La vita è un gioco, ma possiamo vincere?

Quando si osservano le persone immerse nei videogiochi, si ha la sensazione che salterebbero volentieri dentro il computer per trasformarsi negli avatar che li rappresentano nel gioco. In effetti i videogiochi rispondono a tutte le domande.  Alcune persone credono persino che, in futuro, vivremo in una rete informatica e comunicheremo tra di noi in un mondo del tutto virtuale. Ma i giochi hanno uno scopo: farci interrogare sulla realtà e sul nostro posto in essa.

Da una prospettiva più ampia, vediamo che la nostra “realtà” è anch’essa un gioco.  Compriamo, vendiamo, vinciamo e perdiamo.  Se raccontassimo a un bambino come passiamo le nostre giornate, ci  risponderebbe che anche noi giochiamo. 

Per la maggior parte delle persone, i giochi di oggi sono diversi da quelli dei loro genitori. Non giocano più a palla o non vanno più in bicicletta nel parco. Giocano sui loro telefoni, da soli o con altre persone online, o guardano gli altri giocare.

C’è un motivo per questo. Costruiamo la realtà in accordo con i nostri desideri.  Man mano che i nostri desideri cambiano, anche i nostri giochi cambiano.  Ora che siamo diventati più egocentrici e narcisisti, i nostri giochi sono cambiati in modo da riflettere il nostro egoismo. 

Inoltre, sotto molti aspetti, i bambini nei giochi di oggi si sentono come se stessero costruendo il loro mondo. Questo è molto più soddisfacente che giocare a basket, per esempio. Se noi adulti ci sentissimo come se stessimo costruendo un intero mondo in cui vivere, proprio come fanno i bambini in Minecraft, per esempio, non usciremmo mai dal gioco.

Al computer, sul campo da gioco o nella vita, giochiamo per vincere. Ma migliaia di anni fa, gli autori del Midrash dicevano (Kohelet Rabbah): “Non si lascia il mondo con metà dei propri desideri in mano, perché chi ha cento vuole duecento; chi ha duecento vuole quattrocento”.

L’unico modo in cui possiamo vincere il gioco è chiederci quale sia il suo scopo. Quando chiediamo, è come se fermassimo il gioco e pretendessimo di sapere prima di tutto perché stiamo giocando. Anche nella vita, dovremmo fermarci e domandarci perché facciamo quello che facciamo, perché ci sono le stelle, l’aria, la Terra, le persone, perché tutto esiste e perché viviamo. Quando ci poniamo queste domande, è come se ritornassimo alla nostra infanzia, quando ci facevamo quelle domande da piccoli. Quando chiediamo, le domande stesse ci portano risposte, e le risposte sono l’unica vittoria che ci serve.  

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