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I Kabbalisti sull’Essenza della Saggezza della Kabbalah, Parte 12

Cari amici, fate le vostre domande su questi frammenti degli scritti dei grandi kabbalisti. Prometto di darvi risposta. I commenti tra parentesi sono miei.

La realtà contenuta nella scienza della Kabbalah

La Kabbalah non utilizza nomi e denominazioni al di fuori dell’aspetto della realtà (che raggiungiamo con i nostri sensi e poi esaminiamo nella nostra mente) ed autenticità (rivelati a noi nella misura della nostra correzione). Questa è una regola inflessibile (assoluta) per tutti i saggi della Kabbalah: “Tutto ciò che non raggiungiamo (chiaramente nelle nostre qualità corrette) non lo definiremo (è impossibile farlo) con nome né parola” (si deve al fatto che un nome spiega la qualità dell’oggetto che si è raggiunto e la qualità si raggiunge nel grado della somiglianza con le qualità dell’oggetto, in accordo alla legge dell’equivalenza della forma: unicamente si raggiunge la somiglianza).

E qui è necessario che capisca che il significato della parola Hasagà (raggiungimento) è: Il grado finale della comprensione. Ciò è stato preso dalla frase “Ki Tasig Yadchà” (poiché la tua mano raggiungerà); cioè prima che qualcosa si chiarisca davanti agli occhi con completa determinazione, come è stato afferrato con le mani, i cabalisti non lo considerano con il nome di “Hasagà”, ma lo chiamano con diverse denominazioni, come “Havanà” (comprensione), *“Haskalà” (saggezza), ecc …

* La parola Haskalà si intende anche come cultura, erudizione, apprendimento, ecc …

Baal HaSulam, L’essenza della Saggezza della Kabbalah

Lezione quotidiana di Kabbalah – 26.08.2010

Il Libro dello Zohar, VaYechi “E Giacobbe visse nella terra d’Egitto”, Punto 50
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Rav Yehuda Ashlag: Talmud Eser Sefirot, Volume 6, Parte 15, Punto 5
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Articolo “Arvut (La Garanzia Spirituale)”, Punto 21
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Scritti di Rabash, Shlavei ha Sulam,Art. 32
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La richiesta di perdono in vista dell’Anno Nuovo

Prima di Rosh Hashana (anno nuovo) è tipico pentirsi dei propri peccati e chiedere perdono.

Dall’articolo del Rabash, Richiesta di Perdono: Se una persona chiede al Creatore il Suo perdono, significa che si accorge della vera ragione dei suoi peccati. Se le manca la fede completa, allora supplica il Creatore affinché le dia il potere di ottenere la fede nel suo cuore.

Questa è la differenza tra qualcuno che ha già ottenuto la fede (l’attributo della dazione) e per tanto è chiamato “Israele” (che aspira al Creatore) e qualcuno che non ha ottenuto la fede e per questo è chiamato “Gentile” (“estraneo” il che significa qualcuno con un insieme differente di desideri, poiché il desiderio, Ratzon, proviene dalla parola Aretz, terra, e per tanto “Gentile” è colui che non aspira al Creatore).

Coloro che ottengono la fede permanente sono capaci di vedere la differenza tra i due livelli di sviluppo spirituale e benedire il Creatore per essere stato capace di ascendere dal livello chiamato “Gentile” al livello di “Israele”. Grazie a te, mio Signore, per non farmi un “Gentile”.

Un “estraneo” è una persona che agisce per il suo beneficio; “Israele” o “Yehudi” è colui che vuole unirsi al Creatore per dargli. Ambedue le parti sono presenti in ogni persona: quella non corretta (dove l’egoismo governa) e quella corretta (dove la proprietà o qualità di dazione governa).

Ciò costituisce la differenza tra un “estraneo” e “Israele” ed è un indicatore di tutti i nostri peccati. Dobbiamo sempre mantenerci nel mezzo, nel centro. Questo tipo di autoanalisi rappresenta l’inizio dell’Anno Nuovo (nuovo cambiamento).

Tutti dobbiamo sentirci come un “Babilonese” che affronta la scelta di dove andare: seguire Abramo e diventare “Israele” (colui che cerca il Creatore, la qualità della dazione) o seguire il cammino del resto del mondo, il cammino dell’egoismo.

Tutto viene misurato solo in relazione alla proprietà del Creatore (dazione), cioè la capacità con la quale desideriamo che questa proprietà ci controlli e ci diriga in tutto quello che facciamo, consciamente oppure no. Dobbiamo immaginare il Creatore solo come una forza interiore che governa la persona, invece di un’influenza esterna.

È ovvio che una persona pecca non per avere desideri egoistici, poiché è stata creata in questa maniera. Tuttavia, se decide di restare nel suo egoismo, allora è chiamato un peccato. La prima volta che succede non è chiamato “peccato” (come è detto a riguardo del Peccato di Adam HaRishon), è solo il primo chiarimento dell’azione, la sua causa e la conseguenza; però quando ho già reso manifesto il mio peccato (ego) ed accetto il suo governo su di me, allora significa che io ho “peccato”. Questa è una prova che mostra ciò che realmente combatto, mi sforzo.

(Dalla prima parte della lezione quotidiana di Kabbalah del 9 Agosto 2010, La Preparazione per il Pentimento)

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