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Vivere o non vivere, questo è il problema

“Essere, o non essere, questo è il problema”, meditava il principe Amleto nella cosiddetta “scena del convento” dell’opera teatrale di William Shakespeare Amleto. Ogni anno, in tutto il mondo, circa 800.000 persone rispondono negativamente a questo quesito e si tolgono la vita. Peggio ancora, il suicidio è una delle principali cause di morte tra i giovani. Perché le persone, soprattutto i giovani, si tolgono la vita? È possibile rafforzare il loro desiderio di vivere?

Gli autori del Talmud hanno scritto: “Per due anni e mezzo, la Casa di Shammai e la Casa di Hillel hanno discusso. Da una parte dicevano: “È meglio che l’uomo non nasca affatto”, e dall’altra parte dicevano: “È meglio per l’uomo nascere piuttosto che non nascere affatto”. Essi conclusero: “È meglio per l’uomo non nascere, ma una volta nato occorre che ponga attenzione alle sue azioni» (Eruvin 13b). In effetti, se un alieno dovesse atterrare sulla Terra ed osservarci, probabilmente direbbe: “Questi patetici umani litigano, si ridicolizzano e si umiliano a vicenda e fanno tutto il possibile per rovinarsi la vita a vicenda. Non c’è da stupirsi che siano così depressi. Perché la natura ha creato esseri tanto miserabili?”

Il suicidio è la conseguenza estrema di una serie di problemi che affliggono le persone al punto da decidere di farla finita. Ma ancora prima che questi problemi diventino troppo difficili da gestire, ci spingono ad interrogarci sul senso della vita. Dopotutto, se la vita consiste solo nel cercare di sopravvivere tra un problema e l’altro, allora è davvero meglio non nascere affatto.

Il fatto è che quando iniziamo a fare domande sulla vita, o come hanno scritto i saggi, “poniamo attenzione alle nostre azioni”, iniziamo a crescere. Il dolore porta a uno sviluppo spirituale che ci eleva a regni che non avremmo mai sognato esistessero e non li avremmo cercati se non fossimo stati costretti dal dolore.

La chiave per questi nuovi regni sta nel promuovere connessioni positive tra le persone, nell’uscire dalla mentalità di alienazione e narcisismo che abbiamo nutrito così devotamente fino ad ora, per scoprire che quando simpatizziamo con gli altri, guadagniamo piuttosto che perdere.. Acquisiamo nuove prospettive e nuove idee, nuova saggezza e conoscenza e nuovi amici. Cambiando il nostro atteggiamento verso gli altri, cambiamo il nostro mondo.

Inoltre, scegliendo con chi legare, modelliamo e rimodelliamo il nostro mondo con ogni nuova conoscenza. In questo modo, nessun mondo è troppo duro per viverci, poiché possiamo sempre cambiare le persone con cui ci connettiamo e, così facendo, cambiamo il nostro mondo. Inoltre, non c’è fine alle intuizioni e alla conoscenza che possiamo acquisire poiché ci saranno sempre più connessioni di quante ne possiamo stabilire nel corso della nostra vita.

E soprattutto, quando ci connettiamo con altre persone, ci sintonizziamo con la realtà circostante, che è già connessa e avrebbe funzionato in perfetta armonia se noi umani non l’avessimo interrotta. Più sviluppiamo connessioni positive, che mirano a sostenere e nutrire piuttosto che deprimersi e opprimersi a vicenda, più espandiamo la nostra percezione della realtà. Scopriamo che la realtà che abbiamo conosciuto fino ad ora era solo un “corridoio” verso una percezione più profonda ed espansiva.

Se vogliamo che le persone non si tolgano la vita, dobbiamo dare loro una ragione per vivere. Quando le persone capiranno a cosa serve la vita, avranno uno scopo per affrontarne le prove e le tribolazioni. Come scrisse Nietzsche, “Chi ha un perché per cui vivere può sopportare quasi ogni come”.

Pertanto, il nostro compito oggi è rimodellare le nostre connessioni per rimodellare il nostro mondo. Il mondo riflette il nostro atteggiamento verso gli altri. Se trasformiamo insieme il nostro atteggiamento verso gli altri da offensivo e aggressivo a premuroso e altruista, anche la vita di tutti noi cambierà, passando da una battaglia persa ad un viaggio tranquillo e piacevole. Dipende davvero da noi.

Dopo un mese di guerra

Dopo un mese di guerra in Ucraina, è chiaro che nessuno è contento dei risultati. La Russia non ha ottenuto la vittoria schiacciante che si aspettava di ottenere, l’Ucraina è tormentata dal costante bombardamento sui civili e sui servizi, le sanzioni contro la Russia sono destinate a incassare presto il loro pedaggio e a ostacolare la sua economia.

Nonostante la delusione, la Russia è ancora una forza formidabile, anche se grazie soltanto al suo vasto arsenale di armi non convenzionali: biologiche, chimiche e nucleari.  Non possiamo attribuire il successo dell’Ucraina negando una vittoria alla Russia, al suo esercito, poiché c’è stato relativamente poco contatto tra i due eserciti. C’è una causa più profonda dietro lo stallo in Ucraina: la guerra va contro la connessione e tutta la realtà va verso di essa. Quindi, quando si agisce contro la connessione, si sta andando contro tutta la realtà. Questo non può avere successo, certamente non per molto.

Soprattutto oggi, in un mondo che è diventato un unico villaggio, qualsiasi movimento che contraddice questa mentalità è destinato a fallire. Alla nostra natura può non piacere l’idea che siamo tutti connessi e dipendenti gli uni dagli altri, ma questa è la realtà, e la sua direzione è verso una maggiore interconnessione, non meno. Perciò, se nuotate controcorrente, contro il flusso della realtà, siete certi di esaurire le vostre forze e di annegare o di tornare indietro.

Se la guerra si intensifica verso l’uso di armi non convenzionali, le conseguenze saranno catastrofiche. Ciononostante, non cambierà il risultato finale.

In alternativa, la guerra può continuare sporadicamente, con bombardamenti qua e là, ma senza una direzione chiara. I residenti soffriranno, nessuno si arrenderà e nessuno vincerà, ma non ci sarà un cessate il fuoco.

Alla fine, la ragione prevarrà, le parti si separeranno e cominceranno a ricostruire il loro rapporto. L’unica domanda è quanto tempo ci vorrà e quale sarà il costo.

Prego che la miseria di cui siamo testimoni in questi giorni insegni al mondo quanto sia necessario per noi lavorare nella reciprocità, nella comunicazione positiva e stabilire buone connessioni.  Solo quando le persone saranno connesse, apprezzeranno la vita nel nostro mondo. Spero e prego che tutti noi ne prendiamo atto al più presto.

 

Didascalia della foto:
Una panoramica della distruzione della città di Mariupol assediata nel sud-est dell’Ucraina, sabato 26 marzo 2022.

Robin Hood degli alberi

Il carbonio è la valuta negoziabile della foresta. Gli alberi assorbono carbonio dall’atmosfera come componente del processo di fotosintesi e ne condividono una parte con i funghi che crescono sulle loro radici. In cambio, i funghi danno loro nutrienti e minerali come azoto e fosforo, che gli alberi non possono assorbire dal suolo, ma i funghi sì.

Ora, un nuovo studio della Israel Society of Ecology and Environmental Sciences ha scoperto che i funghi non usano tutto il carbonio per se stessi. Invece “rubano” il carbonio dagli alberi più forti e lo passano a quelli più deboli. In un certo senso sono una specie di Robin Hood degli alberi, rubano ai ricchi per dare ai poveri. 

Ancora una volta, troviamo che dove vediamo la “sopravvivenza del più forte”, c’è in realtà la “sopravvivenza del più gentile”. L’ego ci nasconde la verità e ci impedisce di costruire una vita pacifica e ricca per noi stessi.

Le connessioni tra gli esseri umani sono molto più complesse e intricate di quelle tra gli alberi. Se le usassimo correttamente, potrebbero farci sopravvivere tutti abbondantemente, anche se ci fossero molte più persone al mondo dell’attuale popolazione mondiale. Ma noi non li usiamo correttamente. Li usiamo per sfruttare e dominare gli altri. Così facendo, ci condanniamo a guerre continue e all’inevitabile distruzione.

I nostri ego ci accecano. Ci inducono a credere che se condividiamo la nostra fortuna, rimarremo senza risorse. In verità, l’evidenza empirica mostra che coloro che condividono finiscono per avere maggiore abbondanza di quelli che non lo fanno, sia finanziariamente che emotivamente, mentre gli avari finiscono per perdere nella vita.

L’attuale crisi dei chip per computer, per esempio, avrebbe potuto essere evitata se solo avessimo coordinato i nostri bisogni invece che ogni azienda facesse scorta di scorte e “svuotasse gli scaffali”. La crisi del trasporto marittimo, che obbliga le navi ad aspettare fuori dai porti per settimane prima di poter scaricare il loro carico, è anche un risultato inutile della nostra riluttanza a cooperare, a considerare anche i bisogni degli altri.

Se vogliamo utilizzare le interconnessioni nella nostra società a nostro beneficio, dobbiamo incominciare a pensare a come le usiamo per il bene comune, non solo per  favorire quelli che sono al potere. Altrimenti le carenze di approvvigionamento si aggraveranno fino al punto in cui avremo difficoltà a procurarci i beni di prima necessità.

Non è naturale per noi condividere, come lo è per la natura, ma non abbiamo scelta. Questo è il motivo per cui ci è stata data l’intelligenza, in modo da poter usare il nostro intelletto per imparare quanto la condivisione possa ripagare.

La natura ha i suoi Robin Hoods, noi non abbiamo altro che un film. Quindi se vogliamo pace e abbondanza domani, dobbiamo nutrire il Robin Hood nascosto in noi.

I software spia non ci nuoceranno, l’atto di spiare invece si.

Pegasus, il software spia sviluppato dall’azienda di armi informatiche NSO, può essere segretamente installato su telefoni cellulari e dispositivi che utilizzano sistemi iOS o Android. È in grado di leggere messaggi di testo, tracciare telefonate e localizzazioni, impadronirsi di password, accedere al microfono ed alla telecamera oltre che raccogliere informazioni dalle app.

Il software spia realizzato in Israele viene utilizzato da autorità di tutto il mondo, oltre che da Israele stessa, sollevando l’allarme per un’indebita violazione della privacy. Secondo la mia opinione, il problema non risiede nel software spia ma nell’atto di spiare, ossia le cattive intenzioni di coloro che utilizzano la tecnologia per nuocere, manipolare ed abusare gli altri.

Non mi sorprende che i software spia esistano. E’ risaputo che governatori e ufficiali governativi non siano dei santi e che farebbero qualunque cosa per raccogliere informazioni in modo da poter manipolare e controllare gli altri più facilmente, ottenendo così, più potere.

Dobbiamo riconoscere che la nostra società è sgretolata. Il comportamento del governo riflette nient’altro che la società stessa. Lo stesso vale per il rafforzamento delle leggi e del sistema di giustizia in generale. Se una società è corrotta e piena di persone che desiderano giusto ferire e sopraffare gli altri, non possiamo aspettarci che i loro rappresentanti siano tanto diversi.

E’ così da decenni. Ciò che è iniziato con le intercettazioni telefoniche e altre forme di sorveglianza, si è semplicemente adattato alla tecnologia di oggi, ma nella sostanza, non è cambiato nulla. E’ per questo che a nuocere non sono i software spia ma la costante necessità di spiarci reciprocamente.

Quando i genitori controllano i propri ragazzi volendo conoscere i loro movimenti, non li stanno spiando, si stanno occupando dei loro cari. Ma quando estranei o autorità fanno lo stesso, parliamo di spiare in quanto le loro intenzioni sono di ferirci e di manipolarci. In altre parole, il problema non è il software ma chi lo gestisce.

Se vogliamo correggere Pegasus e altri malware, abbiamo bisogno di correggere il malo-intento che li gestisce, vale a dire, la natura umana.

La malizia che nutriamo gli uni nei confronti degli altri, è la radice di ogni male. Quindi non si tratta di Pegasus ma tutto ciò che facciamo con l’intenzione di nuocere, di manipolare, di espropriare e di sopraffare gli altri e l’intero mondo. Se non correggiamo il problema alla radice, sostanzialmente noi stessi, non saremo in grado di correggere nulla.

Come primo passo verso la correzione delle nostre radici, dobbiamo essere coscienti che siamo marci quanto le azioni che riserviamo agli altri. Qui, le parole chiave sono trasparenza e coraggio. Se non siamo disposti a guardarci allo specchio, non progrediremo e non ci saranno miglioramenti nella società. Dovremmo attendere fino a quando le nostre negligenze emergeranno a tal punto da convincerci che dobbiamo cambiare, non tanto l’atto, e neanche i mezzi attraverso i quali certi azioni vengono praticate, ma piuttosto colui che le pratica.

Quando accetteremo di essere noi stessi il problema (per noi intendo la società nel suo insieme o almeno la maggioranza di essa), piuttosto che i mezzi che utilizziamo per soddisfare la nostra volontà malata, solo allora potremmo iniziare a lavorare su noi stessi. Questo avverrà quando inizieremo ad esaminare noi stessi invece di accusare altri di essere la causa dei nostri guai.

Quando l’attenzione verrà spostata dall’altro a noi stessi, potremmo osservare che noi siamo sbagliati tanto quanto gli altri. Questo non accadrà quando una o due persone riveleranno il proprio io malato attraverso un percorso di autocoscienza. Accadrà quando l’intera società intraprenderà questo processo. Come risultato le persone inizieranno a cambiare atteggiamento verso gli altri e si passerà dal desiderio di sfruttare l’altro, a quello di sostenere l’altro.

La realizzazione del processo potrebbe richiedere molto tempo ma la transizione da un atteggiamento di sfruttamento ad uno di sostegno reciproco, potrebbe essere veloce. D’altro canto, qui non c’è bisogno di fare nulla; si tratta di cambiare le intenzioni alla base delle nostre azioni e questo può avvenire velocemente, con la stessa rapidità con la quale cambia un pensiero.

Dunque, la fase più importante della nostra correzione sta avvenendo proprio adesso. Tanto più rapidamente sveliamo la malvagità della natura umana e prendiamo atto che questo è ciò che siamo, quanto più rapido e semplice sarà il cambiamento tra cattive e buone intenzioni. Si passerà dalla sorveglianza reciproca alla cura reciproca.

L’energia pulita richiede intenzioni pulite

Lo standard di riferimento per l’energia pulita è di essere “a emissioni zero”.  Se la produzione di energia non emette più carbonio di quanto assorbe, allora il processo viene considerato a energia pulita. Recentemente, i ricercatori del Technion Institute of Technology hanno addirittura superato il gold standard. Sono riusciti a generare elettricità dalle alghe con “correnti che sono al livello di quelle ottenute da celle solari standard”. Meglio ancora, nel processo, le alghe emettevano ossigeno e assorbivano carbonio. Questo processo “carbonio-negativo” genera energia e pulisce l’aria allo stesso tempo. 

Purtroppo, l’umanità non godrà dei frutti di questa meravigliosa scoperta. La natura umana farà sì che solo coloro che “possiedono” il brevetto ne beneficeranno. Il resto di noi pagherà per questo, se possiamo permettercelo, e l’ambiente sarà oltraggiato in un altro sgradevole modo. 

La natura possiede in abbondanza.  Con l’approccio corretto potremmo avere tutta l’energia, il cibo e ogni altra cosa di cui abbiamo bisogno, con minimo sforzo.  Potremmo veramente vivere in un Paradiso Terrestre, se soltanto riuscissimo a cambiare il nostro atteggiamento. 

Con il nostro atteggiamento attuale, cerchiamo costantemente di guadagnare il più possibile, molto di più di quanto ci serve, in modo che altri non possano avere.  Facendo ciò, ci condanniamo a un guerra costante con ogni persona, con l’intera umanità, e con l’intera natura. In altre parole, il nostro atteggiamento egoistico e maligno verso gli altri, ci condanna a una guerra eterna dal giorno della nascita fino al giorno della morte, sfiniti e sconfitti. 

La natura dà a tutte le creature esattamente ciò di cui hanno bisogno. Ha anche installato in loro l’istinto di usare solo ciò di cui hanno bisogno per soddisfare i loro bisogni e non oltre. Ma la natura ha creato l’uomo diversamente: avido, prepotente e dominatore.

C’è una buona ragione per i “difetti” che la natura ha costruito in noi: Se facciamo uno sforzo cosciente per trasformarci e diventare come il resto della natura, capiremo e sentiremo la natura ad un livello più profondo di qualsiasi altro essere.

Proprio come la natura dà a tutti esattamente ciò di cui hanno bisogno, anche noi dobbiamo imparare a verificare che tutti abbiano ciò di cui necessitano, compresi noi stessi, e che nessuno maltratti o sfrutti gli altri. Se adottiamo questo approccio, scopriremo innumerevoli modi per migliorare la nostra vita.  Avremo tutta l’energia che ci serve e ancora di più, tutto il cibo, acqua, alloggio, educazione, ricreazione e ogni altra cosa che vogliamo, in abbondanza. Finché non cerchiamo di negare agli altri ciò di cui hanno bisogno o di danneggiarli in qualche altro modo per il nostro tornaconto, la nostra vita sarà impeccabile.

Usando l’approccio gentile non ci saranno guerre, non ci saranno carenze di nulla e nessun inquinamento. Con tutti i sistemi della Terra in equilibrio, essa diventerà finalmente il paradiso che doveva essere, una volta che l’unico elemento nocivo su di essa sarà stato trasformato.

Immagine: Facciata dell’edificio della Facoltà di Ingegneria Civile e Ambientale nell’istituto Technion di Haifa, Israele. Foto di: Beny Shlevich

הטכניון – מכון טכנולוגי לישראל | Technion

La normalizzazione con gli Stati del Golfo non porterà alla normalizzazione con il mondo

Di recente, Ahmed Al-Jarallah, caporedattore di Arab Times, ha scritto un editoriale in cui esortava gli stati del Golfo a normalizzare le relazioni con Israele ed in cui criticava i Palestinesi. Al-Jarallah ha affermato che gli Stati del Golfo non dovrebbero sostenere finanziariamente i Palestinesi o mediare tra loro e Israele “ogni volta che uno di loro lancia un missile contro Israele”. Se attaccano Israele, ha suggerito, “devono loro ricostruire ciò che hanno distrutto con le loro stesse azioni”.  In conclusione, Al-Jarallah ha affermato: “Tutti gli Stati del Golfo dovrebbero normalizzare le relazioni con Israele perché la pace con questo Paese più avanzato è la cosa giusta da fare”. Per quanto riguarda i Palestinesi, ha esclamato: “Lascia che gli sciocchi si arrangino da soli”. 

Naturalmente, i media israeliani hanno ampiamente citato l’editoriale. Alla fine, qualcuno nel mondo arabo ha ascoltato la ragione, ha esaminato i fatti e si è reso conto che i Palestinesi sono gli aggressori e Israele agisce solo per legittima difesa. Anch’io sono stato felice di sentire le parole di Al-Jarallah, ma penso che se Israele facesse ciò che dovrebbe fare, non avrebbe nemici, nemmeno i Palestinesi. Dopotutto, siamo le persone che hanno concepito il detto “Ama il prossimo tuo come te stesso”, ci si aspetta che lo mettiamo in pratica. 

Un’alleanza con Israele può essere ottima per gli Stati del Golfo, e sono proprio felice quando un paese arabo vuole fare la pace con noi piuttosto che combattere contro di noi. Tuttavia, per Israele, questo è tutt’altro che sufficiente. Nessuna pace che faremo reggerà finché non faremo pace l’uno con l’altro. Guardiamo, per esempio, la pace che è in corso tra noi, l’Egitto e la Giordania. Potrebbe esserci un’assenza di atti ostili contro di noi, ma c’è molta ostilità verso Israele, specialmente tra i cittadini delle due nazioni. Pertanto, in caso di guerra, Israele non può contare sul fatto che questi paesi non si uniscano ai suoi nemici.

Forse non ce ne rendiamo conto, ma Israele, la nazione che ha iniziato un processo di cambiamento, in principio era una società che muoveva i primi passi.  Il nostro “esperimento” è stato senza precedenti e da allora non è mai stato ritentato. Il concetto era che persone provenienti da nazioni straniere, spesso ostili, potessero formare una nazione esaltando l’idea dell’unità stessa. In caso di successo, la “formula” sarebbe stato un modello per l’umanità. Si pensava che persone provenienti da nazioni straniere, spesso ostili, potessero formare una nazione esaltando l’idea stessa di unità. Se avesse avuto successo, la “formula” sarebbe stata un modello per l’umanità.

Per secoli abbiamo oscillato tra il successo e il fallimento, ma alla fine abbiamo fallito con il mondo: siamo caduti in un odio così diabolico l’uno verso l’altro che il mondo non ha mai più provato a fondare una nazione basata sulla responsabilità reciproca e sull’amare gli altri come se stessi.

Tuttavia, il mondo non ha dimenticato il nostro impegno. Non solo le nostre stesse scritture ci ricordano la nostra missione, ma anche gli antisemiti e gli storici la riconoscono.

Tra questi antisemiti c’è il più famigerato odiatore di Ebrei nella storia degli Stati Uniti: Henry Ford, fondatore dell’azienda automobilistica. Nella sua opera antisemita, The International Jew – the World’s Foremost Problem, Ford dettaglia le sue critiche contro gli Ebrei. Eppure, qua e là, lancia alcune affermazioni molto stimolanti: “Può darsi che quando Israele sarà portato a vedere che la sua missione nel mondo non deve essere raggiunta per mezzo del vitello d’oro”, scrive,  “il suo essere cosmopolita nei confronti del mondo e la sua inevitabile integrità nazionalistica nei confronti di se stessa si dimostreranno insieme un fattore grande e utile per realizzare l’unità umana. Ford si è anche lamentato del fatto che “la tendenza ebraica globale in questo momento sta facendo molto per impedire” l’unità ebraica.

Per quanto riguarda l’essere una società di un nuovo inizio, Ford consiglia ai sociologi contemporanei di studiare l’antica società israeliana. Nelle sue parole, “i moderni riformatori, che stanno costruendo sistemi sociali modello sulla carta, farebbero bene a esaminare il sistema sociale in base al quale erano organizzati i primi Ebrei”.

Simile a Ford, l’acclamato storico Paul Johnson ha scritto nella sua esaustiva opera, Una storia degli Ebrei: “In una fase molto precoce della loro esistenza collettiva [gli Ebrei] credevano di aver individuato uno schema divino per la razza umana, di cui la loro stessa società doveva essere un pilota”.

Ancora oggi il mondo ci considera debitori. Non può forgiare il tipo di unità di cui ha bisogno in questo momento, tra le nazioni e le fedi, e non vede l’esempio che deve ricevere da noi. Ecco perché i Palestinesi possono sentirsi sicuri che il mondo si schiererà con loro. Ci incolpa per ogni conflitto sul pianeta, non solo con i Palestinesi, ma anche tra di loro. E finché non faremo pace tra di noi e non diventeremo la società pilota, il modello sociale che il mondo si aspetta di vedere, rimarremo i paria del mondo.

Didascalia della foto:
Il Principe ereditario e Primo Ministro del Bahrain, Principe Salman Bin Hamad Al Khalifa riceve il Primo Ministro israeliano Naftali Bennett al Palazzo Gudaibiya, Manama, Bahrain, 15 febbraio 2022. Agenzia di stampa del Bahrein

Pubblicizzare il cambio di sesso ai bambini nelle scuole? Assolutamente no!

Mi è stata chiesta la mia posizione riguardo alla divulgazione della legittimità dell’iter dei bambini che stanno cambiando sesso. In Nord America, mi è stato detto, questo è uno degli argomenti più controversi. Quindi, in breve, so che alcune persone si sentono a disagio nel loro corpo e possono sentirsi meglio se cambiano il loro sesso. Ma propagare l’idea ai bambini, che sono suscettibili a qualsiasi nozione che noi adulti installiamo in loro? Assolutamente no! Il fatto che possa essere giusto per alcune persone non significa che dobbiamo renderlo dominante e persino alla moda. Il modo auspicabile è vivere come la natura ci ha fatto: maschio e femmina.

Ho incontrato persone che sentivano di appartenere ad un corpo diverso da quello in cui erano nate. Ho parlato con loro e le capisco. Succede, come succede qualsiasi stranezza. 

Tuttavia, è molto raro e non dovrebbe essere considerato come routine o ordinario. Mi rendo conto che oggi bisogna essere audaci o considerati strani se si ha il coraggio di dire la verità, ma le tendenze che vanno e vengono secondo i capricci egoistici della gente, non cambiano la natura. La natura ci ha creato maschio e femmina e questo è ciò che dovremmo rimanere.

Non c’è una linea chiara tra maschi e femmine. I maschi hanno qualità femminili, così come le femmine hanno tratti maschili. Eppure, ogni persona ha un genere biologico e quel genere è quello dominante, tranne, come ho detto, in casi molto rari.

Quando gli adulti sentono che stanno vivendo nel corpo sbagliato, possono scegliere di eseguire qualsiasi procedura vogliano su se stessi. Ma finché non siamo adulti, dovremmo crescere nel modo in cui la natura ci ha creato. 

L’ambiente sociale ha un’influenza critica sui bambini. Quando sono giovani, si può far loro pensare e fare tutto ciò che si vuole. I nazisti, per esempio, educavano i bambini tedeschi a credere di essere superiori a tutti gli altri, non solo agli ebrei, e che il resto del mondo doveva servirli o essere distrutto. Hanno fatto il lavaggio del cervello ai bambini, attraverso libri, lezioni e film, affinché credessero di essere la razza superiore.

In questo modo è possibile installare qualsiasi nozione nella mente dei bambini, se usiamo il sistema educativo e i social media per facilitarlo.

Tuttavia, i risultati possono essere disastrosi. Se si diffonde l’idea che il cambio di sesso è normale, persino “alla moda”, può portare i bambini, che inizialmente non hanno problemi con il loro genere, a pensare che ci sia qualcosa di sbagliato in loro. Potrebbe spingerli a voler fare qualcosa a cui non potranno rimediare, semplicemente perché vogliono essere come tutti gli altri e sentono che tutti stanno andando in questa direzione.

Sappiamo che essere popolare significa tutto per i bambini, specialmente per gli adolescenti. Di conseguenza, potrebbero fare cose di cui si pentiranno in seguito, ma che non saranno mai in grado di invertire o riparare. Se i genitori non impediscono ai bambini di fare tali errori, questo può rovinare la loro vita per sempre. È terribile ed è sbagliato.

Penso che invece di rendere l’anormalità una moda, dovremmo incoraggiare le persone ad essere ciò che sono e a realizzare il potenziale con il quale sono nate. Se le persone ricevono un riconoscimento per quello che sono, la società le premia e le rispetta per aver contribuito con le loro capacità e i loro sforzi al bene comune, non si sentiranno insoddisfatte di se stesse. Allo stesso tempo, gli adulti che sentono di vivere nel corpo sbagliato dovrebbero avere accesso all’utilizzo delle possibilità che la medicina moderna offre per farli sentire più a loro agio con il loro genere.

Oppioidi: una fuga dall’inutilità

Secondo i dati del CDC National Centre of Health Statistics, lo scorso anno ha visto un aumento di quasi il 30 percento di decessi da overdose, il 75 percento dei quali era da attribuirsi agli oppioidi.  Secondo i dati, i decessi da overdose di oppioidi sono aumentati quasi del 40 percento soltanto nell’anno precedente. 

Queste statistiche allarmanti sono di gran lunga le peggiori di qualsiasi paese, ma gli Stati Uniti non sono soli nella loro crisi da oppioidi. Più o meno nello stesso periodo, l’uso di oppioidi tra gli adolescenti in Israele è aumentato, accompagnato da un’impennata delle chiamate ai centri di aiuto emotivo.

Sia negli Stati Uniti che in Israele, il problema non è l’abuso di oppioidi in sé, ma il senso di inutilità che spinge i giovani e gli adolescenti  a cercare una via di fuga dalla realtà. Oggi, in un tempo in cui le persone hanno tutto ciò di cui necessitano materialmente, le domande sul significato di tutto quanto diventano sempre più pressanti.


Questo è vero non solo per gli adolescenti e i giovani, ma anche per i loro genitori.  Infatti, parte del motivo per il quale gli adolescenti non riescono a rispondere da soli alle domande sul significato della vita, è che i loro genitori non hanno le risposte e sono ugualmente perplessi.  Dato che i genitori non riescono a fornire risposte, i figli rimangono frustrati. 

L’abuso di oppioidi è soltanto una parte del problema.  La verità è che ovunque si guarda, la gente è infelice, depressa, arrabbiata e frustrata.  E’ per questo che tanti si rivolgono agli eccessi per trovare un significato: fondamentalismo religioso, sport estremi, violenza e abuso di sostanze. 

La soluzione, quindi, non risiede in un approccio particolare all’ overdose da oppioidi. C’è bisogno di un sistema completo che informi le persone sulla realtà che cambia e insegni loro come affrontarla.

Questo sistema deve iniziare nella prima infanzia e continuare fino all’età adulta. Le persone dovrebbero essere inserite in circoli sociali che forniscano loro supporto sociale, calore, simpatia ed empatia. La relazione con il gruppo dovrebbe essere estesa e continuare per tutta la vita, fornendo alle persone una base su cui appoggiarsi e da cui crescere.

Gradualmente, la gente comincerà a sviluppare nuovi valori. Invece di cercare significato e soddisfazione derivanti da obiettivi egocentrici, le persone troveranno significato nelle relazioni reciproche con gli altri. Cominceranno con il gruppo centrale che ho appena menzionato e da lì si svilupperanno in cerchi sempre più ampi.

In fondo alla  crisi troviamo una nuova società, connessa e di aiuto. Ma per arrivarci dobbiamo infilarci in una  stretta caverna, alla fine della quale la luce è fioca ed incerta.

Il dolore che spinge le persone agli oppioidi e ad altre forme di evasione è il risultato della pressione derivante dall’essere nel processo di passaggio da un mondo all’altro. Da una parte, i piaceri del vecchio mondo non danno più la gioia di un tempo, dall’altra, le persone non hanno scoperto il piacere della reciprocità con gli altri. Di conseguenza, si sentono “intrappolati in una caverna” e cercano disperatamente una via di fuga.

Per questo motivo, non è un brutto segno quando la gente si sente male; è un segno di cambiamento, di crescita. All’altra estremità della caverna si trova la luce di una società connessa e premurosa. Se ci spingiamo in fondo e non ci arrendiamo a metà strada, raggiungeremo rapidamente la luce. Se ci soffermiamo, la realtà ci spingerà attraverso la caverna finché non arriveremo dall’altra parte sanguinanti, ammaccati e malconci.

 

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Compresse dell’idrocodone a base di oppioidi in una farmacia di Portsmouth, Ohio, 21 giugno 2017. REUTERS/Bryan Woolston

Dal corpo alla mente

L’attuale ondata sta causando più confusione che mai. Se precedentemente gli esperti credevano che le vaccinazioni di massa fossero necessarie per poter ridurre la diffusione del virus, ora ci sono esperti che credono che dovremmo abbassare la guardia, dato che la variante attuale trasformerà la pandemia in una malattia endemica come il raffreddore comune.  Non so come andrà a finire e se finirà. In ogni modo, una cosa è chiara: la nostra sofferenza non finirà. Arriverà una nuova minaccia, che non influenzerà i nostri corpi, ma le nostre menti.

Per iniziare, l’intero problema è nella nostra mente.  Sono le nostre menti ad essere malate e fanno ammalare i nostri corpi e il resto del mondo. Per questo motivo, credo che le sofferenze future saranno più complesse, più sofisticate e più sottili. Non attaccheranno il nostro corpo, ma i nostri cervelli. Di conseguenza, inizieremo a pensare diversamente e vedere le cose in maniera diversa.

La malattia nella nostra mente ha a che fare con il nostro atteggiamento verso gli altri. Siamo così aggressivi verso gli altri che non possiamo fermarci anche quando sappiamo che stiamo danneggiando noi stessi nel percorso. C’è un aneddoto su un uomo, sopraffatto dalla  gelosia nei confronti del suo vicino. Un giorno, l’uomo trovò una lampada. Quando la strofinò, uscì un genio che gli promise di dargli tutto quello che voleva, ma con un avvertimento: “Qualunque cosa ti darò, ne darò il doppio al tuo vicino”. L’uomo geloso ci pensò per un po’ e alla fine disse al genio: “Toglimi un occhio”.

Questo è ciò che stiamo facendo noi ora.  La nostra mente cerca il predominio, il potere e la ricchezza, a spese degli altri.  Nel procedere, stiamo distruggendo la vera fonte di abbondanza che rende il nostro mondo vivibile. Siamo diventati così assorbiti dal sopraffare gli altri che non possiamo smettere di tentare di distruggerli anche quando alla fine significa distruggere noi stessi.

Questo atteggiamento sarà il bersaglio del nuovo virus che ci infetterà. Spero che accada prima piuttosto che dopo, ma non posso esserne certo. Quello che so è che quando arriverà, cominceremo a riconoscere il danno che abbiamo causato a chi ci circonda.

Purtroppo, impariamo solo attraverso il dolore. Solo i colpi ci aprono gli occhi per vedere che stiamo andando nella direzione sbagliata. Se usiamo il nostro intelletto per imparare più rapidamente, risparmieremo molto del dolore, ma dipende dalla nostra volontà di imparare. Per ora, purtroppo, non posso dire che siamo in fase di apprendimento.

Giocare ad essere Dio

La vita è piena di giochi. Animali, bambini, neonati, tutti giocano. Quando diventiamo adolescenti, si iniziano giochi diversi, che diventano incredibilmente sofisticati con il passare degli anni. Ci rivestiamo di personaggi che ammiriamo o che ci influenzano, ma nel processo, perdiamo contatto con chi siamo veramente.

I giochi sono un mezzo naturale di sviluppo. Ci aiutano a prepararci per il prossimo livello di sviluppo fisico, intellettuale, emozionale e spirituale. Crescendo, cominciamo a sentire che dobbiamo nascondere il nostro vero io e costruire un personaggio che sarà popolare. Così iniziamo a dimenticarci chi siamo.

Mentre cresciamo, sviluppiamo personaggi nuovi per ogni fase della nostra vita. Costruiamo un personaggio quando siamo con gli amici, un personaggio per stare a casa con la famiglia, uno per essere genitore, uno quando siamo al lavoro, con estranei, o dovunque andiamo. Alla fine anche quando siamo soli e non dobbiamo metterci nessuna maschera, non sappiamo che personaggio rivestire perché non siamo più abituati ad essere semplicemente noi.

A volte la notte, prima di addormentarci, una domanda si insinua nella nostra mente: “chi sono io”? Conosco veramente chi sono senza tutte le maschere che ho indossato per tutta la mia vita? E cosa più importante, riuscirò a ritrovare me stesso? 

La risposta a questa domanda è che è possibile, ma ad una sola condizione. Devi giocare ad un gioco speciale per questo, e rivestire un personaggio speciale: devi giocare ad essere Dio. Dio non è una specie di Santo seduto su una nuvola, o un’entità che governa l’universo. Dio, chiamato anche Creatore, è una qualità, un attributo: Dio, è la qualità di dare in assoluto e prendersi cura degli altri. Solo la qualità del bene assoluto può generare qualcosa, poiché tutto il resto sembra rivolto all’interno, per compiacere se stessi, invece che all’esterno, per costruire un essere nuovo ed indipendente. 

Così come una madre genera la vita attraverso il suo amore, il Creatore genera la vita attraverso il Suo amore. Se vogliamo trovare noi stessi, dobbiamo giocare ad essere il Creatore, in uno stato di dare assoluto e prenderci cura degli altri.

Può sembrare imbarazzante, all’inizio, ma lo stesso vale per ogni personaggio di cui ci vestiamo. Così, come ogni personaggio diventa naturale dopo un po’ di tempo, lo diventerà anche il personaggio del donatore.

Giocare ad essere Dio significa arrivare ad essere simile alla qualità di dare, la qualità che genera tutta la vita. E’ il gioco più complicato e più intricato di tutta l’esistenza. Ma anche il più gratificante.

Non ci sono perdenti in questo gioco, perché puoi giocare quanto vuoi finché non vinci. Quando vinci diventi il personaggio a cui stai giocando. In altre parole, la qualità di dare diventa una seconda natura, una nuova natura che metti al di sopra della tua natura originale, e tutte e due esistono dentro di te.

Una volta che hai ottenuto quest’altra natura, la tua percezione si espande fino ad includere tutta la realtà. All’improvviso capisci perché tutto accade, perché vedi le cose dalla stessa prospettiva che ha creato tutto e sostiene tutto. Capisci non solo il presente, ma anche il passato e il futuro, e il “tempo” acquisisce un significato tutto nuovo. Così come la nostra percezione diventa illimitata, così diventa la nostra esistenza e la vita e la morte diventano fasi di sviluppo, mentre noi trascendiamo entrambe e diventiamo onnipresenti ed onniscienti come la qualità che ha generato e sostiene il mondo.