Lettera aperta a Michael Douglas dopo l’attacco antisemita di suo figlio

Dr. Michael LaitmanDopo che suo figlio era stato attaccato da antisemiti, Michael Douglas ha pubblicato una lettera nella Los Angeles Times:

“La scorsa estate la nostra famiglia è andata in Europa meridionale in vacanza. Durante il nostro soggiorno in un albergo, nostro figlio Dylan era andato in piscina. Poco tempo dopo, tornava di corsa nella stanza, sconvolto. Un uomo in piscina aveva iniziato a lanciargli insulti.

“Il mio primo istinto è stato quello di chiedere, ‘Ti stavi comportando male?’

“‘No,’ Dylan mi ha detto tra le lacrime.

“Lo fissai. E improvvisamente ho avuto la terribile realizzazione di quello che poteva aver causato l’indignazione dell’uomo: Dylan indossava una stella di David.

“Dopo averlo calmato, sono andato alla piscina e ho chiesto ai presenti di volermi indicare l’uomo che aveva urlato contro di lui. Abbiamo parlato. Non è stata una piacevole discussione. In seguito, mi sono seduto con mio figlio e gli ho detto: ‘Dylan, hai appena avuto un primo assaggio di antisemitismo.’ …

“Mio figlio è forte. Egli ha la fortuna di vivere in un paese dove l’antisemitismo è raro. Ma ora anche lui ha imparato i pericoli che come Ebreo deve affrontare. E’ una lezione che non avrei voluto insegnargli, una lezione spero che non dovrà mai insegnare ai suoi figli “.

Lettera aperta a Michael Douglas

Caro Michael,

anche io mi chiamo Michael e sono un ebreo che vive in Israele. Ho letto la sua storia riguardo l’esperienza che suo figlio ha avuto nel Sud dell’Europa e sento l’obbligo di esprimerle la mia ammirazione per il coraggio che ha avuto di uscire allo scoperto e parlare di ciò che molti temono. La sua fama dà la giusta rilevanza ad un argomento che molti trovano difficile esporre ma io credo che dobbiamo farlo. Per questa ragione, sono grato del fatto che piuttosto che scappare da un argomento così controverso, lei abbia preso una posizione e si sia fatto avanti. Questo le fa onore.

Come russo di origine ebraica, ho avuto la mia parte di esperienze antisemite. Queste, così come è successo a lei, non mi hanno indebolito, ma hanno contribuito a formare la mia identità ebraica, portandomi infine ad emigrare in Israele. In qualche modo, gli anti-semiti hanno forgiato il mio Sionismo.

Nel corso degli anni, ho approfondito molti ambiti e settori del sapere. I miei studi in Scienza, Filosofia, Kabbalah e Ontologia, hanno tutti contribuito alla formazione di una visione del mondo che si basa sulle radici ebraiche e che è radicata nella scienza moderna.

Nei miei studi ho indagato sulla ragione per cui esiste l’antisemitismo e sul motivo per cui questo odio trova sempre nuove vesti e nuove parvenze, ma non svanisce mai del tutto. Nell’autunno dell’anno scorso ho pubblicato sul New York Times due articoli, (allora piuttosto provocatori), uno intitolato “Chi sei tu popolo di Israele?” e l’altro “Quello che gli ebrei devono al mondo”. In questi articoli spiego brevemente ciò che ora vorrei condividere con lei.

Nonostante tutte le sue diverse vesti, l’antisemitismo ha un’unica radice. Il fenomeno scomparirà se la sradicheremo. Questa radice non è conosciuta né dalle vittime dell’antisemitismo, gli ebrei, né dagli antisemiti. Ma così come le altre pulsioni inconsce ci spingono a fare cose che non hanno un senso logico, anche l’antisemitismo non ha bisogno di nessuna logica per riemergere. Al primo segnale di difficoltà finanziarie o sociali avanza lentamente fino in superficie ed il “gioco dello scaricabarile” contro gli ebrei ha inizio.

L’antisemitismo non appare a causa delle difficoltà stesse, o a causa della politica di questo o quel governo, come affermano alcuni. Non è neanche il risultato del controllo ebraico sui media o sul sistema bancario, come sostengono alcuni antisemiti. L’antisemitismo è sempre presente, è un virus che per esplodere con tutta la sua forza, attende l’indebolimento dell’organismo della società umana. E quando lo fa, è spesso letale.

L’unico modo per curare l’antisemitismo è sradicarlo dall’intero organismo, cancellandolo dalla società umana e, sorprendentemente, le vittime detengono anche la cura.

Ogni uomo, donna e bambino, tutti noi nasciamo con il desiderio di una vita tranquilla, sicura e felice. Nel profondo del subconscio umano è sepolta l’idea che una vita del genere sia possibile solo quando c’è empatia tra le persone e quando queste si prendono cura reciprocamente. Così come in una famiglia tutti i suoi membri si prendono cura gli uni degli altri in maniera naturale, l’umanità potrà prosperare solo se ci prenderemo cura degli altri come fossero dei parenti, anziché dei nemici.

Molti secoli fa, prima della distruzione del Tempio e dell’esilio dalla terra di Israele, noi, il popolo ebraico, coltivavamo già una società di questo tipo. Dentro noi, quindi, esiste una qualità latente che una volta risvegliata, ci permetterà di ripristinare tale parentela.

Ci siamo dimenticati della sua esistenza e i non ebrei non hanno alcun indizio che possa esistere. Eppure entrambi, sia gli ebrei che i non ebrei, hanno un istinto e una sensazione inesprimibile che gli ebrei siano in possesso di qualcosa che non condividono, ma che è di vitale importanza per la nostra sopravvivenza. È per questo che soprattutto nei momenti difficili, le persone puntano istintivamente il dito contro gli ebrei. E dato che sono arrabbiate e frustrate, sono spesso violente.

Quel “qualcosa” che sentono che stiamo trattenendo è quel legame indissolubile che condividiamo tra noi, la nostra capacità di mantenere una società basata sulla solidarietà, sull’empatia, e sulla preoccupazione per gli altri. In due parole si chiama: “Garanzia reciproca”. La società ebraica antica è stata fondata sulla base del principio: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Questo principio è indispensabile nella nostra società iper-egoistica post moderna, ma non abbiamo idea di come diffonderlo.

Il risultato è che molti non ebrei ci odiano, gli ebrei si sentono minacciati e perseguitati e nessuno riesce a trovare una spiegazione a quest’odio, né tantomeno ad attenuarlo. Ma la cosa peggiore è che sta diventando evidente che se non lo freneremo adesso, quando è ancora relativamente benigno, crescerà come gli alberi di Baobab nel minuscolo pianeta del Piccolo Principe e diventerà maligno.

In fin dei conti, quindi, dato che dentro di noi deteniamo involontariamente la qualità della garanzia reciproca, è comunque nostro dovere risvegliarla e condividerla con il mondo, affinché tutto l’odio si plachi. In effetti, quando fonderemo una società empatica nella quale ognuno si prenderà cura dell’altro, non solo l’antisemitismo si placherà, ma ogni pensiero cattivo contro il nostro popolo si trasformerà nel suo opposto.

Poiché la maggior parte degli ebrei sono attualmente ignari della loro qualità latente, sono riluttanti ad accettare l’idea della sua esistenza. Tuttavia, lei esiterebbe se qualcuno le dicesse che lei ha un tesoro in tasca e che questo potrebbe essere suo soltanto raggiungendo la sua tasca e tirandolo fuori? Proprio così, noi possediamo un tesoro che sta dormendo nei nostri cuori e che potrebbe cambiare la nostra vita, ma dato che non riusciamo a vederlo, ci rifiutiamo di raggiungerlo e toccarlo. Ma se noi aprissimo soltanto un pochino i nostri cuori, lo troveremmo dentro.

Non appena instaureremo tra di noi questa garanzia reciproca, la condivideremo anche con il mondo, in quanto è questa la sua destinazione. Questa qualità è stata depositata in noi per il bene dell’umanità, non solo per il nostro beneficio. Dobbiamo prima riaccenderla tra di noi e poi offrirla a tutti.

Caro Michael, le chiedo di aiutarci a diffondere il messaggio secondo cui gli ebrei hanno qualcosa di veramente prezioso da offrire, una vita fatta di assistenza e condivisione, quel legame speciale che tutti desiderano. So che questo realizzerà il futuro di tutti gli ebrei e di tutta l’umanità, un futuro sicuro e felice, per i suoi figli e i suoi nipoti, per i miei e quelli di tutti.
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