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Un’indicazione in anticipo

Baal HaSulam “Un Comandamento”: Non esiste servire il Creatore e mantenere le mitzvot (comandamenti) salvo in Lishma (per il Suo Nome) – portando compiacimento al proprio Creatore. Eppure, i nostri saggi hanno già introdotto la pratica di impegnarsi nella Torà e nelle mitzvot anche in Lo Lishma (non per il Suo Nome), dal momento che “da Lo Lishma egli arriverà a Lishma“…

Non possiamo, inizialmente, “solo” diventare simili alla forza superiore. Dopo tutto, essa è dare in assoluto, e per raggiungere lo stesso livello, anche noi dobbiamo dare a lei. Come nell’esempio dell’ospite e del Padrone di casa, se voglio crescere al meglio, nello stato perfetto, allora devo diventare come la fonte della creazione.

Il Padrone di casa è pieno di dazione e amore, e se voglio aumentare il suo grado di eternità e perfezione, allora devo raggiungere l’equivalenza della forma con Lui. E questo significa procurarGli piacere così come Lui vuole procurarlo a me. La saggezza della Kabbalah si ripropone questo scopo; il metodo consente, attraverso la Luce che Riforma, di attirare la forza che ci corregge in modo da raggiungere l’equivalenza della forma con la forza superiore, il Creatore.

La prima e unica Mitzvà (comandamento) che garantisce il raggiungimento dell’aspirazione a raggiungere Lishma, è quella di assumersi la responsabilità di non lavorare per i propri bisogni, in altre parole, seguendo rigorosamente ciò che è necessario per provvedere alla propria sussistenza. Nel resto del tempo, la persona lavorerà per il pubblico: salvare gli oppressi e ogni creatura nel mondo che ha bisogno di salvezza e beneficio.

Dato che questo è il “primo e unico” principio, non cercare soluzioni altrove perché non ci sono altre opzioni . È chiaro e certo che, prima di tutto, la persona debba provvedere alla sua esistenza, e, non appena i suoi bisogni basilari sono soddisfatti con tutti i mezzi, prendersi cura del benessere degli altri. Questa è la forma corretta di somiglianza al Creatore.

Provvedendo ai suoi bisogni di base, una persona si “riempie” a livello inanimato, vegetale ed animato. Dobbiamo essere come la natura su questi tre livelli.

Il livello umano che sta crescendo al di sopra del livello animato dura, diciamo, centomila anni e non appartiene al corpo; è tutto dentro.

Non lo vedrai con l’occhio materiale, esso si estende nella mente e nel sentimento, nello sviluppo interiore. E tutto il mondo interiore della persona deve essere rivolto al dare agli altri.

I livelli “naturali” precedenti differiscono per il trattamento del materiale, il metodo di comunicazione. Ma il livello umano è offuscato, confuso e incomprensibile per noi. Che cos’è un “essere umano”? A volte, quando guardiamo una persona, diciamo: “Questo non è un essere umano, si comporta come un animale”. Nel complesso, tuttavia, non abbiamo una definizione limpida di segni esteriori chiari con cui identificare un vero essere umano. In cosa esattamente si differenzia da un animale? I criteri sono vaghi.

Quindi, se oggi siamo alla ricerca di un’espressione interiore del livello umano, allora la chiamiamo così per lo stato futuro, per lo scopo verso il quale è diretta. Questa è la forma che deve essere trasformata, paragonata al Creatore, e poi sarà chiamata “essere umano” (Adam). Per ora, si tratta di una designazione formale a causa dei meriti futuri.

Quindi, il primo principio sul cammino verso la meta è quello di lavorare per se stessi non più di quanto viene richiesto da esigenze di base e prendersi cura degli altri per tutto il resto del tempo. Questa sbarra si trova adesso davanti a te, e se lo fai di tua spontanea volontà, allora raggiungerai l’equivalenza con il Creatore.

Inoltre, il prendersi cura di sé fa anche parte del prendersi cura dell’altro, a condizione che tu mantenga questa intenzione fin dall’inizio. Dopo tutto, “lo scopo dell’azione si trova nel suo pensiero iniziale”.
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(Dalla quarta parte della Lezione quotidiana di Kabbalah del 22.09.2013, Scritti di Baal HaSulam)

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La fame che bussa alla porta

Nelle notizie (da svpressa.ru): “La maggior parte degli affamati nel mondo vive nei paesi in via di sviluppo. Secondo le ultime statistiche dell’Organizzazione per l’Alimentazione e Agricoltura (FAO), dal 2013 ci sono 842 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo e il 98 per cento di loro sono nei paesi in via di sviluppo. Essi sono distribuiti in questo modo: 553 milioni in Asia e nel Pacifico, 223 milioni nell’Africa sub-sahariana, 47 milioni in America Latina e nei Caraibi, 4 milioni nel Vicino Oriente e Nord Africa, 16 milioni nei paesi sviluppati” Fonte: Programma Alimentare Mondiale.

“In Africa, il problema della fame è dovuto alla dipendenza dalle importazioni di prodotti alimentari che danno notevole profitto alle società dei paesi sviluppati. La dipendenza è sorta a causa delle politiche occidentali: gli Stati Uniti raccoglie miliardi di dollari in donazioni. Ma secondo la legge statunitense, l’aiuto umanitario deve essere made in USA: così lo Stato provvede lavoro per i suoi agricoltori. In Africa, l’aiuto umanitario non è distribuito, ma viene presentato sul mercato ad un prezzo molto basso, con il quale gli agricoltori locali non possono competere. Come risultato, essi cessano di crescere le colture.

“Per esempio, la Bulgaria non coltiva più i peperoni, questi sono importati dalla Francia a prezzi di dumping. La Lituania ha cessato di produrre i latticini, Portogallo – la pesca. Essi possono chiaramente mettere fine alla loro produzione. I negozi russi sono pieni di prodotti importati, ma i loro campi sono ricoperti di foreste. “

Il mio commento: Se il mondo fosse stato collegato con buoni legami, tale integrazione sarebbe stata vantaggiosa per tutti. Ma lo sviluppo secondo il piano di portarci alla somiglianza con il Creatore conduce i paesi forti alla crisi, ancora più grande di tutti quei paesi che loro hanno messo sotto pressione. A causa dello sviluppo egoistico, e sopratutto quello internazionale globale, tutti i paesi, senza eccezione, soffriranno in una forma che costringerà ogni paese a rendersi conto della necessità di cambiare se stessa al contrario.
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