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Gli immigrati e l’Europa

Dalla mia pagina Facebook Michael Laitman – 05/08/2018

Un esempio del fallimento degli avvenimenti globali ci si è prospettato davanti quando il nuovo Governo italiano ha dichiarato che non sarebbe più stato “il campo profughi dell’Europa” e si è rifiutato di accogliere nuove navi cariche di immigrati; l’implicazione è stata immediatamente evidente nella vicina Spagna dove, dall’inizio dell’anno, sono arrivati 22.000 immigrati.

Ma neppure il Governo spagnolo può farsi carico di questo enorme fardello, infatti non ci sono abbastanza poliziotti, non ci sono abbastanza letti, non c’è abbastanza cibo. Ma questo non è solo un problema della Spagna o dell’Italia, è un problema di tutto il vecchio Continente. I leader dell’Unione Europea non riescono a trovare una soluzione che sia reale e a lungo termine, in quanto decidono, di volta in volta, di aprire o chiudere i loro porti per motivi politici, economici o di immagine.

Ma l’immigrazione di massa è solo un sintomo del malessere globale. Si aggiunge ad una lunga lista di complessità che compongono una crisi multiforme e globale che l’umanità deve fronteggiare da un punto di vista sociale, economico ed ecologico. E tutte queste sfide hanno una radice comune: l’incompatibilità di un’umanità profondamente divisa con un mondo sempre più interdipendente.

L’Europa è il luogo in cui molte delle sfide globali emergono e richiedono di essere risolte. In questo contesto, l’Europa di oggi sta mangiando l’amaro porridge che ha cucinato per sé fin dai tempi della corsa capitalistica coloniale della fine del XIX secolo, quando le potenze europee erano affamate della ricchezza delle risorse naturali e della manodopera a basso costo di Asia ed Africa.

L’orgoglio europeo racconta una storia di contributi morali e culturali alle popolazioni primitive del Terzo mondo. In pratica, però, la storia dimostra che molti dei paesi che erano sotto il dominio europeo non hanno ricevuto i mezzi educativi, economici e politici per potersi uniformare al resto del mondo in uno stato di parità. Infatti, i paesi europei hanno sradicato gli antichi valori spirituali dall’Africa con la diffusione del Cristianesimo, hanno portato alla segregazione etnica, e anche a brutali guerre civili, con il loro programma di dividere e conquistare.

Oggi il boomerang sta tornando indietro in Europa. Gli sciami di immigrati africani che inondano i suoi porti rappresentano un immane onere socioeconomico per i paesi, mentre milioni di mussulmani stanno gradualmente rimodellando la cultura europea.

Prima o poi, tutti riconosceremo che l’umanità è diventata una grande colonia che ospita gli immigrati provenienti da quasi tutti i paesi. La nostra inevitabile interdipendenza globale ci obbligherà, parallelamente, ad operare cambiamenti socioeconomici significativi, per equilibrare il tenore di vita in tutti i paesi.

Il kabbalista Yehuda Ashlag scrive nel suo articolo La Pace nel Mondo: “Non sorprendetevi se mescolo il benessere di un particolare collettivo con quello del mondo intero, perché, infatti, siamo già arrivati a un punto tale che il mondo intero è considerato un’unica collettività e un’unica società… Ognuno deve quindi prendersi cura del mondo intero per garantire la propria esistenza”.

Visione globale, sentimento integrale, pensiero cooperativo, sono solo alcuni dei principi del nuovo approccio che dobbiamo coltivare dentro di noi. Un cambiamento fondamentale nella consapevolezza umana è destinato ad accadere. Se vedessimo in anticipo la necessità di tutto questo e ci muovessimo di nostra iniziativa in quella direzione, la nostra “migrazione” verso un nuovo mondo connesso sarebbe molto più serena.