Pubblicato nella '' Categoria

Tra disperazione e speranza

Decine di migliaia di civili attraversano il confine dell’Ucraina, ogni ora, una massa di persone cariche di bagagli sulle spalle e bambini in braccio, con valigie e ricordi che si trascinano dietro.  

Ho molti studenti e amici provenienti da ogni parte dell’Ucraina, da Kiev a Kharkiv, da Odessa a Lviv.  Ricevo aggiornamenti da loro e seguo la loro situazione con preoccupazione. Mi raccontano di come hanno cercato riparo in scantinati freddi o sono fuggiti nei villaggi vicini, altri hanno viaggiato in auto verso ovest per ore, pregando di non finire il carburante e di riuscire a fuggire.

L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) stima che più di 500.000 Ucraini siano fuggiti dalle loro case per via del conflitto, attraversando le frontiere dei paesi confinanti come Polonia, Ungheria, Moldova e Romania.

Non ho dubbi che i rifugiati riceveranno sostegno e un’accoglienza calorosa nei paesi dell’Europa occidentale.  Credo inoltre che alla fine ritorneranno a casa,  non resteranno per sempre nei paesi che li ospitano.  Il Canada, insieme ad altri, potrebbe aprire le sue porte all’immigrazione permanente.

Anche Israele agirà sicuramente in conformità con la Legge del Ritorno, che dà agli Ebrei il diritto di trasferirsi in Israele, e aprirà le sue braccia per accoglierli. Israele ha posto non solo per le migliaia di Ebrei che emigreranno dall’Europa orientale, ma per tutti gli Ebrei della diaspora.

Nel frattempo, il mondo, compreso Israele, sta fornendo assistenza umanitaria alle persone colpite dal conflitto. Ma oltre a soddisfare i bisogni di base delle persone, l’aiuto più importante è il sostegno interiore. Dobbiamo chiedere che lo spirito di amore, di dazione e di connessione positiva prevalga presto.

I disaccordi e le guerre vengono perché ci si possa unire al di sopra di essi. Solo l’unione dei cuori, quando ognuno si preoccupa del benessere dell’altro, salverà l’umanità.

Curiamo le ferite

Una vecchia ferita tra  Russi e Ucraini si sta aggravando.  È dolente e sanguinante ma non interamente riaperta. Proprio come i paesi dell’Europa dell’Est stanno ora vivendo il conflitto, questo avrà delle ripercussioni in tutto il mondo, su tutta l’umanità. Alla fine, tutti sentiranno sulla propria pelle la rivelazione di questa guerra: il controllo dell’uomo sull’uomo.

Prima che scoppiasse questa guerra, questo malessere non era visibile o tangibile. Era profondo e anche leggermente latente. Ricordo le immagini del passato quando i soldati russi e ucraini si incontravano; c’era tra di loro una connessione, sottile e interiore, come se si conoscessero già. E sono a tutti gli effetti psicologicamente vicini; provengono da contesti simili.

Dall’altro lato, con lo scoppio della guerra, un odio acuto è nato tra di loro ed è venuto a galla, un tipo di odio così forte che si può sentire e percepire. È  letteralmente palpabile. 

Due popoli che non sono tanto diversi tra di loro, anzi, sono molto simili, stanno scoprendo l’odio puro, cristallino, tra di loro, che precede ogni ideologia. È un odio naturale che scaturisce dalla forza della natura umana, che non si veste di razza, sesso, nazionalità o religione.  Non  è legato alla storia, alla lingua o alle differenze culturali. È  semplicemente la sensazione interiore che uno odia l’altro.

Questa sensazione è più profonda di qualsiasi altro tipo di odio che conosciamo. È un odio spirituale, il suo unico obiettivo è di rivelare quanto ci sia separazione nelle relazioni tra i due popoli e imparare dal divario individuato come mediare con l’amore. 

La scoperta di fratture e differenze, crimini e ferite, ci indica il punto in cui ripararle e ci aiuta a mettere a fuoco il nucleo del problema. La mediazione e la correzione sono parte di un processo a lungo termine che lavora secondo il piano della creazione per portare tutti i conflitti in armonia.

Ora vediamo davanti a noi la prima fase di questo processo. Si tratta di una feroce rivelazione del potere dell’odio, la forza negativa volta ad avvicinarci a comprendere che c’è un sistema di energie in natura che lavora in noi e con noi. Ma contro questa rivelazione dell’odio, deve risvegliarsi l’amore. L’amore stabile può essere evocato solo con l’aiuto di una preghiera comune. 

La vita è un gioco, ma possiamo vincere?

Quando si osservano le persone immerse nei videogiochi, si ha la sensazione che salterebbero volentieri dentro il computer per trasformarsi negli avatar che li rappresentano nel gioco. In effetti i videogiochi rispondono a tutte le domande.  Alcune persone credono persino che, in futuro, vivremo in una rete informatica e comunicheremo tra di noi in un mondo del tutto virtuale. Ma i giochi hanno uno scopo: farci interrogare sulla realtà e sul nostro posto in essa.

Da una prospettiva più ampia, vediamo che la nostra “realtà” è anch’essa un gioco.  Compriamo, vendiamo, vinciamo e perdiamo.  Se raccontassimo a un bambino come passiamo le nostre giornate, ci  risponderebbe che anche noi giochiamo. 

Per la maggior parte delle persone, i giochi di oggi sono diversi da quelli dei loro genitori. Non giocano più a palla o non vanno più in bicicletta nel parco. Giocano sui loro telefoni, da soli o con altre persone online, o guardano gli altri giocare.

C’è un motivo per questo. Costruiamo la realtà in accordo con i nostri desideri.  Man mano che i nostri desideri cambiano, anche i nostri giochi cambiano.  Ora che siamo diventati più egocentrici e narcisisti, i nostri giochi sono cambiati in modo da riflettere il nostro egoismo. 

Inoltre, sotto molti aspetti, i bambini nei giochi di oggi si sentono come se stessero costruendo il loro mondo. Questo è molto più soddisfacente che giocare a basket, per esempio. Se noi adulti ci sentissimo come se stessimo costruendo un intero mondo in cui vivere, proprio come fanno i bambini in Minecraft, per esempio, non usciremmo mai dal gioco.

Al computer, sul campo da gioco o nella vita, giochiamo per vincere. Ma migliaia di anni fa, gli autori del Midrash dicevano (Kohelet Rabbah): “Non si lascia il mondo con metà dei propri desideri in mano, perché chi ha cento vuole duecento; chi ha duecento vuole quattrocento”.

L’unico modo in cui possiamo vincere il gioco è chiederci quale sia il suo scopo. Quando chiediamo, è come se fermassimo il gioco e pretendessimo di sapere prima di tutto perché stiamo giocando. Anche nella vita, dovremmo fermarci e domandarci perché facciamo quello che facciamo, perché ci sono le stelle, l’aria, la Terra, le persone, perché tutto esiste e perché viviamo. Quando ci poniamo queste domande, è come se ritornassimo alla nostra infanzia, quando ci facevamo quelle domande da piccoli. Quando chiediamo, le domande stesse ci portano risposte, e le risposte sono l’unica vittoria che ci serve.