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Mettiti nei panni degli altri

Domanda: Quando qualcuno cerca di alleviare le sofferenze di un’ altra persona, questo aumenta la distanza tra quest’ultima e la spiritualità?

Risposta: Può sembrare che quella persona soffrirà di meno, ma allora non si domanderà nemmeno per quale motivo esista la sofferenza. Questo significa che se io auguro del bene alle persone, io li debba forzare a soffrire?

Di base, il comandamento principale nella Torà è quello di “ama il prossimo come a te stesso”. Semplicemente mettiti nei panni degli altri. Per esempio: pensa cosa faresti se tu fossi il tuo bambino più piccolo e caro, e allora farai la cosa giusta.
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I Kabbalisti sulla libertà di scelta, Parte 12

Cari amici, fate delle domande su questi passaggi dei grandi Kabbalisti. I commenti tra parentesi sono miei.

La libertà del collettivo e la libertà dell’individuo sono uguali

Il beneficio di ognuna e di tutte le persone all’interno della comunità non si valuta in base alla loro bontà, ma in accordo al loro servizio verso il pubblico. Allo stesso modo, valutiamo l’attributo del male di tutti e di ognuno degli individui solo in accordo al danno che infliggono al pubblico in generale e non per il loro valore individuale.

Questo è dovuto al fatto che ciò che si trova nel collettivo è anche ciò che si trova nell’individuo. Il beneficio collettivo è il beneficio di ognuno degli individui …

Così avviene che … l’individuo non si vede danneggiato a causa della sua sottomissione verso il collettivo, poiché anche la libertà della comunità e la libertà dell’individuo sono la stessa cosa. E così come condividono in bene, condividono anche la libertà.

-Baal HaSulam, “La pace nel mondo

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Nascosto nella mia stessa ombra

L’uomo è stato creato con il desiderio di ricevere che aspira ad essere riempito, si sente imperfetto se ciò non avviene e vede tutto il significato della sua esistenza in questo. Oltre a questo, l’uomo non ha sensazione. Tutte le nostre sensazioni vengono esclusivamente dai piaceri che vediamo davanti a noi, cioè, da ciò di cui è costruito il nostro mondo. La realtà è composta dalle immagini dei piaceri che la nostra immaginazione ci dipinge.

Vediamo intorno a noi il mondo inanimato, quello vegetale, quello animato ed le altre persone, perché il nostro desiderio si compone di quattro livelli nei quali sperimentiamo le immagini di tutti i piaceri possibili; però se non vogliamo vivere tra queste illusioni e desideriamo vedere il mondo reale, dobbiamo vederlo non partendo dal desiderio di ricevere, ma dal desiderio di dare. Di fatto, è lì che troviamo la nostra radice e la nostra relazione con questa, cioè col Pensiero della Creazione, col suo programma ed il suo proposito. Il desiderio egoista però ci separa da tutto questo, dalla vera conoscenza, dalla sensibilità e dallo scopo.

Abbiamo un’opportunità unica di avvicinarci all’immagine reale, di mettere un velo sul quadro dipinto per noi dal nostro egoismo. Non è che dobbiamo smettere di vedere tutto questo, ma smettere di dargli tanta importanza come facciamo oggi. Invece di questo, dobbiamo cercare l’immagine delle radici che giacciono dietro, ciò che emerge nei desideri stessi se essi cambiano direzione dalla ricezione alla dazione.

Il desiderio è uno, ma tutte le sue parti (quella inanimata, vegetale, animata ed umana) devono trasformarsi in dazione ed allora vedremo le radici di questa immagine che viene vista nel nostro desiderio di ricevere piacere per noi stessi.

Questo viene fatto per mezzo “dell’ombra della santità”. Dopotutto, quando una persona si sforza per questo tipo di ombra, cerca di farla lei stessa, ma presto scopre che è incapace di farlo; trova che suo il volo dal desiderio di ricevere ed il cercare di mettere “un’ombra” su questo, ovvero provare a fare lo schermo, la restrizione ed il lavoro al di sopra di essa, è impossibile senza l’aiuto esterno. È richiesto un miracolo!

Un miracolo è qualcosa che è al di fuori delle mani della persona e non è disponibile direttamente per lei come un mezzo ovvio. Gradualmente arriva alla conclusione che la stessa radice, la forza superiore che vuole rivelare, deve aiutarla e darle l’occultamento.

Tuttavia, dato che la persona lo chiede per sua propria volontà, le viene contato come se avesse creato quest’ombra. Così occulta il suo desiderio di ricevere sempre di più, il che viene considerato come “non fare agli altri ciò che è odioso per te”, ed acquisisce la proprietà di Binà, dazione per dare (Chafetz Chesed).

Quando finisce il lavoro e si eleva al Monte Sinai al di sopra di tutti i suoi desideri egoistici, comincia a lavorare, anche a ricevere per dare, “nell’amare il suo prossimo come se stesso”. Gradualmente ogni desiderio diventa dazione e così via fino alla fine della correzione.

Tutto questo si ottiene per mezzo dell’occultamento o di quella che viene definita “modestia”. Si tratta del lavoro nel quale la persona cerca la maniera di occultare il suo desiderio di ricevere, di non utilizzarlo direttamente, in maniera egoistica e certamente di non utilizzarlo istintivamente senza pensare, ma solo dopo rigorose analisi e prove. Questa è la prima tappa del nostro lavoro.

Se l’essere umano in noi impara ad occultarsi dal desiderio di ricevere in noi, si separa da questo desiderio e si eleva al di sopra dello schermo. In questo momento, è connesso alla radice e compie dei calcoli al di sopra della ragione. Così continua il cammino ed avanza.
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Versione Audio

(Dalla 1° parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 25.07.2011, Shamati 39)