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Il lavoro su te stesso

Dalla Torah, (Deuteronomio 25:02 – 25:03): “Se il colpevole avrà meritato di essere fustigato, il giudice lo farà stendere per terra e fustigare in sua presenza, con un numero di colpi proporzionati alla gravità della sua colpa. Gli farà dare non più di quaranta colpi, perché, aggiungendo altre battiture a queste, la punizione non risulti troppo grave e il tuo fratello non resti infamato ai tuoi occhi.”

Domanda: E’ scritto: “Se il colpevole avrà meritato di essere fustigato, il giudice lo farà stendere per terra e fustigare in sua presenza….” Cosa significa “stendere”? Perché queste piccole cose sono descritte con tale dovizia di particolari?

Risposta: Queste non sono piccole cose. Si tratta della discesa dell’uomo ad uno stato tale in cui è necessario umiliare non lui ma il suo egoismo ed umiliarlo in modo tale che egli vedrà l’egoismo in tutta la sua bruttezza e non sarà più capace di usarlo. Considererà l’usarlo come una “bassezza” per “l’uomo che c’è in lui”.

Questo è il lavoro per se stesso. Quindi, tutti i giudici ed i giurati servono solo per aiutare un uomo a capire se stesso. Egli stesso deve selezionare una punizione nella forma dei colpi che arrivano dalla qualità di Bina, il cui valore numerico è pari a quaranta, al livello “quaranta”. Egli deve sentire questi colpi su se stesso e quanto sia opposto alla qualità della dazione.

La sensazione dell’opposizione alle qualità di Bina, il capire quanto egli sia lontano dal raggiungere il suo livello e la realizzazione del maligno in se stesso sono colpi sull’egoismo, non sulla persona.

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Dalla trasmissione di KabTV “I Segreti del Libro Eterno” 2/11/16

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