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Attacco massiccio

Domanda: Le persone non sono generalmente interessate a ricevere informazioni sulle forme di interazione, introspezione e sviluppo nell’auto-realizzazione finché la loro vita non diventa insopportabile. Soltanto allora vanno da specialisti e sono disposti a impegnarsi in lavori interiori.

Questo significa che senza lo scenario “io non posso vivere così,” è impossibile trasmettere alle persone le informazioni riguardanti il metodo integrale?

Risposta: Ritengo che prima dobbiamo fare un lavoro intenso con le persone tramite varie campagne cinematografiche, teatrali e altre sulla piattaforma di Internet, le quali dimostrino chiaramente alla gente quegli eventi che, proprio come nei film, stanno accadendo agli altri e come possono essere affrontati.

Dobbiamo mostrare loro esempi, coinvolgerli in questo, e attraverso tali produzioni renderli partecipanti attivi, simpatizzanti e realmente coinvolti in queste trasformazioni. Dobbiamo mostrare loro come tutto ciò traspare attraverso l’esempio dell’eroe di qualche film, produzione o romanzo. Ma devono essere lavori seri, come quelli di Pelevin. Penso che in questo maniera, possiamo creare una richiesta per il metodo integrale. Mi pare che ciò debba precedere ogni altra cosa quando si tratta della popolazione generale.

Se invece stiamo parlando di determinate persone, rappresentanti della cultura e della scienza, allora dobbiamo cercare di rivestire il tutto nel formato e nella conoscenza di qualsiasi cosa essi si stiano occupando. Per tali persone, dobbiamo diffondere materiale riguardo la connessione, l’influenza umana sul mondo, e come si realizza linearmente e globalmente, integralmente, quale sia la differenza tra le due, e così via. Vi è anche un grosso problema con i bambini. Se mostriamo come la formazione integrale trasforma un bambino, noi infatti facciamo di lui o lei un essere umano, ciò potrebbe essere un chiaro esempio per i genitori.

Vi è un buon esempio di questo nel nostro paese. Qui in Israele, tra le altre cose, un dirigente scolastico può fare qualunque cosa voglia nell’ambito della scuola. A loro è stato dato un potere illimitato, e possono introdurre nuove discipline. Quando i presidi della scuola vengono a conoscenza della nostra metodologia, sono d’accordo nell’implementarla poiché sentono e comprendono che darebbe risultati positivi, per lo meno per ciò che riguarda la disciplina nella classe, la riduzione della violenza e i vari problemi relativi ai bambini.

Se concordano, noi allora poniamo la condizione che in primo luogo l’insegnante debba padroneggiare il metodo integrale. Andiamo a scuola una o due volte a settimana e conduciamo dei corsi sull’educazione e l’istruzione integrale. Pertanto, prima di educare i bambini, gli stessi insegnanti apprendono questa metodologia, e vivono sulla propria pelle tutta questa trasformazione.

Gradualmente, gli insegnanti diventano i nostri soci, colleghi e partner, anche se in generale sono sempre caratterizzati dal conservatorismo ed inizialmente non capiscono l’essenza della metodologia integrale. Tuttavia quando si impregnano di essa allora, a poco a poco, realizzano quanto beneficio traggono dal fatto di poter entrare in una classe senza paura, che l’atmosfera amichevole durante le lezioni diventi un fenomeno normale, che i conseguimenti accademici aumentano, e che i bambini ascoltano l’un l’altro e ricevono l’uno dall’altro poiché una lezione viene portata avanti come una conversazione fra loro.

Quando i bambini condividono la propria conoscenza a vicenda, la assorbono molto meglio rispetto a quando le informazioni sono ricevute tramite gli insegnati. Ciò, in sostanza, è come erano organizzate le vecchie scuole; i bambini semplicemente discutevano tutti i problemi fra loro e attraverso questo rivelavano e si arricchivano di conoscenza.

Qui accade una cosa molto interessante. Una volta che si conquistano gli insegnanti e si lavora con essi per un po’ di tempo sull’istruzione integrale, in cerchio come con i bambini, loro iniziano a sentire da sé stessi quanto sia cambiato il personale docente, quanto sia diversa l’atmosfera nella sala insegnanti, così come le loro relazioni con la direzione della scuola. Cominciano a sentire che vi è davvero qualcosa di rivoluzionario qui, qualcosa di completamente nuovo. E così diciamo loro che non è abbastanza lavorare con i bambini su questa metodologia soltanto a scuola, essi hanno bisogno di sentire lo stesso ambiente a casa, vale a dire, dobbiamo lavorare anche con i genitori.

Poi, durante gli incontri con i genitori, gli insegnanti iniziano a convincere i genitori che la nuova metodologia è necessaria per garantire che i loro bambini, la cosa più preziosa che hanno, possano divenire nuove persone reali, buone e gentili, capaci di comprendere correttamente il mondo, di interagire nella classe e completare la scuola con successo, ricevendo buoni voti, e che con essa non vi sarebbe violenza, droga e tutto ciò che sfortunatamente gira nelle scuole. Avvengono cose orribili lì, e noi siamo a conoscenza solo di una piccola parte di esse. Quella pressione, quell’ambiente a cui sono sottoposti i nostri figli, questa è la più saliente e vivida manifestazione dei tratti umani più negativi.

Quando diciamo ai genitori che per tale scopo è necessario creare un’atmosfera leggermente differente in casa, loro concordano immediatamente, soprattutto le donne. Questo è sufficiente poiché una donna “presiede” la casa, mentre un uomo, come sappiamo, esercita un’influenza molto piccola su tutto ciò che accade in famiglia. In questa maniera, noi iniziamo ad attrarre le madri verso la metodologia integrale, ed infine raggruppiamo sostanzialmente l’intera popolazione.

Tramite le donne, attraverso il successo dei bambini, questo si diffonde a macchia d’olio. Tutti gli altri cominciano subito a vedere, ascoltare e sentire. La catena da un dirigente scolastico ai genitori —costituisce già un’enorme quantità di persone che vengono introdotte nella ri-educazione.

Ciò dovrebbe essere assolutamente preso in considerazione.
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(Da una “Conversazione sull’Educazione Integrale” 20.05.2012)

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Homo militaris

Opinione: Tra tutte le forme di comportamento collettivo delle persone la più ripugnante è la guerra con le sparatorie reciproche. Dopo l’ennesima guerra, le persone giurano che quella passata sarà l’ultima, ma negli ultimi tempi loro hanno iniziato a vedere la guerra come una manifestazione della libertà di scelta delle persone, come un puro fenomeno umano. È svanita la speranza che la guerra possa interrompere questo pensiero generale con la creazione di un arma terribile. Nessuno ha previsto, che il nostro secolo sarà il più sanguinario ed il più variegato secondo il tipo di guerra, e cioè da quelle mondiali a quelle delle tribù.

Freud pensava che con la crescita della cultura le guerre si sarebbero spente, gli istinti sarebbero cambiati sotto l’influenza dell’ambiente, facendo esercizi ci si rinforza e non facendo esercizi ci si indebolisce. Ma i biologi lo sanno che i programmi istintivi si trasmettono di generazione in generazione attraverso i geni e che non spariscono. Poiché il responsabile dell’inclinazione dell’uomo di combattere e uccidere è il programma innato, sarebbe meglio che si conoscessero di più i nostri istinti.

L’aggressione appare dall’interno e si accumula. Con la mancanza di un istigatore l’aggressione si manifesta comunque, orientandosi alle identità più deboli oppure agli oggetti inanimati. L’aggressione e la paura sono interconnesse. L’aggressione viene sempre accompagnata dall’attacco di paura, e la paura può svilupparsi in aggressione.

Per sfuggire agli assalti, gli animali dimostrano una minaccia ed in tanti casi questo è sufficiente per liberarsi dall’aggressore. L’uomo appartiene alla specie con un elevato grado di aggressività, ma il suo problema sta nell’altro.

Siccome lo scontro si sarebbe concluso con la morte, l’evoluzione ha elaborato un istinto di divieto dell’utilizzo delle armi negli scontri della stessa specie. La forza del divieto è corrispondente alla forza dell’arma.

L’uomo è un animale poco armato e per questo ha i divieti istintivi deboli. Ma iniziando a fare armi lui è diventato la specie più armata sulla Terra.

La morale quasi non è cambiata: quello che perde lo scontro deposita le armi e prende la posizione del sottomesso (alzando le mani), ma al vincitore come regola non funziona il divieto “non picchiare colui che sta sdraiato”.

In una situazione positiva le persone si comportano pacificamente con quelli che sono “non dei miei”. Col peggioramento della situazione l’atteggiamento diventa ostile.

Già dall’età di qualche mese il bambino inizia a sorridere ai suoi e ad imbronciarsi con gli estranei.
Noi siamo sottoposti a questo programma tutta la vita, evidenziando i propri (i compagni di classe, paesani, con la stessa credenza).

Con questo programma ci si rivolgono i demagoghi, istigando le persone verso un’altra visione, classe, cultura, nazionalità, religione.

La divisione delle persone in “i nostri “ e “non nostri” – è criminale, perché toglie da dentro l’uomo l’istinto del divieto di portare danno agli altri. L’uomo privo di questo istinto si sviluppa verso la crudeltà. Questa divisione è il motivo dei conflitti. La religione parla soltanto del compito di unione, ma alla base di ogni religione sta la divisione delle persone in “i propri” e “gli altri”.

Soltanto l’apparizione di un nemico comune può unirci (l’attacco dei marziani).

Ci rimane soltanto limitare legalmente la divisione delle persone in base a qualunque aspetto caratteristico.

Il mio commento: Ci può aiutare soltanto l’introduzione dell’educazione integrale, nel processo dal quale scopriremo che tutti sono “i propri”, saremo consapevoli che facendo del male agli altri, innumerevolmente più volte facciamo del male a noi stessi, inizieremo a sentire tutti come un’unica cosa propria. Soltanto in questo caso il mondo acquisirà la calma e l’elevazione.
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