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La vita di ognuno di noi ha un senso

Domanda: Perché a scuola non ci viene insegnato qual è il senso della vita?

Risposta: Ma cosa possono rispondere gli insegnanti a questa domanda?

Nota: Nelle scuole religiose, ad esempio, gli insegnanti risponderebbero che il significato della vita è nella rivelazione del Creatore.

Il mio commento: In effetti, i religiosi dicono esattamente questo. Pertanto, oggi molte persone tornano ad interessarsi alle religioni dove trovano un po’ di conforto mistico, che in qualche modo risponde a questa domanda.

Nota: I laici direbbero che il senso della vita sta nel creare una bella famiglia, nell’amore.

Il mio commento: Questo non è l’obiettivo finale. Tutto finisce. Persino gli psicologi e i fisiologi affermano che tutte le relazioni scompaiono nel giro di pochi anni.

Le persone rimangono insieme solo per non far soffrire i figli e perché hanno delle proprietà in comune. In linea di principio, non rimangono particolari sentimenti reciproci, solo responsabilità reciproche.

Domanda: Significa che l’amore e la famiglia non possono essere lo scopo della vita?

Risposta: No. Molti psicologi hanno scritto in merito a questo. Qualsiasi buona relazione tra un uomo e una donna non dura più di due anni e mezzo, tre al massimo. Dopodiché, perdiamo entusiasmo. Siamo fatti così. Tuttavia, ci sono i bambini e la casa comprata assieme per i quali vale la pena continuare a vivere insieme.

Domanda: Ma il significato della vita non è uguale per tutti…ognuno ha il proprio.

Risposta: Quello che tu intendi non è il significato della vita ma qualunque cosa una persona usi per ostacolare se stessa. Ad esempio, gli scienziati ritengono che sia necessario perseguire la scienza, per i creativi c’è solo l’arte. Alcune persone pensano che dovremmo crescere i nostri figli in modo che siano più felici di noi, e così via.

Cioè, ogni persona trova un senso della vita che la calma e le dà un senso di esistenza. In realtà, è solo una “pillola calmante” e niente di più.

Per rivelare veramente il significato della vita, la persona deve fare molte ricerche interiori, scavare dentro di sé, fino a quando non trova la saggezza della Kabbalah e inizia a esplorare davvero il significato della vita con il suo aiuto. Il significato è nel comprendere la radice, la fonte della vita. Solo lì troverà la risposta a questa domanda.
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Dalla trasmissione di KabTV “Concetti di base della saggezza della Kabbalah”, 14/01/2019

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Il kabbalista teme la morte?

Domanda: Qual è l’atteggiamento corretto nei confronti della morte?

Risposta: Penso che l’atteggiamento migliore sia quello di non pensare alla morte, ma piuttosto di credere che esistiamo all’infinito, in eterno. Dobbiamo assicurarci di raggiungere l’eternità e l’infinito, almeno parzialmente, in questa vita, nel nostro stato corporeo.
Dopotutto, durante la nostra vita esistiamo per rivelare la dazione e l’amore come mezzo per raggiungere l’eternità, la perfezione e il Creatore, la forza superiore che controlla tutto ciò. Il nostro progresso dovrebbe consistere in questo.
Nel pensare alla vita corporea e alla morte, metti alla prova te stesso, ti importa davvero di questo? Se lo fai, allora non stai ancora aspirando seriamente a qualità spirituali. Quando sei impegnato nella spiritualità, non ti interessa assolutamente nulla di ciò che accade al tuo corpo, sia esso vivo o no. Tu esisti e vuoi esistere nella qualità della dazione e dell’amore.

Domanda: Un kabbalista si preoccupa del suo corpo proteico? Attraverso esso, ci si mette in contatto con altre persone che non sono ancora nella spiritualità. Se egli non avesse avuto questo corpo, non sarebbe stato in grado di comunicare con i propri studenti.

Risposta: Sì, si prende cura del corpo ma in un senso minimo, che si chiama condizione “necessaria e sufficiente”.

Domanda: Un kabbalista pensa a cosa accadrà ai suoi studenti e alla sua famiglia dopo la sua morte?

Risposta: La famiglia è una normale preoccupazione corporea. Gli studenti, tuttavia, sono una cosa completamente diversa. Egli li deve preparare in modo che essi rimarranno con una buona riserva di conoscenze e di metodologie. È necessario organizzare un ambiente simile a un laboratorio in modo che possano mettersi alla prova e avanzare.
Domanda: Significa che un kabbalista ha paura della morte ma non in senso egoistico?

Risposta: Non è la paura della morte, ma il desiderio di lasciarsi alle spalle un mondo che è diretto al massimo verso l’obiettivo della creazione, e in nessun altro modo.

Cos’altro puoi lasciare? Non c’è nient’altro. Ci stiamo avvicinando allo stato in cui una persona inizia a capire che l’unico modo per lasciare qualcosa è sotto forma di buone azioni. Queste buone azioni sono registrate sul suo “conto” e rappresentano il principale guadagno della sua vita.

Domanda: Per quanto ho capito, le buone azioni sono di portare le altre persone alla rivelazione del Creatore. Ci sono altre buone azioni che puoi fare nei confronti di un’altra persona?

Risposta: Non c’è nient’altro: solo avvicinare gli altri al Creatore.
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Dalla trasmissione di KabTV “Concetti di base della saggezza della Kabbalah”, 14/01/2019

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