Noi ci chiudiamo nella cella

Lo Zohar, Capitolo “Miketz”, Punto 34) “Giuseppe era triste”, con la tristezza dello spirito e con la tristezza del cuore, perché era prigioniero lì. Quando il Faraone comandò per lui, è scritto “E rapidamente lo portarono fuori”, cioè fece la pace e gli risposero con parole di allegria, parole che dilettano il cuore, a causa del fatto che era triste di trovarsi nella cella. All’inizio, egli cadde nella cella, però dalla cella, dopo ascese in grandezza.

Ci sembra che la storia di Giuseppe parli di cose materiali e dei cambiamenti attraverso i quali passano. Giuseppe cade in un pozzo e dopo ascende alla grandezza. Vediamo un deserto, un Faraone, i ministri del Faraone, una prigione ecc …

Tuttavia, di fatto, è lo stesso Giuseppe a decidere in che maniera vedere la realtà. Giuseppe decide se cade in pozzo, o se si trova nel palazzo del re. Decide se è di giorno o di notte. Percepisce ciascuna delle sue condizioni in conformità al suo livello di rivelazione del Creatore, così come ciò che pensa su questa connessione con il Creatore e sulla situazione in cui si trova.

In realtà siamo sempre nello stato di riempimento infinito. Tuttavia, la nostra percezione non corretta ci dipinge immagini che non sono ancora corrette. Le scene che vediamo sono un riflesso della nostra attitudine e giudizio rispetto al Creatore ed al Suo ruolo nel governarci. La situazione nella quale ci troviamo è di fatto, la nostra evoluzione del comportamento del Creatore verso di noi. Per questo, siamo noi a creare il nostro stato.

Un commento

  1. Oggi ho detto parole simili ad un amico. Lui è a capo di auna società sportiva e si lamenta che i suoi collaboratori non sono attivi ma soffrono di una “passività”: io gli ho detto che ciò che vede nelle persone è spesso ciò che non si ha nemmeno il coraggio di ammettere che manca in noi stessi!

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