La grande trasformazione – Dare forma a nuovi modelli

Opinione: (Klaus Schwab, professore del Foro Economico Mondiale): “Negli ultimi tre anni il mondo è stato inghiottito dal controllo politico, economico e in particolare dalla crisi finanziaria. Abbiamo perso di vista la trasformazione fondamentale che il mondo sta attraversando dove i modi convenzionali nel prendere delle decisioni sono stati sorpassati. Quello di cui abbiamo realmente bisogno è dei modelli decisionali e aziendali a livello globale, regionale e nazionale che riflettano veramente che il contesto di risoluzioni è stato alterato – in maniera senza precedenti”.

“Permettetemi di enunciare i nuovi modelli che io ritengo “i primi” se riusciamo a superare l’attuale punto morto e dirigere le sfide critiche”.

“Primo; abbiamo bisogno di un modello nuovo per poter valutare i fondamentali spostamenti di potere che stanno accadendo, e continuano a farlo. E non penso solamente ai cambiamenti geo-politici e geo-economici del potere da occidente verso oriente e da nord a sud, ma anche di integrare nuovi attori non dichiarati che vogliono dire la loro parola e hanno la capacità di farlo. Il potere è molto più distribuito”.

“Perciò, abbiamo bisogno di nuovi modelli, dove i processi governativi di ogni livello integrino questi nuovi arrivati nella maniera più collaborativa. Nel vecchio mondo è stato un potere duro – potere gerarchico – che era decisivo. Poi arrivò il potere dolce – la capacità di avere un messaggio convincente. Ma oggigiorno dobbiamo integrare i nuovi arrivati autorizzati in quello che io chiamo il “potere collaborativo” –la capacità di esercitare il potere collaborativo determinerà il futuro negli affari a livello regionale, nazionale e globale”.

“Un secondo nuovo modello è necessario per riconoscere che viviamo insieme in un mondo multi-culturale, multi-etnico e multi-religioso. I valori prevalenti dovranno sistemare sempre di più la diversità con delle sfide sostanziali per identità nazionali e individuali. Faremmo un progresso duraturo solamente riconoscendo di essere differenti ma anche interdipendenti. Perciò, dovremo coltivare un sentimento maggiore di fratellanza regionale e globale”.

“Un terzo modello è necessario per indirizzare seriamente l’impatto sociale della globalizzazione e la nuova ondata d’innovazione tecnologica. L’iniquità crescente dentro e tra le nazioni e l’aumento della disoccupazione non sono più sostenibili e stanno innescando proteste sociali, come testimoniato in tutto il mondo. Dobbiamo ripensare alle nostre nozioni tradizionali di crescita economica e competitività globale, non focalizzandoci in valori di crescita ed entrata nei mercati, ma anche, ugualmente – se non più importante – accertare la qualità della crescita economica”.

“Qual è la crescita da raggiungere in futuro? Quant’è sostenibile e quanto grava sull’ambiente? Come sono distribuiti i guadagni? Che cosa è successo con la struttura familiare e comunitaria, cosi come della nostra cultura ed eredità? È arrivato il momento di abbracciare un approccio molto più olistico, inclusivo e qualitativo dello sviluppo economico, basato nel “consegnatario”, e non nel mero concetto del “consegnatario”.

“Abbiamo bisogno di un nuovo modello per creare nuovi posti di lavoro. L’economia globale sta crescendo più piano, la produttività sta facendo ancora progresso sostanziale e la disoccupazione sta andando alle stelle. Sappiamo anche che centinaia di milioni di persone entreranno nel mercato del lavoro nella prossima decade. In addizione all’aumento della produttività portata da una maggiore efficienza delle risorse, il modello industriale sta cambiando verso l’alto, dove una quantità minore di persone può produrre molto più valore”.

“La chiave per mitigare la situazione catastrofica è di dare ai giovani la capacità di crearsi i propri lavori; di spostarsi dal mero concetto di disoccupazione al concetto di micro-imprenditorialità. Questo richiederà dei cambiamenti fondamentali nei sistemi educativi nutrendo uno spirito sociale d’imprenditorialità a rischio, permettendo vera qualità di genere –per integrale un’altra metà di talenti nascosti – e facendo innovazione e il supporto dell’innovazione una chiave imperativa nella vita privata e pubblica. Il successo di ogni azienda nazionale e modello d’affari per la competitività sarà meno basato nel capitale in futuro e più basata nel talento. Io definisco questa transizione come spostarsi dal capitalismo verso il “talentismo”.

“Ho rilevato solamente quattro dei nuovi modelli che fanno parte della trasformazione regionale e globale per illustrare che siamo a un punto d’inflessione storico. A Davos discuteremo su tanti altri aspetti della grande trasformazione, in particolar modo in come questi creino dei nuovi posti di lavoro”.

“Per rispondere alle aspettative delle giovani generazioni, dobbiamo dotarli della speranza e della fiducia che non dovranno pagare per gli sbagli ed eccessi della presente generazione. C’è un punto dove la velocità, inter connettività e complessità diventano tanto persuasivi, che l’intero sistema collassa, senza tenere in conto se alcuni elementi nella superficie siano stati indirizzati”.

Il mio commento: Francamente, avevo sentito delle informazioni molto entusiaste su quest’articolo, ma dopo averlo letto, sono rimasto deluso. Senza dubbio, bisogna fare quanto segue:

  1. Bisogna sviluppare un nuovo modello su un consumo razionale
  2. Distribuire la piccola quantità di lavoro che rimarrà dopo lo scoppio economico e l’eccessiva capacità di produzione
  3. Creare un modello dove le persone siano occupate nell’educazione e nella crescita integrale, più che con le attività produttive
  4. Ristrutturare il welfare e le relazioni sociali seguendo il nuovo significato

Finché non iniziamo a implementare questi obiettivi, la crisi non ci lascerà. Dopo tutto, essa rivela le incrinature nel nostro sistema.
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