

Essi lo vivono in maniera naturale, hanno amici in ogni parte del mondo che non hanno mai incontrato ma con i quali chattano online.  Allo stesso tempo, i paesi in cui vivono possono essere ostili o addirittura in guerra tra di loro.  

Noi, la vecchia generazione, abbiamo ancora visioni obsolete di separazione e confini, mentre loro vivono in una nuvola virtuale dove non ci sono confini e si sentono molto a loro agio.  Ora hanno bisogno di informazioni; hanno bisogno di sapere come comportarsi in una vita del genere, perché nessuno dei sistemi educativi odierni fornisce loro informazioni in merito.

Il mondo sta cambiando rapidamente e il ritmo non fa che aumentare. Se vogliamo una transizione fluida e tranquilla, dobbiamo prepararci.  Il paradigma di entità distinte che lottano tra di loro per il predominio è obsoleto,  in un mondo dove ogni entità dipende da tutte le altre entità per soddisfare i suoi bisogni più basilari. 

Se non passiamo velocemente a un modo di pensare più cooperativo e funzionale, la realtà ci obbligherà a farlo nel modo più duro, attraverso le guerre, le malattie, i disastri naturali e innumerevoli altri “colpi” che Madre Natura ha in serbo per disciplinare i suoi figli insubordinati.

Non è solo la generazione più giovane ad avere bisogno di risposte: ne abbiamo bisogno tutti noi.  Prima riconosciamo che il mondo è cambiato, prima inizieremo a studiare il nostro mondo da questa nuova prospettiva interdipendente e saremo in grado di trovare le risposte di cui abbiamo bisogno per noi stessi e per i nostri figli.  

L’insaziabile fame di potere dell’uomo

Fin dall’alba dei tempi, l’uomo ha bramato il potere. Fin da allora, le lotte di potere hanno sconvolto la vita pacifica delle persone. Anche oggi la fame di potere sta devastando e distruggendo innumerevoli vite. Il potere trasforma le persone in prepotenti. Questa cosa non possiamo eliminarla ma possiamo trasformarla in qualcosa di positivo. Se non impariamo come farlo, ci distruggerà tutti.

Si potrebbe dire che la fame di potere è la caratteristica primaria dell’uomo. Vogliamo controllare tutto ciò che ci circonda. Questo è vero non solo per i governanti spietati, ma per ogni essere umano.

La fame di potere esiste dentro di noi dal momento in cui nasciamo. Guarda come i bambini afferrano tutto ciò che la loro mano può prendere. Anche questo è un desiderio di controllare, di ottenere. È lo stato fondamentale dell’essere del nostro desiderio: voler possedere e controllare tutto ciò che vedo, portarlo sotto il mio governo, in modo che io abbia il controllo e tutto il resto sia subordinato a me.

In altre parole, la fame di potere inizia dai bisogni più elementari e aumenta a livelli in cui le persone perdono la capacità di giudicare correttamente a causa della loro ossessione per il potere. Il desiderio iniziale è naturale, ma negli esseri umani si evolve in un mostro disastroso.

Il problema non è che vogliamo qualcosa, ma che i nostri desideri crescono oltre il livello in cui possiamo bilanciarli. Alla fine, diventano desideri non solo di ottenere ciò che vogliamo, ma soprattutto di impedire agli altri di ottenere ciò che vogliono e di averli alla nostra mercé.

Esistono due forze fondamentali: l’attrazione e la repulsione. Si manifestano in tutti i livelli, fisico, biologico, emotivo e morale. In tutta la natura, gli opposti si bilanciano a vicenda. Negli esseri umani, la forza trainante cresce di generazione in generazione e continua a crescere per tutta la vita fino a diventare sbilanciata e fuori controllo. Per mantenere l’equilibrio che il resto della natura mantiene in modo naturale, dobbiamo imparare a farlo.

Fin dall’inizio della vita, dobbiamo insegnare ai bambini la natura umana, come tenerla sotto controllo, quali obiettivi dovremmo porci e come raggiungerli in modo costruttivo per noi stessi e per la società. Dobbiamo mostrare ai bambini quali ambienti sociali sono buoni per loro e quali no, e perché, e mostrare loro il danno che l’egoismo sconsiderato può infliggere.

Una volta che le persone hanno acquisito il controllo sul proprio ego, possono usarlo in modo positivo e costruttivo. Se queste persone hanno il desiderio di governare, una volta che avranno imparato a governare il proprio ego, potranno diventare grandi governanti. Saranno in grado di resistere al crescere e all’esplosione dell’ego, e invece di dire l’état, c’est moi (lo stato sono io), come fece Luigi XIV, si sentiranno umili di fronte al popolo per via del  privilegio a loro concesso di guidarlo saggiamente.

In effetti, un leader deve avere un sentimento intrinseco di non essere meritevole abbastanza. A meno che un leader non senta che le altre persone conoscono di più, sono più capaci o hanno più esperienza e saggezza, nulla gli impedirà di diventare un tiranno. Tuttavia, l’umiltà e un certo senso di inferiorità frenano l’ego e consentono al leader di rimanere attento, riconoscente e, soprattutto, premuroso.

Verso una carenza di rifornimenti

La guerra in Ucraina pone molte minacce non solo all’Ucraina, ma al mondo intero. Le sanzioni contro la Russia sono estreme, se non addirittura senza precedenti. Tuttavia, non dobbiamo credere che questo non comporti alcun costo per il mondo. I prezzi del grano e del petrolio sono già saliti alle stelle, ma non è ancora il momento peggiore. Il peggio arriverà quando non ci saranno più, quando gli scaffali dei supermercati in Europa e negli Stati Uniti saranno vuoti a causa della guerra in Ucraina. La lezione più importante che possiamo (e dovremmo) imparare da questa guerra è che il mondo è un unico villaggio globale interdipendente e che quando si fa del male a qualcun altro, si fa del male a se stessi.

Anche prima dello scoppio della guerra, la tensione sulle catene di approvvigionamento stava facendo salire i prezzi e l’inflazione stava battendo record negli Stati Uniti e altrove. Ma ora, per alcuni prodotti, le catene di approvvigionamento crolleranno del tutto.

Non dobbiamo affrontare questa crisi solo a livello superficiale. Non dobbiamo accontentarci di cercare dei sostituti per i prodotti mancanti. Se lo facciamo, anche i sostituti ci deluderanno.

Dobbiamo invece cogliere l’occasione per correggere la causa delle catene di approvvigionamento interrotte: le nostre connessioni interrotte. Le sanzioni contro la Russia, con le loro implicazioni sia per la Russia che per l’Occidente, dovrebbero farci capire che non possiamo costruire le nostre relazioni sullo sfruttamento reciproco. Le nostre relazioni saranno sostenibili solo se le stabiliremo sulla fiducia e sulla reciproca complementarità.

È chiaro che in ogni transazione ciascuna parte ha in mente il proprio interesse; non c’è nulla di male in questo. Tuttavia, quando le parti cercano non solo di trarre profitto dai loro accordi, ma anche di estorcere alle altre parti, di prendere da loro più di quanto siano disposte a dare, con l’inganno o con la forza, questo non funzionerà a lungo. Dobbiamo cambiare il nostro atteggiamento, passando dall’uso delle risorse per imporre la nostra volontà alla condivisione delle risorse per il bene comune.

Non è che all’improvviso dobbiamo amarci gli uni con gli altri, almeno non ancora. Ma anche se non ci sopportiamo, abbiamo tutti qualcosa di cui gli altri hanno bisogno e che non hanno, ed altri hanno beni di cui noi abbiamo bisogno e che non abbiamo.  Quindi, anche se non ci sopportiamo, dobbiamo condividere gli uni con gli altri. Ma per far rimanere la catena aperta, dobbiamo lavorare con rispetto e decenza reciproca.

Didascalia della foto:
Clienti che indossano mascherine fanno la spesa davanti agli scaffali parzialmente vuoti di un supermercato di Hong Kong