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L’umanità è a rischio di estinzione

Opinione: Nick Bostrom (Professore della Facoltà di Filosofia nell’Università di Oxford) Rischi esistenziali: A causa dell’accelerazione del progresso tecnologico, l’umanità potrebbe avvicinarsi sempre di più a una fase critica nel suo percorso.

Oggigiorno stiamo facendo qualcosa che non si era mai fatto prima d’ora sulla Terra. Se i fattori naturali non sono stati capaci di estinguere la razza umana in migliaia di anni, ci estingueranno nel prossimo secolo.

Il paradosso risiede nel fatto che senza la tecnologia le nostre opportunità di evitare i rischi globali sono uguale a zero, mentre il fatto di avere la tecnologia ci dà,  in proporzione,  una maggiore opportunità di scappare dall’estinzione, nonostante sia la tecnologia stessa che causa questi rischi. Il fattore dominante del perché di quest’aumento di rischi è la discrepanza tra la maturità dell’uomo in termini di etica e morale e la crescita del potere delle tecnologie create da lui stesso.

Per minimizzare i rischi di un disastro tecnologico, dobbiamo fare quanto segue:

  • Sollevare la questione dei rischi esistenziali
  • Creare una struttura di cooperazione di atti internazionali
  • Regolare il ritmo del progresso tecnologico
  • Creare dei programmi volti a ridurre drasticamente specifici rischi esistenziali

Il mio commentario: Le tecnologie che noi produciamo sono il risultato del nostro atteggiamento egoista verso la società che ci circonda e verso la natura. Soltanto l’equilibrio con la natura ci porterà a un uso intelligente delle tecnologie. Ma per poter ottenere questo è necessario in primo luogo trasformare la natura umana. È questo può essere fatto unicamente dalla forza che ci ha creato: “Io ho creato l’inclinazione al male e il metodo per la sua correzione”.
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Un nuovo libro in Cinese

Il mio libro “La scienza della Kabbalah e il significato della vita” sarà pubblicato in Cina. Nei prossimi mesi saranno pubblicati altri due libri in cinese.

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Il bisogno di imparare i termini Kabbalistici

Domanda: Se è così importante conoscere l’esatto significato dei termini Kabbalistici ( al punto di suddividerli in uno schedario ed impararli a memoria), perché hai detto che studiamo il testo “Lo studio delle dieci Sefirot” non tanto per comprenderlo intellettualmente, ma, soprattutto, per attirare la Luce Circostante che funziona come una “miracolosa” forza nascosta?

Risposta: Noi studiamo i termini Kabbalistici non per comprenderli intellettualmente, ma per avvicinarci al significato autentico del testo.

Quando leggo di ciò che “più elevato” o “più basso” nel mondo spirituale e lo paragono a ciò che è considerato “più elevato e più basso” nel mondo corporale, mi rendo conto di quanto lontano sono dalla verità. Questa considerazione mi guida al riconoscimento del male, del mio errore. E questa sensazione rigenera le mie qualità, risveglia il mio desiderio di cambiare e di richiamare la forza superiore che mi correggerà.

Infatti, se con la mia mente fisica capisco che le definizioni di ciò che viene descritto nei testi sono corrette ( per esempio, “la Luce”, “il Creatore”, “il sole”, “un cerchio”), l’amarezza causata dalla distanza tra me e la verità cresce. E questa sofferenza diventa una preghiera. Questo genere di studio non è inteso per l’intelletto.

Effettuiamo le nostre valutazioni non con la mente, ma con le nostre proprietà. Il corretto apprendimento delle definizioni ci porta al desiderio di essere dentro di esse, invece che ad una comprensione astratta del loro significato!

Ciò significa che io stesso desiderio essere trasformato in modo che queste definizioni mi descrivano, in modo che diventino il mio riferimento ed il mio linguaggio. Io voglio ascoltare “più elevato-più basso” e capire che qualcosa è più elevato e più basso in termini di importanza rispetto alla dazione, mentre “destra e sinistra” si riferisce alla Luce di Hochmà (Saggezza) e alla Luce di Hassadim (Misericordia).

(Dalla 1.a parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 20.06.2011, Talmud Eser Sefirot)

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La storia è finita

La Kabbalah parla del desiderio. Non esiste il tempo, il movimento, o lo spazio, ma solamente uno stato dell’essere. E a proposito del passato e del futuro? E a proposito dei mondi spirituali? Io non li percepisco.

Ci sono dunque atri stati di esistenza oltre a quello attuale, oltre il nostro mondo? Io non lo so, perché non ne ho mai fatto esperienza. Da questi stati non ricevo delle sensazioni o Reshimot. Adesso non posso raggiungere questi stati e confermare la loro autenticità.

L’uomo giudica tutto in base a quello che vede. Non si tratta solamente di un assioma, ma è la conseguenza di ciò che il desiderio sente quando si è sviluppato al livello di essere, in cui è consapevole di se stesso e capisce cosa sente. Se così non fosse, ci staccheremmo dalla realtà e ci perderemmo in un mondo di fantasie.

Io non sto parlando da me della dimensione più elevata. I Kabbalisti me ne hanno parlato, ed io ho fiducia in loro. Considero vere le loro parole quando mi dicono che è possibile esistere in stati diversi: “Aspira a questi stati, ed ascenderai verso di essi”, mi dicono i Kabbalisti. “Sono migliori di quello che senti adesso”. Dunque, io mi sposto da uno stato verso quello successivo con il desiderio, correggendolo e migliorandolo. Rivelando il mio desidero come dazione, rivelo in esso dei nuovi stati.

Al giorno d’oggi, tutta l’umanità si trova lungo un asse verticale e deve muoversi dal basso verso l’alto. Abbiamo completato l’asse orizzontale della storia e non ci sono più posti dove poterci dirigere ancora. Da adesso in poi, il nostro cammino punta verso l’alto.
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(Dalla 5.a parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 21.06. 2011 “Matan Torà (Il Dono della Torà)”

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Ogni passo ha la sua risposta

Domanda: Tu dici che attraverso la propria analisi interiore, l’uomo trova le risposte dentro di sé. Come posso essere sicuro che il mio egoismo non mi metta fuori strada, e riesca a ricevere le giuste risposte invece di immaginare soltanto qualcosa?

Risposta: Se stai cercando il modo di fare dei progressi in avanti – con i libri, o con l’uso del metodo, ricevi le risposte corrette ad ogni preciso momento. La volta dopo, riceverai delle risposte ancora più corrette.

Ogni passo successivo è più corretto rispetto a quello precedente, ed il precedente sembra uno sbaglio. Così, ci muoviamo in avanti. In questo modo, un bambino incomincia a comprendere di aver giocato con dei giocattoli, non con qualcosa di reale.
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(Dalla 2.a lezione al Congresso di Mosca del 10.06.2011)

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Una marionetta che si anima da sé

Domanda: Perché dobbiamo affrontare un processo così lungo, complicato ed oscuro che va contro la nostra logica ed il comune modo di pensare?

Risposta: Il punto è che alla fine, all’essere creato dal Creatore, dobbiamo aggiungere il nostro desiderio, il nostro bisogno di fare esperienza di Lui, per ricevere la Luce superiore e l’appagamento spirituale. Io devo presentarmi con un mio proprio desiderio, con l’impazienza e una grande brama.

E per arrivare ad avere un mio proprio desiderio, devo partire dal suo capo opposto, dal non volere nulla di tutto questo! Solo giungendo a questo desiderio dal suo capo opposto posso dire che è mio! Altrimenti, non lo è.

Supponiamo che io voglia qualcosa in questo preciso istante. Da dove arriva questo desiderio? Se io scavo in profondità, scoprirò che non è effettivamente mio, ma che deriva da qualche causa esterna: geni, ormoni, informazioni accumulate nella mia memoria, ambiente, ed i bisogni del mio corpo e della natura. Ciò significa che vengo risvegliato da dentro, ma non si tratta affatto di un mio desiderio; invece, è il richiamo della natura. E, schiavo del mio istinto naturale, incomincio a rincorrere quello che voglio.

Quello che voglio adesso è cibo, sesso, famiglia, benessere, potere, onore e conoscenza. Ma lo voglio veramente? No, non lo voglio! Può essere che io sia nato in questo modo o può essere stato l’ambiente ad influenzarmi, in ogni minuto della mia vita, risvegliando in me questo genere di desideri. Ma non si tratta dell’ “IO” che sono.

E’ come se io fossi una marionetta senza esserne nemmeno consapevole. Credo di essere il padrone della mia vita e, come un eroe, combatto per accaparrarmi quello che voglio. Ma poi salta fuori che non è affatto quello che voglio. Chi sono io, allora, se agisco come un robot? Piango, mi sforzo, lavoro duramente, per poi rendermi conto che sto appagando i desideri di qualcun altro e non so nemmeno di essere uno schiavo.

Dipendo completamente dai fili che mi tirano e che mi controllano in ogni momento.
Se avessimo la possibilità di vederci dal di fuori, vedremmo esattamente questo: siamo delle marionette che non hanno nulla di proprio, nessun desiderio personale o possibilità di appagarli. Non siamo quelli che possono stabilire i propri obbiettivi e, apparentemente, non siamo neanche umani, ma siamo dei pupazzi di stoffa legati a dei fili che ci muovono in su e in giù.

Tuttavia, quando sento un desiderio dentro di me, non sono IO a sentirlo? Si tratta di una bella domanda, poiché la sensazione si presenta nella forma che è prescritta per me. Un certo disturbo si presenta dentro la marionetta, degli impulsi elettrici la attraversano, ed incomincia ad agire e reagire.

Se ci esaminiamo con questa accortezza, vedremo che non c’è creatura qui! Questo è il momento in cui incominciamo a comprendere qual è stato il lavoro del Creatore: come creare il desiderio primario e basilare che non arriva da Lui. Come può fare un pupazzo che, nonostante sia di stoffa, ottiene la vita ed incomincia a pensare e a desiderare da sé? Inoltre, come si rendono suoi i desideri, i pensieri, e le azioni? In caso contrario, l’intera creazione sarebbe un semplice giocattolo, una burla totale.

Non ci rendiamo neanche conto di quanto sia stato difficile crearci in modo che potessimo costruire qualcosa da soli dentro noi stessi, qualcosa che si possa chiamare “uomo” (Adamo), cioè “uguale” (Domeh) al Creatore, autonomo ed indipendente nelle proprie scelte, azioni, e desideri, e non semplicemente un parassita.

Perciò, siamo destinati ad attraversare degli stati insoliti e strani, fino a quando non otteniamo un desiderio che sia nostro. E solo quando arriveremo a questo momento saremo chiamati “umani”, Israele. Ci si riferisce a coloro che sono ancora controllati dall’Alto come alle “nazioni del mondo”. Mentre ci si riferisce a coloro che sono già evoluti ed hanno un proprio desiderio che li spinge verso il Creatore come Israele (Yashar El, “dirittti al Creatore”).

Quindi lo scopo dell’essere che è stato creato è di ottenere questo desiderio e di utilizzarlo, ed è verso questo scopo che la Luce superiore ci sta portando. Essa ci porta solamente a renderci conto di quanto sia necessario questo scopo, mentre meritare questo desiderio è il nostro lavoro. Qui, non possiamo ricevere niente di pre-confezionato perché in questo caso, non sarebbe un merito.

Dunque, il Creatore ci risveglia una volta con il piacere ed un’altra volta con la sofferenza, usando queste due particolari redini per farci creare dentro di noi qualcosa di nuovo.
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(Dalla 3.a parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 06.05.2011 “spiegazione dell’articolo, ‘prefazione alla saggezza ella Kabbalah’”)

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I Kabbalisti sulla Torà ed i Comandamenti, Parte 42

Cari amici, per favore, fate delle domande su questi passaggi dei grandi kabbalisti. I commenti tra parentesi sono miei.

Solo la Luce nella Torà riforma la persona

L’uomo fu creato con il desiderio di ricevere piacere per se stesso chiamato “desiderio di ricevere per il proprio beneficio”. Ci viene detto che bisogna annullare questo desiderio di ricevere ed acquisire un nuovo Kli (vaso – desiderio) chiamato “desiderio di dare”. Non tutte le persone si vedono ricompensate con esso, cioè, con la capacità di acquisire i Kelim (vasi – desideri) adeguati affinché la Luce superiore dimori in essi (affinché il Creatore sia rivelato).

Affinché uno raggiunga il desiderio di dare, dissero i nostri saggi (Kidushin 30), “Ho creato l’inclinazione al male (l’egoismo di una persona), Ho creato per essa la Torà come una spezia (un’aggiunta all’egoismo in forma di intenzione “con il fine di dare”), il che significa che proprio attraverso la Torà (studiando con il fine di correggere se stesso) uno (la persona) può raggiungere i Kelim di dazione.

-Rabash, I Gradini della scala, “L’importanza della fede”

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Lezione quotidiana di Kabbalah – 27.06.2011

Shamati 166
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Il Libro dello Zohar, Trumà (Donazione), “Il Cantico dei Cantici, che è di Salomone”, Punto 346, Lezione 14
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TES, Tabella di domande e risposte per il significato delle parole, Punto 39, Lezione 32
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Prefazione alla Saggezza della Kabbalah, Pagina 572, Punto 16, Lezione 11
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Matan Torà (Il Dono della Torà), Pag.246, Punto 12, Lezione 7
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L’amore è una strada a due corsie

Domanda: Come si spiega agli uomini la necessità dell’amore?

Risposta: Si può amare il pesce da mangiare a pranzo, si possono amare i nostri figlioletti, e si può amare il prossimo e il Creatore. La stessa parola indica delle nozioni completamente diverse.

Vale la pena esaltare l’amore per il prossimo ad una persona che ama il pesce? Come si può descrivergli il piacere della dazione? Cosa capirebbe? Che deve dare il suo pesce a qualcun altro? Questo è amore?

Che cosa significa amare il prossimo? Questo amore ha un significato completamente diverso. Amare il prossimo, cioè un altro uomo, significa unire il suo desiderio al nostro e usare il nostro desiderio per appagare il suo. Allora ci uniamo in un unico insieme, dove io appago l’altro e l’altro è appagato. In cosa l’altro si appaga? Nel suo desiderio. Nel suo desiderio in relazione al mio, che è come Malchut in relazione a Zeir Anpin. Io sono come il Creatore, e l’altro è come la creazione. Questo è ciò in cui consiste il mio lavoro.

Dunque, “amore” è la relazione tra il Creatore e la creazione. Solamente questo è amore, cioè l’atteggiamento della creazione verso il Creatore. Se io riesco a costruire questo genere di atteggiamento verso gli altri o, in altre parole, se acquisisco la qualità del Creatore, la qualità della dazione, e per mezzo di questa qualità mi rapporto al desiderio del mio prossimo proprio come fa il Creatore, ne consegue che il Creatore è dentro di me, ed io compio l’azione necessaria rispetto al mio prossimo. Questo significa che io amo il mio prossimo.

Noi non abbiamo il diritto di usare la parola “amore” in nessun altro significato, contesto, o situazione. Altrimenti lo confonderemmo con il nostro “amore per il pesce”.

Stiamo parlano dell’intensità con la quale il Creatore, la qualità della dazione, si riveste in me. Prima di tutto dobbiamo mettere in pratica il principio “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te“. In questo modo divento neutrale. Dopo di che, devo acquisire il desiderio dell’altro invece del mio. Il desiderio dell’altro uomo deve diventare più importante del mio e quindi innalzo l’altro al di sopra di me. In questa caso, sono pronto a fare di tutto per l’altro, proprio come lo farei per mio figlio se fosse ammalato. Sono completamente “assorbito” nel suo desiderio; ed è questo che mi spinge ad agire.

In questo modo sono esattamente uguale al Creatore, come Zeir Anpin che riceve una richiesta da Malchut. Più il desiderio dell’altro è in grado di spingermi a donare, di più io mi elevo rispetto a lui. Questo è amore. Lo capite come è diverso questo amore dalle nostre nozioni attuali?

Più sono capace di donare ad un altro uomo, di più gli fornisco la Luce della correzione. Infatti, c’è una garanzia mutua tra di noi. Io non colmo il suo desiderio egoistico, ma rivelo dentro di lui il desiderio di essere in un unico sistema con me, in modo che la Shechina possa regnare tra di noi. Quindi, che cosa dovrei fornirgli? Devo dargli il mio appoggio nel sostegno reciproco, che è lo stesso che fa lui per me rivelandolo nel suo desiderio. Questo è amore.

Nessuno deve indugiare nell’egoismo dell’altro. Io non rivelo il desiderio egoistico nell’altro uomo, ma il desiderio della garanzia mutua al fine di rivelare il Creatore nella relazione che c’è tra noi due. Il Creatore non può essere rivelato in un uomo o nel suo atteggiamento verso un altro uomo, a meno che questo atteggiamento non sia fortificato dalla reciprocità.

L’amore non funziona a senso unico. E’ una strada a doppia corsia. Richiede una rete di collegamento attraverso la quale gli impulsi della dazione possano scorrere, una rete attraversata da sentimenti di amore, di relazioni di sostegno reciproco attraverso le quali ci rafforziamo a vicenda.

In questo contesto, l’egoismo viene messo da parte, senza alcun calcolo di appagamento. Infatti, noi ci innalziamo al di sopra dell’egoismo, in quanto ci connettiamo tra di noi con l’intenzione reciproca di farlo per il bene della dazione. E quando la nostra unione raggiungerà uno specifico livello di intensità, creando una rete al di sopra di noi, allora riveleremo il Creatore, la reciproca qualità della dazione e dell’amore che esiste tra di noi.

(Dalla 4.a parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 20.06.2011 “Matan Torà -La dazione della Torà”)

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