Chi sei tu: il povero o il ricco?

Lo Zohar, capitolo Vaikrà, punto 129: l’offerta del povero è la più leggera: due tortore o due picconi giovani. E se no, porta farina e allora è perdonato.

In questo momento, si manifesta e si dichiara: “Poiché Lui non ha disprezzato né disdegnato la miseria del povero”, poiché l’offerta del povero è la più encomiata.

Si tratta dell’uomo: con che grandezza di desiderio (Aviut) può lavorare per la dazione. Nella misura in cui si rivela il desiderio di ricevere piacere, prende le parti più grosse e più maldestre della sinistra, e se può lavorare con loro per la dazione, si chiama “il ricco”;

però, se può prendere le parti più piccole del suo desiderio – i desideri più deboli – e li sacrifica, vale a dire, le avvicina al Creatore, allora si chiama “il povero”. La parola “sacrificio” (Kurban) deriva dalla parola “avvicinare” (Lekarev).

In base a quale parte del desiderio di ricevere piacere l’uomo s’avvicina al Creatore, usandola per la dazione, lui viene denominato“il ricco” o “il povero”. “Il ricco” da di più, “il povero” di meno. Ognuno nella misura delle sue capacità di lavorare con il desiderio per la dazione.

“Il sacrificio” è il desiderio che prima io usavo per ricevere piacere, però adesso lo avvicino al Creatore trasformandolo così da ricezione in dazione. Per mezzo dell’uso di questo desiderio nuovo mi sono avvicinato al Creatore, ho fatto un passo in più sui gradini della scala.

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