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La scienza che studia l’io

La Kabbalah è una scienza che tratta della realtà. L’uomo è una creatura che cerca di capire perché, a quale scopo esiste e come può arrivare alla verità. Lui desidera scoprire il significato di nozioni quali “la verità”, “i fatti”, “lo scopo”, o “raggiungere la meta”. Lui è fatto per esigere questo tipo di riempimento.

La necessità più grande dell’uomo è sapere chi è, come è detto: “Dalla mia carne vedrò il Creatore”. Di fatto, per capire chi sono, ho bisogno di sapere chi è il Creatore. Questa necessità richiede che io la investighi.

Tutta la saggezza della Kabbalah è dedicata allo studio dell’uomo, poiché a parte lui, non esiste niente. Tutta la realtà è nell’uomo e tutto avviene solamente in lui. Non vedo niente in questo mondo eccetto me stesso. Tutto quello che avviene intorno a me sono io, immagini dentro di me. Non ho la più pallida idea di quello che succede al di fuori di me.

Questo significa che la Kabbalah è lo studio dell’io, dell’autorealizzazione, della coscienza propria. Tutti gli altri libri descrivono un certo tipo di illusioni, come se ci fosse una realtà esterna al di fuori di noi. Pertanto tutto, eccetto questi libri sacri, è una totale menzogna fabbricata dall’uomo; sono il frutto della sua immaginazione.

Non ci rendiamo conto di quanto unici siano questi libri; inoltre, rispetto alla verità, non abbiamo niente su cui appoggiarci. Senza questi libri, esisteremmo in questo mondo come dei piccoli insetti che vivono solo perché il tempo che è stato assegnato loro glielo permette. Solo con l’aiuto di questi libri possiamo svilupparci gradualmente e cominciare ad esaminare, valutare ed imparare “chi e cosa siamo”.

Così verifichiamo che conteniamo tutti i mondi, i Partzufim, le Sefirot e numerose parti che ci sembrano estranee, che alla fine risultano essere parti della nostra stessa anima. È proprio il nostro desiderio diviso nella natura inanimata, vegetale, animata, così come in quella umana. Nel quarto ed ultimo grado, dobbiamo riunire tutte queste parti per arrivare all’intenzione “di dare”, che è obbligatoria per questo quarto ed ultimo stato della Creazione.

Quando otterrò quest’intenzione di dare per tutte le parti della creazione, finalmente verificherò chi sono, conoscerò me stesso; e non c’è nient’altro che studiare nella realtà.
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(Dalla 3° parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 2.05.2011, Talmud Eser Sefirot)

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Una nuova storia su Cappuccetto rosso

Domanda: Cosa succede “dietro le quinte” delle mie azioni quando, durante la lettura del Libro dello Zohar, compio dei ripetuti sforzi per mantenere l’intenzione, ma mi sembra che non servano a niente?

Risposta: Gli sforzi che fai determinano la qualità della tua percezione, della tua sensibilità, e poi arrivi a capire, arrivi alla rivelazione. Tutto è davanti ai tuoi occhi, ma la tua mancanza di sensibilità non ti permette di rivelare il sistema di connessione tra le anime di cui il Libro dello Zohar ti parla. I tuoi sforzi e le tue preghiere costruiscono gli strumenti di percezione dentro di te per farti percepire l’intero quadro.

Domanda: Io provo continuamente a rinnovare la mia intenzione, ma mi sembra di fare gli stessi sforzi e percepire le stesse cose di una settimana fa, è come se niente cambiasse…

Risposta: Supponiamo che io sia in mezzo a dei musicisti. Guardandoli, mi rendo conto di come ascoltino ogni suono e distinguano la combinazione di suoni diversi, e capisco come tutto questo sia per loro importante. Mentre li guardo, imparo a come trattare i suoni. Quindi, come risultato dei miei sforzi, aumento la mia sensibilità ed incomincio a percepirli.

Allora faccio delle domande ai musicisti e loro mi spiegano delle cose, ma io non capisco le loro spiegazioni. “Una quarta” “Una quinta”, “glissando”, “forte” – queste parole non mi dicono niente, proprio come la terminologia del Libro dello Zohar che non riesco a decifrare.

Ma io voglio imparare! E questa è la ragione per cui divento un po’ più sensibile e cerco di percepire queste parole. Allora, poiché siamo in un sistema speciale, in base ai miei sforzi, al mio desiderio e alla mia aspirazione, incomincio a sentire. Anche un bambino si sviluppa in questo modo: vuole diventare grande e corre sempre, non sta mai fermo e continua a cercare qualcosa.

Noi domandiamo: come fanno i bambini a guardare lo stesso cartone animato o ad ascoltare la stessa storia per un milione di volte? E’ a noi che sembra un milione di volte, perché noi non ci sviluppiamo più. Ma un bambino vive in quella storia. Se oggi ascolta la storia di Cappuccetto Rosso, gli sembra una storia completamente nuova, non come quella di ieri. Noi lo guardiamo e pensiamo, “Va bene, gli racconterò una storia. Siediti in silenzio, mettiti tranquillo, e goditi il divertimento…” Ma lui ascolta questa storia come se fosse una nuova storia ogni volta! E anche se la sa a memoria, quando la ripete con noi, rivive tutto daccapo. E’ uguale a come dover mangiare oggi anche se si ha già mangiato ieri. Questo è ciò che succede anche a lui!

Perciò, tutto il nostro lavoro consiste nel sviluppare la nostra sensibilità e nell’acquisire nuove qualità di percezione.

(Dalla 2.a parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 23.06.2011, Lo Zohar)

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I Kabbalisti sulla Torà ed i Comandamenti, Parte 44

Cari amici, per favore, fate delle domande su questi passaggi dei grandi kabbalisti. I commenti tra parentesi sono miei.

Solo la Luce della Torà riforma la persona

Non potendo uscire dal desiderio di ricevere per se stesso e sentendo il bisogno dell’aiuto del Creatore, nasce la necessità di essere assistito dal Creatore. L’aiuto del Creatore è attraverso la Torà perché la Luce in essa lo riforma, il che significa che riceve i vasi di dazione.

Rabash, I Gradini della scala, “Qual è la base sulla quale si costruisce la santità”

I nostri saggi dissero: “Il Creatore disse, Ho creato l’inclinazione al male, Ho creato la Torà come una spezia (per la sua correzione)”, il che significa che la Torà e le Mitzvot condiscono (correggono) l’inclinazione al male, per darle sapore, perché l’inclinazione al male si chiama desiderio di ricevere.

Quando è per se stesso, è insipido, perché la restrizione è su di lui e resta in uno spazio vuoto. Però, attraverso la Torà e le Mitzvot, si arriva all’intenzione di dare e con questo vaso, chiamato “desiderio di ricevere”, si riceve tutto il diletto ed il piacere.

-Rabash, I Gradini della scala, “Riguardo alla Meta”
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