Nel ciclo di festa

Dr. Michael LaitmanCapodanno è solo l’inizio di una lunga catena di correzioni interiori su cui abbiamo iniziato a camminare. Cominciamo a comprendere la nostra missione in questa catena quando arriviamo al Giorno del Giudizio (Yom Kippur) dove giudichiamo noi stessi in modo rigoroso.

Decidiamo cosa dovrebbe essere fatto per ottenere la forza che abbiamo messo davanti come il nostro scopo. Questa forza è unica, noi dobbiamo diventare come una sola persona, per unire tutta l’umanità.

Questa associazione comprende non solo un piccolo gruppo, una volta fuggito dall’ Antica Babilonia, e non solo le persone di Israele, a questa unità con il sistema generale della Natura dovrebbe arrivare tutta l’umanità. Così capiamo la potenza e l’unicità del Giorno del Giudizio.

Il Punto culminante del Giorno del Giudizio – è una lettura di un brano del libro dei Profeti “Maftir Giona” del profeta Giona, inviato da Dio a Ninve con un avvertimento: se il popolo non si pentirà, la città sarà distrutta. La storia ci dice che Giona voleva fuggire dalla sua missione, di porre rimedio (correggendo) tutta l’umanità, che è rappresentata dalla città di Ninve. Ma, si rende conto che, la sua fuga fallisce, ed egli è tenuto ad adempiere il suo incarico.

Così il popolo di Israele, come il profeta Giona, conoscendo la sua missione e possedendo gli forzi per realizzarla, per forza deve aiutare, per se stesso, tutto il mondo, tutta la “città di Ninve.”

E poi arriva la festività di Sukkot, quando ci sediamo all’ombra di una capanna speciale, di una Sukkah, che significa, che ci copriamo con uno schermo. I quattro simboli di Sukkot: il Lulav (ramo di palma), Hadassim (rami di mirto), Aravot (rami di salici del fiume), Etrog (agrumi) – rappresentano l’intera HaVaYaH, poi ci sono quattro fasi di rilevazione di un potere superiore nel suo corretto desiderio di godere.

Nel nostro desiderio egoistico ci sono quattro strati, che dobbiamo risolvere. L’egoismo – è ciò che si frappone tra noi e ci impedisce di unirci. E se siamo in grado di saldare strette insieme tutte le forme di egoismo (prendendo i quattro simboli di Sukkot) e inviare direttamente alla forza dell’unità, significa che facciamo una benedizione “arba minim.”

Dopo la festa di Sukkot viene la festività di “Simcha Torà” (La gioia della Torà). Ci rallegriamo da quel potere superiore, che per tutto il tempo veniva da noi e ci aiutava a fare le correzioni, passando attraverso tutte le fasi di esse.

Poi veniamo alla festa di Hanukkah. Questa è la condizione che non vogliamo nulla – guardiamo solo le candele festive, ma non le usiamo. Hanukkah – è una festa spirituale, perché ci rallegriamo solo della luce, proprio a quello, come all’interno di noi regna il supremo potere e ci separa dal nostro egoismo, dal male in noi. E tutti noi vogliamo aderire a questo potere superiore.

La festa successiva – Purim, che sta davanti a Yom Kippur (Ki-Purim – “Come Purim“). In Yom Kippur  si rispetta il digiuno completo, e a Purim, il contrario, si mangia tanto, si beve, e ci si diverte. C’è un comandamento per ubriacarsi a Purim al punto in cui non è possibile distinguere Haman da Mordechai, un peccatore da un giusto.

Dopo tutto, non siamo così effimeri, come in Hanukkah, privi di ogni egoismo – e  viceversa, rimediamo il male. Noi rimediamo tutto il vecchio egoismo e gli impulsi cattivi contro l’unità. E per questo, questa celebrazione è inversa al Giorno del Giudizio, Yom Kippur, che è “come Purim“. In Yom Kippur si rivelano solo i desideri non corretti, e in Purim già si correggono.

Ora siamo in grado di unire tutti i desideri e le aspirazioni in unità. Chiunque può fare regali agli altri, mostrando il suo amore. Così arriviamo allo stato di “un giusto non può essere diverso da un peccatore”, perché tutto si può rimediare. Si può (è permesso) fare qualsiasi cosa, e questo sarà un bene! Non c’è alcuna differenza tra le persone. Tutti i nostri impulsi, desideri, pensieri – sono giusti.

E la prossima festa è la Pasqua, simboleggia la nostra costante uscita dal male verso il bene, dalla schiavitù alla libertà. Usciamo dal nostro egoismo, “Trascendiamo” (Pesach) attraverso di essa, ci liberiamo dalla schiavitù, dalla forza del nostro desiderio egoistico che ci governa, e ci  eleviamo al di sopra di esso.

Poi si inizia il conto dei giorni dell’ Omer, quando calcoliamo le correzioni dei nostri desideri fino ad arrivare alla festa di Shavuot -Il dono della Torà. Lì scopriamo che siamo obbligati ad ottenere un potere superiore, che ci correggerà, perché abbiamo solo l’inizio del male.

Infatti, oltre all’inizio del male, si è creato pure un mezzo per correggerlo – La Torà, la luce che ritorna alla sorgente. La festa di Shavuot, la ricezione della Torà, significa che dobbiamo ottenere il potere dall’ alto per la nostra correzione. Con questa forza costruiamo noi stessi, ma non possiamo rimanere in questo stato e ci dividiamo. Questo crollo rappresenta il giorno del 9 di Av. Così si chiude l’intero ciclo.

Ed è per questo, che abbiamo costruito noi stessi e siamo crollati, comprendiamo i motivi della nostra caduta e la profondità del male. Prima di questo il male era nascosto e non è stato mostrato abbastanza, ma ora ci rendiamo conto che abbiamo bisogno di una correzione ancora più grande. Rimediando a questo male, raggiungiamo la fine della correzione.

E ‘ lo stesso, come fare la promessa di non mangiare dolci, e improvvisamente entriamo nella pasticceria, dove ci sono così tanti deliziosi pasticcini, che dimentichiamo completamente la nostra promessa, che lo zucchero per noi – è veleno. Il piacere ti prende come sua preda, e ti ritrovi sotto il suo potere.

La stessa situazione sorge il 9 di Av, solo su grandi dimensioni. Ma da questo crollo impariamo la profondità di correggere noi stessi, per resistere contro questa grande “pasticceria”, che ci confonde.

Dopo tutto, è necessario rimediare a noi stessi e non in relazione a qualche piccola caramella, e su tutto l’ego enorme.

Così arriviamo alla fine della correzione – arriviamo all’unità e con questo diventiamo uguali con tutta la natura. Ma questo non è sufficiente. La storia del profeta Giona ci ricorda che dobbiamo prenderci cura del resto dell’umanità. E poi il popolo di Israele, che deve correggere se stesso, deve trasmettere questo metodo a tutta l’umanità – viene da lui, come nella città di Ninve per metterla a posto.

Così tutto il mondo può arrivare ad uno stato di prosperità, e con questo si chiude il cerchio, che per noi simboleggia le festività ebraiche.
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Dal Programma Nr.434 “Una Nuova Vita” 14.09.2014

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